Telecomunicazioni e concorrenza: una risposta all’Agcom
In seguito alla pubblicazione del nostro Special Report La regolamentazione delle telecomunicazioni. Un bilancio dell’Agcom 2005-2012 e l’agenda per il prossimo settennato, l’Autorità ha diffuso una nota per replicare ad alcune delle considerazioni contenute nello studio. L’attenzione del regolatore ci gratifica e ci sprona a svolgere con sempre maggior impegno la nostra funzione di pungolo sui temi della concorrenza. Tuttavia, ci pare utile rispondere nel merito ad alcune obiezioni, a nostro avviso superabili.
In primo luogo, l’Agcom ritiene che lo studio non valorizzi la concorrenzialità del settore mobile, e in particolare il ruolo svolto dalla portabilità del numero. Invero, nella nostra ricerca evidenziamo il “contesto competitivo […] nettamente diverso da quello esaminato con riguardo ai servizi su rete fissa” e la costante riduzione della concentrazione, e riconosciamo espressamente che “la concorrenzialità del mercato mobile è certamente propiziata dal successo della portabilità del numero” (pp. 31-32).
In secondo luogo, l’Autorità contesta il nostro giudizio in materia di terminazione mobile: ma lo fa citando un’affermazione (“il taglio [delle tarriffe di terminazione mobile] non si è riflesso direttamente sulle tariffe dell’utente”) che compare non nel Report, bensì in una mia dichiarazione ad Alessandra Puato del Corriere Economia: affermazione forse “sbrigativa”, ma che non esaurisce la riflessione svolta sul tema all’interno dello studio, dove si sottolinea come una parte considerevole dei minori costi siano stati catturati dall’incumbent sulla direttrice fisso-mobile.
Ancora, l’Agcom mostra di non condividere la nostra valutazione sullo stato del mercato dell’accesso alla rete fissa, rimarcando – da un lato – il numero di linee in unbundling (“oltre 5 milioni”) e – dall’altro – l’aderenza alla metodologia individuata dal regolatore comunitario per la fissazione delle tariffe intermedie. Ora, non si tratta di sminuire quanto di buono si è fatto sul versante dell’unbundling: ma il ricorso ai valori assoluti trascura la realtà delle quote di mercato e, soprattutto, l’anomalia italiana rappresentata dalla presenza di un’unica rete d’accesso.
Quanto alle tariffe, non contestiamo l’astratta idoneità del modello di costi incrementali di lungo periodo per un operatore efficiente: ma, pur senza dover supporre che considerazioni ulteriori facciano ingresso nell’equazione, i modelli vanno poi applicati e in questa fase residuano indubbi margini di discrezionalità: in particolare, solleva alcune perplessità l’osservazione delle tariffe nella loro evoluzione storica e nella comparazione internazionale (in termini assoluti e di costo al chilometro). A giudicare, poi, dagli effetti documentati nello studio, pare che l’effettivo messaggio trasmesso delle attuali tariffe sia “neither build, nor buy”.
Una parola, infine, sull’auspicio dell’Autorità a una maggior attenzione all’attività regolamentare: è anche il nostro. Con un caveat di ordine metodologico: gli orientamenti consolidati, anche a livello istituzionale, meritano la massima considerazione ma non possono limitare le opzioni interpretative. È questo, a ben vedere, il ruolo degli istituti di ricerca indipendenti: se sia un compito di qualche utilità, coerentemente con la nostra ispirazione, lo lasciamo decidere al mercato.
Replica puntuale e convincente.