Sir John Cowperthwaite ed il successo economico di Hong Kong
Pochi mesi fa, Neil Monnery, ex direttore del Boston Consulting Group, ha pubblicato il suo nuovo libro intitolato “Architect of Prosperity”. Ufficialmente disponibile online a partire dal 30 giugno 2017 (data certamente non casuale vista la storia recente di Hong Kong), il libro ripercorre la vita e le fatiche di Sir John Cowperthwaite, celebre funzionario del governo britannico, nonché storico segretario finanziario di Hong Kong tra il 1961 ed il 1971.
Come scrive Diane Coyle, professoressa di economia presso la University of Manchester: «Ci sono figure nella storia che meritano di essere meglio conosciute e Sir John Cowperthwaite è certamente uno di questi personaggi. Il resoconto di Neil Monnery […] diventa ancora più affascinante se si osserva con attenzione l’attuale dibattito sullo sviluppo economico delle nazioni. I politici di oggi possono imparare molto dalla volontà di ignorare le credenze del tempo [anni 60 ndr] dimostrata da Cowperthwaite e dai suoi colleghi».
Cowperthwaite è stato un gigante della politica britannica e mondiale. Nato nella gloriosa Edimburgo nel 1915, portò a termine gli studi classici presso le prestigiosissime università di St. Andrews e Cambridge (Christ’s College). Grandissimo appassionato di Adam Smith, del liberalismo e dell’illuminismo, Cowperthwaite fu il vero ideatore delle politiche non interventiste che in breve tempo portarono Hong Kong a sperimentare un periodo di crescita e prosperità mai conosciuto prima.
Il libro, di 320 pagine, è un racconto straordinario delle azioni, ma soprattutto delle convinzioni intellettuali, di Cowperthwaite. Nonostante i continui richiami da parte del governo britannico ad aumentare la tassazione, nonostante le forti pressioni da parte dei cittadini locali a spendere più soldi in programmi sociali ed il forte consenso economico Keynesiano del dopoguerra, Cowperthwaite si oppose a qualsiasi intervento statale che potesse «togliere soldi dalle tasche dei cittadini». Questo approccio, conosciuto ai più come “non-interventismo positivo”, fu successivamente considerato da Milton Friedman come uno degli esempi più efficaci di laissez-faire. Grazie ad un forte rettitudine fiscale, all’abbandono di politiche industriali verticali, ad una bassa tassazione, a servizi di governo minimi e al libero scambio, nel corso degli anni ‘60, Cowperthwaite pose le fondamenta per il miracolo economico di Hong Kong.
Cowperthwaite è rimasto, purtroppo, uno dei personaggi politici meno conosciuti del ‘900. Arrivato ad Hong Kong nel 1945, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, Cowperthwaite trovò una città distrutta dalla guerra. Famosa ai più per essere considerata un’ “isola sterile”, priva di risorse naturali, Hong Kong è uno dei centri finanziari più importanti e competitivi del mondo. Dal 1995 ad oggi, inoltre, la ricca città asiatica è sempre stata considerata la nazione economicamente più libera del globo.
Con un prodotto interno lordo pro capite (in termini di potere d’acquisto) di oltre 58 mila dollari statunitensi, Hong Kong è una delle nazioni più ricche al mondo. Ad oggi, la sua popolazione si avvicina ai 7,5 milioni di abitanti. Al tempo stesso, la città vanta un’economia molto innovativa, infrastrutture ultra moderne, un aeroporto capace di gestire 60 milioni di passeggeri l’anno, un reddito pro capite altissimo, un indice di sviluppo umano altrettanto alto ed uno stato di diritto tra i più efficienti e meno corrotti al mondo.
Dopo aver consegnato le chiavi della città al suo successore nel 1971, Cowperthwaite divenne consigliere internazionale per Jardine Fleming, una banca di investimento con sede ad Hong Kong che nel 2000 fu acquistata da JP Morgan Chase. Nonostante la decisione di diventare consulente finanziario, i suoi insegnamenti sono sempre rimasti al centro della vita politica della piccola ma potente città: «a lungo termine, l’insieme delle decisioni dei singoli, esercitando un giudizio individuale all’interno di un’economia libera, anche se spesso sbagliate, tendono a recare molto meno danno che le decisioni burocratiche di un qualsiasi governo centralizzato».
In un periodo storico in cui nazionalismo e populismo sembrano ottenere sempre più consenso, Neil Monnery ci ricorda in modo superlativo come i principi economici del liberalismo classico siano la ricetta migliore per favorire la crescita, enfatizzare l’ottimismo e rispondere all’ansia della gente. L’incredibile storia di Cowperthwaite ci può insegnare molto.