“Una volta laureato, guadagno assicurato”
A fine gennaio è atteso il picco influenzale, anche se sono già migliaia gli italiani a letto con la febbre. Molte persone avranno bisogno delle cure del medico di famiglia. Pare, però, che ultimamente per essere visitati dai medici in ambulatorio si debba prendere il numero, come in macelleria. E se si arriva tardi, si deve tornare l’indomani. Il motivo è sempre lo stesso: regole, regole e ancora regole. Norme sbagliate, che incentivano comportamenti inadeguati da parte dei medici, ma soprattutto una scarsa prestazione professionale. La principale distorsione, che oltre a determinare seri disagi ai pazienti richiede ulteriori regole altrimenti non necessarie, riguarda il compenso dei medici di base: essi, infatti, ricevono una quota fissa per ogni utente mutuato, indipendentemente da quante volte (e se) visitano il paziente. Detto altrimenti, citando una battuta di Tom Cruise, medico di famiglia nel film Eyes wide shut di S. Kubrik: “Una volta laureato, guadagno assicurato”, a prescindere dal fatto che si lavori o meno. Un simile meccanismo retributivo implica il tentativo da parte di tutti i medici di ottenere il numero massimo di mutuati che, per legge, non può essere superiore ai 1.500. Una volta raggiunto tale obiettivo, non importa quanti pazienti vengano curati e con quali risultati: ben vengano quindi i numeri del salumiere, anche a costo di penalizzare quanti, per motivi di lavoro, famiglia o di salute, non possono andare a prendere il posto in tempo utile.
Per risolvere tale problema, ecco venire in aiuto nuove regole: il numero di pazienti, infatti, determina anche le ore di apertura settimanali dell’ambulatorio, che può variare dalle 5 alle 15 ore, a seconda che si abbiano dai 500 ai 1.500 mutuati. Il tempo medio di attesa non dovrebbe superare i 30 minuti (soprassediamo sull’inutilità di una regola impossibile da rispettare e che, tra l’altro, spingerebbe il medico a fare visite frettolose). Quest’ultimo, inoltre, deve essere reperibile dalle 8 alle 20, dal lunedì al venerdì, per effettuare le visite a domicilio: se la telefonata arriva entro le 10 del mattino, deve svolgere la visita presso il paziente nella giornata stessa, altrimenti entro le 12 del giorno successivo – altra norma raramente rispettata e il cui enforcement è virtualmente impossibile. Nei giorni in cui il medico non è obbligato a svolgere l’attività ambulatoriale (il sabato o nei giorni prefestivi), deve comunque effettuare le visite a domicilio entro le 10 della stessa giornata e quelle che non ha ancora compiuto, perchè richieste dopo le 10 del giorno precedente. Tutte regole utili solo in apparenza, ma derivanti da un meccanismo retributivo distorto.
Proviamo a semplificare la questione e immaginiamo un mondo ideale dove i medici, come la maggior parte dei liberi professionisti, siano pagati in base al numero di persone visitate, piuttosto che al numero di mutuati: in questo caso probabilmente si smetterebbe di fissare il numero di visite effettuabili in un determinato giorno, evitando così di penalizzare quanti, per svariati motivi, non riescono a recarsi dal medico con grande anticipo. Inoltre, si cercherà di ridurre il numero delle persone e i tempi di attesa, magari assumendo degli assistenti che si occupino di compilare le ricette (ovviamente quelle che non richiedono prima una visita medica) e le prescrizioni che il medico dovrà solo firmare, evitando così le lunghe attese a chi ne ha davvero bisogno. Allo stesso modo, i medici cercheranno di visitare il maggior numero di persone possibile anche a domicilio, indipendentemente dall’ora in cui è stata fatta la richiesta (guai ad ammalarsi dopo le 10 del mattino!).
A questo punto, però, ci si scontrerebbe con il rischio che i medici dedichino più tempo ai pazienti che vanno in studio, piuttosto che a quelli che hanno bisogno di una visita a domicilio: a parità di tempo, infatti, ne visiterebbero di più e, quindi, guadagnerebbero di più. Per risolvere il problema, però, si potrebbero riconoscere remunerazioni diverse, maggiori nel caso dei pazienti visitati a domicilio. Oppure si potrebbero lasciare i medici liberi di specializzarsi nelle visite di un tipo piuttosto che di un altro. Se poi coloro che si concentrano sulle visite a domicilio dedicheranno troppo poco tempo ai pazienti per correre da uno all’altro, allora gli ammalati insoddisfatti potranno sempre rivolgersi ad altri dottori. Ovviamente questo implica che sia eliminato il numero massimo di mutuati a disposizione, perché a questo punto non sarebbe più necessario: un medico non riuscirebbe a visitare un numero troppo alto di mutuati e questi sarebbero costretti a rivolgersi a qualcun altro (a tal proposito, è possibile informatizzare le procedure, in modo da rendere tale passaggio il più agevole possibile). Così saranno quelli maggiormente competenti ad avere i mutuati più bisognosi del loro intervento, e solo loro saranno premiati anche dal riscontro economico, oltre che dalla (presunta) soddisfazione morale di aver curato un malato. Invece quelli meno bravi cercheranno di migliorare le loro prestazioni. O cercheranno un nuovo lavoro, senza essere rimpianti dai pazienti.
A questo punto, che senso avranno le leggi sugli orari di ambulatorio o sulle visite domiciliari? I buoni incentivi possono curare i malanni delle regole, non solo quelli dei pazienti.
La nostra pediatra non fa visite a domicilio anche se il bimbo ha 39 di febbre… abita e ha l’ambulatorio a 500 metri da casa nostra.
Creare delle strutture solo per anziani no?Magari con supporti psicologici? Vado dal medico raramente ma abitando in un paese trovo sempre le stesse facce. possibile? Sempre ammalati? Risultato non mi curo perche aspettare 2/3 ore o andare all’alba non me lo posso permettere.
Sbaglierò, ma mi sembra incongruente affermare che “[la regola] spingerebbe il medico a fare visite frettolose.” mentre “i medici siano pagati in base al numero di persone visitate” non avrebbe lo stesso effetto. Il tempo in una giornata è fisso (a voler essere schiavisti, più di 24 ore non possono essere, no?) e per visitare più persone bisogna abbreviare il tempo di ciascuna visita.
C’è qualche statistica sui tempi medi d’attesa per avere la visita del medico curante? E da cui si possa capire il perché dei tempi d’attesa?
Se non sai perché un fatto accade non puoi trovare il modo di non farle accadere. Esiste un’analisi di costi/benefici per le varie alternative? (brutto da dire, ma se i soldi non sono abbastanza, bisogna arrangiarsi con quel che si ha).
Leggendo questo articolo mi sento un po’ confuso, perché la mia esperienza con il mio medico (che cura 4 persone della mia famiglia e diverse famiglie di amici) è molto positiva. Certo, devo chiamarlo per prendere appuntamento, ma almeno so a che ora presentarmi e quanto dovrò aspettare. Era meglio prima quando si andava alla sperindio e prima o poi passavi anche fossero le 8 di sera? Ho bisogno di qualche medicina: lascio il messaggio in segreteria o mando un sms e il giorno dopo passo a ritirarle nella farmacia vicino allo studio (il mio medico non ha la segretaria).
Avrei preferito che fosse citato il parere di qualche medico di famiglia, che magari può spiegare cosa fa quando non è in studio. Chissà, potrebbe essere che si tenga aggiornato sui progressi della medicina o che in realtà faccia il globe trotter a visitare i pazienti che non possono muoversi da casa.
In definitiva, questo articolo non comunica nulla: si parte dicendo che lo studio medico sembra una macelleria (senza chiedersi il perché) per proporre soluzioni da “mondo ideale” (che non esiste, quindi è solo un esercizio accademico) che però porterebbero altri problemi, le cui soluzioni aprono altri problemi (se tolgo il limite dei mutuati non è vero che posso scegliere un medico che va bene per me, vado solo ad ingrossare il numero di mutuati iscritti alla sua lista, senza che la mia salute ne tragga beneficio; non necessariamente “competenza” si relaziona con “bisognosi”. Anzi, se guardo come va il mondo (in generale), i competenti riescono a trovare il modo di sbolognare i bisognosi ad altri.)
Just my 2 cents
1) Domanda: non parliamo di Burundi o degli USA, comunque distanti culturalmente da noi. Ma in Francia – Germania – Austria, come sono organizzati? Se da loro funzionasse meglio, non si potrebbe prendere esempio?
2) Aneddoto. La mia dottoressa per agevolare noi lavoratori dipendenti, al mercoledì e giovedì apre lo studio alle 7 del mattino. Peccatto che alle 6:50 ci sono già i pensionati davanti al portone !
Sinceramente anche la mia esperienza con il medico di famiglia è molto positiva, ma ho invece sentito lamentarsi la maggior parte delle persone. Il motivo per cui si lamentano è che devono prendere il numero per poter passare (come in macelleria appunto): il motivo per cui i medici possono permettersi di limitare il numero di persone da visitare è dovuto al fatto che verrebbero comunque pagati. E questo, molto probabilmente spiega il motivo per cui ci sono così tante code: possono anche prendersela comoda, lo stipendio lo ricevono comunque. E’ pur vero che pagandoli in base al numero di persone visitate c’è il rischio che visitino troppo in fretta, ma si può evitare il problema consentendo ai pazienti scontenti di “licenziarli”. Fatto che, tra l’altro, incentiva i medici ad aggiornarsi e migliorare le loro competenze.
La soluzione da mondo ideale è una proposta di cambiamento e uno stimolo alla discussione per migliorare il sistema, lasciare la situazione com’è indipendentemente dalla qualità del servizio (ci sono persone che rinunciano a curarsi!) non mi pare una soluzione migliore.
Mi scuso se non ho sentito il parere dei medici di famiglia, ma ho sentito quello dei pazienti (e alcuni commenti qui sopra sembrano confermali).
Perché non dovrebbe valere per i medici ciò che vale per tante altre categorie soprattutto del pubblico impiego? Il posto fisso, con adeguata remunerazione, per chi lo ha e la precarietà o il nulla per chi lo cerca. Anche qui si guarda a mantenere il posto e la retribuzione e non al risultato del lavoro e alla produttività. In quanti possono pensare al proprio medico come al “il medico di famiglia” e non a un qualsiasi altro apparato burocratico imposto come mediatore della salute?
In Francia fanno più o meno così: lo stato non da una lira ai medici, ma ha normato il prezzo di una serie di prestazioni del medico di base. I pazienti pagano direttamente il medico, scelto di volta in volta come gli pare tra tutti quelli a disposizione come medici di base. Lo stato rimborsa poi (MOLTO RAPIDAMENTE) il pazienti.
Ora, non so voi, ma a me sembra una commistione ottimale tra la necessità di un’assistenza garantita a tutti e la creazione di un minimo di concorrenza tra medici.
E’ ovvio che in questa situazione chi non dedica abbastanza tempo alla visita, chi non si reca a domicilio quando richiesto, chi non brilla per bravura, con il tempo (e neanche tanto visto che le informazioni su queste cose passano rapidamente di bocca in bocca), si ritrova senza clienti…
Per me il problema non è tanto di pricing quanto di offerta.
Si fanno studiare troppi pochi medici e con restrizioni meramente legali assurde!
Sinceramente i nostri ultimi tre medici di base non ci hanno mai dato problemi. Tempi di attesa generalmente brevi in ambulatorio ( anche se è successo – raramente – di dover aspettare un’oretta ), visite a domicilio se richieste, prescrizione di medicinali rapida e soprattutto nessun problema a prescrivere medicinali generici. Anche i miei conoscenti, che spesso hanno medici diversi, si lamentano raramente. Quello dei medici di base mi sembra uno dei problemi meno gravi della sanità italiana.
Il problema è la truffa:
Se i medici fossero pagati a visita scopriremmo presto che qualche medico riesce a fare 50 visite al giorno e qualche paziente si fa visitare 3 volte al giorno.
Anche il sistema francese si presta a truffe ancora più facili, mi immagino il neolaureato che immediatamente visita tutti i parenti amici e vicini di casa.
E allora si ricomincerebbe la corsa alle regole, norme codici e codicilli.
Se riusciamo a fregare le assicurazioni vuoi che non freghiamo la mutua?
La vedo dura
Ho fatto leggere l’articolo ad un medico di famiglia, e secondo lui l’articolo manca completamente la causa dell’insoddisfazione. Ha ragione infatti chi nei commenti si lamenta che ci sono pochi medici, da cui deriva il costante affollamento agli ambulatori.
Anche come sono le regole ora, ai medici non conviene trattare male i pazienti, perché appunto sono liberi di cambiare medico di fiducia se sono insoddisfatti (e succede tranquillamente). Ad esempio, il discorso sulla regola delle visite a domicilio: è vero che viene violata, ma nel senso che il medico se può cerca di fare in giornata anche le chiamate arrivate dopo le dieci, perché sa che domani ce ne saranno altrettante di chiamate (se non di più), quindi tanto vale rimboccarsi le maniche per non ritrovarsi sommersi di lavoro e soprattutto per non perdere clienti.
L’unica proposta che non è stata bocciata è quella degli assistenti per compilare le ricette.
Il problema è poi che gli ambulatori sono intasati dalle solite facce: gente che ha un sacco di tempo libero e che magari dopo aver fatto la spesa al supermercato passa all’ambulatorio perché ha “un po’ di catarro”. Quindi la soluzione, se proprio non si può aumentare i medici, sarebbe quella di mettere un ticket per le visite. Allora sì che gli ambulatori si svuoterebbero, e le persone come il signor G per esempio, che ha ben illustrato la situazione nel commento #2, riuscirebbero finalmente a farsi curare.
In Inghilterra i medici hanno una serie di bonus in base a parametri di giudizio della loro attività clinica (esami e consulenze inappropriate richieste, tasso di ospedalizzazione degli assistiti, ecc.).
Poi, e qua verrò aggredito: io vedrei la situazione anche dall’altra parte. Sono medico, e durante il tirocinio per l’esame di stato ho frequentato un ambulatorio di medicina generale, la gente va a farsi visitare per i motivi più triviali o semplicemente per ammazzare il tempo (vedi pensionati); e il week-end, per non dover aspettare un giorno, va direttamente al Pronto Soccorso.
La preparazione dei medici di base non sempre è adeguata. Nell’arco di dieci anni ho dovuto cambiarne due e mettermi in fila per accedere all’attuale, perché aveva esaurito la sua quota. Abito in una cittadina veneta di oltre 45.000 abitanti, e pur avendo un’ampia scelta di medici, ho trovato i primi due “inadeguati” al loro lavoro. Noto che trovo gli “stessi ammalati” quando mi reco in ambulatorio, 5/6 volte all’anno.
Evidentemente il medico deve essere “molto paziente” verso di loro….
Due considerazioni:
– In una società complessa mettere delle è indispensabile, il problema è trovare regole idonee a migliorare il servizio. Per ottenere ciò serve che il burocrate (nel senso positivo del termine) sia intelligente, non demagogico, competente, assolutamente non asservito alla politica (nel senso negativo del termine).
– Chi intraprendere la professione medica, oltre alle competenze professionali, deve avere quella che una volta si chiamava “vocazione”. Se quella medica è vista esclusivamente come opportunità per fare soldi, nessuna regola potrà supplire alla mancanza.
Ho avuto occasione di utilizzare il sistema francese, è molto valido è sarebbe bello, superati i vincoli della politica negativa, applicarlo anche da noi.
Il metodo applicato dai medici in Italia mi sembra un metodo borbonico. Retribuzione forfettaria sulla base degli “assistibili” e non degli “assistiti”; orario di ambulatorio: 3 ore/giorno x 5 giorni/settimana = 15 ore settimanali; naturalmente il 5 gennaio, il 24 e il 30 aprile, ecc. che sono dei “pre-festivi” (cosa vuol dire prefestivo? quale necessità richiede il giorno prefestivo?) lavorano anche meno. Non ho notizia di altri lavoratori dipendenti pubblici (perché de facto tali sono i medici) che lavorino soltanto 15 ore settimanali; anche altri lavoratori che hanno compiuto corsi di studio impegnativi quanto loro lavorano più del doppio, inclusi i giorni prefestivi, in alcuni casi devono farlo anche nei giorni festivi. Per quanto concerne le visite a domicilio, non ne ho notizia; io non abito in una metropoli, per cui se qualche rara volta avviene è su base personale.
Riguardo al numero di assistiti, io liberalizzerei il mercato: tu paziente hai diritto all’assistenza medica? bene, ti puoi rivolgere ad uno qualsiasi dei medici convenzionati con la ASL. In questo modo si stimola la concorrenza nel senso che i medici più bravi avranno più pazienti e, automaticamente guadagneranno di più. Si potrebbe proporre anche un sistema simile a quello francese, cioè dell’assistenza indiretta: il paziente va dal medico che vuole, dopo ogni prestazione paga, il medico rilascia regolare ricevuta, e con questa il paziente va, lo stesso giorno o quello successivo o.., allo sportello della ASL e viene rimborsato. Capisco anche, come ho letto fra diversi commenti che mi hanno preceduto, che questo metodo stimolerebbe forse qualche connazionale (understatement) ad inventarsi qualche via di “facile guadagno”.
Io proporrei il limite massimo di 1000 assistiti. Questo per consentire a molti giovani laureati in medicina di lavorare ed evitare situazioni veramente incredibilii. Conosco un ragazzo laureato in medicina che fa il trasportatore per 500 euro al mese perchè senza lavoro.
Perchè consentire ad alcuni di guadagnare tanto e ad altri niente? Senza parlare poi delle attese interminabili che si fanno per farsi prescrivere un medicinale di routine come quello per l’ipertensione.
Lo potrebbero includere nelle liberalizzazioni che il governo intende effettuare a gennaio