6
Lug
2010

Tutta la vita davanti: che pazienza!

Riceviamo da Silvano Fait e volentieri pubblichiamo:

L’altra sera una rete televisiva ha messo in onda “Tutti la vita davanti” di Virzi. Per un liberale, è un ottimo film. Non sto scherzando. Se dopo i primi quindici, massimo venti, minuti vi siete perfettamente resi conto di trovarvi di fronte al solito stereotipato film sinistrorso volto a commuovere il pubblico mostrando falsità e ipocrisie del neocapitalismo, selvaggio sfruttatore dei nuovi proletari del terziario avanzato e (cosa non meno importante) le peripezie dei personaggi non stimoleranno il vostro coinvolgimento emotivo, ecco allora significa che avete raggiunto una certa consapevolezza interiore del vostro liberalismo. Proseguendo nella visione inoltre è possibile sviluppare numerosi e gustosi pensieri liberali che vi paleseranno quanto sia comico il tentativo del regista di descrivere la (vituperata) realtà in cui vengono calati i personaggi. La prospettiva caricaturale su questo spaccato di mondo sembra il frutto di lunghi cazzeggiamenti intellettuali su soffici divani assieme ai compagni di un’intellighenzia che non ha mai dovuto faticare troppo per guadagnarsi da vivere, piuttosto che il frutto di un’analisi sociologica (magari anche sbagliata) delle dinamiche economiche. In particolare, se durante i 117 minuti di pseudorealismo dozzinale:

  • troverete normale e perfettamente logico che l’ennesima laureata in filosofia senza esperienza abbia sonore difficoltà a ricercare un primo impiego perché nel mondo vi sono persone mediamente meno curiose su Heidegger di quanto non lo sia la protagonista;
  • scorgerete nella volontà della madre, insegnante, di spingere la figlia al servizio del ministero della pubblica istruzione un atavico, italico e deprecabile istinto corporativo;
  • non vi capaciterete (nella breve scena dei ragazzi davanti al provveditorato agli studi per un posto da supplente) di come sia possibile anche soltanto concepire di passare direttamente dallo studio all’insegnamento senza attraversare il lavoro e realizzerete che tutto ciò è possibile semplicemente in un sistema a diretta gestione governativa;
  • troverete abbastanza irreale che degli avidi profittatori spendano soldi per creare una struttura contemporaneamente ad alta intensità sia di capitale che di lavoro solo per vendere un robottino inutile a pensionate rintontite;
  • e se (scandalo nello scandalo) giungerete a pensare che una distribuzione monoprodotto di un inutile trabiccolo elettronico non generi abbastanza flussi di cassa per pagare stipendi e tenere su tutto l’ambaradan aziendale, ontologicamente destinato a fallire per cause proprie senza la necessità di un epico e catartico scontro sindacale con la CGIL NIDIL – reinterpretazione post moderna di una lotta di classe da sempre presente nella mitopoietica della sinistra nostrana,

beh congratulazioni: oltre che essere sinceri liberali, avete anche degli ottimi anticorpi contro i rimasugli del socialismo reale. Slegati dal paternalismo statale, qualsiasi sia la vostra età, avete tutta la vita davanti.

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12 Responses

  1. Io non ho visto il film per come era stato presentato e per la palese caricatura della realtà presentata come realtà stessa.
    Una collega però ha suggerito altre letture, che a me sembrano in contrasto con i temi di virzì quindi magari sono una scheggia di realtà inconsapevolmente sfuggita al regista: c’è gente che si fa prendere per il naso in un ambiente come quello perché incapace di pensare, perché in qualche modo consapevolmente scarsa a livello intellettuale, e tali ambienti sono la loro salvezza se no non saprebbero dove infilarsi. Intendo: se quella realtà esiste, è anche perché c’è una riserva di soggetti scarsi indipendentemente dagli studi fatti che non sanno concepire alternative e che in realtà cercano proprio quello.

  2. Sono totalmente in disaccordo con questo post. Fait non parla del film che ha visto, ma del film che pensava di vedere. Tra l’altro non riesco a immaginare un regista più lontano dai “cazzeggiamenti sui soffici divani” di Virzì (uno che fa sano cinema popolare, e che ha sempre sputtanato i radical chic, vedi anche “Ovosodo” e “Caterina và in città”).
    a) quando mai si dice che la protagonista avesse diritto a un posto di lavoro? La scena iniziale (la tesi di laurea con i professori ottuagenari) la dice chiara sulle opinioni dello sceneggiatore e regista sulla capacità dell’università italiana di formare i giovani alla vita professionale.
    b) forse Fait non si è accorto della rappresentazione assolutamente negativa della figura del sindacalista, e della frecciata agli intellettuali di sinistra che vanno a vedere il cabaret sulla precarietà
    c) l’impresa mostrata dal film è una società che utilizza uno schema Ponzi. Non vedo cosa ci sia di irrealistico (o di illiberale!) in questo. Ne esistono diverse (farei anche dei nomi, ma ultimamente meglio non rischiare). Per quanto riguarda la rappresentazione dei rapporti interni e delle riunioni di “motivazione” penso che possano sembrare caricaturali solo ai “liberali” che si sono mossi poco dall’ambito accademico. Le persone che conosco che hanno lavorato in call-center di quel tipo là dicono che, fatta la tara del fatto che si tratta di una commedia all’italiana e non di un documentario, l’immagine era abbastanza somigliante al vero
    d) detto questo, in nessun modo Virzì condanna o dileggia l’ambiente dell’impresa privata e di chi ci lavora. ANZI, la protagonista passa da un atteggiamento di snobismo a essere invece coinvolta in un mondo molto più vitale di quello di un’università svincolata dalla realtà sociale (si appassiona addirittura al GF). Non si distribuiscono colpe nè tanto meno si propone di tornare al passato (questo Virzì l’ha detto chiaramente nelle interviste): semplicemente si mostra (in maniera cinematograficamente riuscita, e parecchio divertente) lo spaesamento della società italiana di fronte a dei cambiamenti che sono necessari.

    Quindi forse il film (di cui consiglio caldamente la visione) è veramente un ottimo film per un liberale, senza nessuna ironia. Sia perchè non è in NESSUN modo antiliberale o socialista, sia perchè mostra in maniera onesta le conseguenze umane di una precarizzazione che non è colpa del libero mercato ma dell’inadeguatezza del sistema Italia.

    D’accordissimo dunque con la collega di Leonardo (a cui consiglio di rivedersi anche gli altri film del regista).

  3. Io ho visto Ovosodo e basta; quello mi è piaciuto, e parlando di economia c’è una bel quadro dell’immobilità sociale causata dal familismo.

  4. ma quanto sono d’accordo con cachorro quente… tanto tanto…
    quanti liberali in giro che straparlano di cose mai vissute sulla loro pelle… troppi, davvero troppi.
    si continua a costruire retorica male indirizzata. il film di virzì non è male e rispecchia persino bene alcune realtà mestissime dell’economia italiana delle televendite. per fortuna, sono spesso dei passaggi rapidi, delle transizioni o dei rifugi temporanei quando di lavoro vero in giro non ce n’è. quindi, ben vengano anche ‘sti call center del tubo. ma costruirci sopra una specie di morale pro-capitale, contro una retorica sinistrorsa che nel film in questione, secondo me, davvero non c’è se non rarissimamente, no grazie. i liberali italiani, per loro fortuna, queste cose non le vivono proprio, a quanto pare. le commentano e basta. no, mi dispiace. articolo che non condivido nello spirito.

  5. siete diventati noiosi e scontati come i sinistri.

    Con tutto quello che sta accadendo (banche che si fanno salvare dagli stati, stati che vivono sulla moneta basata sul debito, oligopoli, mafie finanziarie e chi piu’ ne ha piu’ ne metta), ha ancora voglia di riempirsi la bocca con il termine “liberale”?….
    E “libero mercato” no ?…
    Se vede le porcherie del film sinistrorso sara’capace di vedere anche le porcherie del turbocapitalismo terminale che nessun film potra’ mai rappresentare.
    La festa e’ finita anche per voi con le vostre balle…Veda di crescere una buona volta….

  6. Franco Voltalana

    Scusate ma di aziende come quella del film in Italia ce ne sono tantissime.

    Gli annunci per la ricerca di venditori porta a porta e per le telefoniste proliferano in tutti i siti web o in tutti i giornali di annunci.

    Queste aziende sopravvivono perchè le commissioni e il fisso mensile riconosciuti ai diversi venditori sono ridicoli. Il turnover è altissimo. Chi dice che queste aziende nella realtà non esistono, non sa cosa vuol dire cercare un lavoro senza avere raccomandazioni o conoscenze importanti.

    Anche a me il film non è piaciuto molto, troppa semplificazione, troppi stereotipi, troppi luoghi comuni.

    Cordiali saluti

    Franco

  7. liberal

    @Cachorro Quente
    Concordo pienamente con il Suo commento. Aggiungo anche un quesito. Quanti sono i liberali consapevoli del significato del termine? Se si pensa che migliaia di persone hanno votato Berlusconi, considerandolo un liberale, c’è poco da stare allegri.

  8. Luigi

    @liberal:
    i suoi interventi continuano noiosamente a vertere sempre sulla differenza tra “veri liberali” tra i quali sicuramente lei si annovera, e quelli che con malcelato disprezzo considera dei decerebrati attratti da Berlusconi, che questo sito sosterrebbe a prescindere .Da parte mia quando penso che altrettante migliaia di persone hanno votato uno schieramento che comprende Bersani Visco, Prodi e Pecoraro Scanio considerandoli dei modelli di liberalismo, penso che ne abbiamo fatta di strada verso l’irrilevanza politica, economica e sociale nel mondo. Bene fa CB a criticare senza remore entrambi gli schieramenti, e solo uno che si presenta a intervalli solo per fare propaganda politica datata e di basso conio come lei puo’ pensare che questo sito possa sostenere le carnevalate dell’attuale governo.

  9. Nico

    questo non è un commento da vero liberale
    è un commento cretino da ultrà liberista egoista, disinformato e probabilmente figlio di papà
    i call center che sfruttano i lavoratori esistono

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