Vaccino: a chi dire davvero grazie
Lo scenografico avvio della campagna di vaccinazione ha posto la scienza sul banco dei promossi, senza se e senza ma. Tutti quindi a “ringraziarla”. Figuriamoci se siamo di diversa idea, posto che posizioni antiscientifiche e visioni non liberali tendono ad essere quanto meno tra loro correlate. Ma la domanda da porci è questa: davvero dobbiamo “ringraziare” solo la scienza? O forse c’è qualcosa di più ampio da considerare, che la scienza ricomprende come risorsa chiave ma che di per sé avrebbe potuto ben poco?
Certo che c’è, ed è l’impresa capitalistica, che è il principale se non il solo meccanismo umano – “scoperto” sino ad oggi – per “uberizzare” beni e servizi, ossia distribuirli su amplissima scala alla popolazione di tutto il globo. Come noto, il termine fa riferimento al colosso del noleggio auto via app ed esprime la dinamica di accesso a un bene o servizio via piattaforme in maniera tendenzialmente simile o eguale per tutti. In questo caso, in linea di principio il bene vaccino sarà “uberizzato” a disposizione di ogni essere umano che calca la faccia della terra, a costi marginali molto bassi anche se non nulli. Certo, non è una tesi politicamente corretta e per argomentarla un po’ meglio, anche se in modo sommario, si può impiegare uno schema assai noto a chi studia e fa impresa: la catena del valore ossia l’insieme dei “blocchi di attività” che consentono di produrre economicamente un bene o servizio.
Rendere disponibile un vaccino significa infatti compiere una serie di passi; mancarne uno invalida lo sforzo complessivo. Nel caso del vaccino proviamo a sintetizzare la catena del valore in sei blocchi di attività, in modo assai semplificato ma sufficiente per il nostro scopo argomentativo.
- Scoprire e sintetizzare la sostanza che ha funzioni vaccinali
- Testarne su ampia scala efficacia e sicurezza
- Convincere le agenzie regolatorie della bontà del prodotto e ottenerne l’approvazione formale
- Produrlo nelle notevolissime quantità necessarie, nei tempi necessari e a costi sostenibili
- Distribuirlo ai centri vaccinali
- Iniettarlo alle singole persone
La fase 1 è certamente attività di scienza applicata, come la seconda, mentre la terza è già un’attività che richiede anche capacità di compliance. La fase chiave è però la quarta, senza la quale nulla potrebbe avvenire: la moltiplicazione efficiente ed efficace cioè economicamente sostenibile dei beni.
Se nella pratica le prime quattro fasi sono state svolte dalle imprese farmaceutiche, le prime, in teoria, potrebbero essere svolte anche da altri soggetti: un laboratorio universitario/ospedaliero ad esempio o quello di un grande ente no profit. Ma questo modello organizzativo si schianterebbe sul più bello: non sapremmo cosa farcene di una formula chimica anche ben testata, rispetto all’obiettivo di vaccinare la popolazione mondiale.
E’ evidente che la quarta fondamentale fase è alla portata solo della grande impresa, che ha risorse, organizzazione e incentivi giusti per realizzare miliardi di dosi a un prezzo unitario di pochi dollari, secondo stringenti standard di sicurezza. Impresa che svolge questa funzione al meglio tanto più è correttamente incentivata (profitto, valore in borsa) e tanto più le imprese sono in concorrenza tra loro. Non pochi manager e tecnici delle imprese coinvolte è possibile non abbiano dormito per giorni sapendo quanto era importante arrivare velocemente alla meta prima dei concorrenti, per il loro successo e non solo.
Una qualche Mazzucato in servizio permanente effettivo potrebbe sostenere che imprese del genere dovrebbero essere di proprietà dello Stato o che questa innovazione è stata resa possibile da pregressi investimenti pubblici (che so, le strade percorse dai ricercatori che andavano a lavorare in laboratorio!). Per smontare queste amenità c’è poco da aggiungere a quanto scritto da ultimo da Alberto Mingardi e Deirdre McCloskey, cui rimando integralmente.
In questa occasione lo Stato ha svolto alcune funzioni comunque importanti: comprarlo per tutti (visto che il vaccino gratis esiste solo per certa stampa), distribuirlo e gestire via sistema sanitario l’iniezione. A ben vedere però l’unica funzione ineludibilmente ed efficientemente pubblica – anche se ovviamente possibile soltanto grazie all’imposizione fiscale pagata dai cittadini – è proprio quella distributiva cioè rendere accessibile il vaccino a tutti, cercando di minimizzare i costi di transazione (con pochi contratti la cosa si è risolta).
Funzione relativamente “semplice” ma comunque importante in un caso del genere, per la natura del bene tutelato e soprattutto per le indiscutibili esternalità presenti. Quanto alla fase di distribuzione, è solo un esempio provocatorio ma se fosse stata Amazon ad avere, ovviamente dietro congruo compenso e appropriate linee guida, l’incarico per distribuire e stoccare il vaccino, forse ne saremmo tutti rinfrancati.
La conclusione è incontrovertibile. I grandi successi della società moderna sono possibili allorquando le idee, i saperi e le competenze vengono da ultimo organizzate e finanziate dalle imprese capitaliste, nella conformazione più efficiente data la situazione concreta e rese così disponibili a molti o persino a tutti gli esseri umani.
Nel caso del settore farmaceutico, per ragioni quasi ovvie la dinamica industriale suggerisce che devono essere imprese grandi, finanziariamente robuste e tendenzialmente globali. Il vaccino è dunque una vittoria non solo della scienza ma soprattutto del capitalismo, senza i meccanismi del quale la scienza avrebbe operato ma sarebbe rimasta un privilegio per pochi.