Vent’anni dopo, Hayek è un pensiero sempre più vivo
A due decenni di distanza dalla morte, il valore dell’eredità intellettuale lasciataci da Friedrich von Hayek aumenta di giorno in giorno. È stato un pensiero autenticamente rivoluzionario in vari ambiti ed è certo significativo come, al giorno d’oggi, le sue intuizioni si trovino al centro di programmi di ricerca assai differenti.
Credo che con lo scorrere tempo scopriremo sempre più la fondatezza di un’ovvietà: e cioè che Hayek è stato, in primo luogo e soprattutto, un teorico dell’economia. Nonostante la percezione di questo studioso sia condizionata, in Italia, dal fatto che la ricezione del suo pensiero è avvenuta essenzialmente grazie all’opera più che meritoria di filosofi e studiosi di scienze sociali (da Dario Antiseri a Raimondo Cubeddu, a Lorenzo Infantino), i maggiori contributi hayekiani penso si trovano nei suoi scritti di teoria economica: dai lavori sul ciclo economico al mirabile articolo del 1945 sull’uso dell’informazione nella società.
Ma se cerco di ricostruire sul piano personale quale dei molti Hayek mi ha influenzato maggiormente devo guardare altrove. Certo – lo confesso – non mi ha mai totalmente conquistato Law, Legislation and Liberty (soprattutto perché ho conosciuto abbastanza presto Bruno Leoni, da cui l’austriaco trasse ispirazione, e che su questi temi mi pare più lineare e stimolante) e ancor meno la filosofia politica di The Constitution of Liberty. Ho semmai molto amato la critica all’ideologia del costruttivismo, formulata in The Counter-Revolution of Science, o le sue tesi sulla de-nazionalizzazione della moneta. Anche queste, però, non sono le pagine che più mi hanno segnato.
Se nell’occasione di questi vent’anni dopo ripercorro a ritroso la strada compiuta fino a oggi devo riconoscere – penso in particolare al mio libro del 2000, Denaro e comunità, uscito da Guida – che sono le pagine sul contrasto tra socialismo e comunità autentiche, e sulla necessità d’integrare l’aria fresca del mercato e l’accogliente tepore degli ambienti domestici, che mi hanno più costretto a prenderlo sul serio.
Non credo sia un caso se ho citato innumerevoli volte il seguente passo, tratto da The Fatal Conceit:
Parte della nostra presente difficoltà è connessa al fatto che noi dobbiamo costantemente adattare le nostre esistenze, i nostri pensieri e le nostre emozioni, in modo da vivere simultaneamente all’interno di differenti tipi di ordini accordandoli a regole differenti. Se noi applicassimo le nostre smodate e sfrenate abitudini del micro-cosmo (per esempio, il piccolo gruppo o la compagnia o, anche, la famiglia) al macro-cosmo (la società nella sua estensione), come i nostri istinti e desideri spesso vorrebbero farci fare, noi lo distruggeremmo. Ma allo stesso modo se noi applicassimo le regole dell’ordine societario ai nostri gruppi più intimi, noi li schiacceremmo.
Qui Hayek ci dice che gli individui possono difendere al meglio la loro libertà, e comprendere in più in profondità la loro natura sociale, solo se sanno strutturarsi grazie a famiglie, associazioni, gruppi religiosi, imprese, reti amicali e via dicendo. La Bibbia insegna che “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2, 18), e Hayek aggiunge che difficilmente, da solo, potrà difendere davvero la propria libertà. La società libera è una battaglia che esige amicizia e coordinamento.