Silvio e Lucia
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Laura Galli
Innumerevoli voci, e assai più autorevoli della mia, si sono espresse sulla figura di Silvio Berlusconi, come politico, come imprenditore, come uomo. Io sono manzoniana dentro, quindi mi attengo alla regola d’oro: rimanere “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio” e attendere che i posteri pronuncino l’ardua sentenza. Sia chiaro, queste citazioni non hanno lo scopo di accostare Berlusconi a Napoleone, anche se entrambi erano piuttosto bassi di statura, amanti delle belle donne e un tantino megalomani.
In realtà la mia osservazione riguarda le reazioni alla scomparsa del personaggio Berlusconi, della sua maschera pubblica, bidimensionale.
Nel luogo in cui lavoro, la scuola statale, molti colleghi avrebbero volentieri stappato una bottiglia per festeggiare. Non sorprende: i dipendenti pubblici in genere detestano tutto ciò che ha a che fare con il capitale e l’impresa privata, nell’ottusa convinzione che fra il capitale e lo stipendio che il MEF accredita ogni mese non vi sia correlazione alcuna. Per questo il personaggio Berlusconi tycoon non può suscitare alcuna pietà, neanche post mortem. L’odio feroce porta a ballare sul cadavere senza misericordia.
Perché?
Alcuni fra i miei contatti sui social e innumerevoli altri in tv hanno esternato la reazione opposta: dolore per la dipartita, quasi si trattasse di un amico o di un parente.
Perché?
Mi sembra che né gli uni né gli altri si diano pena di analizzare razionalmente il politico, l’imprenditore, l’uomo, ma entrambi giudichino solo il personaggio, la maschera, con superficialità ideologica, bollando chi ha un’opinione diversa dalla propria come ignorante, fascista, comunista, invidioso, senza cercare di comprenderne le ragioni.
Per i primi Berlusconi era un ladro, un fascista, un evasore, un mafioso, un falso mentitore, un vecchio bavoso e ipocrita.
Per i secondi era un grande imprenditore, un politico nuovo e visionario subdolamente boicottato da alleati meschini, un magnate dello sport e dello spettacolo, un viveur, uno statista.
Questi giudizi espressi, come quasi sempre accade, a priori e solo in seguito avvalorati da fatti, dicono poco del giudicato e molto del giudice.
Mi sorge quindi spontanea una domanda: come avrebbero agito gli inflessibili censori e gli irriducibili estimatori se si fossero trovati nei panni di Berlusconi? Avrebbero compiuto scelte diverse? Avrebbero eguagliato i suoi successi?
Uno dei miei cavalli di battaglia, quando spiego i Promessi sposi, è che i lettori sono istintivamente portati a non amare Lucia, a considerarla noiosa, perché Lucia è guidata da una rettitudine morale sovrumana pur agendo in modo ordinario. Lucia non piega le regole secondo la sua convenienza: nel suo modo dimesso e modesto fa sempre la cosa giusta. Messi a confronto con Lucia siamo tutti imperfetti, ed è ovvio che prendere atto dei propri limiti, soprattutto quelli morali, facili da nascondere, non piaccia a nessuno.
Il personaggio Berlusconi ha rappresentato l’esatto contrario di Lucia: è stato l’incarnazione ostentata di tutti i vizi e di tutte le virtù, a seconda delle circostanze. Ha certamente raggiunto i grandi successi ai quali aspiriamo tutti, self-made man con qualche aiutino, ma chi non si farebbe aiutare, potendo? È stato il capro espiatorio perfetto sul quale riversare le nostre frustrazioni, ma chi, fra quanti lo detestano, non scambierebbe volentieri il proprio conto in banca col suo? È stato fluido, si è adattato alle circostanze, si è smentito e contraddetto rimanendo se stesso, unico. È stato lo specchio benevolo e allo stesso tempo implacabile di quello che siamo: ci ha permesso, grazie ai suoi vizi ostentati, di essere indulgenti con noi stessi, di aspirare ad essere migliori, di ritenerci migliori di lui, di sfogare su di lui la nostra rabbia, lo sdegno di fronte a ingiustizie di cui probabilmente non aveva colpa. Ci ha mostrato il personaggio, la maschera che volevamo vedere: uguale a noi, ma all’ennesima potenza. Chi non ricorda il manifesto con il “presidente operaio”?
Se Lucia ci mette spietatamente di fronte alle nostre meschinità, alla nostra inettitudine, Berlusconi ha accarezzato teneramente le nostre debolezze, sdoganandole.
Per questo, credo, è stato tanto amato e tanto odiato, ma non ha mai annoiato.