Un default degli USA è pensabile?
Molto interessante lo scambio di post aperto su EconLog, uno dei blog qui preferiti. Argomento: di fronte all’esplosione in atto del deficit e debito pubblico USA, è proprio impossibile immaginare che l’esito sia un default del debito sovrano americano? Io dico: meglio mandare a casa i deficisti. Ma andiamo per ordine.
Jeffrey Rogers Hummel – storico molto attento all’economia, insegna alla San José State University – pensa che il default del debito pubblico USA non sia affatto da escludere: qui la sua articolata argomentazione. L’argomento centrale da cui parte è riassunto in questa chart. Come si vede, il gettito fiscale federale non è mai salito oltre il 24% del GDP – fu il massimo ai temi della seconda guerra mondiale – ma per il resto al di là di ogni riforma fiscale rivela nei decenni una persistenza molto forte intorno alla media del 20%. Per quanto l’amministrazione attuale dichiari di voler aumentare le tasse ai ricchi, sulla base di questa “radiazione fiscale di fondo” è semplicemente inimmaginabile che la copertura di una spesa pubblica diluviale, come quella attuale e preannunciata negli USA, avvenga per via fiscale. Di conseguenza, per l’autore come soluzione non resta che un mix tra un’iperinflazione che attenui il valore reale del debito, un dollaro a picco che ne abbatta ulteriormente il valore reale nel mondo, la leva del signoraggio monetario attraverso il dollaro e magari esteso alla fiat money da collaterali accettati dalla FED nelle swap lines di liquidità al sistema, oppure un ripudio totale o parziale del debito stesso. Hummel prospetta appunto soluzioni di ripudio parziali, del tipo di quelli operati in anni recenti dalla Russia e – si parva licet – dallo Zimbawbe (!).
Arnold Kling gli ha risposto in una maniera che a me sembra abbastanza convincente. No, siamo ancora costretti a immaginare che per il suo ruolo nel mondo gli USA dovranno e potranno evitare soluzioni traumatiche come il ripudio del debito. Tuttavia vi invito a considerare l’argomento “definitivo” di Kling:
I think that the U.S. government would enact a wealth tax rather than default on its debt.
Other countries that have defaulted have not had the option of enacting wealth taxes. When you are in a banana republic with shaky government finances and you have a lot of wealth, you send that wealth over to the United States, where your government cannot get to it. That “safe haven” motive is what keeps the dollar so strong. Anyway, by the time the banana republic gets around to enacting a wealth tax, all the wealth has fled the country and there is nothing left to tax. So the banana republic defaults.
As the U.S. government’s finances deteriorate, it will strengthen its hold on its citizens’ wealth. My guess is that you will see tighter laws that restrict your ability to hide wealth overseas and much more enforcement of those laws. Basically, if a banana republic says to us, “Help us keep the wealth of our citizens,” we can say no. On the other hand, if we tell another country, “Help us keep the wealth of our citizens,” that country will co-operate. This asymmetry reflects the distribution of military power.
So what I am saying is that the ultimate guarantor against a U.S. government default is the U.S. Navy. Because of the navy, the U.S. government can control the policies of other governments. Because it can control the policies of other governments, the U.S. government is in a position to dictate whose wealth can flee where. Because the U.S. government can stop our wealth from fleeing, the U.S. could enact a wealth tax. Because it could enact a wealth tax, the U.S. is unlikely to default on its debt.
A non doversi escludere, dunque, contro l’ipotesi del default sarebbe il ricorso a una massiccia tassa patrimoniale. Basata sulla forza militare dell’America nel mondo, tale da impedire ai propri cittadini di esportare i propri capitali all’estero, e da obbligare altresì i Paesi produttori di risparmio a esportarli negli USA. Capite bene che siamo a scenari di guerra economica allo stato puro. Non so proprio come reagirebbero i cittadini americani, ma scommetto che a una patrimoniale opporrebbero le barricate in molti Stati. E quanto a convincere l’Armata Popolare Cinese pistola alla mano, non mi sembra un granché come prospettiva. È molto meglio mandare a casa gli statalisti-deficisti, in America come dovunque, per evitarci consimili Armageddon. L’alternativa meno statalista è possibile: vedi il Texas del governatore Rick Perry, che tagliando spesa, tasse e deficit insieme è lo Stato che ha prodotto più occupati rispetto a tutto il resto d’America.
Grazie per aver toccato l’argomento, un pò spinoso, come l’ipotetico default degli USA.
Sono parzialmente d’accordo con Lei, Oscar.
Le sembrerà strano, ma tra i miei amici americani l’argomento in questione viene girato e rigirato spesso. La consapevolezza dell’impossibilità di onorare il debito in futuro è ben presente. L’esempio del Texas non è sufficiente (la complessità del problema del sistema US è imparagonabile a quello locale-provinciale come Texas). Io, personalmente, credo nella soluzione di “mezzo” – un pò di furberia (solita a dire il vero) da creatori delle regole e un pò di vera capacità di gestione(innegabile!) da parte degli USA (esemplari in molti campi).
Più la solita geopolitica fatta di pressione (la visita della signora Clinton in China mesi fa è un lampante esempio, ho seguito la faccenda).
Gli USA usciranno fuori dalla crisi, non ne dubito e senza default. ma non solamente con le idealizzate (per altrui, un pò meno per se stessi) ricette liberal.
Può sembrare retorica, mi sembra che, comunque vada, tra quanto prospettato da Jeffrey Rogers Hummel e la risposta di Arnold Kling, per le persone normali, quelle che non speculano in borsa, ma che al contrario subiscono le conseguenze di una situazione esplosiva generata dai “soliti noti”, non si presentano tempi molto tranquilli, con le conseguenze del caso…
Onestamente non mi pare molto coerente con l’impostazione generale USA una tassa sulla richhezza, quantomeno una tassa talmente enorme da poter ristabilire deficit enormi.
D’altronde ci sono ben altre soluzione rispetto a quella di un default. Default lo fanno i Paesi che non possono più onorare i propri impegni. Gli USA continueranno a rispettarli. Solo che lo faranno in USD. E’ sufficiente stamparne in adeguata quantità.
La risposta ad un alto bedito è di annaquarlo in una grande inflazione. E’ chiaro che il giovo non regge soltanto se il mondo (ma sarebbe meglio dire i Paesi del BRIC) non ci sta e abbandona il dollaro.
Pertanto il tema va, a mio parere, leggermente mutato:
Il dollaro sarà amcora la valuta di riferimento mondiale e fino a quando?
Daniele
Salve, Daniele!
Capisco le sue preoccupazioni. Infatti, secondo alcuni – gli US necessitano 150 mlrd al mese per gestire il deficit interno ed esterno di 1.8 tlrn e sopratutto per far sembrare che i mercati finanziari siano “sani e salvi”.
A un certo punto solo la pura e semplice “stampa” potrà risolvere il problema.
Oppure il prezzo del petrolio, che assorbirebbe da solo l’inflazione del dollaro, ma in quel scenario gli effetti collaterali sarebbero non pochi. In ogni caso, fatico a credere nel default US (“too big to fail policy”).Probabilmente sarebbe anche salutare un parziale default, ma mi rifiuto di credere . Possiedono troppi mezzi e misure per non farlo (e qui non parlo di solite misure buone solo per far riempire le pagine dei giornali coi titoli roboanti e politically correct), almeno a medio termine(4-6 anni).