14
Mar
2010

Strani ibridi…

La Storia, per seguire la bipartizione misesiana delle scienze sociali, è sempre complessa, multicausale e difficile da valutare, indipendentemente da quanto si è bravi a maneggiare i necessari strumenti della Teoria. Purtroppo non sempre si ha il tempo per fare distinzioni complicate, e così sorgono i Miti, che in genere sono un sottoprodotto intellettuale (si fa per dire) delle Ideologie.

Il problema è che, il mondo essendo una cosa complicata, ogni mito può contare su decine e decine di fatti che lo dimostranoo, anche se ovviamente esisteranno anche decine e decine di fatti che lo confutano. Uno di questi miti è il cosiddetto Neoliberismo.

Una lista dei fatti che ne dimostrano l’esistenza sarebbe lunghissima, e anche la lista contraria sarebbe altrettanto lunga.

Senza intenzione di fare una lista completa, a favore della tesi si può citare: la riduzione delle aliquote marginali sulle tasse, la riduzione del peso dei sindacati in alcuni paesi (perlomeno quelli anglosassoni), il crollo del socialismo reale, sia come realtà politica sia come alternativa culturale credibile, alcune forme di deregolamentazione dei mercati finanziari, una maggiore attenzione all’inflazione monetaria rispetto agli anni ’70, la riduzione dei dazi doganali, lo sviluppo del WTO, una maggiore attenzione alla crescita del debito pubblico…

Contro questo mito si possono citare altrettanti fatti: il mantenimento del potere sindacale in tutti i paesi tranne quelli anglosassoni (anche questo con eccezioni: i sindacati automobilistici negli USA, ad esempio), la discrezionalità monetaria delle banche centrali, le politiche fiscali che continuano a generare deficit perenni e in questi anni anche crescenti, l’esistenza di una miriade di regolamentazioni dei mercati finanziari, il mantenimento di forme di protezionismo, la stazionarietà, e in alcuni casi la crescita, della spesa pubblica in percentuale al PIL, la creazione di burocrazie e regolamentazioni ingarbugliate come quelle relative al WTO, i salvataggi delle banche…

A complicare il quadro, la dicotomia stato-mercato è pure incompleta. Per mercato normalmente si intende di norma un sistema non pianificato di coordinazione tra azioni individuali indipendenti, mentre il contrario del mercato è il socialismo, che è un sistema per definizione pianificato, centralizzato, basato sulla subordinazione anziché sulla coordinazione.

Date le definizioni, a quale categoria appartiene un sistema di mercato pilotato centralmente da un sistema di manipolazione dei mercati del credito noto come politica monetaria? E’ un sistema che prende i difetti del socialismo, ne toglie alcuni (pianificare la politica monetaria è più facile che pianificare tutta l’economia ex nihilo), e ne aggiunge un altro enorme, su cui spenderò due parole.

Cosa permette al mercato di coordinarsi correttamente? Essenzialmente, un sistema dei prezzi affidabile, e il fatto che costi e benefici siano largamente privati. Se le autorità monetarie impongono un tetto ai tassi di interesse, la coordinazione di mercato è resa impossibile. Abbiamo quindi un sistema ibrido in cui l’efficienza della coordinazione di mercato è resa molto più difficoltosa, e la sua eventuale stabilità (non sono granché convinto che il mercato lasciato a sé stesso sarebbe del tutto stabile: ma ogni forte instabilità si è sempre accompagnata a qualche intervento pubblico) è resa un miraggio.

Non solo è difficile capire se lo stato ha fatto passi avanti o passi indietro: la commistione di stato e mercato crea anche ibridi socio-economici di ancora più difficile valutazione…

Rispondere a domande quali “il successo del modello  bancario noto come originate-to-distribute è o meno dovuto alla politica monetaria?” o “a quale componente dello stranissimo ibrido politico-economico chiamato Cina si deve la notevole crescita economica degli ultimi venti anni?” può essere molto difficoltoso. Che dire? Beati coloro che hanno sempre tutte le risposte, anche se in genere sono sempre tutte sbagliate…

3 Responses

  1. le liste dei fatti a favore e contro circa l’esistenza dei cosiddetti “Miti” sono
    certamente lunghissime ma ogni fatto, andrebbe analizzato in relazione a molteplici fattori spesso con risultati assai diversi tra loro e storicamente inquadrati secondo per esempio il tempo, gli uomini le situazioni geo-poltiche le condizioni socio-economiche dei diversi “partecipi”.

    tanta Teoria insomma, quanto quella che ci propinano nelle scuole, all’universita’

    per fortuna la realta’ e’ un’altra, e’ diversa, e’ sempre in movimento

    le organizzazioni internazionali, la loro conduzione, i risultati a cui ambiscono sono sempre motivati dal
    raggiungimento del massimo beneficio per tutti; teoricammente l’interesse da raggiungere e’ certamente da considerarsi “super partes” ma non e’ così, basta seguire le diverse vicende quotidianamente da piu’ parti del mondo; il WTO per esempio
    riesce a garantire proprio di tutti?

    la tendenza e’ al divario sempre piu’ marcato tra i Paesi ricchi e
    quelli sempre piu’ poveri ma ecco
    varati i diversi correttivi che consentono di volta in volta aidiversi timonieri di correggere opportunamente la rotta nelle piu’
    svariate situazioni

    poi la globalizzazione (guastatrice
    in molti casi e nelle piu’ diverse realta’ locali in giro per il mondo
    ormai da oltre trent’anni) e poi la
    crisi, la grande crisi della grande
    finanza che ha poi messo in ginocchio le economie reali dei vari Paesi del globo

    quindi nella dicotomia stato-mercato
    certo il mercato e’ solitamente caratterizzato da un tentativo continuo di coordinamento di azioni
    multilaterali comunque indipendenti ma questo coordinamento di azioni “mirate” a volte viene rimesso in moto, proprio dagli interventi correttivi pianificiati dei diversi Stati interessati che intervengono a ripristinare il tutto secondo tradizione quando e solo quando il “sistema” raggiunge i propri “limiti” prefissati

    ancora oggi dagli Stati Uniti all’Europa molti sono stati gli interventi a sostegno di banche
    per esempio, di grandi realta’ industriali in crisi; assieme al
    varo di grandi lavori per opere pubbliche in generale,con il potenziamento delle infrastrutture
    e quant’altro gli Stati non potevano
    non intrevenire

    indubbiamente e per fortuna tutto e’
    in movimento e, si spera, molte saranno le correzioni di tiro per
    le destinazioni delle diverse opportunita’ in itinere; tutto al
    puro fine di riavviare la macchina che dovra’ continuare necessariamente ad andare “da sola”
    in un mercato un po’ rivisto rivitalizzato, ma pur sempre “libero”

    le diverse politiche nel tempo, i
    diversi comportamenti, pur se condizionamenti importanti, non
    possono che adeguarsi alla realta’
    del correttivo statale periodico
    necessario anche se nel tempo da
    migliorare soprattutto nella attenzione alla destinazione degli aiuti, alla quantificazione degli stessi ed alla riqualificazione della spesa in settori sensibili come la tutela dell’ambiente e le produzione di energie alternative la riconversione industriale che porti comunque alla creazione
    alla creazione di tanti posti di lavoro, base certa di sviluppo e
    progresso di tutte le democrazie
    avanzate.

  2. Pietro M.

    Io ho parlato di miti che anche se infondati hanno perlomeno qualche appiglio nella realtà, come del resto qualsiasi teoria, anche la più insulsa (pure il marxismo).

    Poi ci sono i miti che si basano su falsi totalmente inventati, di cui non ho parlato. Uno di questi è che il divario tra paesi ricchi e paesi poveri si sta espandendo.

    1. L’Europa Orientale cresce più di quella Occidentale
    2. Quasi tutto l’Estremo Oriente cresce più del mondo occidentale
    3. Alcuni paesi dell’America Latina crescono più dei paesi ricchi.

    Questo fa sì che il divario ricchi e poveri si riduca e non si allarghi.

    Le eccezioni sono quasi tutta l’Africa, il mondo islamico, e certi failed state come la Corea del Nord o magari qualche repubblica delle banane sudamericana, come Cuba… tutti fallimenti che non hanno nulla a che fare con la globalizzazione…

    Detto questo, il correttivo statale periodico è incompatibile col funzionamento del mercato. Infatti “correttivo” significa “socializzazione dei costi” che significa “esternalità” che significa “inefficienza”… per ridurre la gravità e l’estensione e la durata delle crisi occorre castrare le banche centrali, lasciare tutti gli operatori liberi di fallire, e massimizzare la mobilità delle risorse produttive.

Leave a Reply