Tassa-e-spendi o spendi-e-tassa? La seconda che hai detto, in Italia
Antonio Alfonso economista presso la BCE e Christophe Rault presso la Università di Orléans Cedex 2 hanno appena reso noto un divertente studio che stabilisce una tassonomia nel meccanismo di trasmissione della politica fiscale dei paesi dell’UE. La domanda è: dall’osservazione degli andamenti intertemporali della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale è possibile osservare delle inferenze di Granger-causality tra i due aggregati, in modo da distinguere i Paesi che tendenzialmente prima spendono di più e poi tassano di più, da quelli che invece spendono di più grazie all’effetto cassa-piena del buon gettito fiscale raccolto? La differenza è fondamentale. I Paesi spendi-e-tassa hanno com’è ovvio sistemi pubblici più tendenzialmente fuori controllo dal punto di vista della stabilità di medio-lungo periodo. I Paesi tassa-e-spendi sono intrinsecamente più stabili, hanno cioè un track record storico che testimonia una migliore capacità di tenere il freno tirato sulla spesa, per evitare deficit e aumento del debito pubblico, in caso di scelte di alleggerimento fiscale o in caso di contrazione del gettito a seguito di crisi economiche. In una fase storica come l’attuale, in cui i debiti pubblici per ragioni di “dichiarata” anticiclicità – noi siamo molto scettici su questo punto, come avrete capito dai mille post critici del moltiplicatore keynesiano – tendono a crescere esponenzialmente, è intuitivo che i Paesi spendi-e-tassa sono esposti a rischi maggiori di quelli tassa-e-spendi. E dunque i loro politici e regolatori devono usare un’attenzione maggiore, prima di pestare con troppa energia il piede sul pedale della spesa pubblica. Domanda: secondo voi dove sta l’Italia? Ma che domande: tra i Paesi più di tutti spendi-e-tassa, naturalmente.I due autori esaminano due serie storiche. Quella 1960-2006 per i 15 Paesi dell’euroarea, quella 1998-2006 per i 25 paesi che fino ad allora giunse a comprendere l’UE. Nella prima finestra temporale, i peggiori spendi-e-tassa, cioè quelli in cui l’aumento verticale della pressione fiscale – per l’Italia, più di 22 punti di Pil, per altro concentrati negli anni 1974-92 – ha sempre inseguito la spesa pubblica in aumento vertiginoso e in deficit crescente, risultano Grecia, Italia e Portogallo. Nella seconda fase temporale, il Portogallo abbandona il gruppo per diventare un tassa-e-spendi, mentre per Italia e Belgio la causalità tra gettito e spesa diventa negativa: è il trauma fiscale improvviso imposto in quei Paesi per partecipare all’euro. Se si considera invece l’aggregato EU25, gli spendi-e-tassa aggiuntivi oltre a Italia, Grecia e Portogallo diventano Austria, Francia e Spagna. Mentre tra i “rigorosi” – diciamo così – tassa-e-spendi si distinguono Germania e Lussemburgo. Particolare suggestivo: praticamente tutti i nuovi entranti da Est, Cechi, Estoni, Lituani, Polacchi, mostrano un’evidente andamento tassa-e-spendi. Che Dio li preservi a lungo da noi latini, o meglio dai nostri politici che predicano il rigore fiscale solo dopo aver aperto voragini di spesa.
In cauda venenum. Le eccezioni italiane sono state praticamente nulle, sul versante della spesa, fino a Padoa-Schioppa dell’ultimo Prodi sconfitto però nell’anno preelettorale, e a Tremonti in questo inizio di governo Berlusconi. Ciampi con Amato hanno rappresentato l’eccezione della causalità negativa, per l’euro. La sorpresa negativa ora, è di un Tremonti che col neorigorismo fiscale accrescerà la pressione fiscale per diminuzione contestuale del denominatore – il PIL – quando anche il numeratore poteva – doveva, secondo noi – contribuire a farlo respirare meglio.
Aux ames, citoyens!
Caro Giannino,
l’universita’ di Orleans Cedex 2 non esiste. Cedex e’ un codice che si aggiunge all’indirizzo in Francia per ragioni di smistamento postale. Va bene che in Francia, paese statalista quant’altri mai, lei non ci mette mai piede, pero’ un minimo di verifica…