Tirrenia: la migliore delle aziende possibili
Non si è fatta attendere la risposta dei sindacati al focus pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni. C’era da aspettarselo, dato che le accuse ai sindacati e alla gestione tragica dell’azienda erano state molto forti. Ma di critiche forti al processo di privatizzazione farsa ce ne era il bisogno, come quelle di Oscar Giannino sulle colonne di Chicago-blog. Tirrenia è arrivata a quello che ormai era prospettato da anni. Un’azienda pubblica decotta, che era andata avanti per decenni solo grazie ai sussidi pubblici. In parte questi erano “legalizzati” sotto la sigla OPS, oneri di pubblico servizio.
Gli OPS sono strumenti utilizzati dallo Stato per garantire la continuità territoriale e dare un servizio universale, teoricamente. Spesso sono utilizzati dagli Stati per salvaguardare le compagnie di bandiera, come succedeva anche nel trasporto aereo.
La stessa Antitrust aveva bacchettato duramente lo scorso anno i sussidi che Caremar, la controllata di Tirrenia, riceveva per le tratte nel Golfo di Napoli. Gli oneri di servizio pubblico potrebbero avere un senso per i collegamenti invernali alle Lipari, ma certo non nel Golfo di Napoli, dove libere imprese private offrivano servizi di collegamento.
Lo Stato, tramite Tirrenia, ha dunque sovvenzionato una concorrenza sleale nei confronti degli armatori privati.
Le dichiarazioni di Giuseppe Caronia, segretario generale della UIL Trasporti non possono che sorprendere.
Concordo solo su una dichiarazione: “l’incapacità di quanti avrebbero altrimenti dovuto per tempo provvedere” che ha permesso “che la governance sia stata inadeguata, considerato che (Tirrenia) è rimasta nelle stesse mani per quasi 3 decenni”.
L’impresa non si è distinta per efficienza, dato che la conclusione di questa gestione è stata quella di portare i libri in tribunale, nonostante che, tra il 2005 e il 2009, Tirrenia abbia ricevuto oltre un miliardo di euro di sussidi e contributi.
Che la flotta sia tra le più giovani? Il dato riportato da Confitarma indica una situazione differente.
Oltrettutto, come segnalato nel focus, anche la flotta giovane ha dei problemi. A fine anni ’90, l’acquisto di quattro traghetti veloci, è stato un insuccesso totale. Queste imbarcazioni consumavano troppo, tanto che il management dopo un lustro circa ha deciso di fermarle nei porti italiani, piuttosto che farle solcare i mari italici.
Questi traghetti hanno un’etá inferiore alla media della flotta di Tirrenia, ma non brillano di particolare efficienza.
La soluzione è quella di licenziare tutti i dipendenti? Probabilmente si, ma permettere una loro reintegrazione nelle nuove imprese che nasceranno grazie al fallimento di Tirrenia o nei gruppi che acquisteranno le parti dell’azienda.
Si ricorda che la liberalizzazione del trasporto aereo, ha portato al fallimento di alcune compagnie di bandiera, tra le quali Alitalia, ma nonostante questo il mercato ha registrato un raddoppio del traffico in 10 anni, con evidenti benefici per il numero di occupati nel settore.
Spiace sentire dunque il segretario generale UIL Trasporti non discutere sulle proposte dell’IBL, ma di porsi sul piano dello scontro.
E spiace maggiormente che la vicenda Alitalia non abbia insegnato nulla.