Sui tagli di spesa siamo al solletico, sulle tasse continua il gioco delle 3 carte
Diceva Massimo D’Azeglio “la prima delle cose necessarie è non spendere quel che non si ha”. Altri tempi, la prima metà dell’Ottocento. Ma per lo Stato italiano è una massima che non vale praticamente mai. Come si desume dalle anticipazioni dei tagli di spesa “mirati” – basta coi tagli lineari di Tremonti, si dice ormai da 2 anni – contenuti nel decreto “cambia IMU”.
Premessa necessaria. Ha avuto ragione chi, come su queste colonne, alla prima lettura del decreto ha eccepito subito che le coperture apparivano ballerine, inadeguate a reggere l’annuncio che non si procedeva né ad aggravi rispetto alla vecchia IMU né ad aggravi in generale. In due giorni, è apparso chiaro che sulle seconde case l’aggravio c’era. Per rimediare e farlo sparire, ecco che è caduto anche lo sgravio che era stato concesso alle imprese e ditte individuali non agricole – le uniche esentate -, cioè la deduzione da imponibile IRES e IRPEF del 50% dell’imposta sugli immobili strumentali. Chi era in perdita non ne avrebbe tratto giovamento, ma, facendola cadere, per le imprese resta solo l’aumento del moltiplicatore dal 60 al 65% della rendita catastale, e inoltre il supplemento di aliquota dello 0,3% concesso ai Comuni sulle imprese. In aggiunta, ecco il taglio alla detrazione per le polizze vita e infortuni, un taglio del 50% nel 2013 – naturalmente retroattivo!, in barba allo Statuto del contribuente, e la tesi sostenuta dal sottosegretario Baretta della non retroattività in quanto lo Stato ne contabilizzerà gli effetti nel 2014 dà l’idea della sfacciata protervia fiscale pubblica – e addirittura dell’80% sul 2014. Ed ecco infine la clausola di salvaguardia, sempre contenuta nel decreto, che in caso di ulteriori mancate coperture prevede ulteriori aumenti degli acconti IRES e IRAP per le imprese, e aumenti di accise che erano stati negati, mas per altro appena disposti due settimane prima nel decreto ridicolmente denominato “salva cultura”.
In un quadro di tal genere, e con il punto di mancato aumento IVA ancora da coprire per fine 2013 e in avanti, la speranza era che il governo Letta energicamente riprendesse l’opera di identificazione di che cosa tagliare, nella spesa pubblica. L’unica copertura seria per abbattere pressione fiscale è il taglio di spesa. Altrimenti si continuerà nel gioco delle tre carte, nell’annuncio che un entrata viene limata sol perché si aumenta un’altra posta di entrate.
E qui vengono le dolenti note. C’è chi proietta sul 2014 i tagli di spesa entro il 2013 contenuti nel decreto di qualche giorno fa – quasi un miliardo, di cui 300 milioni di euro dai ministeri – e immagina di conseguenza che la revisione di spesa pubblica per il 2014 sia dunque tra i 4 o al più i 5 miliardi di euro. Ma siamo seri. Se così fosse davvero, bisognerebbe concluderne che siamo in presenza di poco più che… nulla.
Non è un’opinione. Lo dicono le aride cifre. Se ci si limita alla spesa pubblica corrente italiana, essa passa dai 465 miliardi di euro del 2012 ai 482 attesi nel 2013, ai 492 nel 2014, infine ai 500 miliardi nel 2015. In sintesi, la spesa pubblica corrente aumenta di più di 2 punti di Pil in termini nominali , dalla fine del governo Monti. Se anche depuriamo la grandezza dell’inflazione, in termini reali comunque l’aumento è superiore a un punto pieno di Pil. Se poi guardiamo invece alla spesa pubblica per investimenti, si riprende il cammino della virtù in senso inverso, per non dire del vizio. Dai 43 miliardi pubblici di spesa pubblica in conto capitale previsti nel 2013 si torna infatti nel biennio a seguire a quota 36 miliardi, come nel 2012, con una secca regressione in termini reali. E tanti saluti alla giusta tesi per la quale sono gli investimenti a contare per la crescita, assai più delle spese correnti che invece continuano a salire.
La speranza, ripetiamolo, è che Letta e Saccomanni abbiano assai di meglio nelle loro intenzioni. Anche se lo scetticismo è d’obbligo, dopo questi primi mesi di “governo dei rinvii”. Non si tratta di mera volontà. C’è anche un punto ordinamentale. Finché la contabilità pubblica nazionale elaborata dal Tesoro per spese di competenza sarà impostata sui saldi tendenziali, per effetto della legislazione vigente la spesa corrente continuerà a crescere, come avviene da decenni (+ 68% in termini reali dal 1997). E i cosiddetti “tagli”saranno solo parzialissimi freni rispetto a una spesa che sale. Quando c’è un problema tanto rilevante come una spesa pubblica superiore nel suo complesso alla metà del Pil, bisogna seguire un altro metodo. Assumere la spesa storica di un dato anno come zero budget base – a prescindere dagli andamenti incrementali effetto delle norme vigenti – e su di essa decidere i tagli “reali” da fare. Come sta avvenendo da inizio anno negli Stati Uniti con il cosiddetto sequester: il deficit federale sta scendendo dall’11,8% del Pil nell’esercizio precedente a circa il 4,7% quest’anno. Con un’economia reale americana che nel frattempo, smentendo coloro che i tagli di spesa reali non li vogliono mai, nel secondo trimestre di quest’anno è cresciuta del 2,5% sull’anno precedente.
Veramente incomprensibile la riduzione della detraibilità fiscale per le Assicurazioni sulla Vita.
Lo Stato non è in più grado di erogare le pensioni, ma non vuole che qualcuno se la costruisca per suo conto.
Qualcuno è in grado di fare due conti su: Quanto potrebbe diminuire la spesa pubblica adottando questa modalità? https://secure.avaaz.org/it/petition/Eliminare_gli_abusi_di_potere_nelle_PMI/ Gli eventuali abusi sono marginali rispetto al risparmio burocratico/amministrativo.
caro amico, ormai non mi piace più predicare nel deserto e Fare mi sembra leggermente incartato
io sono diventato specializzato nel retroattivo dalla mia prima liquidazione nel 1981 liquidata con regole retroattive
a quella del 92 sottoposta a due prelievi “amato pluripensionato” per un giroconto e restituitami per la metà (come da dettato legislativo) con anni di ritardo e un mare di carte bollate, ai 5000 euro prelevati retroattivamente nel 2011 su un’assicurazione liquidata nel 2007 di competenza 2006
o cominciamo a mettere le ghigliottine sulle piazze o liberalizziamo le class action sugli amministratori inadeguati (pubblici e privati in spregio agli azionisti di minoranza) o what else??
Concordo pienamente con marco bruto salvo in un punto,l’ultimo toglierei l’alternativa alle ghigliottine sulle piazze. Ovviamente in maniera incruenta: non ghigliottina ma gogna con nome cognome e partito, confidando che se ne tenga conto alle prossime elezioni ovviamente non con liste bloccate e decise dai soliti caporioni.
Vai Oscar, rialza la voce con orgoglio e senza timori altrimenti questi incompetenti irresponsabili ci affossano definitivamente!
Se puoi sdoppiati: un Giannino preciso con tutti i dati come tuo solito; e un Giannino sintetico, semplice e più diretto per la gente comune (il cui voto conta comunque 1 come quello di chi è più esperto con certi discorsi).
Dai, forza!!!!!!!!!!!!!!!!
Forza Oscar,
tutti in piedi, di nuovo, contro questo “Stato Ladro”.
Ritorni ad essere la guida per tutti i tuoi “ascoltatori/lettori”.
Finalmente Ti ho ritrovato.