17
Gen
2012

Una Repubblica basata sulle corporazioni

Il decreto liberalizzazioni dovrebbe passare in Consiglio dei ministri il prossimo giovedì. Un decreto che dovrebbe affrontare l’apertura di molti mercati, in un paese, quale è l’Italia, che da troppi anni è fermo.

Cosa ha fermato le liberalizzazioni? Diversi Governi in Italia hanno annunciato le liberalizzazioni, senza poi riuscire a mettere in pratica le promesse. Da ultimo il Governo Berlusconi, che le aveva annunciate, ma arrivate in Parlamento, si fermarono di fronte alle modifiche dei diversi parlamentari, rappresentanti delle stesse lobbies corporative.

Questo è il primo pericolo per il Governo Monti: che nel passaggio parlamentare il decreto venga stravolto. Ma questa volta i vincoli dei mercati sono troppo stringenti ed è impossibile che i parlamentari non se ne accorgano.

Lo spread è stabilmente sopra i 500 punti e il 7 per cento di tasso d’interesse non è sopportabile a lungo, con un debito che viaggia intorno al 120 per cento del prodotto interno lordo.

L’Italia è una Repubblica basata sulle corporazioni. Storicamente è stato così, dato che sono nate addirittura sotto il fascismo e si sono stabilizzate nel corso dei decenni.

Alla politica stessa facevano comodo queste corporazioni. Mantenevano un equilibrio comodo alla governance.

Non è un caso allora che Alitalia sia rimasta in vita così lungo e abbia ricevuto 4 miliardi di euro nell’ultimo decennio prima di fallire. Se fosse stato per la politica italiana, questa avrebbe certamente evitato l’apertura del mercato aereo. Fortunatamente questa liberalizzazione ci è stata imposta dall’Unione Europea nel 1997.

Liberalizzare va contro la politica stessa, in estrema sintesi, e va contro l’equilibrio raggiunto nel corso dei decenni.

Ma perché liberalizzare?

Per guadagnare competitività ci sono due principali metodi: la svalutazione e l’apertura dell’economia (anche il mercato del lavoro).

Storicamente l’Italia ha sempre scelto la svalutazione. Negli anni Novanta, durante l’attacco alla Lira, si toccarono le pensioni, ma non si aprì mai decisamente alle liberalizzazioni. Si decise di andare nella direzione della svalutazione, poiché era molto più semplice per i Governanti e soprattutto non si andava ad intaccare il sistema delle corporazioni sul quale si basava la politica stessa.

Ora la situazione è profondamente diversa.

L’esistenza della moneta unica blocca da oltre un decennio l’azione di svalutazione. L’Italia ha perso moltissima competitività nel frattempo, a causa dell’incapacità di riformare.

Liberalizzare significa in gran parte riformare. Liberalizzare significa riguadagnare la competitività perduta.

Si capisce bene la stima fatta da Banca d’Italia che afferma che con delle liberalizzazioni fatte bene, la crescita potrebbe di aumentare di un punto di PIL l’anno. Sedici miliardi di euro l’anno, non bazzecole.

Con le liberalizzazioni arriveranno gruppi stranieri che faranno incetta di licenze? Ben vengano! Non era l’Italia il Paese del nanismo delle imprese e della mancanza di investimenti stranieri?

Allora l’arrivo di gruppi stranieri porteranno crescita all’Italia e con la crescita anche posti di lavoro e per i consumatori, quasi certamente si avrà una diminuzione dei prezzi.

Perché non liberalizzare allora?

You may also like

Un anno di Milei
ITA-Lufthansa: un punto di partenza, non un punto di arrivo
La riforma fiscale: dopo il cattivo esempio i buoni (?) consigli
Il popolo delle tende e il prezzo degli immobili

12 Responses

  1. Condivido pienamente l’articolo in tutte le sue parti.

    Segnalo anche che alcune categorie di cui è stata proposta la liberalizzazione sono anche sospettate fortemente di evasione e frode fiscale.
    Ma anche in grado di influenzare la politica (vedi i tassisti).

    Ma una domanda: non è un pericolo aumentare l’influenza di paesi emergenti “fuori controllo” (o peggio, criminalità organizzate nostrane) concedendo le liberalizzazioni? Non sarebbe più opportuno – durante il processo di liberalizzazione – monitorare questi eventuali investimenti ed escludere a priori quelli più dubbi?

    Alla Gran Bretagna in fondo non è andata poi così bene.

  2. Bi&Bi

    Liberalizzare certo! Per aprire alla concorrenza,per diminuire i prezzi e quindi per liberare risorse e favorire la crescita. Come possiamo non essere d’accordo? A me però tornano continuamente un dubbio e poi una domanda: siamo sicuri che le conseguenti maggiori risorse resterebbero disponibili per consumi, investimenti ecc. e che non finirebbero invece nel vortice della Spesa Pubblica? e la domanda è: ma come mai il tema della riduzione dei costi della P.A. è continuamente rimosso? Lo fanno i politici in parte perchè direttamente interessati e in parte per il bacino enorme di voti di cui trattasi, lo fanno i sindacati per il bacino enorme di tessere, lo fanno molti altri per intrecci di interessi vari. Perchè lo fa anche quel povero Cristo che produce, rischia e ci rimette la salute, guadagna meno di un qualsiasi dipendente pubblico e alla fine perde il posto ? Non so spiegarmi. Direi che la prima liberalizzazione da fare è proprio quella della P.A. in tutte le sue articolazioni e in tutte le Istituzioni. Si può pensare che se la manovra Monti non basterà (e non basterà) una parte di popolazione possa ancora sopportare altre gabelle variamente mascherate? che il solo settore produttivo continuerà nel 2012 a sopportare perdite di posti lavoro? che siano ulteriormente tollerabili i ritardi di pagamenti alle imprese da parte della P.A.? e per giunta che nulla cambi? Qualche notizia per non parlare della luna: se qualcuno accede ai siti delle Regioni o delle funzioni Statali e si mette a contare i dirigenti e a sommare le loro retribuzioni comprende di che si tratta. La trasparenza di Brunetta non è appilcata da tutti in ugual modo, c’è una diffusa, irresistibile tendenza a mascherare. Si tenga conto che la nutrita schiera di dirigenti è affiancata da una molto ma molto più numerosa schiera di responsabili di servizio o funzione che beneficiano di una buona fetta aggiuntiva di retribuzione . Ma su quali obiettivi lavorano tutti costoro e in che modo si valuta la loro attività? La trasparenza non è sempre d’aiuto neanche qui ma qualche distratto ha pubblicato un risultato relativo al 2009: l’86% dei dirigenti valutati ha ottenuto un punteggio tra 91 e 100 (il massimo), l’11 % tra 81 e 90 e l’1,6 % tra 71 e 80 punti. Liberalizziamo! una classe dirigente di tale livello andrà a ruba tra le aziende private italiane e straniere e potrà essere sostituita con una più molto meno costosa per le tasche dei cittadini! Facile immaginare che il ragionamento si possa estendere a coloro che percepiscono retribuzioni elevatissime e accumulano tonnellate di pratiche non evase, ai dattilografi alla Camera, ai barbieri e a quant’altro sentiamo ogni giorno riportato dalla stampa. In conclusione è prioritario convincere o costringere i tassisti o i commercianti a a aumetare le licenze o gli orari di apertura o comunicare a tutti coloro che percepiscono denaro pubblico che è il momento di una dovuta, inevitabile e improcastinable riorganizzazione e ristrutturazione che comporti una drastica riduzione di costi? Almeno lo si facesse contestualmente…

  3. Il nostro Codice Civile porta la firma di Benito Mussolini, ed è datato 1942. Il nostro Codice Penale porta la firma di Alfredo Rocco, Ministro della Giustizia sotto il governo Mussolini.

    Non sempre ciò che è vecchio è da buttare. La tanto lodata Inghilterra basa il suo ordinamento istituzionale ancora sulla Magna Charta, datata 1215, e sempre nella tanto lodata Inghilterra diversi membri della House of Lords mantengono la nomina ereditaria. (E poi dicono che in Italia abbiamo un ordinamento medioevale).

    Quanto al collegamento tra spread e liberalizzazioni personalmente non lo condivido.

    In Francia e Germania vi sono ordinamenti professionali molto più rigidi dei nostri, che conservano in molti casi tariffe vincolanti e obbligatorie, e tali paesi hanno interessi sul debito di diversi punti inferiori a quelli italiani.

    Lo stesso termine “liberalizzazioni” è di per sé equivoco perché non aggiunge libertà ma semplicemente toglie regole. Le regole ben scritte sono preziose, come i semafori ed i cartelli nella circolazione stradale.
    Togliendo le regole, prevarranno i più forti a danno dei più deboli.

    E’ poi curioso che un’Europa che da un lato ci impone quote latte e quote frumento, contingentando di fatto l’offerta di tali beni, dall’altro lato ci vorrebbe spingere a deregolamentare altri settori, quali ad esempio i taxi.
    Perché mai non si possono produrre più di “x” litri di latte.. ed invece dobbiamo avere un numero indefinito di taxi ?

  4. Marco Tizzi

    Ben vengano le liberalizzazioni, ma che con queste si risolva un “problema sistemico che si è ulteriormente aggravato” (M. Draghi) di natura monetaria mi sembra una mera illusione.
    I problemi sistemici si risolvono cambiando il sistema: l’Euro, così com’è, non funziona.

  5. Condivido pienamente l’articolo in tutte le sue parti.
    Segnalo anche che alcune categorie di cui è stata proposta la liberalizzazione sono anche sospettate fortemente di evasione e frode fiscale.
    Ma anche in grado di influenzare la politica (vedi i tassisti).
    Ma una domanda: non è un pericolo aumentare l’influenza di paesi emergenti “fuori controllo” (o peggio, criminalità organizzate nostrane) concedendo le liberalizzazioni? Non sarebbe più opportuno – durante il processo di liberalizzazione – monitorare questi eventuali investimenti ed escludere a priori quelli più dubbi?
    Alla Gran Bretagna in fondo non è andata poi così bene.

  6. Serse

    Basta con questa nenia delle liberalizzazioni oramai a questa panacea non ci crede + nessuno.
    Sappiamo i danni che hanno prodotto nelle tasche di boi consumatori

  7. luigi

    E voi siete convinti che con la ns. burocrazia, tassazione e dilagante disperazione, ci sia qualche azienda davvero interessata a investire in italia, anzichè riversare le proprie finanze su mercati più tonici e seri quali il sud america (ed è tutto dire!)!
    io non credo!

  8. luigi

    Perché mai non si possono produrre più di “x” litri di latte.. ed invece dobbiamo avere un numero indefinito di taxi ?

    bella domanda! è una delle mille aberrazioni di un europa che non ha possibilità di crescere e vivere, pkè nessuno dei suoi membri è disposto a cedere anche solo 1 euro “vero” dei propri contribuenti!

  9. martino

    Per me sarebbero molto meglio le semplificazioni delle liberalizzazioni!!Per esempio io non voglio un numero maggiore di notai. Non voglio proprio andarci dal notaio! Perchè in America basta un foglio pre stampato per un passaggio di proprietà di un’auto ed in Italia 500€ circa di pratica? E perchè si può acquistare una casa con un modulo sottoscritto presso lo sportello di un corriere espresso con una spesa di 100$? Lo stesso dicasi per le mille pratiche che dobbiamo fare presso i caaf, i commercialisti, gli avvocati, ecc. Tante scartoffie che, o non dovrebbero nemmeno esserci chieste, o che potremmo compilare semplicemente online o farci timbrare da un normale impiegato comunale. Questi sarebbero veri risparmi, non quelli sulla tratta di un taxi!! E poi, cosa liberalizziamo a fare se il peso dello stato è così alto? Per esempio, non possiamo pensare che il prezzo dei carburanti precipiti, se le accise sono così alte. E siamo sicuri che liberalizzare non implichi la nascita di cartelli ancora più forti? Mi ricordo di aver letto che, per esempio, la liberalizzazione dei carburanti in Francia ha avuto come conseguenza un costo inferiore delle benzine nel breve periodo ( e la fine dei piccoli distributori falcidiati dalla concorrenza della grande distribuzione), ma nel lungo ci si è trovati con meno distributori e con prezzi alti, per cui addio risparmio ma anche obbligo di percorrere qualche km in più per raggiungere il distributore!!

  10. roberto savastano

    sacrosanto! chi teme le liberalizzazioni siano nocive alle tasche dei consumatori o non ha capito nulla o basa le proprie convinzioni su liberalizzazioni fasulle, spesso solo privatizzazioni dove il monopolista pubblico è rimpiazzato da un monopolista privato. oggi, con la liberalizzazione del trasporto aereo, una vacanza alle maldive o negli USA non è più solo ad appannaggio dei ricchi, l’elettronica di consumo è un altro esempio. per chi chiede come mai ci siano imposte le quote latte pure restrittive la risposta è semplice. perchè le quote sono state calcolate sulla base della produzione latte di ogni paese. questa calcolata sulle imposte pagate. quindi le nostre quote sono basse perchè i produttori hanno fatto i furbi facendo figurare producevano poco o nulla. almeno così spiegava Radio24. liberalizzare, in ogni caso, significa opportunità e regole uguali per tutti. solo questo dovrebbe rendere tutti favorevoli.

  11. Ricardo

    @Eugenio Stucchi

    “””””””””””””Lo stesso termine “liberalizzazioni” è di per sé equivoco perché non aggiunge libertà ma semplicemente toglie regole. Le regole ben scritte sono preziose, come i semafori ed i cartelli nella circolazione stradale.””””””””””””””””””””””””

    ASSOLUTAMENTE NO!

    Come nella risposta che le davo nell’altro post (“”In favore delle liberalizzazioni e privatizzazioni””), liberalizzazione NON SIGNIFICA assenza di regole ma UN DIVERSO TIPO DI REGOLE.

    Significa eliminare regole SBAGLIATE, come il numero chiuso e le tariffe minime, a favore di regole che favoriscano la concorrenza a beneficio dei cittadini e della dinamicità del sistema economico.

    Anche l’esempio del traffico l’ho discusso nell’altro post, per spiegare con quali criteri si possono discernere le regole giuste da quelle sbagliate.

    Le quote latte: ha perfettamente ragione! Le quote latte sono un’assurdità che non ha nessun senso economico – si tratta di un’imposizione politica voluta da alcuni paesi (principalmente la Francia) per proteggere i suoi produttori. Devono essere abolite.

  12. aldo

    chiamarlo decreto per le liberalizzazioni è perlomeno azzardato, è più una farsa che altro, nell’ultima bozza è stata eliminata anche la possibilità, per i farmacisti non proprietari di una farmacia, di vendere farmaci di fascia c anche in quelle regioni dove nel 2013 non sarà rispettato il limite di una farmacia ogni 3000 abitanti, si capisce già che è una buffonata e che non cambierà nulla, ne riparleremo tra un anno quando ci accorgeremo che le farmacie avranno fatto cartello per prezzi e orari

Leave a Reply