Una persona che fa la differenza: Muhammad Yunus
Ieri sera, in un Teatro Dal Verme gremito in ogni ordine di posto, ha parlato a Milano il professor Muhammad Yunus, Nobel per la Pace figura universalmente riconosciuta per il suo impegno nella lotta alla povertà nel suo paese, il Bangladesh, tramite la Grameen Bank, l’istituto bancario da lui fondato nel 1976 (e successivamente, dal 1983, diretto), attivo nell’ambito del microcredito. La notizia è che la Grameen apre anche in Italia, e c’è di che riflettere se anche da noi gli esclusi dal merito di credito sono tanti e tali da avvicinarci a un Paese sottosviluppato.
Yunus ha ripercorso tutte le tappe della Grameen Bank, fin dal giorno in cui osservando la realtà creditizia ha scelto di fare esattamente il contrario di quanto facessero – e fanno – le banche tradizionali. Yunus ha ricordato quanto fosse difficile convincere donne che non avevano mai tenuto in mano una banconota in tutta la loro vita – per le quali il denaro era una sorta di tabù di cui solamente gli uomini si devono occupare – dell’importanza e dell’opportunità costituita per sé e per la propria famiglia un prestito. Oggi la clientela della Grameen Bank è costituita per il 96 per cento da donne.
Yunus si è poi a lungo soffermato sulle differenze tra il suo modello di banca e quello tradizionale, preso – come ha confidato con una punta di orgoglio lo stesso Nobel – come vero e proprio modello ex negativo.
Mentre le banche tradizionali stanno nei centri a più alto reddito disponibile, la Grameen è presente – con 2185 filiali – nei villaggi e nelle zone rurali. Non sono gli aspiranti clienti ad andare in pellegrinaggio con il cappello in mano, ma è la banca che batte ogni insediamento periferico e angolo di campagna. L’idea per cui sia la banca a dover andare dal popolo e non viceversa è coerente con l’intuizione di Yunus per cui lavorare significa far lavorare, fare impresa significa trovare chi la sappia fare, e non esiste quindi una rigida distinzione tra cercare e offrire lavoro. Di sapore misesiano la conseguente considerazione che l’inclinazione all’imprenditorialità sia tratto comune a tutti gli uomini.
Yunus, complice la bassa età media dell’uditorio, ha insistito su come l’imprenditorialità sia un elemento che va riconosciuto e coltivato fin dalla gioventù, esortando dunque i giovani presenti a non attendere di avere in mano un pezzo di carta – dove non c’è scritto come fare impresa – per dare corso alle proprie inclinazioni.
In Bangladesh c’è sempre la Grameen Bank anche dietro la scomparsa di fatto dei mendicanti dalle strade, che hanno potuto tramite il microcredito “reinventarsi” come piccoli commercianti. I prestiti – quello tipico varia tra i 20 e i 30 dollari – hanno potuto acquistare piccoli gadget diversificando così le loro possibilità di entrate. Con una battuta che ha molto divertito il pubblico, Yunus ha detto che costoro sono diventati degli esperti – quest’abitazione va bene per elemosinare, quest’altra per vendere piccoli oggetti – estremamente a loro agio nel riconoscere i segmenti di mercato.
Yunus è convinto che la povertà non sia un fenomeno endogeno radicato nella persona ma un’afflizione proveniente dall’esterno, imposta dal sistema. Fatto certamente vero anche per i Paesi nel complesso più ricchi, dove esiste una colpevole sproporzione tra idee brillanti e concessione di capitali per metterle in pratica. Anche ieri, il Nobel bengalese non ha mancato di riproporre quel motto che non accetta sia considerato uno slogan, magari utopistico («il microcredito non è utopia, il microcredito è realtà!») che recita: «un giorno i nostri nipoti andranno nei musei per vedere cosa fosse la povertà». Certo è che esistono diverse sfumature e gradazioni di privazione.
Meno difficoltà si hanno a convenire sul fatto che l’uomo non sia una macchina robotica per fare soldi programmata da un miope «egoismo» del tipo “tutto per me, niente per gli altri”. In realtà, ha spiegato il Nobel, il problema non è l’egoismo (forse sarebbe stato più chiaro adoperando il termine “avidità”) o il desiderio di guadagnare il più possibile. Si tratta di elementi connaturati nell’indole umana. Meno naturale e più meritorio di severa critica è l’operato di chi ha malamente operato con i denari altrui, facendoli svanire nel nulla di un sistema svincolato da ogni freno all’assunzione di rischi cui non avrebbe potuto mai fare fronte.
Il social business, che riporti l’uomo al centro e tra i fini dell’attività economica, proposto da Yunus è allora indubbiamente un sistema superiore alla semplice charity, in quanto capace – a differenza di quest’ultima – di generare un meccanismo virtuoso in grado di reiterarsi e consolidarsi nel tempo, evitando la precarietà della dipendenza dall’assistenzialismo.
Un ulteriore aspetto interessante del modello di banca di Yunus sta nel’organizzazione decentralizata, in cui i risparmi locali vanno a mutuatari locali. Un orizzonte, questo, certo un po’ limitato per un Paese “ricco” in tempo di globalizzazione, ma una scelta molto opportuna se si considera quali effetti incentivanti possa avere sul modesto prenditore il controllo sociale esercitato molto da vicino da chi tale prestito ha contribuito ad assicurare.
L’attività della Grameen rispecchia alla perfezione l’indole creativa del suo fondatore, secondo cui più idee si elaborano, più è probabile trovare la soluzione ai problemi presenti e futuri. Prima il risparmio, poi le assicurazioni e i prestiti per l’istruzione, ora anche fondi pensione. Il tutto senza rinunciare alle fruttuose collaborazioni a scopi umanitari con quelle grandi multinazionali – tra quelle citate la Danone e la Adidas – che sono invece additate come “sfruttatrici” dei paesi poveri, da chi si illude esista una via allo sviluppo diversa da quella che passa per il mercato e il fare impresa.
Il Nobel termina il proprio discorso salutato in piedi da un lungo e scrosciante applauso di un pubblico visibilmente toccato: è bastata un’ora a un paio di migliaia di giovani milanesi per verificare in prima persona come l’ideatore del microcredito sia veramente – per usare un’espressione della Moratti – una di quelle «persone che fanno la differenza» . A Milano sarà operativa entro l’anno la Grameen Bank Italia, per riproporre anche nella Penisola prima e nell’Est Europa poi questa forma di finanziamento ai tanti che hanno una buona idea e lo spirito per realizzarla, ma mancano di quel minimo di capitale necessario a metterla in atto.
Di primo acchito può forse far storcere il naso l’idea che nella città più ricca d’Italia si frema per l’introduzione di un’istituzione ideata e concepita per quello che all’epoca era uno dei paesi più poveri del mondo. Ma le cronache italiane sono ricche di esclusi dal merito di credito bancario. E non sono solo immigrati extracomunitari. Non si può ignorare un sistema che ha dimostrato nei fatti di funzionare. Non rimane che la curiosità di capire come risulterà, alla fine dei conti, nella sua declinazione italiana. Una banca che fa impresa? Straremo a vedere.
L’esperimento è interessante, ma la presentazione mi sembra troppo entusiasta, al limite dell’ingenuità. Da una parte, vedo un’adesione acritica ai detti di Yunus, condivisibili in linea di principio ma forse bisognosi di verifica (non tanto per l’opera svolta in patria o in altri PVS, quanto per la sua replicabilità in ambiente europeo); dall’altra, temo che l’enfasi sull’imprenditorialità diffusa abbia tradito il recensore, spingendolo a condividere slogan che non spiegano nulla, come l’egoismo e la mancanza di freni.
Forse la Grameen Bank potrà soddisfare bisogni inespressi o repressi; temo che non sia il modello della banca del XXI secolo.
Yunus, è una persona eccezionale. Lui e il suo microcredito sono famosi da anni in quanto è riuscito veramente a conferire dignità a persone che altrimenti non avrebbero potuto né imparare un mestiere, né conoscere l’evoluzione dignitosa della propria esistenza.
A Davos ha espresso un concetto tutto da ricordare a proposito del sistema bancario.
“i grandi ragazzi non sono grandi malati, grandi malati sono i piccoli ragazzi che hanno perso il lavoro, il cibo, i mezzi di sussistenza”.
Se non erro la filantropia americana si prodiga a finanziare la Grameen bk, fatto che le permetterebbe l’installazione anche in altri paesi come quelli europei che sicuramente necessitano di somme maggiori per qualsiasi attività, rispetto le somme esigue erogate in paesi in via di sviluppo.
Sicuramente la filosofia del microcredito non è la filosofia della banca come la si conosce.
Il microcredito si concentra maggiormente sulla dignità umana e sul mutuo soccorso che su aspetti puramente monetari.
La cosa che mi lascia perplesso è che Yunus è portato in palmo di mano anche dai banchieri tradizionali & globali, quelli del macrocredito e del macrodebito. Allora non capisco più dove sono i cattivi.
Gentile signor Marco Mura,
potrebbe mica rispiegare piu’ dettagliatamente l’inclinazione “misesiana” di Yunus?
Grazie
In realtà nel libro di Yunus, lui afferma di essere contro le metodologie operative delle grandi banche e ha piu volte rifiutato centinaia di milioni di dollari dalla Banca Mondiale per non essere dipendende politicamente da quest’ultima.