6
Apr
2021

Maratona concorrenza: tutto il potere all’Antitrust?

Nell’ultima parte della segnalazione, l’Antitrust chiede più poteri in una serie di ambiti. 

Diverse modifiche riguardano le operazioni di concentrazione che, al di sopra di certe soglie, devono essere notificate al Garante e sono soggette alle sue eventuali prescrizioni. Si tratta di un tema importante, visto che il rigore di fronte alle concentrazioni è uno dei più importanti campi di attività delle autorità antitrust, nonostante il maggiore lassismo che sembra essersi fatto strada negli ultimi anni. Il primo punto riguarda proprio il criterio adottato per valutare gli effetti delle concentrazioni: l’Autorità italiana deve anzitutto accertare l’esistenza (o il rafforzamento) di una posizione dominante, mentre la maggior parte d’Europa e la stessa Commissione seguono un criterio sostanziale in forza del quale si verifica che l’operazione sotto esame “non ostacoli in modo significativo una concorrenza effettiva”. Inoltre, l’Antitrust chiede di poter tenere conto degli eventuali vantaggi derivanti dalla concentrazione (tipicamente economie di scala o di gamma), se essi possono essere almeno in parte retrocessi ai consumatori. Sono richieste sensate, anche se certo non rivoluzionarie. 

Oggi la notifica è prevista in funzione di due soglie: i) il fatturato complessivo in Italia delle imprese coinvolte deve essere maggiore di 504 milioni di euro; ii) il fatturato in Italia di almeno una delle imprese coinvolte deve essere superiore a 31 milioni di euro. L’Antitrust reclama la possibilità di intervenire ex post su operazioni di concentrazione che possono avere effetti negativi per la concorrenza, nel caso in cui sia rispettata solo una delle soglie oppure se il fatturato complessivo a livello globale supera i 5 miliardi. Si noti che questo implica il potere di intervenire praticamente su qualunque acquisizione da parte di grandi imprese in Italia: è una proposta difficilmente comprensibile, che aumenterebbe a dismisura non solo il carico di lavoro dell’Autorità, ma anche la sua discrezionalità. Grazie ma no grazie. Inoltre, l’Antitrust chiede di estendere il controllo delle concentrazioni a una platea più ampia di operazioni sia nel caso delle joint venture, sia per gli istituti di credito e finanziari. Analogamente, vorrebbe maggiori poteri nella raccolta di informazioni anche al di fuori dei procedimenti sanzionatori, con la facoltà di irrogare sanzioni nel caso le imprese si rifiutino di fornire i dati richiesti. 

Poi l’Autorità vuole i “pieni poteri” sulle piattaforme digitali, introducendo “una presunzione relativa di dipendenza economica nelle relazioni commerciali con un’impresa che offre i servizi di intermediazione di una piattaforma digitale”, almeno nei casi delle piattaforme di più grandi dimensioni. Come ha già evidenziato Sergio Boccadutri su questo blog, ciò si pone in contrasto con la disciplina emergente a livello europeo col cosiddetto “Digital Markets Act” (al di là delle valutazioni di merito, che esulano da questo breve commento). 

Non basta: il Garante vorrebbe la facoltà di dichiarare come “di primaria importanza per la concorrenza” le imprese che operano su più mercati e rispettano certe condizioni. Tali imprese dovrebbero essere destinatarie di obblighi aggiuntivi, a meno che non forniscano evidenza che le loro condotte abituali sono giustificate. Anche qui si ha la sensazione di una soluzione in cerca di un problema: queste imprese mettono in pratica condotte illecite oppure no? Se sì, perché l’Autorità ritiene di non avere gli strumenti per intervenire? Sono due domande prive di risposte nella relazione, e che difficilmente possono trovarla fuori da essa. 

Infine, l’Antitrust suggerisce di affiancare, agli strumenti esistenti per la chiusura dei procedimenti amministrativi, quello del settlement. E’ vero che si tratta di un meccanismo diffuso in altri ordinamenti e carente nel nostro. Ma siamo sicuri che sia davvero necessario? Quali indagini ha condotto l’Autorità? Purtroppo la relazione è straordinariamente avara di dettagli. Tra l’altro, non è chiaro quali effetti potrebbe avere questo sulle procedure di leniency, già poco usate nel nostro paese. 

Mentre chiede di aumentare il volume delle operazioni notificate, l’Autorità vorrebbe anche più tempo per pronunciarsi sul loro esito, lamentando di avere risorse insufficienti: da 45 a 90 giorni. Forse, già di per sé questa considerazione basterebbe da sola a far passare in secondo piano tutte le altre richieste. Prima di invocare nuovi poteri e compiti, l’Autorità dovrebbe mostrarsi in grado di svolgere pienamente il proprio lavoro.

Il primo articolo della maratona #concorrenza2021 e la lista degli altri articoli sono disponibili qui.

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