19
Dic
2009

Un patto contro lo sviluppo

Intendiamoci: da Copenhagen non è uscito nulla, e contemporaneamente è uscito qualcosa. Non è uscito nulla, nel senso che il mini-accordo non contiene alcun obiettivo specifico, alcuna indicazione sugli strumenti di policy, neppure il più vago accenno di una roadmap operativa. E questo è bene. Però contiene anche il germe di uno scenario che, nell’improbabile caso in cui abbia conseguenze, lascerebbe completamente fuori il Sud del mondo, che infatti non ha mancato di comunicare il proprio disappunto. Non senza ragioni.

In verità, le richieste dei paesi meno sviluppati vanno prese con le pinze: in fondo, il clima è – per molti – solo un taxi per arrivare a destinazione, cioè a percepire altri aiuti che consolideranno i regimi al potere e non avranno alcun effetto positivo per chi davvero soffre. Ma, al netto di questo, i paesi africani hanno fottutamente ragione: se il cambiamento climatico è davvero un problema potenzialmente catastrofico, causato dalle emissioni del mondo industrializzato, e amplificato da quelle delle economie emergenti, e se è vero che gli impatti più devastanti saranno riguarderanno proprio il continente africano, e se è vero che il global warming è una minaccia in sé (e non semplicemente un fenomeno che aggrava problemi esistenti, come invece pensiamo noi dell’IBL), allora è vero che gli africani pagheranno un costo a fronte del quale non hanno incassato alcun beneficio (mentre noi, teoricamente, paghiamo un costo ambientale in cambio di un beneficio economico, che sta bene).

Quindi, hanno perfettamente ragione – in questa prospettiva – i paesi meno sviluppati a chiedere aiuti e compensazioni. Se il Nord del mondo non può o non vuole mettere mano al portafoglio, allora bisogna dedurne che o i nostri leader politici non sono così generosamente disinteressati come amano dire, oppure che loro stessi non credono che le cose stiano come raccontano. O forse entrambe le cose.

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2 Responses

  1. damiano

    i nostri leader politici (penso ai leghisti , per esempio ) non hanno mai fatto mistero della loro posizione verso i popoli del sud del mondo … adesso che si sono arrabbiati (e hanno cina e india dalla loro) abbiamo un problema di non facile soluzione , per usare un eufemismo … cio’ detto , i nostri leader li abbiamo eletti noi.

  2. mario.fuoricasa

    Scegliere di non decidere e’ comunque una scelta ben precisa. Alla fine ed al netto di tutte le tare ideologiche la sostanza e le evidenze scientifiche sono apparse forse non convincenti per la loro connotazione di essere “contro” il nostro modello di sviluppo.
    Più convincenti e più ineludibili saranno i meccanismi di mercato che porteranno noi al ridimensionamento ed i paesi emergenti a farsi più carico della generale sostenibilità della crescita. Quanto ai miserabili d’Africa dopo la colonizzazione degli “sviluppati” dovranno patire la colonizzazione degli ex emergenti. Speriamo sappiano vendere care sia la pelle sia le loro risorse ambientali e materiali. Damiano, i leghisti contano come il due di coppe con briscola danari. La loro rispettabile battaglia e’ tutta verso l’interno.
    Se oggi e’ stato impossibile prendere precisi impegni, domani, quando un paio di miliardi di persone in più avranno assaggiato il benessere, sarà ancor più difficile.
    Se gli obiettivi non si possono raggiungere e’ inutile sancirli solennemente per iscritto.
    In fondo la Cina ha affermato di riconoscere l’esistenza del potenziale problema, di assumere responsabilmente iniziative tese a controllare le emissioni, e quando fosse scoperta una soluzione oggettiva al problema di essere interessata a cooperare.
    Questo e’ gia un risultato, non scontato, dovuto all’integrazione (almeno economica) della Cina nel consesso delle nazioni che credono nello scambio.
    Solo venticinque anni fa Cina Russia e Brasile e India erano considerate o terzo mondo tout-court o regimi chiusi. Ho fiducia, al di la di chi rappresenti le nazioni, nell’azione pervasiva e incisiva delle conoscenze e delle informazioni che oggi circolano e scavano le coscenze di un numero sempre più vasto di individui. Salvo miracoli della tecnologia, agiremo in maniera più determinata quando saremo più pronti. L’umanità non e’ cominciata con noi e non finisce entro il termine della nostra esistenza. Quanto ai politici devo solo dire che ci hanno provato, lo dovevano fare per compiacere e rivestirsi in albis nei confronti degli ambientalisti più o meno ideologizzati e, passaggio non trascurabile, soffiare quel venticello tiepido dell’apertura, del dialogo e dell’ascolto necessario tra nomenclature per evitare derive populiste di incauti leader che tendono a dividere i popoli. Col tempo e la paglia maturano anche le nespole.
    Saluti
    Mario

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