Una corporazione assedia la Spagna
La Spagna è sotto assedio da parte di una corporazione. Una corporazione molto forte, quella dei controllori di volo, che con uno sciopero selvaggio sono stati in grado di bloccare per oltre 24 ore completamente tutti gli aeroporti della Penisola Iberica. Un atto gravissimo, dopo mesi di scioperi bianchi che avevano provocato ritardi in tutto il trasporto aereo spagnolo. Questa crisi è scoppiata il 3 dicembre, il giorno in cui iniziava il Ponte della Costituzione (il 6 e l’8 dicembre sono giorni festivi in Spagna). Oltre 4000 voli sono stati cancellati e più di 600 mila persone sono rimaste a terra, creando una situazione di emergenza in tutti gli aeroporti. Quali sono le motivazioni che hanno portato a quest’azione? È stata proporzionata la risposta del Governo Zapatero? La risposta è sì. Ma sarebbe meglio privatizzare.
Lo scontro tra Governo e controllori di volo andava avanti ormai da mesi, perché l’Esecutivo Zapatero, con il Ministro dell’industria José Blanco, aveva deciso di tagliare gli stipendi ad una categoria che controlla il volo in tutta Spagna.
I controllori di volo sono una delle voci di spesa maggiore per AENA, la società che controlla tutti gli aeroporti pubblici e sono dei funzionari pubblici a tutti gli effetti. Il loro stipendio supera in molti casi i 300 mila euro annuali, con una produttività del 20-25 per cento inferiore rispetto a quella degli altri Paesi Europei.
A maggio, quando il Governo Zapatero aveva annunciato il taglio del 5 per cento degli stipendi statali aveva deciso anche di colpire duramente i lavoratori pubblici che avevano uno stipendio molto elevato e tra questi quello dei controllori. Una giusta misura di contenimento della spesa pubblica.
Era iniziata una trattativa tra le due parti in modo che si ridefinisse una griglia salariale meno onerosa per lo Stato spagnolo, che nel 2009 aveva visto un deficit dell’11,1 per cento.
Il taglio degli stipendi pubblici era inoltre una manovra necessaria per tranquillizzare i mercati dopo l’attacco speculativo sul debito sovrano delle Grecia.
Il Ministro Blanco voleva eliminare le ore di straordinari, che incidevano per circa il 50 per cento dello stipendio dei controllori di volo, tramite una migliore organizzazione del lavoro e una maggiore produttività.
L’accordo non è mai arrivato e venerdì 3 dicembre, all’inizio del turno delle 17, i controllori iniziavano ad avere un’ondata di malori.
Uno sciopero selvaggio vero e proprio dove la malattia diventava una scusa per non andare al lavoro. Il traffico aereo si collassava immediatamente in tutta Spagna e tutti gli aeroporti chiudevano senza preavviso.
Nella serata di venerdì la polizia entrava per prendere i nominativi nell’hotel dove i controllori “ammalati” erano riuniti.
La notte più lunga per l’esecutivo Zapatero cominciava, con l’idea di porre lo stato di emergenza, in modo da sostituire i controllori di volo civili con quelli militari. Un atto molto forte, che non avveniva dai tempi della dittatura di Franco.
Nella tarda mattinata di ieri, Alfredo Pérez Rubalcaba, vicepremier del Governo, annunciava che lo stato di emergenza era stato approvato. Sicuramente anche i vertici del Partito Popolare hanno avallato la decisione, perché difficilmente sarebbe passata una tale misura così forte.
Il Governo Zapatero si è rivelato molto deciso di fronte ad uno sciopero di una corporazione molto forte.
Il passo successivo dovrebbe essere quello di una completa liberalizzazione del settore, che farebbe venire meno il potere di questa categoria. In Gran Bretagna, il settore è stato privatizzato e risulta molto più efficiente di quello spagnolo.
La situazione tornerá molto lentamente alla normalitá, ma al termine dei 15 giorni di stato di emergenza, che coincide con l’inizio delle festivitá natalizie, senza un’apertura del settore, il problema potrebbe ripresentarsi.
Immagino che il “potere” di questa corporazione sia stato concesso per anni col più o meno tacito consenso dei governi, per cui bisogna domandarsi perché ciò sia avvenuto.
Una volta assodato che non era giusto, bisogna coinvolgere questi lavoratori nelle decisioni che li riguardano facendo loro capire che bisogna agire per il bene comune – che è anche il loro, invece di imporre a freddo un taglio di stipendio e un incremento degli orari di lavoro così, a secco.
Sulla forma della protesta, per quanto sia risultata fastidiosa, la trovo molto interessante, perché riattiva una specie di lotta di classe: è ormai prassi che il governo possa metterlo nel c. ai lavoratori senza remore e senza coinvolgerli, mentre diventa uno scandalo (tanto da dover chiamare l’esercito) se i lavoratori lo mettono nel c. al paese facendo uno sciopero a sorpresa.
La prossima volta vorrei vedere l’esercito andare dai governanti con il manganello dopo che scoppiano le crisi derivanti da bolle immobiliari, rendite finanziarie e altri fattori ampiamente prevedibili da chi è al potere grazie alla fiducia del povero popolo, che si aspetta da loro un lavoro per il bene comune, mentre ormai la politica è solo una redistribuzione di privilegi.
Il popolo ha TUTTO IL DIRITTO di ribellarsi in qualsiasi modo a questo sistema che la politica non vuole cambiare drasticamente, il mondo è troppo iniquo, la vita non può essere vissuta da schiavi.
Caro J, io sono stato uno del mezzo milione di persone circa che a causa di questi signori che non rispettano la legge che sancisce il diritto allo sciopero (=lo concede, così ci capiamo) non ha potuto viaggiare durante una festività importantissima, pur avendo pianificato con mesi di anticipo il proprio viaggio. Perchè la prossima volta allora non speriamo che il popolo degli onesti, non l’esercito, randellasse questi signori, oltre che i governanti che permettono certe vergognose offese alla comunità? Ne avremmo TUTTO IL DIRITTO, no? Come sarebbe interessante, quale forma di protesta verso politici inetti e dipendenti pubblici parassiti, vero?
Capisco il disagio, è condivisibile e umano. Ma il senso di queste proteste, purtroppo, deve prevederlo: no disagio, no pubblicità.
Ciò non toglie che “rispettare la legge” non può sempre essere unilaterale, dal popolo verso il potere, deve essere anche reciproco.
Sul caso di specie non saprei esprimermi, non conosco la situazione dei controllori di volo spagnoli, ma ribadisco che la forma di protesta utilizzata, fuori dagli schemi (mi riferisco all’obbligo di sciopero preannunciatissimo – e quindi meno efficace), è un esempio di cosa può succedere se la politica non la smette di sbagliare e poi far pagare ai cittadini, usando la parola “crisi”, come se fosse piovuta inevitabile dal cielo.
La politica deve occuparsi del bene comune, ovvero del popolo. Se non lo fa il popolo ha il diritto di ribellarsi, di fare casino.
Anzi, è sorprendente che ancora non sia successo nulla di veramente eclatante, perché la situazione è drammatica (vedi disoccupazione e povertà, con speranze zero).