Vendere per ridurre il debito: chi lavora e chi dorme
A Siena, l’università è in condizioni finanziarie disastrose. Anni e anni di assunzioni clientelari hanno condotto l’ateneo ad avere un numero esorbitante di personale tecnico-amministrativo, perfino superiore all’insieme dei docenti.
In passato la gestione è stata talmente irresponsabile che si sono accumulati debiti addirittura con l’Inpdap (non si versavano i contributi previdenziali, in altri termini), oltre che con le banche. Ora si sta cercando di individuare una via d’uscita e grazie anche alla nomina nel dicembre scorso di un nuovo direttore amministrativo – il professor Antonio Davide Barretta – l’università sta indirizzandosi verso quelle scelte che, purtroppo, appaiono necessarie: non soltanto il blocco delle assunzioni e degli avanzamenti di carriera (insieme al taglio di ogni spesa superflua, e perfino di alcune che superflue non sono…), il quale è indispensabile ad azzerare in qualche anno il deficit, ma anche la cessione degli immobili, al fine di dirigersi verso l’annullamento dello stock del debito.
Le resistenze esistono, naturalmente, ma all’interno dell’università sta crescendo la consapevolezza che non vi è modo di evitare questa amara medicina. Da un lato si sta provando a favorire l’esodo dei dipendenti verso altre attività, ma soprattutto ci si sta impegnando a cedere pezzi importanti del patrimonio per poter tappare le falle.
Per l’università di Siena, ad esempio, la Certosa di Pontignano è un autentico gioiello: un centro congressi che molte tra le migliori università americane sognerebbero di avere. Eppure è quasi sicuro che nell’arco di un periodo di tempo ragionevole si procederà alla dismissione. Ed è giusto che sia così, se si vuole garantire un futuro all’ateneo.
Sotto certi punti di vista, lo Stato italiano nel suo insieme è messo molto peggio. In particolare, il debito è talmente gravoso che già ora il pagamento degli interessi divora una parte considerevole delle uscite. Eppure è chiaro che la situazione potrebbe farsi perfino peggiore se, come è probabile, nei prossimi tempi si assisterà ad un innalzamento dei tassi di interesse e se, nello specifico, il debito italiano subirà un declassamento analogo a quello conosciuto dalla Grecia.
Ma mentre all’università di Siena ora ci si rimbocca le maniche, anche se questo significa sopprimere nella culla progetti professionali e speranze di carriera (specie ai neo-laureati e ai ricercatori precari), nella Capitale si fa finta di nulla.
L’idea che sia urgente e indispensabile mettere in vendite le proprie “certose” – Eni, Enel, Poste, Cassa depositi e prestiti, Ferrovie, ecc. – sembra fuori dall’orizzonte del politico: sicuramente a destra (chi sta al potere controlla nomine e nominati), ma anche a sinistra, dato che mai l’opposizione richiama l’attenzione sull’esigenza di abbassare in tal modo il debito.
Nella piccola accademia senese, un’istituzione con più di 700 anni di storia posta nel cuore della Toscana più rossa, ci si sta rimboccando le maniche per puntellare la casa. Ovviamente c’è chi vorrebbe fare finta di nulla, ma è difficile che possa averla vinta. Nel Palazzo romano, invece, si dorme il sonno degli irresponsabili, e a questo punto per il Paese è concreto il rischio di un crollo rovinoso.
La bancarotta degli Stati sovrani si avvicina.I debiti pubblici aumentano di giorno in giorno,mentre il tessuto produttivo si sgretola,i lavoratori perdono lavoro e reddito,il gettito fiscale si riduce,la spesa corrente è fuori controllo,gli sprechi insensati aumentano e gli interessi da pagare rischiano di schizzare alle stelle con l’aumento dei tassi.E l’Economist mette l’Italia al primo posto quanto alla copertura assicurativa CDS contro un eventuale default.L’inflazione ci brucierà vivi.
http://www.economist.com/markets/indicators/displaystory.cfm?story_id=14972951
“Anni e anni di assunzioni clientelari hanno condotto l’ateneo ad avere un numero esorbitante di personale tecnico-amministrativo, perfino superiore all’insieme dei docenti.
e “gestione è stata talmente irresponsabile”
Quindi a livello dello Stato abbiamo bisogno , prima di una gestione responsabile (stato inteso come comuni , regioni , soc. partecipate etc etc ) che tagli il personale in eccesso , renda le procedure più semplici , ma soprattutto meno costose ,vedi pec nel settore giustizia o riforma universitaria Gelmini grazie alla quale la situazione dell’ateneo senese è venuta alla luce. Dopo possiamo vendere i gioielli di famiglia (incasso una tantum) , altrimenti torniamo a “gestione irresponsabile”
Non leggo Repubblica ma ieri e’ stato pubblicato un articolo che metteva in guardia da un possibile problema Grecia anche per l’Italia dovuto a delle presunte speculazioni finanziarie occulte. Sapete qualcosa a riguardo?
Ma siamo proprio sicuri che “liberarsi” dei gioielli di famiglia vendendoli o meglio “svendendoli” agli amici degli amici sia la unica strada percorribile? Non credo che gli esempi di privatizzazione che abbiamo avuto negli ultimi anni si possano ricondurre a storie di successo, senza ricorrere agli esempi poi di quanto è avvenuto nei paesi “meno democratici” del nostro nel recente passato,ad esempio la Russia di Putin, o nell’altro senso con un profondo intervento statale all’America di Obama.
Rispetto delle regole etica e certezza della pena sono i fondamenti ai quali si dovrebbe a mio avviso guardare indipendentemente della scelta tra pubblico e privato.
Buona serata
@Riccardo Z.
Certo, è sempre colpa delle “speculazioni”. Specie quando sono “occulte”.
I greci dovrebbero assumersi le proprie responsabilità.. altro che “speculazione occulta”. L’Italia, idem.