Tremonti, la ricchezza e il debito
Alcune recenti affermazioni del Ministro Tremonti in tema di ricchezza e debito rischiano di mettere in difficoltà gli studenti del mio corso di Finanza pubblica. Ecco di che si tratta:
Non è più possibile andare avanti con un sistema che produce più debito che ricchezza: è necessario un cambiamento. Ad affermarlo il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in occasione della presentazione del libro ‘La via dell’austerità’ che racchiude due discorsi di Berlinguer del 1977. “Noi non possiamo continuare a fare più debito che ricchezza, più deficit che Pil. Questo impone un cambiamento del sistema. La crisi ha radicalmente cambiato la struttura del mondo”. (Virgilio Economia, 20 gennaio)
Le medesime dichiarazioni sono così riportate dal Riformista:
Oggi, dopo la crisi, «non possiamo continuare a fare più debito che ricchezza, più deficit che Pil», afferma il ministro, quasi a ricordare (e a difendere) la sua ferrea politica di controllo dei conti ma anche che oggi «la crisi è più economica che politica». (Il Riformista, 21 gennaio)
L’interpretazione più ovvia è a mio avviso la seguente: ora che la crisi economica ha compromesso la produzione della ricchezza non possiamo più permetterci di produrre debito come prima. Espressa in questa forma l’affermazione appare ragionevole mentre nella versione originale contiene un’imprecisione non da poco (proprio quella che mette in crisi i miei studenti): la ricchezza prodotta in un periodo di tempo è il Pil mentre il debito prodotto nel periodo è l’incremento nello stock del debito, una valore prossimo anche se non coincidente col fabbisogno (l’eccedenza dei pagamenti sugli incassi della macchina pubblica) il quale a sua volta è prevalentemente generato dal disavanzo di bilancio dell’insieme delle amministrazioni pubbliche. Nel 2009, ad esempio, il disavanzo misurato attraverso il conto consolidato della P.A. è stato di 80,9 mld. mentre il fabbisogno è risultato pari a 85,8 mld. e l’incremento nello stock del debito pubblico di 97 mld. (da 1665,5 a 1763,5 mld.), valore che si riduce tuttavia a 85,2 mld. se detraiamo gli oltre 11 mld. che non sono stati utilizzati per finanziare spesa pubblica ma hanno incrementato i depositi del Tesoro presso la Banca d’Italia. Sempre nel 2009, per nostra fortuna, il Pil nominale, pur inferiore a quello dell’anno prima, è stato comunque pari a 1520,9 mld. e non è quindi vero che produciamo “più debito che ricchezza, più deficit che Pil”.
Tremonti avrebbe dovuto in realtà confrontare deficit o aumento del debito da un lato con l’aumento del Pil nominale dall’altro. In questo modo i conti tornano. Nel 2010, ad esempio, la stima è che la crescita del Pil nominale sia stata di 33,8 mld. (da 1520,9 a 1554,7 mld. il Pil nei due anni) mentre la stima del deficit è di 77,1 mld. e il debito pubblico è aumentato nell’anno di 77,4 mld. Ha quindi ragione Tremonti: abbiamo prodotto un aumento del debito pari a 2,3 volte l’aumento del Pil nominale e non possiamo permettercelo perché, se continuassimo nel tempo con questo valore, nel lungo periodo il rapporto tra stock del debito pubblico e Pil convergerebbe al 230%, il doppio dell’attuale 118,5% e quasi quattro volte il 60% richiesto dal trattato di Maastricht. La regola aurea per far convergere nel lungo periodo il rapporto debito/Pil al 60% richiesto consiste invece nel contenere il disavanzo annuo dei conti pubblici entro il 60% dell’incremento del Pil nominale. Così, in presenza di un Pil nominale che aumenta, come nel 2010, di 33,8 mld., il disavanzo compatibile con la regola di Maastricht è 20,3 mld. (corrispondenti al 60% di 33,8). Questo è quanto potevamo permetterci, esattamente 56,8 mld. in meno rispetto ai 77,1 effettivi di disavanzo.
E’ invece nettamente errata l’affermazione che sia la crisi economica a non permetterci di lasciar crescere il debito più velocemente del Pil. Infatti non potevamo permettercelo neanche prima: col trattato di Maastricht del 1992 ci siamo impegnati a perseguire un rapporto debito/Pil al 60% e dal 1997 in avanti, avendo chiesto di aderire all’euro e partendo da un valore debito/Pil molto più alto di del 60%, il perseguimento di questo obiettivo richiede che l’incremento annuale del debito non superi il 60% dell’incremento annuale del Pil. I governi che si sono succeduti dal 1997 ad oggi hanno rispettato questa semplice regola?
La risposta è positiva per i governi di centrosinistra che hanno caratterizzato la XIV legislatura e negativa per i governi di centrodestra della XV: nel quinquennio 1997-2001 la crescita media annua del Pil nominale è stata del 4,5% mentre la crescita del debito solo il 2,3% del Pil, valore che corrisponde al 51% della crescita del Pil (e quindi sotto il 60%); nel quinquennio 2002-2006 la crescita media annua del Pil nominale è stata invece del 3,5% mentre il rapporto tra variazione del debito e Pil è stato del 3,6% in media all’anno, quindi superiore al 100% del valore precedente contro il 60% massimo che avremmo potuto permetterci. In questo periodo il rapporto debito/Pil non ha più seguito la rotta del 60% richiesta da Maastricht bensì la rotta molto meno impegnativa del 100%. Sulla breve legislatura successiva del centrosinistra si può dire qualcosa di certo solo per l’anno 2007 dato che sia il 2006 che il 2008 sono stati anni di elezioni, condivisi da maggioranze di segno opposto: nel 2007 il Pil nominale è cresciuto del 4,1% e la crescita del debito è stata pari all’1,5% del Pil, molto al di sotto del 2,4% che ci potevamo permettere applicando la regola del 60%.
Morale della favola: i governi di centrosinistra hanno perseguito una finanza pubblica rigorosa ma senza riforme strutturali (dal lato della spesa e dal lato delle entrate) mentre il centro destra non ha perseguito una finanza pubblica rigorosa e neppure riforme strutturali. Ora Tremonti ci dice che non possiamo permetterci una crescita del debito superiore al (60%, aggiungiamo noi, del)la crescita del Pil, che è esattamente quello che ci aveva già detto il trattato di Maastricht nel lontano 1992. Siamo d’accordo ma se ce lo avesse ricordato quando assunse l’incarico nel 2001 avremmo apprezzato di più. Come sarebbe valutata la destra contemporanea da quella storica, che unificò l’Italia 150 anni fa e portò il bilancio in pareggio, in condizioni molto più difficili di quelle odierne, 136 anni fa?
Caro Arrigo, la sua analisi, corretta nello svolgimento numerico, dimentica le ipotesi del problema per cui la sintesi e’ errata.
Spiegazione per i suoi studenti:
1) 1997-2001 ESPANSIONE DELL’ ECONOMIA MONDIALE, il PIL crebbe piu’ del Debito.
2) 2002-2006 vi dicono qualche cosa le parole “NINE-ELEVEN”, “TWIN TOWERS e quello che ne consegui’? Il PIL crebbe meno del Debito.
3) 2007 RIPRESA ECONOMICA MONDIALE, il Pil crebbe piu’ del Debito.
lei si ferma qui, io no:
4) 2008-2010 ricordate “SUBPRIME MOTGAGES”, “HEDGE FUNDS”, “WALL STREET CRACK” , CRISI MONDIALE; il Pil e’ certamente cresciuto (diminuito, sigh) meno del Debito.
Lasci, caro professore, la morale ai suoi studenti che invito a leggere e commentare
il pamphlet “Se Gesu’ fosse Tremonti…” sul blog:
http://www.segesufossetremonti.blogspot.com
Grazie
Se Anton avesse ragione, dovremmo votare sempre per il centrosinistra, visto che il centrodestra porta una notevole sfiga.
La scusa dell’undici settembre è puerile, la crescita del PIL è stata quasi ZERO SOLO in Italia, nel resto d’europa la crescita annua del PIL per quanto non entusiasmante è stata almeno di 1,5% più alta.
Secondo il problema è stato che in quegli anni non si è fatto niente per tenere sotto controllo la spesa pubblica con la scusa pseudo Keynesiana che eliminare qualche spreco avrebbe avuto effetti recessivi.
Se poi si va a leggere il DPEF 2003 ( ben dopo l’11 settembre) si può scoprire come tutta la politica economica di Tremonti fosse basata su previsioni ci crescita del PIl almeno 2 punti percentuali più alta di quella che poi c’è stata in realtà.
@pietro
Mi permetta di contraddirla:
nel periodo 2001-2003 la crescita del Pil di Italia, Germania e Francia fu praticamente uguale e molto bassa, relativamente migliore anche se bassa per Regno Unito e Spagna che poi abbiamo visto come sono finite.
tra 2003 ed il 2006 l’Italia e la Germania hanno registrato crescita Pil identica
tra il 2006 ed il 2008 in Italia la crescita PIL e’ rimasta stabile mentre in Germania e’ aumentata. nel 2009 sappiamo cosa e’ successo.
Il problema e’ che nel decennio la Germania ha prima ridotto e poi contenuto la spesa della PA mentre in tutti gli altri Paesi presi in esame e’ aumentatta.(Tutto fonte ISTAT).
Pretendere una logica in quello che dice Tremonti onestamente sarebbe chiedere troppo ma visti i suoi innumerevoli ammiratori ogni tanto fa bene smontare qualcuna delle sue castronerie. A questo scopo consiglio a tutti il libro Tremonti istruzioni per il disuso… o un giro su Noise from Amerika.
Ammiro Tremonti per quello che dice…non per quello che fa…
Diciamo che predica bene e razzola male…ahahahah
@rugantino
“SIGH”
Anton
@anton
Prendiamo i dati dal 2001 al 2006 ( Governo Berlusconi ) della crescita del PIL reale ( FED St.Louis ) :
Italia: + 5.2%
Germania + 4.9%
Francia + 9%
UK + 13.8%
Spain +17.5%.
Le voglio ricordare che il PIL è iniziato a scendere già nel 2008, anche se tecnicamente c’è stata Recessione solo nel 2009.
Provi a guardarsi i dati sulla produttività in Italia. Buona crescita fino al 2001, poi tutto rimane completamente invariato, quando altri Stati hanno una crescita a due cifre.
Sta cercando di difendere l’indifendibile. La politica economica dei governi Berlusconi è stata un flop totale. Provi a riguardarsi il famoso contratto con gli Italiani :
-aliquota più bassa al 23%
-Piano di difesa dal crimine
-Innalzamento delle pensioni minime
-Dimezzamento della disoccupazione
-Completamento di strade, Autostrade, Ferrovie, metropolitane…
Io mi chiedo il senso di confrontare (da parte del prof. Arrigo) pil nominale e debito/pil.
confida nella sola inflazione per porre riparo al debito?
Purtroppo il berlusconismo richiede una dose di fede che rende impossibile la discussione dei fatti. Ci sono sempre eventi esterni, congiure interne e tutto l’arsenale tipico.
I fatti tristemente sono quelli che il Prof. Arrigo elenca, aggiungerei poi che da un punto di vista industriale le scelte sono state sempre di tipo corporativo (vedi Alitalia, Protezione Civile) a tutto detrimento della concorrenza e del bilancio pubblico che paga questi sprechi.
@Francesco Nicolai
Io non voglio difendere nessuno, tento semplicemente di dire che l’andamento dell’economia di un Paese, specialmente dell’Italia, paese manufatturiero ed importatore/esportatore, e’ piu’ influenzato, sopratutto nel breve periodo, dall’andamento dell’economia globale che dal colore del governo in essere nel periodo stesso.
Indubbiamente tutti i governi, sia di destra che di sinistra, (termini che cito per intendersi ma che ritengo obsoleti) hanno fallito ma sopra tutto nessuno si e’ posto seriamente il problema di riformare e snellire lo Stato con lo scopo di RIDURRE LA SPESA DELLA PA, dalla quale consegue l’aumento del DEBITO PUBBLICO che costa al Paese circa 70 miliardi di Euro all’anno che pesano terribilmente, sopra tutto in periodo di stagnazione o di recessione. Pensate quante cose si potrebbero fare risparmiando anche solo 15-20 miliardi di Euro all’anno di detto costo!
Penso inoltre che solo dal basso possa venire una richiesta forte ad attuare interventi volti alla riduzione strutturale della spesa della PA, per questo vi invito ancora a leggere e COMMENTARE “Se Gesu’ fosse Tremonti…” sul blog:
http://www.segesufossetremonti.blogspot.com.
Grazie
@anton
In realtà i dati sull’avanzo primario dicono esattamente il contrario. Ad esempio il governo Prodi 2006/2008 é stato molto carente sotto molti aspetti ma Padoa Schioppa ha ottenuto ottimi risultati in termini di riduzione del debito pubblico. Concordo sull’impossibilita di distinguere tra destra e sinistra. Nello schieramento di centro/sinistra troviamo sia i liberisti(pochi) che i socialdemocratici. Nel Pdl un’accozzaglia di politicanti, veline, dipendenti di SB. A mio avviso la peggior classe dirigente dei 150 anni d’Italia.
Ringrazio in primo luogo per i numerosi commenti. Obiettivo del mio post era di mettere in evidenzia che non è una novità il fatto che non ci possiamo permettere una crescita del debito più elevata rispetto alla crescita del Pil e che non è la crisi a generare questo vincolo (lo rende solo più stringente dato che, riducendo la crescita, riduce anche l’aumento annuo del debito compatibile con il percorso di convergenza al 60% richiesto da Maastricht). Nel confrontare la XV con la XIV legislatura si nota non solo la minor crescita del Pil (frutto probabile di una molteplicità di fattori e non solo dell’insufficienza di politiche pro mercato) ma ancha la più rapida crescita del debito pubblico. Rispetto alla metà degli anni ’90 si è assistito in questo decennio a una crescita della spesa corrente primaria in rapporto al Pil che è pervenuta all’integrale assorbimento dei consistenti risparmi conseguiti in relazione alla spesa per interessi sul debito. Negli anni ’90, inoltre, i processi di privatizzazione contribuirono notevolmente a frenare la crescita del debito pubblico.
Buonasera Prof. Arrigo, un saluto da un tuo ex studente, sempre lieto di leggere le tue lucide e approfondite analisi. Per me sono come lezioni post-laurea.
Il contatore del debito pubblico dell’IBL, in alto a destra è MOLTO indicativo. Tremonti aveva dichiarato nel 2010 che eravamo usciti dalla crisi economica. Poi, a gennaio 2011, ci dice che siamo ancora attraversando la crisi. Tremonti, ministro del tesoro, dichiarò che la Legge 626 non ce la possiamo permettere. (Sicurezza sul luogo di lavoro) Ebbene sia la 626 e la 81 furono varate da Prodi, ma proprio lui, firmò la 106 nel 2009, perciò non poteva non sapere quello che firmava, a meno che si fosse chiamato Speroni (ma è un’altra storia). Per Tremonti, è normale recarsi al lavoro alla mattina per morire sul posto di lavoro perché qualcuno ha deciso di ignorare o non acquistare i più elementari DPI! Intanto lo stipendio di Tremonti lo paghiamo noi!
qualcuno è in grado di prevedere dove si andrà a finire?