Tagli lineari e preferenza ‘L’
Ho ripreso i contatti con una mia vecchia amica, L., con la quale è in corso un’interessante scambio di mail nelle quali ci stiamo raccontando ciò che ci è successo nei lunghi anni in cui non siamo stati in contatto e, dato che, ognuno a modo suo, non riusciamo a tenere fuori le valutazioni generali dalle vicende personali, la discussione finisce spesso “in politica”, ambito nel quale abbiamo visioni radicalmente divergenti. Per fortuna siamo entrambe persone curiose, tolleranti e reciprocamente convinte della buona fede dell’interlocutore, quindi ne è venuta fuori una discussione stimolante della quale voglio riportare qualche spunto.
Qualche giorno fa, mentre si parlava di mercato del lavoro, ho menzionato le cosiddette “categorie protette”, e la sua reazione, come mi aspettavo, è stata piuttosto risentita. Mi scrive che se mi riferisco al pubblico impiego, settore di cui L. fa parte, non le sembra che se la stiano passando troppo bene, e mi porta a conferma qualche dato personale a riprova dell’assunto.
Dunque, L. fa l’assistente sociale in un municipio (non ricordo quale) di Roma. Il lavoro che fa L. (nel modo in cui lo fa L) è un lavoro utile e necessario. Perché i servizi sociali fanno parte di ciò che la pubblica amministrazione deve garantire. E’ anche un lavoro produttivo, nel senso che ciò che L. offre alla comunità ha grande valore, e perché il lavoro che fa L. non lo può fare chiunque. Bisogna studiare, e parecchio, avere spalle larghe e stomaco di ferro, oltre a un’innata e non comune dose di sensibilità. A naso mi verrebbe da dire che il lavoro che fa L. dovrebbe essere pagato a peso d’oro, e che probabilmente molti si dovrebbero contendere la sua professionalità.
Eppure L. guadagna quattro lire, le sue possibilità di fare carriera sono pressocché nulle, e con 46 anni e una discreta anzianità di servizio ancora non riesce a permettersi una casa nella città in cui vive. Mi scrive:
E io sono una fortunata: ho una madre che ha a sua volta una casa di proprietà e che mi vuole abbastanza bene per sacrificarsi a 75 anni per amor mio a cambiare casa ancora una volta. In questo sono nello stesso vergognoso, umiliante sistema che mi addolora vedere nei miei utenti: siamo un mondo che dipende dalle generazioni precedenti; siamo una generazione che sembra non riesca mai a raggiungere l’autonomia, l’autosufficienza; siamo una generazione senza dignità. E non si può proprio dire che sia una scelta.
Il problema è che nello stesso edificio in cui lavora L. (e in altre centinaia di edifici del genere sparsi per Roma e per l’Italia) ci sono tante altre persone (non oso azzardare una cifra) che per lo stesso stipendio di L. svolgono mansioni assai meno utili e produttive. Tanto per fare un esempio, se il lavoro di L. valesse 10, e quello delle quattro signore che siedono stancamente al protocollo valesse 5, e guadagnano tutte 6, sarebbe evidente che L. paga 1/6 dello stipendio delle quattro del protocollo, mentre loro le sottraggono quasi metà dello stipendio.
Viene tolto (ope legis, vedi CCNL) valore al lavoro di L. in modo che il danaro che le spetterebbe possa fare acquisire valore alle mansioni di altri. Passano gli anni, e la situazione, invece di migliorare, peggiora. La competenza di L. viene sempre più svilita, il suo carico di lavoro diviene sempre più pesante e ci sono sempre meno fondi a disposizione per le cose di cui si occupa. Neanche le condizioni di vita dei colleghi degli altri uffici migliora, ma il problema è comunque alla radice, perché quella dignità che L. lamenta di non avere ancora raggiunto in realtà ce l’ha, eccome, è roba sua, conquistata con la sua competenza, professionalità e con l’alta produttività delle mansioni che svolge. Ma le viene regolarmente rubata.
Le cose potrebbero migliorare (ce lo siamo ripetuti fino alla nausea) se si decidesse di affrontare la cosa una volta per tutte: questo non significa necessariamente licenziare una valanga di dipendenti pubblici (cosa che in qualche caso potrebbe anche servire – ne parlava giorni fa Giulio Zanella su nFA), ma più semplicemente la pubblica amministrazione dovrebbe gestire meglio le risorse umane e rivedere le sue priorità: ci sono cose che la pubblica amministrazione deve fare, e bene, altre che sono meno necessarie, altre ancora che non lo sono affatto. Finché ci saranno casi di mansioni create appositamente per impiegare del personale (scavate le buche, poi riempite le buche…) e nessuno dovrà prendersi la responsabilità di impiegarlo in maniera produttiva, le risorse per coprire i costi di queste mansioni le fornirà L., come una tassa nascosta e vigliacca.
Tutto ciò mi porta a due conclusioni: primo, quando si parla di “categorie protette” sarebbe bene ricordare che il costo di questa protezione non lo pagano solo coloro che stanno fuori da queste categorie, ma che all’interno di uno stesso settore c’è chi paga per gli altri. Secondo, e diretta conseguenza del primo: quando, come di questi tempi, si fanno i cosiddetti “tagli lineari” o “tagli orizzontali”, chiamateli come volete, non si risolve un fico secco, anzi, il costo di questi tagli verrà pagato sempre e comunque dalle persone sbagliate, almeno fino a che non si deciderà di prendere il toro per le corna pagandone anche, se è il caso, lo scotto elettorale nel breve periodo.
Se si continua a ritenere che la soluzione ai problemi della pubblica amministrazione sia quello di agire semplicemente e semplicisticamente sul rubinetto, senza mai porsi il problema della direzione del getto, non si uscirà mai dal meccanismo che ci conduce inesorabilmente verso quella preferenza ‘L’ (dove ‘L’ non è più l’iniziale della mia amica, ma la preferenza low, contrapposta ad high) di cui parlava efficacemente Oscar Giannino nel suo post l’altroieri. Perché tagliando la spesa “ad minchiam” continueremo a caricare sulle spalle di L. il costo delle mansioni delle signore del protocollo, la cui reale produttività nessuno si prenderà mai la briga di controllare, e che continueranno a sedere proprio sotto il getto del rubinetto, lasciando agli altri solo gli schizzi. Il lavoro di L. sarà sempre meno gratificante, avrà sempre meno risorse a disposizione, sarà fatto inesorabilmente sempre peggio in un meccanismo che compensa con nuovi costi (che derivano da servizi necessari fatti male) l’eventuale risparmio per le casse dello Stato. Risparmio che il prossimo Visco di turno potrà comunque vanificare agendo di nuovo, semplicemente, sul rubinetto.
E scoraggeremo sempre di più ragazzi e ragazze dal ricercare nello studio e nelle professioni la preferenza ‘H’ che L. inseguiva quando studiava con passione e si lanciava nel mondo del lavoro con l’entusiasmo e la dedizione che le ricordo. A conti fatti, anche se so che L. non sarà d’accordo, non ne valeva la pena.
Tutto giusto, con un unico appunto su questo:
“Quando, come di questi tempi, si fanno i cosiddetti “tagli lineari” o “tagli orizzontali”, chiamateli come volete, non si risolve un fico secco, anzi, il costo di questi tagli verrà pagato sempre e comunque dalle persone sbagliate, almeno fino a che non si deciderà di prendere il toro per le corna pagandone anche, se è il caso, lo scotto elettorale nel breve periodo.”
Il problema, secondo me, è che queste cose hai dovuto scriverle tu per la tua amica “statale”.
Leggi un po’ i commenti dei lettori sui quotidiani ai “tagli” o ad altre questioni facenti parte di questo problema e dimmi quanti “statali” dicono che il problema è INNANZITUTTO nei loro colleghi parassiti.
Nessuno di loro lo dice ad alta voce.
Tempo fa mi trovavo a fare più o meno li stessi discorsi a un mio amico prof. universitario e gli suggerivo di mettersi in movimento con colleghi simili a lui denunciando PUBBLICAMENTE quei professori che non fanno ricerca, che scarseggiano sulla didattica…quelli che non si stanca mai di descrivere a me a mo’ di sfogo.
Ciò che voglio dire è che faccio molta fatica a immaginarmi un politico disposto a pagare lo scotto elettorale, mentre mi sembrerebbe plausibile che qualcuno volesse riscuotere un *dividendo elettorale*, se si palesasse. Attualmente i dipendenti pubblici sembrano, da fuori, una massa compatta dedicata allo sfruttamento delle risorse. Se facessero vedere di essere, come sono, tutt’altro che compatti e di essere disposti a togliere la solidarietà di corpo ai loro colleghi ladri, immagino che qualcuno si presenterebbe a farsi votare da loro con le proposte adatte.
#Beppe- Condivido il suo intervento, in particolare la parte finale.
Sono molto “vecchia” e da tempo immemore sento dire che la pubblica amministrazione alberga una miriade di nullafacenti impiegaticci garantiti a vita e qualche sparuta brigata di professionisti di valore soffocati da un malefico uso delle risorse. Ci vorrebbe una rivoluzione organizzativa ma costa fatica e coraggio che non ci sono. Brunetta ha proclamato impetuoso grandi rivolgimenti, ha sguainato la spada ma il drago sembra avergli fatto sberleffi. Certo la soluzione dei tagli indiscriminati è un orrore e non risolve lo sfascio imperante ma, qui si tratta di intervenire come i pompieri che allagano giustamente la casa quando è in fiamme, senza considerare i danni ulteriori e conseguenti. La casa è il capitale (vedi debito pubblico) che è stato mangiato ( e si continua a mangiare) a titolo di rendita da stuoli di famelici garantiti e non solo dipendenti pubblici, tanto che ora i giovani non hanno futuro facile.Infatti, i loro genitori li devono mantenere fino a chissà quando e spesso utilizzando le pensioni che hanno conseguito non sempre meritatamente… Finchè la barca, bene o male, andava ognuno portava a casa il suo possibile comodo e sopportava, seppur a malincuore e con qualche privato mugugno, di essere affiancato da inetti ruba-stipendio. Il getto del pompiere arriva su tutto e tutti e neanche ora si vede un sussulto di reazione in quelli che meriterebbero diverso trattamento, salvo l’imprecazione contro i tagli generalizzati che, appunto, portano danno a loro, mentre tutti noi pagheremo ancora e ancora per i servizi che ci mancheranno.
In un precedente articolo avevo scritto il seguente commento:
“…. qual’è il principale e trasversale problema italiano nei confronti di una serie nazioni più efficienti?
IL VALORE SOTTRATTO
Cambiamo strategia, invece di pensare a soluzioni che diano valore aggiunto (termine molto usato che io sto cercando di abolire), cerchiamo di limitare quelle che tolgono valore.
Nel lavoro mi capita spesso di trovare persone che giudicano come qualità di una persona il numero di ore lavorate al giorno, noooooo ….errore gravissimo, immaginate un incapace che lavora 12 ore al giorno, per farne un discorso algebrico servirebbero 1,5 giornate standard di un uomo capace (e di pari ruolo) per arrivare a valore zero.”
Io inizierei almeno abolendo gli strordinari agli incapaci della PA 🙂
Dimentichi una cosa fondamentale riguardo alla pubblica amministrazione: per anni il vero scopo che aveva era di dare un posto di lavoro a più persone. Non quello di essere efficiente, competitiva,professionale. Poi la situazione da te descritta, rispecchia quella presente anche in molte grosse aziende. Purtroppo non viviamo in un mondo ideale in cui i migliori ottengono di più. Inoltre l’ideale dei politici lungimiranti che ci hanno governato in passato era più uguaglianza sociale.
Ducas,
mio figlio ha cambiato 5 maestri di matematica in 5 anni di elementare e quello specialistico di inglese non ha conoscenze specialistiche in lingue, le assunzioni sono generalmente standardizzate per fini politici e la carriera ha come parametri principali l’anzianità ed essere yesman.
Il parametro meritocrazia è ridottissimo anche nel privato perchè nella prevalente realtà italiana l’amicizia e la parentela prevale e le aziende che lavorano prevalentemente nel mercato interno non devono competere e la inefficienza e la scarsa produttività generale lo dimostrano.
Non si tratta di avere un mondo ideale ma semplicemente ci sono nazioni dove il parametro qualità, cioè meritocrazia, non è così schiacciato e ridotto ai minimi termini dagli altri parametri
E io condivido il tuo, particolarmente la parte che riporto.
E’ la metafora più chiara che ho letto sulla ratio dei tagli lineari.
In luglio avevo trovato particolarmente insulsi e vigliacchetti i vari Zaia e Cota (Formigoni incommentabile) che grossomodo si accodavano a Errani nel chiedere a Tremonti di fare tutto da solo.
Dentro di me pensavo che Tremonti è un po’ come la crisi economica per la mia azienda: mi toglie fatturato.
Poi sono io che devo decidere quali spese tagliare per far fronte al calo del fatturato. Non posso pensare che siano i miei clienti a pagare di volta in volta l’affitto del capannone, la pubblicità sulla rivista X o sul sito Y, lo stipendio del venditore o dell’operaio o del manager, la bolletta di Vodafone, magari verificando anche se TIM o Wind non hanno un’offerta migliore e così via.
secondo me il problema è più semplice, e rigurda la capacità di analisi e la volontà politica: capacità di anlisi, perché sarebbe legittimo aspettarsi che chi ha responsabilità politiche sia in grado di leggere la realtà prescindendo dai movimenti organizzati, e perché il compito delle pubbliche amministrazioni è quello di garantire dei servizi a costi ragionevoli (per quel che riguarda la ragionevolezza dei costi il paragone con altri paesi può tornare utile). Gli operatori dei servizi pubblici sono degli strumenti, e non dei fini, e le politiche vanno commisurate al raggiungimento di determinati obbiettivi più che al compiacimento di determinate categorie. Sarebbe bello se vi fossero dei dipendenti organizzati contro il parassitismo? Non so, può darsi (o sarebbe un altra categoria da compiacere?), ma non cambia nulla, perché il dividendo elettorale la politica lo deve cercare tra gli utenti dei servizi, non tra chi li eroga.
E qui viene il problema della volontà politica: le riforme, tutte, in questo paese non vengono fatte per un motivo molto semplice: manca la volontà di farle, non perché esistano ostacoli insuperabili, poteri più o meno forti e via discorrendo (anzi, esistono, ma non sono insuperabili): andiamoci a vedere come era ridotta e chi faceva il bello e il cattivo tempo nell’Inghilterra pre-Thatcher e poi ne riparliamo.
Anch’io, per esempio, faccio parte di una categoria “parassitaria”: sono un agricoltore e gran parte del mio reddito deriva da sussidi. Non credo di dovermi sentire in colpa per il fatto di beneficiare di quei sussidi, che l’autorità pubblica mi mette a disposizione (il fatto che scriva spesso contro la politica dei sussidi in agricoltura potrebbe essere forse un contentino per la mia coscienza?). Vivendo a contatto con molti agricoltori comprendo (anche se non condivido) paura diffusa tra loro all’idea che un giorno qualcuno possa interrompere quei sussidi.
Il problema non è tanto quindi accontentare i parassiti (o presunti tali) o i bravi (o presunti tali), ma di preoccuparsi di come funzionano le cose.
Per interesse personale, perchè ora l’azienda da cui dipendo non è ancora focalizzata su questo, sono esperto di metodologie Agili, in particolare di Scrum (ma anche Lean e Kanban).
Ritengo che nella PA l’introduzione di queste metodologie darebbe un notevole contributo.
“pastore” ha ragione per quanto riguarda lo straordinario, l’approccio agile cerca di evitarlo.
Penso che i “fannulloni” non sempre lo siano per loro cattiva volontà, ma per spesso l’organizzazione non riesce a cavar fuori le loro potenzialià operative.
Non sono sicuro di aver capito cosa intendi.
Stai dicendo che credi seriamente che i politici che entrano in un ufficio postale medio (o dentro il loro ministero) non si accorgano che 3/4 dei dipendenti stanno operando al minimo se non a zero?
E che, vedendo questo, non riescano a rendersi conto che quell’ufficio postale potrebbe costare una frazione del costo attuale, fornendo lo stesso livello di servizio, eliminando alcuni scaldasedie?
Io sono il primo a dire che più che corruzione e malafede, il problema della classe politica italiana è scarsa intelligenza e cultura, ma questo mi pare eccessivo. Forse non ti ho capito.
Forse al termine “capacità di analisi” (alle volte dubito che capiscano, invero, o che abbiano la minima idea di quel che sarebbe necessario fare) avrei dovuto aggiungere il termine “indipendenza nell’analisi”, ovvero che la realtà non bisogna farsela spiegare dai sindacati, anche qualora vi fosse il “sindacato dei meritevoli”.
@Beppe
Infatti nella mia esperienza ho sempre visto gli incapaci fare molti più danni dei delinquenti, il problema è ancora più gravoso in Italia perchè quelli in malafede sono anch’essi incapaci e asini, oltre al danno dei loro magnamagna abbiamo il danno della inutilità di quello che realizzano per sbafare.
La chimica in sardegna è un classico esempio, gli investimenti decennali per le miniere di carbone improduttive un altro esempio.
Milioni di euro per produrre costose cattedrali per pochi posti di lavoro, se gli regalavano gli stessi soldi 20 anni fa questi operai/minatori vivevano ancora di rendita senza rompere le balle a nessuno.
Immaginate che per un’isola come la nostra la cosa più naturale sarebbe investire in conoscenze, che creino un terziario avanzato per poter erogare servizi senza costi di infrastrutture di trasporto fisico penalizzanti per un isola.
Ci vuole una scienza a pensare come replicare i servizi dell’Irlanda?
NON ESISTE attualmente in Sardegna un esponente politico di qualsiasi partito che mette questa tematica tra quelle necessarie per lo sviluppo in Sardegna.
Riescono a dire turismo, agricoltura e ambiente senza neanche capire come far crescere e rendere anche queste.
All’interno di questi problemi culturali e di conoscenza tutto è trattato allo stesso modo perchè se il politico/dirigente/funzionario non sa di che cosa si sta parlando quando uno esprime una “indipendenza nell’analisi” questa viene considerata come un raglio tra i tanti che si sentono.
P.S.
@Roberto Bera
AL DIEE dell’università di Cagliari abbiamo un esponente di livello internazionale nelle metodologie agili per lo sviluppo del software
@Giordano Masini
Mah, se l’auspicio è che un politico faccia ciò che “è giusto” senza cercare tornaconti di qualche tipo, temo di non riuscire a seguirti.
Non avendo alcun dato che mi suggerisca che l’altruismo indiscriminato sia mai esistito sul pianeta, preferisco cercare di immaginare quale sistema possa spingere degli egoisti a fare ciò che è bene per la maggioranza…o almeno per me 😉
In USA, pur con collegi uninominali che consentono a un elettore di telefonare direttamente al *suo* deputato o senatore, per comunicargli ciò che pensa dell’ultima proposta di legge o discorso in aula, esistono le lobbies.
In Italia, dove ogni collegio ha numerosi rappresentanti e dove i collegi sono molto più numerosi che in USA, non vedo come si possa sperare di fare a meno delle lobbies.
Un eventuale gruppo di pressione che rappresenti dei dipendenti pubblici che chiedono il licenziamento dei “fannulloni” avrebbe gli stessi pregi e difetti di qualunque altra “corporazione”. Se ci tocca tenerci le altre, perché non questa?
Ok, a parte la quasi provocazione, non trovi anche tu che ci sia qualcosa di anomalo nel fatto che la tua amica non si renda conto da sola dei perché delle sue frustrazioni e che, pur setacciando i media italiani, sia assurdamente difficile trovare il discorso che hai fatto tu firmato da uno statale?
Se parlare di lobbies e sindacati ti infastidisce, limitiamoci a gruppi di persone affini che si riuniscono intorno a qualche blog su internet.
Ne esiste almeno uno che riunisca statali stufi dei colleghi parassiti?
Con tutto ciò che offre internet, credo ci dovrebbe essere, ma non sarei troppo sorpreso se non esistesse niente di simile.
@Beppe, un ufficio postale non è un ufficio statale ma una sicietà per azioni che si mantiene con il prezzo dei servizi erogati e, se utilizza qualche forma di finanziamento pubblico, è per servizi che lo Stato agevola come la spedizione delle stampe a favore degli editori.
@tutti, forse voi non vi rendete conto di alcune cose:
1) alcuni servizi, come l’assistente sociale, l’Italia non se li poteva permettere, quando sono stati istituiti, e sono stati pagati con il ricorso al debito pubblico:
2) se anche la gente viene pensionata, cmq le pensioni devono essere pgate dalle tasse perchè non c’è, come crede qualcuno, un salvadanaio da qualche parte;
3) la maggior parte dei dipendneti pubblici sono necessari se si vogliono mantenere standard decenti (insegnanti, militari, poliziotti, pompieri, infermieri, medici), quindi i tagli si possono fare solo fra quegli addetti il cui compito è trasformare e trasferire dati da un sistema all’altro; questo si può fare, perchè la tecnologia esiste e costa poco, ma occorre modificare le leggi, compresa la costituzione che, più che un quadro di riferimento, è una gabbia per certi contesti a valle di essa (vedi sistema fiscale);
4) automatizzare funzioni di trasferimento dati implica una grande capacità prgettuale a monte e una grandissima capacità di controllo in esecuzione e queste non sono nè patrimonio dei politici e loro consulenti nè nelll’attuale o futuro personale su cui incide il metodo di reclutamento che porta a far entrare nella PA e nella PAL gente senza spessore anche se con titoli e capacità di superare un concorso.
@Nicole Kelly
sul punto 1 posso dire che sono state pagate tante cose con il debito pubblico che non potevamo permetterci
sul punto 2 mi sembra chiaro come siano pagate le pensioni, ma per me è ancora più chiaro come sono state regalate le pensioni per fini politici e sindacali … e non potevamo permetterci anche questo
sul punto 3 mi permetto di dissentire, una parte dei dipendenti pubblici non sono necessari (es. http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/In_classe_in_75 ), anche quelli necessari non sono utilizzati appropriatamente (es. i poliziotti sono in bassa percentuale nelle strade) e hanno un basso livello di competenza (maestri di materia specialistica come l’inglese che non sono specializzati e non sanno pronunciare neanche “thank you”); tantissimi piccoli comuni non erogano standard decenti non perchè mancano i dipendenti che non si potrebbero permettere ma perchè non si sono mai aggregati (adesso finalmente i comuni sotto i 5000 abitanti e in sardegna sotto i 3000 dovranno farlo per legge)
sul punto 4 posso confermare con mano che non ci sono generalmente strutture e organizzazioni efficienti all’interno della PA di progettazione di indirizzo (anche tecnologico) e infatti i soliti fornitori ti rifilano quello che vogliono perchè all’interno della PA non sanno cosa vogliono comprare (anche se loro pensano il contrario) e quindi non sanno cosa ti vendono, come ho già detto prima :
All’interno di questi problemi culturali e di conoscenza (e adesso aggiungo di amicizie e di carenze di appropriate strutture organizzative) tutto è trattato allo stesso modo perchè se il politico/dirigente/funzionario non sa di che cosa si sta parlando quando uno esprime una “indipendenza nell’analisi” questa viene considerata come un raglio tra i tanti che si sentono …. quando ti va bene che ti ascoltano.
Ho sempre amato il nonsense humour.
“L’assetto proprietario di Poste Italiane vede la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per il 65% e della Cassa Depositi e Prestiti SpA per il restante 35%.”
Tratto da http://www.poste.it/azienda/chisiamo/governance.shtml
Forse tu non ti rendi conto che, pur coscienti di certi dati, la conoscenza di *altri* dati o la presenza di una diversa struttura di valori potrebbe condurre altre persone a conclusioni diverse dalle tue.
Curiosamente, per me questo è uno dei punti più importanti da considerare, se non il più importante. La tua conclusione qual è? Voglio dire, da questo fatto, cosa concludi di radicalmente diverso da ciò che tutti (???) dicono?
Continuo a essere mooolto perplesso.
Chi sarebbe che crede nel salvadanaio?
Ah, tu dai per scontato che tutti ritengano che chi ha percepito uno stipendio per 30 anni senza fare nulla di neanche lontanamente utile/desiderato dalla società (sto ovviamente forzando l’esempio: evitiamo la banale risposta che la maggioranza dei dipendenti pubblici lavorano e sono indispensabili), debba ora essere messo in pensione solo perché ciò dicono le consuetudini? Dobbiamo per forza scartare l’ipotesi di licenziare in tronco delle persone e di non versargli nessuna pensione fino al raggiungimento dei 65 anni (o quello che dicono i calcoli demografici), come accade continuamente nel privato? E ancora, è del tutto impossibile, per te, concepire che la prosecuzione dei pagamenti degli attuali livelli pensionistici da parte dello stato possa un giorno essere messa in discussione da problemi di bilancio e risolta, come avviene ogni giorno in tutto il mondo, da un accordo fra debitore in crisi finanziaria e creditori che comporti una riduzione dei crediti?
Qui mi pare che ti rispondi da sola, no? Soprattutto se togli “grande” e “grandissima” e le sostituisci con “ragionevole” e “discreta”, ma questa è forse una cattiveria gratuita.
Resta il fatto che, in presenza di una gran mole di persone mediamente più incompetenti della media nazionale (mi baso su quanto dici tu) e organizzate estremamente male, qualunque manager ti potrebbe confermare che non c’è alcuna difficoltà ad assicurare lo stesso output con personale molto ridotto.