Spin-off Fiat: da Pomigliano a Detroit
Sergio Marchionne, con la “conquista” dell’America sta rendendo globale Fiat, che tuttavia si ritrova a discutere con un sindacato italiano molto antiquato. Il dato dal quale parte il ragionamento di Fiat e che una parte del sindacato italiano non ha capito è quello della produzione di veicoli.
In Italia la produzione è scesa negli ultimi anni, fino ad arrivare a poco più di 600 mila veicoli prodotti, lontano non solo da Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, ma un livello inferiore rispetto anche alla Repubblica Ceca.
Il piano “Fabbrica Italia” nel quale si prevedono 20 miliardi di euro di investimenti in Italia nei prossimi anni, con addirittura un incremento della produzione italiana è stato un passo coraggioso di Marchionne. Certo gli obiettivi del piano industriale saranno difficilmente raggiungibili, ma l’arrivo della Nuova Panda a Pomigliano d’Arco è stato un punto a favore di Fiat e del suo piano industriale.
La nuova Panda a Pomigliano d’Arco ha tuttavia registrato un punto di scontro con la FIOM, in piena campagna di successione nella CGIL. Le nuove condizioni di Fiat, che voleva una produzione più flessibile in cambio dell’investimento di 700 milioni di euro, sono state prese di mira da Filippo Landini, alla guida della FIOM.
Questo scontro è stato solo il primo. Dopo la presa di posizione cieca della FIOM, Fiat ha annunciato che la produzione delle monovolume, presente nel piano “fabbrica Italia” sarebbe stato spostato da Mirafiori alla Serbia, lasciando capire che gli investimenti in Italia sono possibili solo a certe condizioni.
Fiat proponeva un patto ai sindacati dove in cambio di un aumento della produzione in Italia, grazie al piano “Fabbrica Italia”, si rinnovavano le relazioni sindacali e si cambiava la struttura del contratto. Questa scommessa era stata accettata dalla parte più moderna del sindacato, mentre aveva trovato la forte opposizione della Fiom. Il sindacato della CGIL si è trovato isolato e ha chiuso le porte alla contrattazione anche perché si trovava in piena campagna di successione. Guglielmo Epifani, leader della CGIL, lascerà questo anno il posto a Susanna Camusso, la quale si scontrerà con una minoranza interna guidata dalla Fiom molto forte.
Il contratto delle tute blu era stato firmato il 20 gennaio del 2008, con l’accordo di tutti i sindacati, ma giá nell’ottobre del 2009 l’unitá sindacale venne meno. Fim e Uim firmarono un accordo separato con Federmeccanica, mentre la Fiom decise di andare contro quello che definì “un contratto scandaloso”.
La disdetta del contratto da parte di Federmeccanica segue l’impostazione scelta da Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e porta un vento nuovo nella relazione tra sindacati ed industriali. È senza dubbio un passo in avanti perché nel contratto “Pomigliano”, che verrá probabilmente utilizzato in tutto il settore, si decide per una maggiore flessibilità e soprattutto per dare più spazio a quella che è detta la contrattazione locale.
La contrattazione di secondo livello, vale a dire quella aziendale o territoriale è essenziale per aumentare la produttività delle aziende italiane. Con essa si lega maggiormente il destino degli operai a quello della fabbrica, dando la possibilità di premiare nelle aziende dove i risultati sono buoni e di penalizzare laddove vi sono perdite.
Il contratto “Pomigliano” è una rivoluzione e arriva grazie anche all’accordo che nel mese di luglio raggiunse informalmente la leader si Confindustria Emma Marcegaglia con i leader di CISL e UIL.
La Fiom non ha ancora compreso che guadagnare qualche delegato in piú non ha senso nel momento in cui la produzione di Fiat è globalizzata.
La casa automobilistica torinese è ormai un gruppo globalizzato come dimostra l’avventura americana. Certo la mancanza di una forte presenza di Fiat in Cina, dove ad esempio Volkswagen vende piú auto che nel suo paese d’origine, continua a rimanere il punto debole, ma il processo di un’azienda aperta al mondo è ormai avviato.
La Fiat puó sopravvivere ad un mercato auto sempre piú competitivo e con nuovi attori “asiatici” solo con una visione globale.
Lo spin-off è dunque un modo per valorizzare l’azienda nel momento in cui servono risorse fresche di liquiditá per crescere in America.
I dati delle vendite in USA e Europa tuttavia lasciano molti dubbi sul possibile raggiungimento degli obiettivi del Piano industriale Fiat, mentre una parte del sindacato italiano ostacola qualsiasi cambiamento.
Il piano Marchionne è irreale sulle vendite, mentre potrebbe andarci vicino sui risultati reddituali. L’unico grosso errore che stà facendo Marchionne , ma credo lo sappia anche lui, è aver tenuto aperto Pomigliano, quando andava semplicemente chiuso. E con questo , probabilmente anche Melfi.
MassimoF.
Marchionne chiaramente non ha come unico obiettivo la massima redittualità (pur essendo un obiettivo molto importante)
C’è da tenere in considerazione anche altre volontà degli azionisti di controllo, quali ad esempio i legami con l’Italia (nelle varie modalità in cui si snodano).
Inoltre a Pomigliano, non vorrei ricordare male, investimenti erano già stati fatti, quindi c’era un interesse ad andare avanti se le condizioni fossero migliorate.
Non mi sembra un “grosso errore”, si tratta di scelte (e non solo di tipo economico) con cui ci si trova a fare i conti…
Si vede che tra Pomigliano e Melfi crede di riuscire a succhiare più soldi di quelli che spende, o quantomeno a contenere le perdite. Uno stabilimento in sud-italia da sempre un forte potere di pressione sui politici locali ed a cascata sul governo….
Egregio Signor Giuricin vorrei tanto sapere se lei ha mai lavorato in una catena di montaggio con i ritmi previsti dall’accordo di Pomigliano.
Gentile Dott. Tagliavini,
nella mia carrera professionale ho fatto tanti lavori, ma non credo che questo sia utile al fine della comprensione dell’articolo.
Non metto in dubbio che l’accordo di Pomigliano preveda un aumento della produttivitá e quindi anche del carico di lavoro.
Tuttavia siamo in un mondo aperto e l’unica alternativa possibile è la chiusura dell’impianto e la riallocazione della produzione a Tichy.
Vi sono altre soluzioni?
Le soluzioni pubbliche per la produzione nel Sud Italia non mi sembra che in passato abbiano avuto i risultati sperati.
Piaccia o no, dobbiamo fare conti con miliardi di persone disposte a lavorare per condizioni ben lontane da quelle di Pomigliano. E se il cuneo salariale (tasse e contributi, ovvero tasse e tasse) rende più magre le condizioni economiche di un lavoro faticoso, beh il socialismo non è la soluzione al problema.
@Andrea Giuricin
Intanto grazie per la sua risposta, il mio intervento un po’ provocatorio nei suoi confronti non aveva nulla di personale. Lamento solo una cosa, ovvero la tendenza a guardare solo la produttività dimenticando l’aspetto umano, la considerazione delle persone che ci sono dietro ogni autovettura prodotta dalla fabbrica. Lavorare otto ore con due pause di 10 minuti cisacuna e una pausa pranzo di soli trenta minuti mi sembra una cosa un po’ eccessiva, e il fatto che ci siano persone italiane o straniere disposte a sostenre questi carichi non dovrebbe renderci più contenti. Lei ha pienamene ragione sulla negatività delle soluzioni pubbliche nel meridione. Penso anche che sia stato un errore scegliere la Fiat anzichè la Ford si decise di vendere l’Alfa. Ci sono problemi di assenteismo che non sono mai stati risolti, ma cosa ancor più grave, non sono mai stati affrontati come si conviene in un paese dove a lavorare bisogna andarci. Ciò premesso, credo che la qualità del lavoro debba tendere verso l’alto e non verso il basso. Questo vale per quello che si produce ma anche per le condizioni di lavoro in cui una persona è costretta a lavorare. Tutto questo senza dover essere costretti ad acettare un idea socialista dell’economia. A mio avviso la Fiat oggi vuole carta bianca per poter imporre condizioni di lavoro insostenibili, facendo leva sulla necessità delle persone di lavorare, la crisi occupazionale e la guerra tra poveri, tra chi per un pezzo di pane o l’illusione di avere un certo benessere accetterebbe condizioni economiche e di lavoro molto pesanti. Questa guerra rischia nel medio periodo di causare gravi conflitti sociali.
Infine, occorre mettere la Fiat davanti alle sue responsabilità perchè nessuna azienda italiana ha mai ricevuto tanto dallo Stato, sia in termini di aiuti economici, sia in termini di politiche dei trasporti.
Invito alla riflessione ponendo alcune domande:
– perché lavoratori brasiliani, polacchi e turchi (unici responsabili degli utili di Fiat in questi ultimi 5 anni) dovrebbero continuare a sovvenzionare la bassa produttività italiana?
– perché Fiat non riesce a produrre in Italia maggior valor aggiunto (vetture di segmento più alto – tipo Audi per intenderci) e si ostina a produrre in Italia le Fiat Panda?
– perché continuiamo a recriminare i fatti del passato (lo Stato, gli Agnelli, il Sud) senza saper aggredire il futuro?
– perché di fronte a risposte così complesse in Italia si parla solo di letame politico fine a se stesso?
– cos’altro dovrà accadere per capire che l’era dei BOT è del vivere di rendita è finita?
– che futuro vorremmo costruire per i nostri figli ? (immigrati e non)
Iniziare a crescere, a mio avviso, implica l’obbligo di darsi delle risposte a questi quesiti.
Il tempo stringe, in Italia così come in Francia si è fatta la scelta di sacrificare questa virtù in nome di battaglie ideologiche fini a se stesse.
sono un dipendente della fiat di pomigliano d’arco posso solo dire che per me l’accordo e giusto… ho lavorato alla sata di melfi … con tre turni due pause e mensa a fine turno…e non e affatto distruttivo… come me hanno lavorato tante persone di pomigliano li a melfi e non lamentavano nessun problema forse perche la trasferta era buona …. mentre a pomigliano per loro non e buono poiche lo stipendio si aumentera con le notti e gli straordinari ma non arrivera alle somme date in trasferta….per me che lavoro da sei anni alla fiat di pomigliano(plant gian battista vico) sono addetto all’assembalggio alfa romeo 147 ,e alfa romeo gt per un breve periodo anche fiat bravo, modelli alfa ormai pensionati…. ho sempre lavorato e mai lamentele nemmeno da altri miei colleghi….e vero pomigliano ha la nominata di assenteismo per malattia , e non lo nego…c’e la partita e fanno sciopero i gigli e fanno malattia …a pomigliano ogni scusa e buona per avere il pretasto di fare festa…. spero finisca presto tutto questo perche c’e gente che lavora e sa lavorare… io al posto di marchionne avrei chiuso….concludo col dire che al nuovo contratto che ci stiamo accingendo a firmare proposto da (fabbrica italia ) ex fiat, non rivoluziona tutto come dice tanta gente che lamenta della perdita del diritto di sciopero malattia e via dicendo….lo sciopero la fiat lo ritiene valido quando e concordato tra azienda e parti sociali e non quando c’e la partita del maledetto calcio o i gigli o via dicendo… in questo caso la fiat non tollera lo sciopero ed e giusto…. la malattia non cambia niente verra esaminato caso per caso, e normale che se a fare malattia e sempre la stessa gente la fiat reagisca in modo diverso….con questo finisco dicendo che l’arrivo della nuova panda a pomglianoe una grande opportunita per noi dipendenti e che penso sia anche l’ultima opportunita che marchionne ci da persa questa penso sia la fine…percio spero che la gente dopo tantoa cassa integrale torni a lavorare quando sara il momento con un altra testa….se lo fanno e per noi che qui solo questo abbiamo e tolto questo e la fine….un saluto da un dipendente fiat pomigliano d’arco….
Difficoltà di maggiori carichi di lavoro? Verissimo
Non si producono vetture alto di gamma? Verissimo
Mille altri difetti. Proprio per questo èsiste un nuovo piano industriale che, partendo necessariamente da un salto nella produttività e nella governabilità degli impianti, implica anche miglioramenti di qualità e più efficace articolazione delle gamme di prodotto ed altro ancora. Se non si mettono i bastoni tra le ruote all’impresa che come chiunque può e deve capire sta faticosamente cambiando.
@stefano tagliavini
@stefano tagliavini
“Lamento solo una cosa, ovvero la tendenza a guardare solo la produttività dimenticando l’aspetto umano, la considerazione delle persone che ci sono dietro ogni autovettura prodotta dalla fabbrica. ”
Posso dire, provocatoriamente, che come consumatore dell’aspetto umano non me ne frega nulla?
Perché dovrei preoccuparmi dell’aspetto umano dei lavoratori FIAT?
C’è gente che si spezza la schiena tutti i giorni in altre aziende (spesso anche COOP) e nessuno si preoccupa dell’aspetto umano del loro lavoro. Se ai lavoratori FIAT non piace il lavoro, sono liberissimi di andare a lavorare da altre parti, magari in proprio. Saranno liberi di non lavorare durante le partite di calcio e saranno meno stressati dagli intensi ritmi di lavoro.