Sugli utili ai lavoratori ci vuole prudenza – di Mario Unnia
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Mario Unnia.
Gli utili sono una cosa seria, non piovono dal cielo e arrivano quando è annullato il rischio delle perdite. Un rischio che corrono solo gli azionisti, i quali non hanno la CIG, né ordinaria né straordinaria. Occorre dunque stare attenti a non fare promesse affrettate sugli utili ai lavoratori.Si dice ‘in Germania la cosa funziona, perché non dovrebbe funzionale da noi?’ Là funziona perché i sindacati sono affidabili, sanno far di conto senza paraocchi ideologici, e concordano ragionevolmente sulla percentuale di utili ripartibili ai lavoratori. Da noi quella percentuale sarebbe sempre inferiore al ‘dovuto’, e dal sospetto si passerebbe alla rivendicazione. Meglio non fare confusioni.
I lavoratori, dall’operaio al manager, vanno pagati in funzione delle capacità e dell’apporto allo sviluppo dell’impresa. È corretto che siano protetti da un welfare aziendale integrativo di quello pubblico. E’ bene che la politica del personale sia innovativa e abbia un effetto attrattivo delle giovani leve e degli specialisti sul mercato. Ma le prerogative imprenditoriali e manageriali non vanno condivise con i sindacati, la governance è compito solo di chi ha il mandato degli azionisti e ha ingaggiato i manager. Aggiungo che le forme di cogestione richiedono una cultura sindacale e un’attitudine dei lavoratori che non sono presenti da noi. Per il buon andamento delle imprese serve, e avanza, la corretta informazione e la negoziazione tra le parti, dotate ambedue della fairness, la preziosa virtù di stare ai patti
Il discorso non è coerente con le stock options date ai dirigenti; anche loro non sono azionisti (almeno in origine). Se si volesse essere coerenti, allora gli utili ai lavoratori andrebbero dati sotto forma di azioni.
Gli utili non arrivano quando il rischio delle perdite è annullato; a parte truccare i conti (come worldcom e.a. insegnano), si può benissimo avere un utile operativo a breve termine e prospettive grigie a medio termine. Il coinvolgimento delle maestranze, quindi, deve avvenire con rilascio di azioni da riscuotere nel tempo e non sotto forma di denaro contante.
Vedo almeno due ragioni di perplessità sulla partecipazione agli utili; la prima riguarda il rischio di contenzioso sulla misura da distribuire; la seconda, il rischio di comprimere la retribuzione dei lavoratori nell’attesa di utili.
Concordo con Luciano Pontiroli, specialmente sul secondo punto.
L’utile ai lavoratori funziona non solo in Germania, ma come tutto per tradurlo in italia bisogna fare i conti con l'”italianità”…
certo sarebbe un progresso nella gestione delle risorse umane che ci permetterebbe di essere competitivi nell’offrire lavoro.
Comunque trovo la frase “gli azionisti non hanno la CIG” vagamente offensiva, peccato.
@Luciano Pontiroli
Sulla seconda stiamo già messi bene.
Rispondo a Mauro: sono contrario alle stock options, come sono contrario all’azionariato dei dipendenti, di ogni ordine e grado. Non credo che la partecipazione agli utili e il possesso delle azioni servano per fidelizzare, come usa dire, i dipendenti all’azienda. Per esperienza ho più fiducia nei mercenari affidabili e meno nei manager missionari. Credo invece nei premi di produttività, a tutti i livelli.
L’amara realtà è che quando ci sono dirigenti, presidenti, consiglieri, amministratori delegati che beccano rilevanti stock option e benefits vari sganciati dai risultati raggiunti, siamo di fronte a gestioni anti-economiche delle aziende; gestioni parassitarie che nulla hanno a che vedere con i principi di produttività ed efficienza richiesti a chi, in concreto, fa l’azienda (leggasi: classe lavoratrice). Ed io mi riferisco a personaggi come Marchionne che non assumono nemmeno il rischio del capitale investito (cosa che normalmente fa l’imprenditore) e che potrebbe giustificare una diversità di remunerazione così elevata. Pertanto, concedere ai lavoratori la partecipazione agli utili d’impresa è auspicabile, con tutte le cautele del caso.
http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/1560
@Franco Bocchini
A me sembrerebbe più realistico dire che i lavoratori, ora come ora, si accollano le perdite quando l’azienda va male ed invece non si beccano un centesimo quando le cose vanno bene.
Per quanto riguarda il rischio degli imprenditori, direi che ne hanno ben poco quando fanno le scalate con i soldi delle banche, senza mettere un becco di un quattrino, siedono nei CDA e decidono non solo cosa deve fare la propria azienda, ma anche cosa debbono fare i competitors.
Al tavolo da gioco, una persona si siede sapendo che il denaro che metterà sul tavolo lo potrà perdere. Altretanto se vince ha il diritto di incassare in quanto ha rischiato. Ora se i dipendenti desiderano guadagnare sui utili, devono anche, A-rischiare, e B-essere disposti a perdere. Se una quota del loro stipendio, viene investito nell’azienda, allora di fatto diventano azionisti, e giustamente partecipano ai utili, ed alle perdite. Gli stock oprio non sono altro che denaro, trasformati in azioni, per pagare un manager. Si presume che avendo il suo denaro (sotto dorma di stock options) investito, cercherà di fare aumentare il valore delle azioni per se e per gli investitori. Se i lavoratori desiderano, ricevere lo stipendio in stock options, nessun problema. Devono accettare anche le perdite
@mario unnia
Concordo in pieno. I premi alla produttività sono lo strumento più efficiente per la crescita dell’impresa.
C’è solo un limite in questo momento storico: l’incredibile disoccupazione fuori dalle porte delle imprese, permette ai manager e ai proprietari di non utilizzare tale strumento, causando alienazione, scarso impegno e rassegnazione in chi lavora. Il risultato è un utile (forse e momentaneo) maggiore per chi comanda, ma un surplus totale (azionisti + lavoratori) inferiore a quello potenziale, in cui il lavoratore dà il 100% perché sa che avrà qualcosa in cambio e l’azienda cresce di anno in anno perché tutti hanno dato il massimo.
Quindi priorità numero 1: risolvere problema disoccupazione
Conseguenza naturale: efficienza tra capacità e retribuzione
@Giorgio:
per giocare e rischiare i dipendenti devono avere anche voce in capitolo nelle decisioni/gestione, altrimenti sono altri che ‘giocano’ con i soldi investiti nell’azienda.
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@Giorgio:
per giocare e rischiare i dipendenti devono avere anche voce in capitolo nelle decisioni/gestione, altrimenti sono altri che ‘giocano’ con i soldi investiti.
Come ha già scritto Francesco Nicolai, da quanto si vede in giro sembra che siano solo i dipendenti a rischiare davvero, mentre personaggi implicati in diversi fallimenti continuano a muoversi sulla scena come se nulla fosse.
@Francesco Nicolai
L’articolo che abbiamo scritto per nFA svolge un (lungo) ragionamento al fine di spiegare perché riteniamo che la partecipazione dei dipendenti all’utile d’impresa non sia una buona idea.
La tua affermazione, invece, generalizza – in poche parole – situazioni particolari che hanno grande visibilità, ma che non rappresentano il mondo dell’impresa, essendo il prodotto della collateralità tra mano pubblica e clientele protette, con grande evidenza di un sesquipedale conflitto d’interessi. Tutto un altro problema.
@Franco Bocchini
Ill Mitbestimmung riguarda le aziende con oltre 2000 dipendenti, il Montan-Mitbestimmung quelle con almeno 1000 dipendenti.Esiste anche la versione per le aziende con piu di 500 dipendenti che prevede di dare ai lavoratori 1/3 del Consiglio di Sorveglianza; non sono esattamente piccole aziende.
Comunque, avevo letto e condividevo la critica che vi eravate fatti da soli. Inoltre non capisco perchè tale norma dovrebbe aumentare la litigiosità e perchè dovrebbe sminuire l’imprenditore ( non il suo portafogli).
Comunque ammiro chi ha delle PMI e mette a rischio il SUO patrimonio. Guardi, per mantenermi gli studi faccio il trader e so bene cosa voglia dire perdere il proprio denaro.
Nel nostro ordinamento giuridico la partecipazione agli utili da parte dei lavoratori è possibile solamente tramite il possesso di azioni da parte degli stessi.
Sono d’accordo solo parzialmente. Perché la FIAT crea utili, mettendo i suoi lavoratori in CIG e spalmando i costi sulle nostre tasche? Concordo col post 14, un’imprenditore, che crede nella sua azienda, mette a rischio il suo patrimonio, in primis, poi ricorre ad ammortizzatori sociali solo se necessario. La FIAT invece, fa esattamente l’opposto!
Pienamente d’accordo!!! (per quel che vale il mio giudizio….)In Italia il “sistema tedesco” nn può funzionare come ben argomentato dall’articolista e con buona pace del Governatore. A mio avviso potrebbe esser preso in esame una sorta di azionariato popolare (mediante bonus ovvero “stockoptions”…..).
@mario unnia
Sig. Unnia (5) D’accordo con Lei che le stock option non servono per aumentare gli utili di bilancio. Ma non dimentichiamo il fatto che una cospicua parte degli emolumenti di Marchionne è data proprio dalle stock option! I recenti bilanci FIAT producono sempre utili, ricavati magari altrove, non dalla vendita di auto, guarda un po’!