17
Feb
2014

Verso una Primavera bosniaca? — di Edo Omercevic

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Atlas Network.

Sembrava sul punto di scoppiare anche una Primavera bosniaca. Per giorni, la gente ha manifestato in tutto il paese contro il governo e ha lanciato un appello per le sue dimissioni. Ma le manifestazioni hanno avuto un triste risvolto. Edifici e strade in fiamme. Manifestanti e agenti di polizia feriti. Gli archivi pubblici dati alle fiamme. L’intero apparato amministrativo era sul punto di collassare.

Diversamente da quanto accaduto in altre zone, queste manifestazioni non sono indirizzate contro un tiranno. La gente protesta perché è affamata e senza lavoro. Secondo le stime ufficiali, circa il 40 percento dei bosniaci è disoccupato. Molti sopra i trent’anni non hanno mai lavorato in regola un solo giorno.

Il motivo di una situazione tanto spaventosa è palese. Secondo l’Economic Freedom of the World Report del Fraser Institute, nel 2011 la Bosnia si è piazzata al 91° posto su 152 paesi. Il risultato è particolarmente negativo nel campo della dimensione dell’amministrazione pubblica (122° posto) e della regolamentazione economica (120° posto).

Aprire un’attività in Bosnia è un incubo. I costi sono enormi. Per registrare una società a responsabilità limitata servono almeno tre mesi di stipendio medio (lo stipendio netto mensile medio è pari a 420 euro), e dopo la registrazione bisogna pagare contributi annuali pari a circa un mese di stipendio medio. E per di più, almeno due persone devono essere assunte al salario lordo minimo pari a 300 euro. Persino i volontari costano alle società – il datore di lavoro deve pagare un minimo di circa 100 euro al mese allo Stato. Come se non bastasse, l’IVA va poi versata prima che il venditore abbia ricevuto un qualsiasi pagamento dai suoi acquirenti.

Ma l’incubo maggiore è la visita degli ispettori governativi. Omissioni insignificanti possono costarti una piccola fortuna. Nel mio quartiere, una panetteria ha chiuso dopo che un ispettore aveva scoperto che il proprietario non era riuscito a redigere un prospetto mensile del ricambio dei suoi dipendenti per l’ufficio delle imposte, nonostante avesse inviato dei rendiconti giornalieri. La sanzione era pari a 1000 euro, cifra che il proprietario non poteva né voleva pagare. Alla fine, il mio quartiere ha perso la sua panetteria, e il proprietario, con la sua famiglia, è di nuovo sul mercato del lavoro, in competizione con altri per i (relativamente pochi) posti disponibili. Negozi, bar e altre attività chiudono perché non soddisfano per un soffio gli standard di metratura. Questo paese, che conta meno di quattro milioni di cittadini, ha 65.000 conti bancari bloccati relativi a 40.000 società. Le società sono indebitate con lo Stato per più di 700 milioni di euro a causa di varie imposte (se si contano solamente le società con un debito superiore a 25.000 euro).

Inoltre, il clientelismo ha creato disagi, ma sfortunatamente ciò ha indotto una domanda di ulteriore intervento statale. Ad esempio, a Tuzla 600 persone hanno accusato le autorità di aver chiuso un occhio sul collasso di un certo numero di società pubbliche in seguito alla loro privatizzazione, e hanno richiesto che il governo si faccia carico del salvataggio di queste società per assicurare loro occupazione continua e salari. In aggiunta, molti fra i disoccupati chiedono che lo Stato crei posti di lavoro, assicuri un’occupazione a tutti i laureati, fornisca assistenza sanitaria universale, e in generale costruisca un domani migliore. Queste sono le classiche richieste impossibili avanzate da socialisti e comunisti. Le uniche richieste ragionevoli sono quelle di tagliare gli stipendi dei politici che ricoprono le cariche più alte (che sono pari al doppio di quelli della vicina Serbia, e fino a cinque volte più alti del reddito medio bosniaco) e di semplificare la burocrazia.

Le manifestazioni in Bosnia mostrano che la gente ne ha avuto abbastanza dei disastri odierni, ma le loro richieste mostrano che la strada imboccata verso la soluzione è sbagliata. Se i politici dovessero accogliere tali richieste, ci troveremmo con un governo ancora più spendaccione.

Ciò di cui la Bosnia-Erzegovina ha bisogno è stato descritto dal grande economista Ludwig von Mises: «La strada delle nazioni sottosviluppate per diventare più ricche non passa attraverso gli aiuti materiali. La prosperità non è una semplice questione di investimento di capitali. È una questione spirituale, intellettuale e ideologica. Ciò di cui i paesi sottosviluppati hanno bisogno è in primo luogo la filosofia della libertà economica e dell’impresa privata».

Se non riusciamo a raggiungere questo obiettivo, le manifestazioni non determineranno un futuro migliore per i bosniaci, ma uno scenario di gran lunga peggiore.

Edo Omercevic è Presidente del Center for Advancement of Free Enterprise, un think tank che promuove i principi del libero mercato in Bosnia-Erzegovina. Ringraziamo Atlas Network per la gentile concessione alla pubblicazione.

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2 Responses

  1. tullio

    Lo stipendio mensile netto medio è di 420 € , mentre quello minimo lordo mensile è di 300 € , strano! ( malcontati gli stipendi netti sono il triplo dei minimi )
    E chi sono i volontari per i quali il datore di lavoro deve pagare 100 € mensili allo stato ( per oneri sociali o altro ??!! )
    E poi è usuale , anche in italia , che il contribuente IVA la versi , se a debito , indipendentemente dal fatto che abbia incassato o meno le fatture

  2. Riccardo

    @Tullio:”E poi è usuale , anche in italia , che il contribuente IVA la versi , se a debito , indipendentemente dal fatto che abbia incassato o meno le fatture”
    … Infatti Tullio, anche in Italia questa è una delle tante leggi imbecilli fatte nel corso degli anni; Lei ha un lavoro da dipendente? Ha mai pensato ad avviare un’impresa?

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