Una “Fist Rule” a tutela del diritto (e per aprire a un nucleare di mercato)
Da quando il diritto è stato ridotto alla semplice volontà del “sovrano” (in passato era un re, oggi in genere è un’assemblea parlamentare), uno dei problemi più gravi che ne sono derivati riguarda la tenuta delle regole. In definitiva, una delle funzione fondamentali di un buon sistema normativo consiste proprio nel limitare l’incertezza: nel garantire quale sarà l’orizzonte legale entro cui ci si troverà a operare in futuro. Ma se le leggi non sono altro che semplici decisioni del sovrano, è facile finire vittima della volubilità del legislatore.
Questo è particolarmente grave quando si riflette sulle prospettive economiche del Paese.
Chi investe oggi lo fa sulla base di un progetto (un business plan) che comporta una scommessa sul futuro (su ciò che in consumatori saranno interessati a chiedere, ad esempio), ma che ha bisogno – nei limiti del possibile – di delimitare l’aleatorietà del contesto in cui si troverà ad agire. L’impresa che oggi investe in produzioni tessili o automobilistiche può essere assai danneggiata da una riforma che, tra un anno o due, modifichi in maniera significativa il sistema regolamentare o fiscale.
Il problema è particolarmente avvertito ogni volta che si discute, nel nostro Paese, sull’ipotesi di far rinascere il settore nucleare. L’eventuale introduzione, oggi, di una normativa che tolga ogni sbarramento di sorta dinanzi a quanti vogliano puntare su tale settore non può certo rassicurare un eventuale investitore, poiché è sempre possibile che – domani – un cambio di orientamento politico blocchi progetti avviati e in cui si sono destinate somme considerevoli.
Di fronte a questioni di tale natura appare evidente l’esigenze di “super-norme”. Tipicamente, una super-norma è la Costituzione, dato che naturalmente può essere modificata, ma per fare tutto questo è necessaria una procedura assai più complicata. Non è un caso che da parte liberale si sia spesso invocata l’esigenza di porre una tutela costituzionale di fronte alla possibilità, per il Parlamento, di tassare le famiglie e il mondo produttivo, e anche di manipolare la moneta, aumentando la massa monetaria e producendo quindi inflazione.
Se non si volesse necessariamente offrire una garanzia costituzionale agli investimenti nell’energia nucleare si può comunque immaginare una Fist Rule quale è quella che fu proposta su “Il Foglio”, un paio di anni fa, da Michele Fiorini ed Ernesto Felli. L’idea è semplice e ingegnosa: per dare più stabilità alle norme, si può ipotizzare che una legge approvata, ad esempio, con il 90% dei voti di deputati e senatori possa essere abolita nel corso del primo decennio di vita solo se, in un momento successivo, trova in Parlamento un 90% di votanti disposti ad abolirla.
Una legge che aprisse la strada al nucleare e che trovasse in Parlamento una maggioranza davvero ampia, in presenza di una Fist Rule potrebbe forse proteggere meglio l’investitore. Può darsi – come hanno sottolineato gli stessi Felli e Fiorini nel loro intervento – che quella della Fist Rule sia un’idea da perfezionarsi e svilupparsi ulteriormente, ma è senza dubbio vero che è in questa direzione – di regole più “rigide” – che ci si deve orientare.
Diversamente, pochi avrebbero voglia e interesse a impegnare capitali in iniziative tanto rischiose. A meno che non si tratti di quelli del solito, e ignaro, contribuente.
Che il diritto sia ridotto alla volontà del sovrano non è del tutto vero; per non tediare i lettori con una discussione teorica, che occuperebbe molto spazio, suggerisco la lettura di Nils Jansen, The Making of Legal Authority, OUP 2010.
La preoccupazione esposta nell’articolo è del tutto giustificata; d’altra parte, prevedere leggi rinforzate potrebbe essere pericoloso o inutile. Pericoloso, se un parlamento nel quale sussista una larga maggioranza se ne avvale per intodurre regole ripugnanti (p. es., soppressione di certi disabili), che potrebbero resistere di fronte a maggioranze meno grandi; inutile, se il quorum previsto è molto elevato.
Nella specie, il rimedio potrebbe essere rappresentato dalla previsione di una norma che precluda alle maggioranze mutevoli di trascurare le legittime aspettative delle imprese che avessero avviato investimenti nel settore nucleare, costringendo lo Stato a risarcirle qualora la normativa di riferimento sia modificata.