Western Union e il prezzo delle buone intenzioni – di Luca Mazzone
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Luca Mazzone.
Ogni individuo mediamente informato riconosce l’importanza delle rimesse. Nei quartieri dove i lavoratori immigrati rappresentano una quota rilevante dei residenti, sono ormai parte integrante del paesaggio i cosiddetti money transfer.Da europei, abituati alla facilità e alla frequenza con la quale accediamo ai servizi bancari (in primis il bonifico), il ruolo di questi sportelli ci sembra a volte misterioso – e non sono mancate leggende metropolitane che hanno accostato i money transfer a luoghi di reclutamento di terroristi, o di raccolta di fondi per Al Qaida.
Un’altra manifestazione di ignoranza in tal senso si è palesata davanti ai miei occhi in un pomeriggio di inizio Gennaio, quando sono stato raggiunto dalla richiesta di adesione ad una raccolta di firme avente come bersaglio la politica di uno dei principali operatori del settore. Western Union, questa è l’accusa, praticherebbe commissioni “ingiuste”, ossia tali da far pesare i costi di transazione per un ammontare che può raggiungere il 20% della somma inviata. Non è impossibile che faccia presa sugli europei, abituati ad effettuare bonifici bancari a costi irrisori o nulli, l’argomento per cui ogni commissione su queste operazioni sarebbe un latrocinio. A questo punto, la conoscenza del fatto che un bonifico dall’Unione Europea agli Stati Uniti può costare anche 30€ dovrebbe tacitare ogni rivendicazione: le operazioni di questo tipo hanno un prezzo, quindi non stupisce che transazioni più complesse (e un bonifico da un paese UE a un paese africano, rispetto ad uno interno ad un solo paese della Comunità, lo è sicuramente) abbiano prezzi più elevati.
Mi permetto di dubitare che, se si trattasse di un mercato così profittevole, nessuno sarebbe entrato per sfruttarne le potenzialità. Certo, potrebbe esserci poca concorrenza, oggi, per ragioni a me non note: ma l’appello non sembra esattamente richiamare materia da antitrust.
Eppure, le più di centoventicinquemila firme già raccolte non possono essere frutto della semplice ignoranza di un dato di fatto, come l’evidenza che i bonifici bancari hanno un costo – e un prezzo. Quello che i promotori della raccolta di firme vogliono dirci è che Western Union sta ottenendo profitti “ingiusti”, praticando commissioni che sono slegate da un livello che loro sostengono essere “etico”.
È invece la scarsa comprensione dei meccanismi di mercato, o in altre parole l’incapacità di effettuare le corrette analogie tra fenomeni esistenti, la base dell’ampio sostegno raccolto dalla proposta: come possono, i firmatari, ignorare la discriminazione di prezzo esistente, ad esempio, nel settore assicurativo? D’altra parte, il compito delle compagnie assicurative è proprio prezzare il rischio, come il compito degli uffici di Western Union è farsi carico dei rischi (di cambio, ad esempio), della burocrazia e della semplice gestione del trasferimento di valuta.
Nel suo libro Difendere l’indifendibile, Walter Block prende le parti, tra gli altri, dei tassisti abusivi. Block sostiene che la loro lotta alla rendita monopolistica detenuta dai tassisti dotati di licenza permette a chi non avrebbe goduto di un servizio di trasporto, come chi vive in quartieri degradati, di avervi accesso – ovviamente pagando un premio al rischio al tassista abusivo. Il prezzo maggiorato che i clienti di quel taxi dovrebbero pagare è l’essenza del problema di cui stiamo discutendo: proibendo ai tassisti abusivi di offrire quel servizio, ad esempio obbligandoli ad acquistare una licenza, restringendo l’offerta e poi regolamentando le tariffe, l’unica conseguenza sui quartieri degradati è che saranno privi di un servizio di trasporto, perché nessuno vorrà offrirlo alle nuove condizioni.
Analogamente, l’applicazione di quello che i firmatari sembrano sostenere non avrà gli effetti redistributivi che l’appello promette: al contrario, se dovesse essere mai attuata, avrebbe l’effetto di rendere ancora più difficoltosi i trasferimenti dei lavoratori emigrati dai paesi in via di sviluppo. La necessità di una visione pragmatica del problema (abbiamo il diritto di sognare con i risparmi degli altri?) ci impone di ammettere che l’unica alternativa a commissioni così elevate potrebbe essere una rinuncia delle compagnie a offrire il servizio a molti potenziali clienti. Siamo davvero pronti a pagare un prezzo così alto al desiderio di essere buoni?
Il problema è che il costo marginale di ciascun “bonifico” è nullo… in pratica gli unici costi vivi esistenti sono quelli di struttura e ogni commissione applicata va a arricchire in toto il margine di intermediazione dell’istituto bancario. E’ credibile che a Western Union si possano applicare gli stessi criteri di imputazione, con l’aggiunta che non avendo grossi costi di struttura (visto che si appoggiano a altri esercizi commerciali o finanziari) l’imputazione a 0 del costo marginale sia ancora più fondata… Certo ogni servizio ha un costo ma l’applicazione di questi prezzi elevati da parte delle agenzie di trasferimento di denaro va a falsare un mercato in cui gli operatori bancari possono continuare a praticare dei prezzi elevati (quota fissa+commissione di intervento+% dell’importo suddivisa tra istituto di spedizione, intermediario e istituto di ricezione) non avendo validi competitor al di fuori del sistema. La protesta in questione è sicuramente fuori luogo ma qualche piccola ragione da parte dei sottoscrittori della petizione, a voler essere pignoli, la si può trovare…
Western Union non avrà rilevanti costi organizzativi (ma siamo sicuri che gli esercizi cui si appoggia non chiedano un compenso?), ma è certo che abbia costi inerenti alla trasmissione degli ordini e che debba sopportare commissioni di cambio.
western union si appogga anche a esercizi privati e a una capillarizzazione notevole.
Per compilare un modulo di spedizione denaro servono dei minuti di personale che vanno remunerati
Per quanto riguarda le tariffe non si discostano molto da quelle di moneygram(poste italiane)
Le commisioni praticate dagli operatori anche bancari, appaiono decisamente alte inrelazione ai soli costi di transazione, marginali, e organizzativi, modesti sopra certi volumi minimi, ma occorre considerare anche i costi di compliance, identificazione traparenza antiriciclaggio reporting periodico etc, nonchè quelli amministrativi e legali. Questi costi sopratutto per l’operatore indipendente,non bancario, rendono onerosa una transazione modesta di E 200/300 in media. Alcune Banche Centrali valutando i vantaggi in termini di trasparenza, tracciabilità, legalità di queste operazioni si stanno attivando per incentivare nuovi operatori specializzati per il proprio paese mettendo a disposozione software a basso costo e delle reti bancarie nel paese ricevente capillari,es. casse risparmio e cooperative, e a basso costo. Un esempio è la Romania con l’operatore Transfer Rapid che pratica commissioni fisse al 5%.
Forse è un esempio da seguire e moltiplicare, ne beneficerebbero sia gli immigranti che le famiglie riceventi che la trasparenza la sicurezza dei trasferimenti e la legalità.
Chiediamoci piuttosto se il mercato del Moneytransfer è abbastanza competitivo e se esistono o meno impedimenti non economici all’accesso di nuovi operatori.
Aggiungerei che in genere il cambio da Euro ( o Dollaro) verso monete fragili potrebbe addirittura generare un guadagno.
Inoltre essendo geograficamente distribuiti dubito molto che facciano un trasferimento effettivo. Attiveranno un meccanismo di compensazione e andranno a blocchi.
Il 20% come markup per coprire costi di struttura e amministrativi poi per un servizio completamente immateriale mi sembra ridicolo.
Non ce li vedo come benefattori onestamente.
Molto meglio ragionare e difendere il difendibile.