Voglie dirigiste aeroportuali
Contro qualunque piano degli aeroporti. Potrebbe essere uno slogan, ma è purtroppo un’affermazione necessaria da fare.
L’idea del piano che fu anche dell’ex Ministro dei Trasporti comunista Alessandro Bianchi e torna periodicamente di attualità. La necessità di pianificare può essere facilmente confutata dai numeri dello stesso Ente Nazionale dell’Aviazione Civile.
Sono usciti oggi i dati ENAC circa il traffico negli scali aeroportuali italiani, dove si evidenzia proprio che anche senza un piano il mercato aereo continua ad espandersi. Dal momento della liberalizzazione del trasporto aereo, nonostante la crisi Alitalia, il traffico è più che raddoppiato soprattutto grazie alle compagnie low cost, dal punto di vista dei vettori aerei, e degli aeroporti secondari per quanto riguarda il “lato terra”.
Nell’ultimo piano degli aeroporti si prendono inoltre ad esempio la Francia e Germania, i due mercati che meno si sono sviluppati da quando vi è stata la liberalizzazione aerea. Proprio la Francia che nel 2010 abbiamo quasi raggiunto in termini di numero di passeggeri. In Italia, lo scorso anno, il traffico aeroportuale è stato pari a 138,8 milioni contro 139,2 milioni di passeggeri francesi, quando storicamente la Francia ci ha sempre distanziato di diverse decine di milioni di passeggeri.
Serve davvero un piano degli aeroporti?
Eclatante è il caso di Bergamo Orio al Serio. Fino ad una decina di anni fa, l’aeroporto praticamente aveva un traffico quasi nullo. L’arrivo di Ryanair e delle compagnie low cost lo ha fatto diventare nel 2010 il quarto aeroporto italiano, con oltre 7,6 milioni di passeggeri. Nel 2011 è possibile che lo scalo bergamasco salga ancora nella classifica, arrivando ad essere il terzo scalo italiano, dietro a Roma Fiumicino e Milano Malpensa.
Se ci fosse stato un Piano, il decisore pubblico non avrebbe permesso la crescita di tale scalo, perché Bergamo non era certo il “centro del mondo” aeroportuale; ma il decisore pubblico, che non è certo uguale a O’Leary (amministratore delegato di Ryanair) non aveva intuito che l’utilizzo degli scali secondari è essenziale per Ryanair, poichè fa limitare i costi relativi all’utilizzo delle infrastrutture aeroportuali.
Questi scali regionali sono anche più efficienti, in quanto più piccoli, e permettono tempi di rotazione molto più rapidi. Un aereo che arriva a Fiumicino non potrebbe mai atterrare, far scendere e salire i passeggeri e ripartire in 30 minuti come succede negli scali regionali. Una minore sosta permette un maggiore utilizzo degli aeromobili, aumentando la competitività della compagnia aerea stessa.
E proprio sui costi di utilizzo degli aeroporti si dovrebbe avere a breve una decisione da parte del Governo.
L’Esecutivo si accinge ad aumentare le tasse aeroportuali per remunerare gli investimenti negli scali italiani e si è parlato di incrementare le tasse aeroportuali di 7-8 euro a passeggero.
Le tariffe aeroportuali sono certamente basse in Italia, ma bisogna avere ben in mente cosa significa aumentare in maniera così significativa il peso delle tasse.
Il prezzo medio di un biglietto aereo Ryanair è di 34 euro, 44 euro comprendendo anche i ricavi ancillary. Un tale incremento significherebbe circa il 20 per cento che si ripercuoterebbe immediatamente sul viaggiatore. Certo per compagnie non low cost un tale aumento sarebbe meno significativo e potrebbe incidere per meno del 5 per cento del costo finale. Una tale misura quindi riduce la concorrenza delle compagnie low cost.
Oltretutto mancano i criteri alla base per i quali è deciso un aumento cosi significativo. Fino allo scorso anno si parlava di tre euro di incremento per gli aeroporti maggiori e di due e un euro per quelli meno importanti.
Le voglie dirigiste aeroportuali rischiano quindi di diminuire la concorrenza in un settore che lasciato al mercato ha dimostrato di saper crescere e svilupparsi.
Si dovrebbe forse tenere conto anche delle risorse pubbliche che vengono pagate a Ryanair sotto forma di co-marketing per attivare i voli su aeroporti secondari, che non tutti hanno il successo di Orio al Serio. Non credo che Ryanair sia un esempio di liberismo quando chiede risorse pubbliche delle destinazioni per far volare i propri aerei. E tener conto delle risorse pubbliche spese per rendere adatti al traffico civile aeroporti apparentemente non necessari, come Grosseto o Comiso, risorse che un piano farebbe probabilmente risparmiare.
Magari coordinamento e circolazione delle informazioni potrebbero essere più utili di un piano.
Le tue affermazioni sono palesemente di parte. Bergamo è al centro del Norditalia. Non esiste nessun motivo per cui si debba impedire ad un aeroporto del genere di crescere liberamente. Mi sembrano, le tue, affermazioni da regime.
Ricordiamoci che siamo in uno Stato che teoricamente dovrebbe essere libero.
@Valerio Scoyni
Magari sbaglio, ma credo che se si lasciasse decidere al mercato, aeroporti “aparentemente” non necessari semplicemente non esisterebbero.
Sono sempre i politici con le loro decisioni a costruire le cattedrali nei deserti.
l’unica vera risorsa che abbiamo in italia è il turismo che già è stato penalizzato con la tassa di soggiorno. se aggiungiamo anche questo aumento delle tasse aereoportuali di 7/8 euro (per tratta!) il turista low cost non vedo quale vantaggio trovi a visitare il bel paese. il turista low cost viaggia in base alle offerte come quelle presenti oggi sul sito di ryanair, ovvero maggio-giugno a 7 euro per tratta, quindi l’aumento sarebbe circa del 50%. se decido di volare con ad esempio Alitalia e pago il biglietto 150 euro per tratta l’aumento delle tasse aereoportuali dovrebbe essere di ulteriori 150 euro portando il totale a 300 euro. ma mi sembra di capire che non sarà cosi. dunque, come sempre, non viene penalizzato tutto il settore in egulal modo, ma quelli ad esserne più colpiti sono i viaggiatori low cost, ovvere la classe medio-bassa.
@Borderline Keroro
Giustissimo il Suo post! Vorrei ricordarLe che per un aeroporto sono spesi soldi pubblici, poi si darà l’appalto a società più o meno partecipate. Al nord del Po, abbiamo: Torino Caselle, Milano Malpensa, Milano Linate, Orio Al Serio, Brescia Montichiari, Verona, Venezia Tessera, Treviso, Ronchi dei Legionari. Dieci aeroporti, alcuni distano solo 30 minuti d’auto uno dall’altro. Tutti a rischio nebbia, e penso che la saturazione sia comunque alta, se consideriamo il bacino di utenza potenziale.
In effetti esiste il problema dei sussidi o accordi di co-marketing, come vengono chiamati.
Ne ho parlato diverse volte anche su Chicago-blog e chiaramente la mia opposizione a questi è totale, quando gli aeroporti sono pubblici e sono in perdita.
Nel caso di aeroporti privati non si pone invece il problema, perchè questi accordi sono contratti tra una compagnia aerea privata e un gestore aeroportuale privato.
Più delicata è la situazione invece quando l’aeroporto è pubblico, ma produce degli utili: in questo caso non sono condannabili a priori, perchè gli accordi di co-markenting possono essere una leva di successo che fanno sviluppare gli aeroporti.
La soluzione più semplice sarebbe quella di lasciare al mercato gli aeroporti, privatizzandoli.
In questo modo ogni aeroporto è libero di scegliere la politica migliore per attrarre le compagnie aeree.
Mia omissione: dalla lista degli aeroporti ho dimenticato Bolzano, e a sud del Po, ci sono Cuneo, Parma, Bologna. Questo breve elenco è volutamente limitato alla Pianura Padana, per brevità, ma non dimentico che l’intero Lazio ha due aeroporti romani, (uno è considerato HUB) la Sardegna 4 (flusso turistico solo estivo, abitanti 1.670.000), così come ci sono aeroporti molto distanti tra loro, soprattutto sulla sponda adriatica centro-sud. Ancona, Pescara, Bari e Brindisi devono smaltire il traffico derivante dai turisti e residenti. Per inciso la stagione turistica adriatica è più lunga della sarda!
A quando un post sulle pessime società di gestione aeroportuali italiche? Almeno SEA e AdR, che probabilmente sono le aziende peggio gestite della galassia.
Domanda su Orio al Serio: Fino a quando dovrà crescere in numero di passeggeri affinché il quarto scalo d’Italia cesserà di essere considerato “scalo secondario”??
Nel 1991 Linate aveva fatto 5 milioni di passeggeri ed era scalo principale.
Nel 1997 a Malpensa c’erano press’a poco 3 milioni di passeggeri ed era uno scalo principale.
Malpensa : Milano = Milano : Orio al Serio
Sig. Andrea Giuricin, gradiremmo avere una risposta. Grazie!
P.S.: Venga a trovarci nel nostro sito (v. sopra)
@BGY
Ci sono molti interessi “finanziari e politici” alle spalle, per cui Orio al Serio viene identificato come Milano, come Malpensa anche se appartengono a due provincie diverse. In Veneto, Treviso è identificato come Venezia…..
I “piani quinquennali” sarebbero dovuti morire con l’Unione Sovietica. Chiunque, compatibilmenmte con i problemi (tecnici) del traffico aereo, dovrebbe poter realizzare un aeroporto. Sempre che, naturalmente, vi fosse anche la libertà di fallire.
@Giovanni Bravin
Ti consiglio di documentarti prima di “sparare” a vanvera.
Orio al Serio è considerato aeroporto di Milano dalla IATA stessa, proprio come Malpensa. Oltre a questo, la maggior parte dei passeggeri di Orio prosegue per Milano, proprio come Malpensa. Le società di gestione, è vero, sono diverse, ma l’aeroporto di Orio funziona nei modi sopra citati.
Proprio come Malpensa.
@BGY
Ringrazio per il Suo commento. Non metto in dubbio che la IATA consideri Orio al Serio, come Milano, Treviso come Venezia, tuttativia le piste aeroportuali nell’Italia del Nord, sono troppe, sia rispetto agli abitanti e sia rispetto ai turisti e coloro che si devono spostare per lavoro. Vedrei meglio l’aumento di piste e servizi negli aeroporti esistenti e proficui che non aeroporti inaugurati solo per scopi elettorali e che sono tuttora in perdita a causa di disservizi vari ed ubicazione. Molti Tour Operators preferiscono utilizzare uno scalo aereo piuttosto che un altro, magari più vicino, proprio per questo motivo. I T.O. usano principalmente voli charters e pertanto possono decidere quale pista utilizzare (compatibilmente con gli slots ivi disponibili).