23
Mar
2012

The day after world water day

In occasione del World Water Day, la giornata mondiale dell’acqua, sono stati diffusi dati e informazioni da cui emerge che le soluzioni adottate finora non sono compatibili con un buon governo e conservazione della risorsa.

Per tale occasione Legambiente ha pubblicato un rapporto, Ambiente Italia 2012, dove ricorda come il problema non sia la quantità di acqua disponibile, quanto una cattiva gestione, che si manifesta in un utilizzo eccessivo e nell’arretratezza infrastrutturale. Relativamente al primo, il principale utilizzatore è il settore agricolo (almeno 20 miliardi di metri cubi l’anno, valore probabilmente sottostimato), seguito da quello civile, con 152 metri cubi per abitante annuo, molto più di Spagna (127 metri cubi), Regno Unito (113 metri cubi) e Germania (62 metri cubi). Prelievi idrici così elevati, pari a circa il 77% dei metri cubi disponibili, sono anche causa di un peggioramento della qualità delle acque, sia superficiali che sotterranee: non stupisce dunque come l’Istat rilevi che gli italiani risultano ancora molto diffidenti nel bere acqua del rubinetto. È ormai risaputo, inoltre, che nel nostro Paese ulteriori carenze riguardano le infrastrutture per la depurazione delle acque, gli scarichi inquinanti, l’artificializzazione dei corsi d’acqua e le perdite. L’irrigazione è ancora basata su tecniche inefficienti che, se modernizzate, potrebbero invece garantire risparmi del 30% e, rileva ancora l’Istat, nel 2011 il 9,3% delle famiglie ha lamentato irregolarità nell’erogazione dell’acqua. Per migliorare la rete l’investimento necessario stimato è pari a circa 27 miliardi di euro in dieci anni.

Nonostante la disponibilità totale di acqua sia di 2.800 metri cubi per abitante l’anno (in Inghilterra solo 1.300 e in Germania 1.100), il 21% del nostro territorio (percentuale che sale al 41% se si considera solo il Sud) è ancora oggi a rischio di desertificazione.

Come scrive il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, “ma se il referendum dà una chiara indicazione sulla direzione da seguire, ancora non ci dice cosa bisogna fare per risanare e qualificare tutto il ciclo dell’acqua”. Il World Water Day rappresenta quindi lo stimolo e l’occasione per riflettere su cosa fare per migliorare quella che fino ad oggi è stata una pessima gestione della risorsa, come dimostrano gli sprechi e l’arretratezza infrastrutturale, causato da una politica tariffaria al ribasso. L’associazione stessa riconosce che:

In conclusione, l’acqua in Italia costa troppo poco, negli usi civili come in agricoltura o nell’industria, e per questo se ne consuma troppa. Assicurato l’accesso universale al servizio e la fornitura minima per tutti, il prezzo dell’acqua va fissato tenendo conto che si tratta di un bene scarso, probabilmente destinato a scarseggiare sempre più anche a causa dei cambiamenti climatici, da consumarsi parsimoniosamente, attraverso un sistema tariffario che scoraggi gli sprechi e recuperi risorse per migliorare il servizio

Fa quindi una proposta in materia, basata sul disegno di una tariffa che tenga conto della scarsità dell’acqua: garantiti gratuitamente 50 litri di acqua pro-capite al giorno, serve poi una tariffazione progressiva che scoraggi gli sprechi. Resta il dubbio se la posizione dell’associazione, paladina dello slogan “acqua bene comune” e promotrice attiva del referendum, sia cambiata negli ultimi mesi, ma non si può non sottolineare come anch’essa sia arrivata a riconoscere che è necessario dare il giusto valore alla risorsa per impedirne lo spreco. Si tratta di un’idea evidentemente non compatibile con il quesito relativo all’eliminazione della remunerazione del capitale investito. Su quali siano i litri da regalare e quanto prezzare i restanti si può discutere, ma almeno si ammette che non c’è valorizzazione né risparmio della risorsa senza il giusto prezzo. Su questo tema è necessario intervenire con particolare urgenza: in caso contrario, come potrebbe accadere per Acea, si causerebbe un’incertezza normativa che ostacola gli investimenti.

Ulteriori suggerimenti su come fronteggiare i problemi idrici arrivano poi dall’Ocse. Oltre ad un’adeguata politica tariffaria, altri strumenti economici sono rappresentati dai mercati dell’acqua: se ben definiti, infatti, i diritti sulla risorsa possono garantirne un’allocazione flessibile dove risulta più necessaria. Anche per assicurare un adeguato sviluppo del sistema infrastrutturale in tempi più rapidi di quanto accaduto fino ad oggi, i privati potrebbero giocare un ruolo importante, essendo meno politicizzati e, quindi, naturalmente più orientati all’efficienza, come avevamo già scritto qui con Carlo Stagnaro.

Nel settore c’è ancora molto da fare, ricordarlo non può che far bene, la ricerca del come richiede nuove regole più chiare e trasparenti che invece sono mancate fino ad oggi. Basti pensare al caso del servizio idrico: innanzitutto, vanno chiarite al più presto le competenze tra l’Autorità per l’Energia Elettrica e il gas (cui spetterebbe definire “le componenti di costo”, “predisporre il metodo tariffario” e “approvare le tariffe”) e il ministero (responsabile invece di stabilire i criteri per il calcolo e la copertura dei costi e della verifica della corretta redazione dei piani d’ambito). In secondo luogo, è urgente definire quali saranno le modalità di affidamento del servizio, come ha scritto ieri Serena Sileoni.

Ora che il World Water Day è stato festeggiato, bisogna attivarsi per trovare gli strumenti, che evidentemente finora sono mancati, capaci di assicurare una migliore gestione dell’acqua.

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2 Responses

  1. Vincenzo

    Al solito, una domanda banale: ma se lo Stato e le altre pubbliche amministrazioni, invece che tenere tanta gente negli uffici ad emanare circolari demenziali, gli desse calce e cazzuola per andare a riparare gli acquedotti, non ne guadagneremmo tutti?
    Scusate la banalità e scusate se ho già posto questa domanda molte altre volte in diversa versione, ma se vogliamo uscire dal marasma in cui ci troviamo è iniutile starsi ad illudere di privatizzazioni e liberalizzazioni hce arriveranno nel 3012 (tremiladodici, ho scitto bene).
    Prendiamo atto che per la gran parte degli italiani, anche quelli che si proclamano a parole favorevoli all’economia di mercato, l’Unione Sovietica pianificata e centralista era il paradiso in terra (lo dimostrano con i fatti, non con le parole questo loro sentire) e proviamo a fare i novelli Gorbaciov, sperando di avere più successo dell’originale, riformando il sistema per quello che è e non per quello che si vorrebbe fosse.

  2. Giunco

    E’ circostanza nota a chi ha nozioni anche solo elementari di diritto che il “diritto di proprietà” ha come suo presupposto la scarsità: la proprietà come strumento per superare la scarsità. Ogni singolo proprietario ha delle conoscenze di spazio e di tempo che assommate alle conoscenze degli altri proprietari gli consentono un uso economico del bene: e cioè di conservarlo, di renderlo maggiormente disponibile, di trasformarlo in una risorsa da cui trarre profitto, coerentemente con la natura umana (“ringrazio l’egoismo del mio birraio e del mio fornaio perchè fa sì che possa avere della birra e del pane sempre migliori ad un prezzo sempre più basso” di smithiana memoria …).
    Solo l’ignoranza può portare alle affermazioni superficiali, ma alla moda, della necessità di rendere pubblica l’acqua (perchè scarsa) e la sua distribuzione. Mala tempora currunt.
    Un saluto.
    giunco

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