Un po’ di chiarimenti sul funzionamento della rete carburanti – di Gabriele Masini
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gabriele Masini, Staffetta Quotidiana.
Perché, alla fine, dobbiamo ringraziare i Moratti per i prezzi delle pompe bianche
Di chi sono i punti vendita carburanti in Italia? Come funziona l’esclusiva? Chi rifornisce gli impianti no logo? Conoscere il mercato dei carburanti per deliberare al meglio su una sua riforma.
La rete carburanti italiana conta 24.000 punti vendita.
Di questi, poco più della metà (il 55%) sono di proprietà delle compagnie petrolifere.
Il restante 45% è di proprietà di operatori indipendenti (i cosiddetti retisti) o, in misura marginale, di operatori della grande distribuzione organizzata.
Gli impianti di proprietà delle compagnie sono gestiti da operatori (i gestori, appunto) che ricevono l’impianto in comodato d’uso gratuito con contratti di 6 anni più 6. Gli impianti di proprietà dei retisti possono essere gestiti direttamente dal proprietario oppure da un gestore.
Impianti delle compagnie. A fronte del comodato gratuito, il gestore accorda alla compagnia il privilegio della fornitura esclusiva, anche per garantire alla compagnia petrolifera che ha effettuato l’investimento un ritorno sul capitale investito. E anche perché la compagnia è responsabile in solido di tutti gli aspetti relativi alla sicurezza del punto vendita, dall’integrità delle cisterne a eventuali problemi relativi alla qualità dei carburanti.
Impianti dei retisti. Per quanto riguarda gli impianti di proprietà dei retisti, questi possono decidere se fare una convenzione con una compagnia petrolifera che fornisce loro i carburanti in esclusiva in cambio della possibilità di utilizzare il marchio, le campagne sconto, le carte fedeltà ecc, oppure se mettere un proprio marchio, andare sul mercato dei carburanti all’ingrosso e, ogni settimana, fare il giro delle raffinerie e dei depositi della zona per vedere chi fa il prezzo migliore e comprare di volta in volta autobotti di prodotto. Questo è possibile già oggi.
Negli ultimi cinque anni le “pompe bianche” (che sono appunto impianti di proprietà di retisti che hanno optato per questa seconda scelta, quella di fare il giro dei depositi ogni settimana) sono raddoppiate, passando da circa 1.000 a oltre 2.000 (quasi il 10% della rete). Un aumento dovuto sia all’apertura di nuovi impianti, sia al fatto che molti retisti che avevano fatto convenzioni con le compagnie e ne issavano i marchi hanno deciso, alla scadenza delle convenzioni, di non rinnovarle e di andare sul mercato, rischiando qualcosa in più ma con la possibilità di spuntare prezzi migliori e quindi aumentare i volumi di vendita.
Questo passaggio è stato possibile sia grazie all’ampia disponibilità di prodotti dovuta al calo dei consumi e al “lungo” della raffinazione, sia grazie alla dismissione di impianti marginali da parte delle compagnie petrolifere, e sia grazie alle ripetute liberalizzazioni attuate dal ’98 (col passaggio dal regime di concessione a quello di autorizzazione) al 2008 (con la manovra estiva firmata Scajola che, sotto la spinta dell’Antitrust europeo, ha eliminato quasi tutte le restrizioni che rendevano difficile aprire nuovi impianti, come contingentamenti relativi a distanze minime, superfici minime, servizi obbligatori per i nuovi impianti ecc). Le Regioni hanno poi reintrodotto alcuni vincoli (come l’obbligo per i nuovi impianti di erogare Gpl o metano o l’obbligo di istallare pannelli fotovoltaici), ma ancora oggi sempre più retisti non rinnovano le convenzioni con le compagnie alla loro scadenza e si mettono “in proprio”.
Tra l’altro, le pompe bianche non sono un fenomeno nuovo. Negli anni ’50 e ’60 quasi il 40% degli impianti era di proprietà di operatori indipendenti che vendevano prodotto “senza marchio” facendo concorrenza alle compagnie petrolifere presenti sul mercato (allora le compagnie operanti in Italia erano circa una ventina). Questa realtà fu spazzata via dalle tre grandi crisi petrolifere poiché i proprietari non riuscirono ad approvvigionare gli impianti o dovettero farlo a condizioni proibitive. La conseguenza fu la corsa al convenzionamento con le compagnie petrolifere. Questo fece passare, per un lungo periodo, la voglia di operare “senza marchio”.
La differenza di prezzo tra le pompe bianche e gli impianti “colorati” dipende dal fatto che sul prezzo che le compagnie forniscono agli impianti col proprio marchio pesano i costi di ammortamento dell’impianto, i costi di manutenzione e quelli di trasporto. Tutti costi che, nel caso del retista indipendente che ha un proprio marchio, ricadono in capo al retista stesso.
L’ultima bozza di decreto-legge sulle liberalizzazioni prevede che i retisti (proprietari degli impianti) possano approvvigionarsi per il 50% delle forniture al di fuori del vincolo di esclusiva. Il punto è che già oggi, se lo vogliono, i retisti possono approvvigionarsi per il 100% delle forniture al di fuori dell’esclusiva. Basta non firmare la convenzione con la compagnia e comprare ogni settimana i carburanti dal migliore offerente, rinunciando al marchio della compagnia. Questo, oggi, si può già fare.
Per i gestori (non proprietari degli impianti) la quota minima prevista dalla bozza di decreto-legge è del 20%. Ma è possibile che un gestore di un impianto che ha le insegne della compagnia XY, compagnia che è proprietaria dell’impianto, venda carburanti della compagnia ZK, col marchio XY? E che vuol dire “impianto multimarca”? Che andiamo dal benzinaio e ci sono tante piazzole con tante pompe ciascuna con un colore diverso con il carburante della relativa compagnia? Questa cosa l’avete mai vista da qualche parte nel mondo? Se sì, vogliamo le foto.
Ora, siccome non vogliamo difendere nessuno e tanto meno le compagnie petrolifere, diciamo che una strozzatura il mercato ce l’ha. Ma non sta nell’anello della distribuzione, cioè sulla proprietà dei punti vendita. Sta piuttosto nella struttura logistica. Cioè i depositi e le raffinerie.
Dov’è che i carburanti costano meno in Italia? In Veneto. Perché? Perché a Marghera e sul territorio ci sono molti depositi (oltre alla raffineria Eni). In particolare ce n’è uno, quello della San Marco Petroli, che è il principale fornitore delle pompe bianche della Regione e che un paio di anni fa ha acquistato dalla compagnia austriaca Omv anche 90 punti vendita sparsi nel nordest. È un imprenditore che ha un deposito di ottima qualità e che ha investito in un mercato, quello dei carburanti, in contrazione. In tutto il Nord Italia la presenza di molti depositi, costieri e non, realizza un regime di concorrenza sugli approvvigionamenti da parte dei proprietari degli impianti e fa abbassare i prezzi. I proprietari degli impianto possono cioè confrontare diverse offerte e scegliere la migliore, e sono stimolati a mettersi in proprio, sciogliendo le convenzioni con le compagnie.
Altro esempio. Sapete chi è il più grande fornitore di carburanti alle pompe bianche o no logo che dir si voglia? Chi sta salvando i propri bilanci di raffinatore grazie all’aumento dei punti vendita indipendenti? La Saras. La famiglia Moratti. I più petrolieri che ci siano. Attraverso la controllata Arcola Petrolifera, Saras sta alimentando il mercato extra-rete e facendo abbassare i prezzi alla pompa. In questo caso la compagnia Saras non è completamente integrata, nel senso che ha l’upstream (ricerca e produzione di idrocarburi), ha la raffinazione (con uno degli impianti più grandi del Mediterraneo a Sarroch, in Sardegna) e ha la logistica (depositi, tra l’altro, a Genova e Napoli). Ma non ha una rete con proprio marchio (o, meglio, ce l’ha ma in Spagna). E fa concorrenza alle altre compagnie integrate.
Un’ultima osservazione: si è favoleggiato in questi giorni sul fatto che la riforma potrà far calare i prezzi di dieci centesimi al litro. Tutto è possibile. Ma osserviamo una cosa. In Italia i carburanti costano in media, al netto delle tasse, 3-5 centesimi al litro in più della media degli altri Paesi dell’Unione europea. Questo, a nostro modesto avviso, è quanto si può recuperare con questa o con un’altra riforma. Il motivo per cui abbiamo i prezzi alla pompa più alti d’Europa è che per ogni litro di benzina paghiamo circa un euro di tasse. Il resto sono più o meno chiacchiere.
Un ottimo articolo, veramente !!!
Grazie per la chiarezza, ne serve di questi tempi…..
ROBERTO BARDELLI
E’ interessante e ben argomentato (sono abbastanza vecchio, ohimé, per ricordare le pompe bianche pre-crisi, anche se non avevo ancora la patente). Manca tuttavia ogni riferimento alla questione delle pompe legate alla grande distribuzione. Questa estate in Francia ho visto che accanto a quasi tutti gli ipermercati c’è una pompa dove il carburante costa meno che negli altri impianti (la differenza, se non raggiunge proprio i dieci centesimi, si avvicina abbastanza a questa cifra). Qui, invece, sono rarissime.
Inoltre, nella mia zona, per quanto ne so le pompe bianche fanno prevalentemente la spesa da Q8.
Gli impianti della Gdo, presso i supermercati, sono effettivamente una rarità in Italia (sotto il centinaio, credo). Spesso il problema per loro è che devono costruire l’impianto in un punto obbligato, cioè dove già c’è il supermercato e non in un luogo qualunque. E non sempre gli strumenti urbanistici lo consentono. Inoltre, l’obbligo introdotto da molte Regioni di istallare pompe di Gpl o metano, o pannelli fotovoltaici in tutti i nuovi impianti è un ostacolo per loro perché è necessario molto più spazio. Nell’ultima bozza di DL questi ostacoli sono stati rimossi. Vedremo.
Quanto agli approvvigionamenti, Conad-Leclerc compra i carburanti da Saras. E, certo, tutte le compagnie, anche l’Eni, riforniscono le pompe bianche. Solo che per Saras è core business, non avendo impianti propri.
Alla fine, dalle norme sono state eliminate, mi pare, tutte le assurdità più lampanti e sono state introdotte cose che daranno un po’ fastidio sia alle compagnie e ai retisti (la stretta sugli impianti incompatibili, cioè l’obbligo di chiudere i punti vendita obsoleti, che è un grosso costo per le compagnie per la bonifica dei siti, e, appunto, l’eliminazione dei vincoli regionali) che ai gestori (impianti ghost, anche se con qualche limite, apertura ad altre forme contrattuali, oltre il comodato gratuito).
GM
La cosa interessante è che la Saras è una delle raffinerie più grandi del Mediterraneo ma i sardi, oltre a pagare i danni ambientali di tale struttura, pagano la benzina più degli altri italiani. La ragione? La benzina viene raffinata e poi portata nei depositi in continente, poi riportata in Sardegna. Geniale non trovate?
Bellissssimo annuncio , qualcuno mi sa dire qualcosa del Sig Testa proprietario dei distributori Auchan
Buongiorno, dopo aver letto le considerazioni di Sig.Masini tengo a precisare: purche’ esista un mercato libero dei carburanti sarebbe necessario scomporre almeno in due distinte fasi cioe’ (estrazione,trasporto deposito alle multinazionali petrolifere) (vendita al minuto e ingrosso ai proprietari di impianti stradali e depositi privati commerciali) in modo che ogni mattina esista un confronto di prezzi veritiero. Per far questo alcuni anni fa’ (governo Prodi)
trasformava le concessioni governative in autorizzazioni amministrative, doveva stabilire che chi estraeva o comprava e raffinava il greggio non poteva fare vendite al minuto ed all’ingrosso a soggetti diversi dai rivenditori con licenza utif.
Gli impianti carburanti venivono ceduti ai gestori se ritenevano necessario oppure ceduti mediante gara ad acquirenti privati per un perido di dieci anni con
pagamenti pro litro da perte della parte acquirente. Oggi il periodo di trasformazione sarebbe terminato e secondo me il mercato era libero.
Oggi cosa succede che qualsiasi retista o sigolo privato cerca di fare prezzi economici può trovare gli impianti vicini di proprietà delle compagnie che fanno una concorrenza oltre misura per far in modo che gli stessi vadano in difficoltà, in italia ci sono diverse situazioni che vendono carburanti con prezzo plaz + 0 situazione impossibile per pompe bianche ed altri. l’inizio c’e’ stato ma era prevedibile che alla lunga la spuntassero i potenti, questo secondo me sara’ il prossimo futuro poi tornerà tutto come era prima al prezzo imposto,solamente che saranno i potenti a stabilire i prezziimposti e non il mercato. saluti Michele
Sono quasi daccordo con tutto cio che ha detto il sign M ichele aggiungerei che le compagnie vendono anche ai gestori senza autorixzazione dei titolari che sono gli unici a poter acquistare.La liberalizzazione non esiste si stanno arrichendo le compagnie che giocano im borsa. E quindi stesso loro stabilisvono il prezzo e i furbi.emi
La liberalizzazione ha favorito solo le compagnie e i furbi.le compagnie continuano a vendere a tutti ,i retisti che avevano affidato la gestione a terzi con contratti di gestione gratuita come previsto nel decreto 32/98.,si sono trovati i gestori che non acquistano più in esclusiva sottraendo il margine ai titolari ,gli stessi gestori acquistano prodotto proveniente dai depositi delle compagnie che non si preoccupano di verificare la coincidenza tra gestore e titolari, fanno finta di non sapere che i gestori non sono coloro che possono fare commercio .le compagnie continuano a chiedere accise pro litro scaricato e non in base ai litri che escono dal rapporto massa /densità valori che si individuano nei das.i gestori non versano più le accise regionali ai titolari che a loro volta la devono versare alla regione,trattengono impropriamente un imposta che il consumatore versa all atto dell acquisto .la liberalizzazione ha creato un caos che ha favorito un mercato parallelo non fermamente controllabile .i prezzi del Plats non sono gli stessi tra il nord,centro,e sud .al sud pagano di più perché esistono solo due depositi fiscali che la fanno da padroni ,scambiandosi prodotto tra le compagnie che avendo depositi in altre parti del territorio italiano consentiranno l ingresso delle compagnie che in quella zona non posseggono deposito ,mentre un titolare paga di più . Non esiste nessuna compagnia che la mattina offre un prezzo diverso l una dall altra .dicono che quello è il prezzo della borsa ma non è mai uguale in tutta Italia. Noi ci chiediamo e’ o non e’ il prezzo alla borsa ,inoltre non danno mai il valore separato dalle accise .in definitiva comandano sempre loro ,chi rimane onesto sta morendo e migliaia di retisti stanno abbandonando il settore che è in crisi al termine della filiera .saluti Emilia
Letto ciò che avete scritto, la ricerca che stavo facendo di un gasolio di qualità perde ogni possibilità di realizzazione: facendo più di 70.000km/anno su e giù per il belpaese …e dovendo sostituire il filtro del gasolio ogni mese perchè il gasolio che c’è in giro è spesso molto, molto scarso e sporco…stavo cercando una marca diversa da Eni-Agip (il gasolio più marcio in circolazione) del quale ho purtroppo la tessera aziendale.
Ma se ogni gestore può comprare dove vuole, in base a prezzi e vicinanza delle raffinerie, debbo darla persa perchè viene a mancare la costanza di rifornimento che poteva garantire la qualità di una marca rispetto a un’altra. O no?
La qualità dei carburanti è spesso dovuta, più che ad uno specifico “brand” ad altri fattori, il 95 % dell’inquinamento del carburante è dovuto al deterioramento che questo ha non in fase di distribuzione, quanto nelle cisterne stesse dell’impianto.
Con l’introduzione delle quote di biocarburanti ( oggi al 7% ma entro in 2020 salirà al 40%) si verifica il fenomenno del degradamento del carburante
ad opera di batteri, funghi e muffe, e queste sono la fonte, quando va bene del solo intasamento dei filtri, nei casi più gravi però si può arrivare alla distruzione degli impianti di iniezione del carburante.
Non è perciò la specifica marca a commercializzare carburanti più o meno sporchi, i carburanti sono tutti uguali, arrivano dalle stesse fonti ( poche raffinerie ormai, più frequentemente da navi cisterna provenienti dalle raffinerie del medio oriente e del sud est asiatico ).
Le alternative esistono, sono sempre di più gli impianti che provvedono a debellare le cariche batteriche in cisterna ed ad operare una migliore filtrazione dei carburanti a monte della pompa stessa, e nella maggioranza dei casi, sono proprio pompe bianche e non quelle delle ben più blasonate compagnie petrolifere. Il consiglio pertanto è cercate queste, dove il gestore ha tutto l’interesse a fornire carburanti di maggior qualità al fine di evitare contestazioni che dovrebbe gestire in prima persona e non mediante l’ufficio legale di una ben più potente compagnia petrolifera.