Spesa pubblica: lascia o raddoppia? – di Valentino Govigli
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Valentino Govigli.
Impazza, ultimamente, su internet e sui vari blog di settore, un’accesa discussione su di un ricerca realizzata da Veronique de Rugy, economista di origine francese, che dimostra – avvalendosi dei dati pubblicati da Eurostat – come i singoli stati europei non abbiano affatto proceduto a tagli alla spesa pubblica ed anzi di come, in termini nominali, il livello di spesa pubblica sia aumentato o si sia comunque stabilizzato su un livello molto alto. la ricerca è stata ripresa favorevolmente dal blog “Marginal Revolution” del noto economista americano Tyler Cowen (di recente passato da Milano ospite dell’IBL) con il titolo: “How savage has European austerity (Spending cuts) been?”, ovvero: quanto forte è stata l’austerità europea riguardante i tagli alla spesa negli ultimi anni?; mentre ha creato un acceso dibattito con l’Economist il quale sostiene la totale inesattezza dell’analisi della de Rugy complice di aver sottostimato i valori approssimando l’analisi ai soli termini nominali anziché a quelli reali.
La risposta di Veronique de Rugy non ha tardato ad arrivare mostrando graficamente che, anche tenendo conto della spesa pubblica in termini reali, il trend rimane lo stesso: ovvero un aumento o, se si tratta di una diminuzione (come nei paesi più sofferenti e maggiormente sottoposti alle forti pressioni dei vertici dell’Unione europea: Spagna, Italia e Grecia), questa non è sufficiente da invertire il trend esponenziale di crescita delle annate precedenti. Su questo tema sono state fatte interessanti considerazioni anche sul blog Noisefromamerika dove Andrea Moro ribadisce che:
Dall’analisi della spesa in termini nominali, gli unici paesi ad aver ridotto significativamente la spesa sono Grecia e Spagna, la cui spesa nel 2011 comunque si è attestata a livelli simili a quelli del 2007, un solido 50% più che nel 2002.. In Italia la spesa non è cambiata di molto durante la crisi. In generale, non sembra che i governi stiano tirando la cinghia piu di tanto, ad eccezione di quello greco, e solo rispetto al 2009.
In termini reali, e cioé tenendo conto dell’inflazione di ciascun paese, nessuno di questi paesi spende meno di quanto faceva nel 2004 tranne UK e Germania. In Italia, si spende in termini reali sostanzialmente quanto si spendeva nel 2005, un buon 5% più che nel 2002.
È storia nota e risaputa che la spesa pubblica nei paesi europei sia cresciuta, più o meno costantemente, dall’inizio del novecento ad oggi. L’incremento della popolazione, la spinta agli armamenti in occasione delle due guerre mondiali, l’avvio di molteplici opere pubbliche nella prima fase del novecento, la diffusione delle idee socialistiche di welfare state dal secondo dopoguerra in poi, hanno portato ad un crescente aumento della spesa pubblica in tutti i settori (Sull’aumento della spesa pubblica in chiave storica si veda il libro di Vito Tanzi e Ludger Schuknecht, La spesa pubblica nel XX secolo). La spesa pubblica è un’entità che si autoalimenta. Come un rogo, che più è grande, più ha bisogno di legna da bruciare, ma più legna brucia più quello continua a crescere, lo stesso succede alla spesa dello Stato. L’apparato burocratico in molti paesi dell’Unione europea, e soprattutto in Italia, aumenta solo per il fatto di essere già gigantesco. Più dirigenti pubblici ci sono, maggiori dipendenti questi vorranno avere, più settori ed agenzie dovranno nascere per poterli assorbire, le quali, a loro volta, avranno bisogno di nuovi dirigenti. Se a questo aggiungiamo il fatto che le decisioni in ambito di riduzione od espansione del livello di spesa pubblica vengono prese da chi di questa vive (i politici), allora possiamo star certi che riduzioni consistenti del settore pubblico non si vedranno mai se non con un cambio di vision dell’intero settore burocratico-politico: ma qui si entra nella fanta-utopia.
L’occasione per questo cambiamento si è oggi tragicamente verificata: l’Europa sta affrontando una crisi senza precedenti, con il rischio palpabile di procedere inesorabilmente verso stagnazione e depressione economica di lungo periodo. Se un elefantiaco settore pubblico è già un fattore negativo in un periodo di boom economico, diventa invece una gigantesca palla al piede in periodi di crisi e recessione. Concetti come austerity e crescita sono tornati ad essere al centro dei dibattici politici ed economici in tutte le istituzioni nazionali ed extranazionali europee.
Ma, in soldoni, che cosa si intende per austerity?
Austerità, rigore, riduzione sono le prime parole che il nostro cervello associa a questo concetto. Come specificano in un articolo su Forbes Brian S. Wesbury e Robert Stein, esistono tre principali tipologie di austerità: buona, non buona ed orrenda. Una buona austerità è quella che colpisce e diffonde il panico nel settore pubblico. Una austerità non buona è quella che diffonde il panico sia nel settore pubblico che in quello privato. Un’orrenda austerità è invece quella che si dirige completamente verso il settore privato, manifestandosi in tasse altissime che colpiscono lavoratori, investitori e imprese. Lo stato elefantiaco non solo non si mette a dieta, ma obbliga al dimagrimento tutte le restanti parti sociali. Quando ciò succede l’austerity non ricorda più nobili nozioni come riduzione o rigore ma rimanda a sinonimi ben più tragici come inflessibilità ed intransigenza. Etimologicamente, austerità deriva dal latino austerus ovvero aspro, rude; veniva utilizzato per sapori ed odori. Con queste misure si sta tornando al senso primordiale della parola: la gente annusa, assapora l’asprezza e si ribella. C’è poco da fare.
Un secondo aspetto da non dimenticare è come le ben poche misure di austerità a livello di tagli alla spesa pubblica siano molto più mediatiche e propagandistiche che sostanziali. È notizia di pochi giorni fa di come François Hollande, neo presidente della Francia, abbia già deciso di tagliare a se stesso, al premier ed ai ministri lo stipendio del 30%. Traduzione: spesa pubblica tagliata a livello simbolico, il popolo è contento ed ora si continua sulla stessa strada di sempre. O di come l’Unione Europea, nella bozza della finanziaria del 2013, rimarchi il taglio dell’1% dei suoi 41.000 funzionari; quando se invece si considera il prossimo ingresso della Croazia all’interno dell’Unione (come ha fatto in una approfondita analisi il think-thank britannico Open Europe), il taglio reale sarà solo di 6 dipendenti.. Sei dipendenti!
È essenziale quindi che si affronti, in questo periodo di necessari cambiamenti strutturali, una sostanziale riduzione dei tentacoli del settore pubblico. Non una mossa mediatica a breve termine, ma tagli strutturali che agiscano sul trend a lungo termine eliminando le inefficienze pubbliche, accompagnati non come è stato fatto da un aumento delle tasse, ma piuttosto da un’opera di comunicazione ai cittadini del perché e della necessità delle riforme, ricordandosi che, in un Unione europea sempre più in bilico, sono i cittadini, nominando i politici, che decideranno la sua sopravvivenza o la sua implosione negli anni a venire.
Spesa pubblica.
Quanto dice Govigli è così chiaro che mi sembra assurdo il comportamento di Monti, a meno che non agisca con un coltello alla gola. Lo sanno tutti che se si agisce solo sulle tasse si va in recessione, quindi bisogna abbattere la spesa pubblica. E qui sta il punto dolente. Dopo anni di vacche grasse a spese di un debito pubblico che ingrossava sempre più, ormai c’è un esercito di burocrati super pagati che restano attaccati ai loro scranni e, piuttosto che lasciarli, sembrano intenzionati a trascinare l’Italia nel baratro. Uscire dall’euro non è la soluzione perchè si tornerebbe a spendere e spandere senza nessun controllo. Bisogna quindi cambiare radicalmente la classe politica che ci ha governato in questi ultimi 15 anni altrimenti sperare in un loro ravvedimento è puramente utopistico, visto quanto proposto fino ad ora.
Non è solo questione di burocrati super pagati. Certo ci sono anche loro ma insieme allo spropositato numero di dipendenti pubblici di tutti i livelli.
P.S.
Questa mattina ho sentito per la prima volta credo un candidato alle elezioni dire che il suo programma prevedeva/prevede il taglio dei dipendti del comune (Palermo)!!!
Indovinate … era uno del mov. 5 stelle .
P.S. Apsetto con ansia la nascita di qualcosa di simile sul fronte liberale ma mi sa che mi illudo
Giusto ieri in un comune piccolo di circa 6000 abitanti all’ufficio protocollo ben 4 dipendenti..cin cin
A quanto pare di nuovo la “nuova Europa” mostra un maggiore rigore morale verso i propri cittadini, invece di imparare è passata velocemente ad essere un esempio.
http://www.baltic-course.com/eng/legislation/?doc=57144
Dopo una caduta del PIL del 20%, un piano di salvataggio monstre (in percentuale sul PIL), tagli REALI e “feroci” di spesa pubblica, dopo aver sofferto inevitabilmente le conseguenze di rientro dall’aver vissuto per anni cavalcando bolle alla fine scoppiate, ora si riprende il cammino virtuaso, fatto contemporaneamete di tagli alla tassazione sui consumi, sui redditi e con l’innalzamento della no tax area.
Chapeau!!!
Bisogna decidere quali sono i settori su cui concentrare le spese sociali, ad es la sanità, la Scuola, la giustizia e i servizi pubblici primari e tagliare tutto il resto, ma proprio tutto. Ci sono un’infinità di enti o agenzie pubbliche che non servono a nulla e non danno nessun servizio sociale. Guardate qua ad esempio http://www.impresaefficace.it/archives/1228#more-1228.
Abbiamo (mi sembra) 9 enti pensionistici, a cui versiamo un mare di contributi per gestire i quali ci vuole una montagna di burocrazia. Basterebbe obbligare tutti quanti a versare 5.000 euro all’anno di contributi e comprarci titoli di stato con un rendimento garantito al 3% e dopo 42 anni di lavoro si avrebbe da parte 422.000 euro, abbastanza per campare per gli anni che mancano http://www.impresaefficace.it/archives/965
http://www.idealista.it/news/archivio/2010/06/09/08720-quanti-dipendenti-pubblici-ci-sono-europa-tabella
(scusate il formato del link ma scrivendo da un mobile non sono riuscito a fare di meglio 🙁 )
Il problema non è criminalizzare l’impiego pubblico o i servizi pubblici: l’inefficienza di chi fornisce servizi dà sempre fastidio e fa presupporre spreco, scarsa sensibilità verso il “cliente/utente” e cattiva gestione.
Quando un servizio (permetteremo di dire “che serve”) viene fornito con efficacia ed in modo efficiente questo genera valore, così come costruire un ponte, una strada o un ospedale (se questi progetti sono finalizzati a migliorare la viabilità o la efficacia del servizio sanitario e non se sono solo stati disegnati per fini localistici/clientelari/elettore idrici).
Fornire, costruire, pagare la realizzazione di questo bene o servizio non è solo un costo: in un bilancio che si rispetti ha una contropartita nello stato patrimoniale.
Come fa uno Stato a “registrate” questa componente patrimoniale se non può in corrispondenza di questo valore che registrarne la componente di costo come spesa pubblica ???
Delegando alla BCE l’emissione del denaro l’Europa si è alienata la possibilità di valorizzare la sua storia, la sua cultura, ha abdicato alla finanza pura, ha deciso che nulla di quanto non viene venduto ha un valore !
VERGOGNA !!!
3 millenni di storia dell’Uomo sono stati annullati e sono stati fatti collassare in 3 secoli di capitalismo ignorando il suo carattere propulsivo ed innovativo e limitandoci agli aspetti più biechi !
Vergogna Europa !
Vergogna politica miope !
Vergogna economisti che dovreste studiare le scelte dei singoli e delle società ed invece fate solo i ragionieri !!
Vergogna noi, che lo abbiamo lasciato accadere !
Vergogna ancora noi, che continuiamo a lasciarlo succedere !
Si possono dire tante stupidaggini ?
diminuire la spesa pubblica fa diminuire direttamente il reddito ( Y = C + I + G + X ) dove G è la spesa pubblica, MOLTO più di quanto NON diminuisca la spesa pubblica (mai sentito parlare del moltiplicatore di Keynes ?). Quindi il rapporto deficit/pil (ammesso che ce ne debba fregare qualcosa del deficit se ritornasse la sovranità monetaria) AUMENTA. E poi chi dice che il problema maggiore è il deficit pubblico ? NON sarà MICA il deficit estero ( soprattutto privato ?).
@umberto fossali
peccato che noi (cioè la generazione che ha iniziato a lavorare negli anni 80) abbiamo pagato contributi al 33% – e quando sono arrivato a certi stipendi (che ora non ho più, essendo legato alle regole del mercato) mettevo 8000 euro! Peccato che la pensione la vedrò (forse) dopo 47 anni di contributi !!!
Mi sento come don Ciccio Tumeo ne “il gattopardo” !!!
@umberto fossali
Assolutamente d’accordo sulla Giustizia (riformata ovviamente, non con il 40% della gente in carcere in attesa di processo!!!) e metterei la Difesa. Scuola e sanità assolutamente NO! Basta vedere la maggior efficienza dalle scuole salesiane (ed altre paritarie). Anche per la sanità occorre che lo stato controlli e permetta l’accesso a tutti, ma sulla gestione ritengo che sia troppo piena di burocrazia statale.
Io credo che tutti dimostrino di essere estremamente preoccupati per la crisi greca e dimostrino paura dell’uscita dall’euro della stessa per un semplice motivo: e se la grecia uscendo dall’euro risolvesse brillantemente i suoi problemi? Crollerebbe tutta l’impalcatura creata dai grossi capitali per sfruttare il popolo e le persone che vivono di lavoro, c’è qualcuno che puo’ confortarmi in questa ipotesi?
@Antonio grazie per essere venuto ad illuminarci dall’alto della tua saggezza. Forse ti sorprenderà ma quella di Keynes è una teoria NON comprovata dai fatti.
Risolvere il problema del deficit con la sovranità monetaria, ovvero con l’inflazione, è il solito metodo di far pagare a tutti, specialmente alle classi più deboli che hanno meno possibilità di fuggire all’inflazione, senza però dirlo chiaramente, come una tassa occulta. O basta stampare moneta per creare valore?
A proposito di contenimento della spesa pubblica leggo sui giornali della nuova proposta per gli statali : premi a chi lavora di più – le norme riservate ai ministeriali ,prevedendo per i dipendenti pubblici “premi e gratifiche di efficienza produttività”:.
Ovvero dire : “lavori male,poco e non produci ,non ti preoccupare avrai il solo stipendio;lavori per fare quello per cui sei pagato e sei stato assunto,allora ti spetta una bella gratifica ed anche un premio”.
Anche la Grecia dava una gratifica ,premiandoli,ai dipendenti statali che non si assentavano : bella fine ha fatto!.
Il privato può dare tutti i premi che vuole,i soldi sono i suoi e se le cose vanno male ci rimette di tasca propria.Basta privilegi per il settore pubblico che finanziamo tutti noi!
@Antonio
Lascia perdere. E’ inutile raccontare come funziona l’economia a chi non vuole sentire. I liberisti si dividono in due categorie. Quelli che non sanno di sbagliare, ed allora è un problema di conoscenza, e quelli che lo sanno, ma hanno un paraocchi ideologico.
Lo so perché ci sono passato anche io. Da giovane credevo nel libero mercato, poi ho visto i numeri darmi torto ma non potevo pensare che la scienza economica fosse tornata indietro. Alla fine mi sono arreso all’evidenza e sono diventato Keynesiano. Non ti preoccupare, per ogni ondata c’è il riflusso, ma il mare è sempre lì.
http://mises.org/daily/6030/The-Crisis-of-Interventionism
Con google chrome lo trovate già tradotto in modo abbastanza comprensibile
Premesso che tutte le funzioni svolte dal pubblico ( tranne l monopolio della violenza e forse la politica estera ) potrebbero essere svolte con maggiore efficenza , minori costi , minore corruzione dai privati , continuare a sostenere che tutta la spesa pubblica aumenta il PIL è come dire che fare i buchi per terra e poi ricoprirli è fare PIL . Si tratta di elemosina mascherata e per di più elemosina forzata pagata carissima da coloro che producono ricchezza.
Date un occhio qui!
Tremonti ci racconta…
http://youtu.be/U-11jigEMvk
Saluti a tutti,
mario
@Roberto
è proprio per evitare questi furti che bisognerebbe mettere una cifra fissa uguale per tutti; nel tuo ( e mio, anch’io ho iniziato a lavorare negli anni 80 ) 33% ci sono tutte le inefficienze e le clientele del sistema pensionistico e dello stato italiano e sono uno dei motivi per cui gli imprenditori ci pensano 18 volte prima di assumere qualcuno. Io credo che uno stato che facesse funzionare Sanita’ Scuola e giustizia sarebbe un grande stato. Churchill diceva che bisogna mettere un asticella al di sotto della quale nessuno dovrebbe vivere e al di sopra della quale ci deve essere tutta la competizione possibile. Noi non abbiamo asticella e non abbiamo neanche la competizione……
@Giovanni
Giovanni,
io non conosco le teorie di Keynes.
Ma per generare valore bisogna lavorare, non stare disoccupati.
Se la stampa di moneta (non per le banche ma per l’economia reale) consente a tutti di lavorare, facendo aumentare gli scambi commerciali, e se (si spera) lo Stato orienta l’economia reale in modo che i lavori fatti siano utili, avremo generato del valore.
Se verrà stampata troppa moneta, non servirà più a fare crescere l’economia, e allora porterà inflazione.
Mi pare evidente.
Aggiungo che se oggi lo Stato italiano raddoppiasse la spesa pubblica da 800 a 1600 miliardi di euro, il PIL salirebbe da 1580 a 2380 miliardi di euro e il debito passerebbe da 1950 a 2750 miliardi.
Il rapporto debito/PIL passerebbe dall’attuale 123% al’86.5%
Forse converrebbe aumentare la spesa pubblica, più che diminuirla.
Se la matematica non è una opinione.
Come dicevo qualche tempo fa, partendo dai dati OCSE, da voi tutti verificati, la spesa sociale dei maggiori paesi europei, ammonta a valori del 25%-28%, con punta del 28,4% per la Francia(dati 2007) e la spesa totale dello stato è all’ incirca del 52%, per gli stessi paesi, la differenza di spesa quindi è pari a circa il 25%, e rappresenta quella per i servizi che lo stato intermedia. Dicevo contestualmente che per i paesi extraeuropei maggiori, Giappone ed USA, tali spese sono circa 6-8 punti percentuali più basse e questo abbassa il livello di spesa generale, come si può vedere sul documento della RGS. I discorsi sono ovviamente fatti in rapporto al PIL. Io credo che volenti o nolenti, gradualmente o meno, dovremo, in Europa ridurre di quei 6-8 punti percentuali la nostra spesa sociale, che purtroppo non potremo più permetterci, anche e soprattutto per causa del fatto che emergono prepotentemente paesi che tale spesa hanno di molto più bassa ancora. Ovviamente questo rappresenterà un ulteriore problema per la crescita dei paesi europei e per la tenuta dei conti in regime di recessione; il problema è ovviamente di dimensioni epocali e di impatto catastrofico sulle società della ricca vecchia Europa.
ci dimentichiamo che lo stato non ha una riserva di soldi da parte, ma debiti; aumentare la spesa vuol dire prendere i soldi al sistema imprenditoriale, che è mediamente efficiente e trasferirli al sistema pubblico, che è mediamente inefficiente, come la storia recente ci dimostra. Se funzionassero le teorie della spesa con lo stato che abbiamo dovremmo essere dei fenomeni…. Per creare lavoro basterebbe favorire gli imprenditori ad assumere le persone, riducendo adempimenti, burocrazia e costo del lavoro
Se fosse così semplice, aumentare il PIL attraverso la leva della spesa pubblica, sarebbe l’ uovo di Colombo; tanto spendo e tanto aumento la ricchezza, ma purtroppo le capacità di produrre tale ricchezza a causa dell’ inefficienza della spesa pubblica, non sono così automaticamente conseguenti. Il discorso può funzionare, anzi è l’ unica via per tentare di rimettere in linea i paesi europei, ma deve essere fatto solo molto gradualmente, circa 10 anni, attraverso una sostanziale trasformazione della BCE in prestatore di ultima istanza ed è necessario fare l’ unità politica dell’ area in breve tempo. Purtroppo non vedo come si possa realizzare questa trasformazione.@Davide Gionco
@Alberto
@Davide Gionco
Ma vi rendete conto che volete continuare a stampare moneta dal NULLA? Esattamente ciò che stanno già facendo Fed e BCE. Col risultato che Dollaro ed Euro continuano a svalutarsi perchè l’immensa massa monetaria stampata poggia sul niente come una piramide rovesciata.
E la prova incontestabile dell’irresponsabile inflazione monetaria che si sta producendo e della conseguente svalutazione della cartamoneta a corso legale (fiat-money) è il prezzo in costante aumento da anni del bene rifugio più solido che esista: l’oro.
Dal 1971, anno nel quale Nixon abolì negli USA il GoldStandard, è stato tutto un susseguirsi di fasi economiche di espansione-recessione (boom-bust) causate dalle politiche interventiste del “welfare state” che per essere attuate hanno avuto bisogno di fare deficit, anno dopo anno, fino a creare gli immensi e folli debiti pubblici attuali. Questo sistema di welfare state sta miseramente fallendo a suon di tasse, disoccupazione, recessione.
Almeno tagliassero un po’ di spesa pubblica! Neanche ci provano seriamente.
Insomma, ci si continua ad illudere che lo Stato faccia tutto meglio del libero scambio. In Italia la spesa continua per il Sud dimostra in modo chiaro che non è con più spesa che si fa più crescita.
La crescita non si fa stampando moneta dal nulla, la crescita si fa liberando le energie produttive invece di strangolarle.
La ricchezza di un Paese la fa la produzione! Non la quantità di monete svalutate che girano, altrimenti basterebbe stamparle!!!
@freedom
E’ evidente che la ricchezza reale non è costituita dalla carta stampata né dai numeri che sono scritti sui computer delle banche.
Ma allora vale anche il concetto che il debito (= ricchezza presa in prestito da restituire) reale non è costituito probabilmente dalla cifra del debito pubblico.
Mettiamoci d’accordo e siamo coerenti.
Se dobbiamo preoccuparci del debito finanziario, che è fatto di carta-moneta che è stata emessa e da carta-titoli-di-stato che sono stati emessi, allora emettiamo della “carta” con segno opposto e il debito viene azzerato in quattro e quattr’otto.
Se invece, come penso vogliamo tutti, ci interessa la ricchezza dell’economia reale creata dalla produzione, allora ragioniamo in termini di economia reale e non di dati finanziari.
Gli strumenti finanziari che adotteremo dovranno essere funzionali agli obiettivi politici di crescita dell’economia reale e non dell’economia finanziaria.
Dal punto di vista dell’economia reale, le attività improduttive dello Stato possono essere certamente tagliate, in quanto nnon producono nulla, anzi spesso fanno persino danni alll’economia reale.
Ma se andiamo a tagliare le attività utili dello Stato, allora l’economia si impoverisce.
Se lo Stato non ha più soldi per pagare gli insegnanti per il tempo pomeridiano della scuola, quel servizio utile verrà tagliato, l’Italia sarà più povera e mia moglie saràè costretta a lavorare part-time per guardare i bambini al pomeriggio.
In questo modo lo Stato ha realizzato un risparmio finanziario (che fa diminuire il debito pubblico), ma ha diminuito la ricchezza reale del paese, costituita dal lavoro pomeridiano di mia moglie che è andato perduto e dal mancato lavoro educativo degli insegnanti del pomeriggio.
E qui torno al tuo discorso sull’inflazione.
Se avessimo in circolazion 0 €, non ci sarebbe inflazione, ma non ci sarebbero neppure gli scambi commerciali. Ritorneremmo al baratto.
Se avessimo in circolazione 100’000 miliardi di euro, certamente ci sarebbe inflazione.
Probabilmente ra i due estremi esisterà una quantità “giusta” di denaro che garantisce lo svolgimento degi scambi commerciali e la piena occcupazione senza generare inflazione.
Se hai meno denaro, sei in deflazione e l’economia muore, come sta avvenendo oggi in Italia.
Se ne hai troppo denaro, hai l’inflazione.
Una moderata inflazione potrebbe essere accettabile, secondo me, in cambio di una piena occupazione in attività utili che garantisce il massimo della produttività di una nazione.
Una inflazione fino al 5% sarebbe in fondo come una piccola tassa. Basterebbe diminuire l’IVA del 5% per annullarne gli effetti.
Ma se per avere inflazione 0% dovessi avere un 5% di disoccupazione, avresti perso un 5% di ricchezza reale.
La ricchezza non si fa stampando denaro, ma la povertà si può causare non stampando denaro (meglio: stampandolo ma lasciandolo in mano alle banche), come è sotto gli occhi di tutti oggi in Italia.
Scusi la BCE ha un mandato completamente diverso da FED ecco perchè i 1000 miliardi LTRO concessi alle banche a fronte di pari importi in obbligazioni, non hanno né lo stesso effetto, né la stessa natura. E questo trasferimento di risorse pubbliche al sistema privato è potenzialmente catastrofico in modo duplice; è come finaziare la speculazione invece che l’ economia reale. Nessun liberista però anche in questo caso, dopo i casi ben più massicci del 2007-2008 ha avuto nulla da ridire. @freedom
E’ la prima volta che vi scrivo. Speriamo che riesca a farlo nella corretta area tematica.
Vorrei porre l’attenzione sui referendum svoltisi recentemente in Sardegna. I quesiti prevedevano il taglio degli emolumenti dei consiglieri regionali e l’abolizione dei Cda degli enti regionali. Inoltre, a seguito della schiacciante vittoria del “Sì” (superiore al 97%), dovranno scomparire anche le 4 province Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias di “recente” costituzione.
Tristemente apprendo dalla rete:”……Il referendum del 6 maggio aveva abolito la legge del 2003 che stabiliva gli emolumenti dei membri del Consiglio regionale. Con un emendamento a una norma sui precari, la norma è stata riportata in vita. E in piazza e in Rete si prepara la protesta”.
Quindi? Che dobbiamo fare? Non c’è più speranza. IVA al 21-23, ICI raddoppiato e trasformato in IMU, IRPEF, IRAP , accise, marche da bollo; niente è più sufficiente!!!
La voragine è enorme e non più colmabile.
Vorrei fare un distinguo tra quella che è la crisi monetaria/finanziaria/economica europea/mondiale e la situazione italiana. A mio avviso, infatti, non saranno sufficienti gli eventuali Eurobond per sistemara un'”Azienda Italia” così malata e mal gestita. Una nuova economia Europea sarà propabilmente indispensabili, ma insufficiente a salvarci. Dobbiamo salvarci da soli. Ma come?