4
Mar
2016

Sicurezza versus libertà—di Gemma Mantovani

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gemma Mantovani.

Prima lo scontro tra FBI ed Apple sull’accesso ai dati dell’iphone dell’attentatore di San Bernardino e ieri è toccato a Facebook con l’arresto del n. 2 in America Latina. Il motivo, secondo gli agenti, è stata la mancanza di collaborazione di Facebook in indagini aventi ad oggetto messaggi su WhatsApp. Chissà se e come si sarebbe schierato Antonin Scalia, il grande giudice della corte suprema americana recentemente scomparso. Nel bell’editoriale che l’IBL gli ha dedicato, si ricorda che Antonin Scalia si sforzava di essere l’interprete dello spirito autentico che ha codificato la costituzione americana, delle radici e del senso profondo della nascita di quello straordinario esperimento politico culturale che si chiamano Stati Uniti d’America.

Come diceva Margaret Thatcher: “Europe was created by history. America was created by philosophy”. Gli americani dovettero spiegare i motivi che li costringevano alla separazione dall’impero britannico e perciò nascono come popolo proprio prendendo posizione in fatto di principi e proclamando una filosofia politica. Diceva Thomas Jefferson che tutti gli uomini sono creati con diritti inalienabili come la vita, la libertà ed il perseguimento della felicità e per assicurare questi diritti gli uomini costituiscono i governi e se un governo porta a distruggere questi diritti il popolo ha diritto a cambiarlo o abolirlo: questi diritti non sono concessi da qualche governo benevolo, sono diritti che nascono con l’uomo e che l’uomo non può perdere. Antonin Scalia avvertiva che se si accettasse che i principi costituzionali debbano sempre cambiare con il mutare della società, il rischio nell’adeguamento all’evolversi dei principi stessi starebbe nel fatto che molto facilmente, in realtà, l’evoluzione non sarebbe altro che la vittoria della sola visione di qualcuno.

È difficile porsi domande e soprattutto darsi risposte su temi così complessi, soprattutto quando chi scrive, come direbbe Mourinho, ha “zero tituli”! Ma proviamo a pensare che siamo realmente in guerra, una guerra dichiarata dallo stato islamico al resto del mondo che ripudia le sue idee e i suoi valori. Diamo per assodato che la guerra, in base a quanto lucidamente sosteneva von Clausewitz, sia la continuazione con altri mezzi della politica: possiamo condividere sia una continuazione terribile, drammatica, straziante ma non riesco a trovare una definizione concreta che risulti più idonea di questa. La guerra potrà essere strumento per il raggiungimento della libertà ma per noi non potrà mai essere liberticida, cioè finire per diventare essa stessa, con i suoi mezzi, strumento dell’eliminazione delle nostre libertà fondamentali.

Tim Cook, il CEO di Apple, nella sua lettera aperta ha scritto: “L’FBI vuole che facciamo una nuova versione del sistema operativo dell’iPhone, aggirando alcune importanti funzioni di sicurezza, (…) Questo software potrebbe consentire di decrittare qualsiasi altro iPhone in mano a qualcuno. (…) E mentre il governo potrebbe dire che il suo utilizzo sarebbe limitato a questo caso, non c’è modo di garantire che sia così”.

Ragioniamo a parti invertite. Se l’Isis possedesse il cellulare zeppo di informazioni del nemico subito punterebbe il coltello alla gola del CEO della migliore azienda informatica del califfato per metterlo al suo servizio, contro ogni libertà. Esattamente in questo sta la differenza. Isis è l’oppressione malvagia del potere bruto, la negazione di tutte le libertà. Sul fronte opposto c’è il diritto inviolabile di ogni persona a che nessuna autorità e governo per nessun motivo possa arbitrariamente schiacciare le fondamentali libertà, abusando del proprio potere. Il regime Sovietico si vantava di poter garantire sicurezza totale ed assenza di crimini. Così la Cina. Penso che questa guerra non si vincerà certo grazie ai dati di quel cellulare: credo si vincerà solo se l’America continuerà ad essere sempre ed autenticamente the land of the free.

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7 Responses

  1. Guido

    Mi scusi…lei dimentica che la libertà è sacra finché non limita la libertà altrui! Dimentichiamoci per un attimo dell’isis e facciamo un esempio meno complesso e meno ideologico: Pensiamo ad una ragazza vittima di abusi sessuali ed alla autorità pubblica che ferma un sospettato; Lei vuole veramente sostenere che per difendere la libertà del sospettato la polizia non possa raccogliere prove partendo dallo smartphone? Vede, è proprio difendendo la libertà o qualsiasi principio filosofico o religioso ( l’ugualianza, l’Islam ) a scapito del buon senso che si scivola verso l’ideologia. Tim farebbe bene a capire che la privacy dei suoi clienti non può esistere SE a scapito della libertà, giustizia e diritto di altri…

  2. Giorgio

    Guido, lei fa un po’ di confusione. Certamente la libertà altrui finisce dove comincia la mia, tanto è vero che chi è colpevole di abusi sessuali, per restare al suo esempio, viene sbattuto in galera senza troppi complimenti, privandolo della sua libertà proprio per tutelare quella dei cittadini onesti. Ma qui si chiede di violare un principio generale di privacy, che consentirebbe un accesso arbitrario alle informazioni private di chiunque. E’ questa la differenza. In uno stato liberale esistono principi generali che valgono per chiunque, stupratori compresi. Proprio il fatto che per nessun motivo possono essere violati da alcun governo fa sì che tali principi restino un caposaldo e una tutela delle nostre libertà fondamentali. Altrimenti, supponiamo che le prove della colpevolezza di un assassino seriale di bambini (uso volutamente un esempio aberrante) possano essere ottenute con procedimenti di tortura fisica. Lei autorizzerebbe l’uso di tali strumenti, data l’efferatezza del crimine? E il giorno dopo, chi le garantirebbe che non potebbero essere usati su chiunque, dato che una giustificazione politicamente corretta sarebbe sempre possibile? Per quale motivo pensa che Guantanamo sia stato uno scandalo planetario?

  3. Guido

    Ok, su questo principio generale siamo d’accordo. Tuttavia credo che, ad es., le intercettazioni telefoniche in america siano state un potente strumento di indagine attraverso il quale è stata garantita la sicurezza ( in Italia il discorso è molto diverso perché vengono divulgate ). Ora se due criminali o una organizzazione criminale dialoga tramite whats up, chi ha il dovere di indagare ha le stesse possibilità di una volta? A mio avviso dobbiamo trovare il giusto mix…né la libertà assoluta né la sicurezza assoluta possono essere la giusta fonte del diritto. Comunque il tema è interessante…

  4. Pietro

    Guido, forse lei ha avuto una impressione errata dei fatti, probabilmente non ha seguito con attenzione la vicenda (non che ci sia nulla di male, mica si possono seguire tutte le notizie).

    Le conversazioni via whatsapp e i tabulati telefonici sono già a disposizione dell’FBI. Apple ha anche consegnato loro le copie di backup del telefonino incriminato (backup che risalgono a poche settimane prima della sparatoria) e solo un errore degli investigatori ha fatto in modo che il telefono non facesse un backup automatico il giorno stesso. Il telefono in questione era il telefono aziendale del killer, che aveva altri due telefonini che ha fisicamente distrutto prima della sparatoria. Quello che l’FBI ha chiesto ad Apple non sono i dati del telefono, ma uno strumento che permetta di aprire ogni telefono Apple a cui si abbia accesso fisico. Strumento che poi dovrebbe essere di pubblico dominio, in quanto altrimenti sarebbe inammissibile in tribunale (dove uno strumento deve essere “aperto” in modo che anche la difesa possa esaminarlo e prevenire abusi da parte delle forze dell’ordine).

    L’FBI vuole la chiave universale, la strage fa solo da pretesto.

    Visto che siamo in argomento e per rendere l’idea di quanto enorme sia la cosa permettetemi di collegarmi ad un fatto di cronaca, in cui la difesa di Bossetti sta contestando in tribunale il fatto che la polizia abbia usato un software della famosa Hackingteam sul computer dell’inputato. Dov’è l’inghippo? Il fatto è che il software in questione non permette solo di accedere al computer, ma di fare quello che si vuole con esso (incluso aggiungere dati o cronologie di ricerca) cosa che stride col fatto che gli inquirenti stanno cercando di usare la cronologia di ricerca del computer come prova di un interesse morboso dell’inputato nei confronti di ragazzine dell’età della vittima, visto che a quanto pare la prova del DNA non regge e quella del furgone era falsa.
    Si fiderebbe lei di dare in mano alla pubblica accusa il modo di fabbricare le prove quando non ne ha?

    La situazione è estremamente delicata e i rischi sono enormi, per tutti. Il mio telefono ha i dati delle mie carte di credito, ha memorizzato la mia posizione nella giornata, ha copie delle mie email che certificano i miei viaggi, dati fisici come quanto esercizio faccio, quando e dove, oltre che i dati e i dettagli di tutte le persone a me care, i miei impegni lavorativi e un numero enorme di dati sensibili e tecnici della mia azienda che farebbero gola ai concorrenti. Quanto valgono tutte queste informazioni, quanto è importante che la cassaforte che li custodisce non possa essere aperta facilmente, nemmeno da chi vuole “il mio bene”?

  5. Guido

    Buongiorno, la ringrazio molto dei chiarimenti. Effettivamente non avevo compreso a fondo il problema.

  6. Guido

    Una domonda ulteriore mi sorge spontanea. I dati sensibili di cui parliamo, per i quali l’fbi vorrebbe un accesso preventivo ed illimitato, non sono già in possesso delle principali aziende di internet, ad es. Google? Cosa e chi garantisce il consumatore sul loro utilizzo?

  7. Pietro

    Non necessariamente, molti di questi vengono salvati solo in locale e anche quando vengono salvati sui server (di Google o chi per esso) vengono criptati in modo che non si possano decifrare in tempi brevi (ad esempio quando c’è un lucchetto vicino alla barra degli indirizzi si sta usando un protocollo sicuro). Il problema è troppo complesso per spiegare qui in due parole, tanto per cominciare tutto il datagate si basa su quanto sicuri siano i dati in mano alle società (principalmente americane) quando il governo statunitense ha spinto per intercettare i dati il più possibile. Per principio non linko mai mattoni da leggere o video da guardare nei commenti, ma ci sono molti articoli su siti di informatica che spiegano nel dettaglio quanto complessa sia la faccenda della criptografia dei dati personali e quanto ci si possa fidare dei propri device (senza considerare la peggiore falla che esista in informatica, ossia quel debole componente che sta davanti al computer).
    Il punto è proprio questo, già in linea di principio tutto è hackerabile, in quanto costruti dall’uomo tutti i sistemi informatici sono perfettibili, ma qui l’FBI chiede di introdurre una debolezza deliberata, che poi sarebbe disponibile a tutti coloro abbastanza motivati. Si immagini cosa farebbero il governo cinese o turco, con uno strumento del genere (non che le porcherie non le facciano già).

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