Una scuola doppia, anzi tripla (e i risultati sono…)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Ivan Beltramba.
Lo Statuto della Provincia Autonoma di Bolzano approvato con il DPR n. 670 del 31 agosto 1972 a seguito della Legge Costituzionale n. 1 del 10 novembre 1971, all’art. 19 prevede il diritto all’insegnamento nella propria lingua “materna”. È l’ulteriore recepimento, dopo il primo Statuto di autonomia della Regione T-AA (legge costituzionale del 26 febbraio 1948), dell’art. 1 comma a) del trattato De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946, allegato all’Accordo di Parigi (trattato di Pace di Parigi) del 10 febbraio 1947. Solo le versioni in francese, inglese e russo del suddetto trattato sono “autentiche”.
Rispetto al 1946 e al 1947 ci si è accorti che esistono anche i ladini. La lingua ladina fa parte del ceppo “romancio”, che è parlato nell’arco alpino in varie versioni praticamente dal Medioevo, e ne fanno parte anche i retoromanci del Cantone Svizzero dei Grigioni (Grischun in rr) e dell’Alto Vallese, ed il Friulano. L’assenza di una versione ufficiale o “statale” ha fatto sì che praticamente ogni valle ne avesse una versione propria (il ladino della Val Badia ha notevoli differenze dal Gardenese, che a loro volta differiscono dal Fassano e dall’Ampezzano).
Questa regolamentazione, figlia della impostazione scolastica dell’Impero Austroungarico (dove però il tedesco poi lo sapevano benino tutti), ha creato alcune storture che non solo non giovano alle finanze pubbliche, ma hanno soprattutto alcuni spiacevoli effetti etnico-culturali.
Abbiamo così: Una Assessora alla cultura ed istruzione in lingua tedesca; Un Assessore alla scuola e formazione in lingua italiana (con anche altre competenze); Un Assessore alla scuola e cultura in lingua ladina (con anche altre competenze). Sono gli uscenti, dato che il prossimo 27 ottobre si vota.
E relativi Dipartimenti e catena di comando…
Per la lingua tedesca: LINK1, LINK2; Per la lingua italiana: LINK1, LINK2; Per la lingua ladina: LINK1, LINK2.
In pratica funziona così: nelle Valli Ladine vi sono le scuole con “immersione linguistica”, mentre nel resto della Provincia vi sono scuole dell’infanzia, elementari, medie e superiori con lingua di insegnamento italiana o tedesca, mentre l’altra è “seconda lingua”, solo dalla seconda elementare in avanti, però.
Lo sdoppiamento delle strutture porta spesso a scuole piccole e piccolissime (io stesso ho fatto due anni in una pluriclasse; nell’anno scolastico 2010-2011 nelle elementari le pluriclassi erano ancora 270, con 624 classi accorpate), con un immaginabile aumento dei costi ma, quel che è peggio, porta con sé il rischio di uno scadimento della qualità dell’insegnamento per il continuo ricambio di insegnati e supplenti, che cercano di essere trasferiti il più possibile vicino alla propria residenza. A poco è giovato il passaggio di tutte le competenze alla Provincia Autonoma di Bolzano (PAB), perché a fronte dell’aumento delle ore di insegnamento settimanali, anche lo stipendio è stato allineato a quello degli altri dipendenti della PAB. Per dare una idea: i dipendenti ANAS trasferiti, che avevano un contratto allineato a quello dei ferrovieri, sono stati molto contenti del trasferimento, dato che hanno avuto sensibili aumenti.
Però una scuola con una lingua di insegnamento base e con la seconda limitata a “lingua straniera” di fatto non permette di imparare la seconda in modo accettabile, favorendo anche atteggiamenti vagamente xenofobi tipo “qui siamo in Italia, il tedesco non serve a un c….” o “Ich hasse Walsch und die Walschen” (odio l’italiano e gli Italiani), per citare i più estremi, proprio per la difficoltà ad imparare la lingua e la conseguente incomunicabilità.
L’altro risultato (voluto?) di questa separazione etnica è che l’offerta formativa delle scuole superiori è accettabile solo per chi abita a Bressanone, Merano, Bolzano e Laives, sia per gli italiani che per i tedeschi, mentre per i ladini è a dir poco disastrosa.
Già, i ladini. Come funziona la scuola in Val Badia ed in Val Gardena?
Ecco la terza scuola, con “l’immersione”. Durante l’anno scolastico metà delle materie viene insegnata in italiano e l’altra metà in tedesco. A metà anno le cose si invertono. E ci sono sei ore la settimana di ladino. Geniale no? Infatti i ladini sanno bene tre lingue: italiano, tedesco e ladino.
Perché non adottare questo schema per tutta la scuola? Dell’infanzia, primaria e secondaria fino alla maturità? Perché io che sono nato e cresciuto in Alto Adige – Südtirol dove ho frequentato le scuole dalla terza elementare alla V Liceo non devo avere il diritto di imparare una lingua parlata dal Medioevo nella mia Heimat (cioè il ladino) anche se non abito nelle valli ladine? E perché per imparare bene l’altra lingua devo di mia sponte iscrivermi alle superiori dell’altra lingua con anche non pochi attriti perché inevitabilmente all’inizio resto indietro?
Oppure, per frequentare le superiori che voglio devo fare 1 ora e mezza di autobus ad andare ed altrettanto a tornare (o addirittura andare in convitto a 14 anni) quando con una diversa struttura potrei andare a 30’ di distanza?
Non è che il vero pericolo è poi una migliore comprensione tra i gruppi? Un “eccessivo melting pot” ed una potenziale perdita di elettorato dei due partiti maggiori che raccolgono gli italiani (AN prima e PDL poi) ed i tedeschi (SVP)? Che stranamente su questo punto sono sempre andati d’accordissimo.
Adesso che si avvicinano le elezioni Provinciali (27 ottobre) mi sarei aspettato che qualcuno dei pochi partiti “non etnici” facesse una proposta rivoluzionaria in questo senso. Invece il solito silenzio assordante, anche da parte di quelli che per anni si sono proclamati fautori “della convivenza e del miteinander” contro il “nebeneinander” (insieme anziché vicini ma separati). In alcuni Stati Europei infatti, per imparare bene l’inglese, a scuola si fa proprio “l’immersione linguistica”, cioè metà anno scolastico e metà materie in inglese e poi si cambia con l’altra metà.
Nonostante i progressi fatti nella scuola con l’insegnamento delle lingue straniere, la Provincia Autonoma di Bolzano si concede ancora il lusso di una scuola doppia e tripla, con il risultato di un basso numero di diplomati (circa 3450 nel 2011 con esame di stato, altri 850 con esame alla fine dell’istituto professionale, il 63% dei diciottenni), soprattutto del gruppo linguistico tedesco, e con un ancora più basso numero di laureati, che molto spesso restano a lavorare nella città dove hanno frequentato l’Università, non soltanto per problemi di lingua.
Il 63% infatti è su base aggregata provinciale (513.000 abitanti al 30.6.2013), ma se avessimo i dati disaggregati togliendo Bressanone, Merano, Bolzano e Laives (circa 180.000 abitanti al 31.12.2011), potremmo avere brutte sorprese. E non credo nemmeno che costringere gli studenti ad andare a scuola lontano sia un modo strisciante di combattere la consanguineità delle valli isolate (come già lo era il servizio militare fatto a centinaia di km di distanza da casa…), perché incoraggia l’abbandono subito dopo la scuola dell’obbligo.
A chi giova mantenere un basso livello di cultura nella popolazione? Non certo alla democrazia, ma ai potenti…
gentile signor Beltrama, vivo nel centroitalia in umbria. da ingenuo e banale uomo di provincia mi dolgo di queste divisioni che credo siano volutamente e dal punto di vista morale violentemente mantenute ad arte. la generazione adesso al potere in quella terra proietta sui loro figli i rancori del loro passato. rispettando la storia di quel paese penso come lei che una scuola bilingue (o trilingue) sia meglio di tre scuole separate. abbiamo la fortuna di avere atleti altoatesinisudtirolesi (così non scontentiamo nessuno) che si dicono orgogliosi italiani, esempio per tutti armin zoeggeler (ma anche altri) nuovo portabandiera e carabiniere. non sono loro gli esempi da seguire, invece che santoni identitari col fucile (metaforico) in mano?
Sono anch’io nato in Alto Adige, figlio di Friulano e di una parente di Andreas Hofer da parte di madre. Certo che la scuola trilingue sarebbe l’ideale anche per l’integrazione.
Tuttavia, i primi a non voler questo tipo di scuola, proprio per impedire l’integrazione, sarebbe appunto il gruppo di lingua tedesca che si ostina a non accettare l’italianità.
E’ inutile farsi illusioni i Sudtirolesi non vogliono essere e non sono italiani, anche quelli che per diverse ragioni o circostanze vestono divise italiane, appena se le tolgono, tornano ad essere fieri Suetiroler.
L’italianità non è stata una loro spontanea scelta, anzi! E’ stato loro imposta alla fine del primo conflitto mondiale e se potessero ne farebbero a meno molto volentieri; e questo nonostante che l’economia della regione è altamente sovvenzionata con il frutto delle imposte pagate dal resto dei cittadini delle altre regioni..
Purtroppo, non sono ottimista nemmeno per il futuro; nelle valli, per esempio, è più facile che i figli dei pochi Italiani che ci vivono, vengano assimilati dal gruppo di lingua tedesca, proprio perché nelle valli l’italiano si parla pochissimo.