Si può criticare Napolitano? A volte, sì
Quando governo e politica ballano su un filo, nel nostro sistema costituzionale è pressoché fisiologico che sia il Capo dello Stato ad acquistare ancor più rilievo e influenza. E’ quanto inevitabilmente avvenuto in questi ultimi mesi, a maggior ragione e con più evidenza quando la tensione tra Berlusconi e Fini ha toccato il diapason. Solo che, inevitabilmente, quando il Quirinale passa da un ruolo di mera garanzia a quello di un sistematico interventismo che pur gli è legittimamente consentito dalla cosiddetta Costituzione materiale, ecco che il rispetto dovuto alla massima istituzione di garanzia inevitabilmente deve aprirsi anche a un altrettanto legittimo diritto di critica verso le esternazioni del Quirinale. A mio giudizio, doo il caso Fiat, è anche quello dell’auspicata politica industriale.
Personalmente, con grande rispetto per la persona e le attribuzioni del Capo dello Stato, per esempio non ho condiviso il suo intervento sulla vicenda Fiat-Melfi, e avete letto qui perché. Al Quirinale sapevano benissimo che intervenendo a favore dei tre licenziati sostenendo la tesi del pieno reintegro non solo economico ma anche alla linea di produzione – senza precedenti in giurisprudenza,per un’ordinanza favorevole ai ricorrenti ex articolo 28 e non 18 dello Statuto dei lavoratori – si introduceva un precedente di fatto e non di diritto, s sfavore del diritto dell’industria a considerare giustamente lesivi scioperi legittimi sì, ma illegittimi se bloccano interi stabilimenti violando la libertà di chi invece vuol lavorare.
Su un altro piano, meno rilevante poiché siamo nel campo della piena libertà d’opinione politica e non in quello dell’attesa di sentenze, le dichiarazioni del Presidente della Repubblica lanciate dai giornali come “serve una seria politica industriale, che dia prospettive ai giovani”. Dichiarazioni, a mio modestissimo giudizio, da leggere su tre piani diversi.
Il primo è quello del richiamo al governo affinché nomini il successore di Claudio Scajola al dicastero delle Attività Produttive. Richiamo motivato e comprensibile, visto che dall’uscita di scena dell’ex ministro sono trascorsi mesi. Si possono avere valutazioni diverse intorno ai possibili candidati che secondo le indiscrezioni d stampa il premier avrebbe nel tempo presentato al Quirinale, ma sta di fatto che in effetti la vacatio di mesi non è un vantaggio per il Paese. Ricordo tra tutti il dossier della politica energetica e la scelta di tornare al nucleare, che rischia di restare impantanata visto che fondamentali pre condizioni come l’Agenzia per la sicurezza nucleare, senza di cui non vi è scelta dei siti potenziali, sono rimasti sinora bloccate.Il richiamo ha avuto oltretutto effetto, visto che poche ore fa Berlusconi ha garantito che la prossima settimana avverrà la nomina.
Altro paio di maniche è invece quello che riguarda la dizione stessa di “politica industriale”, e il richiamo ai giovani disoccupati. Su questo, non credo sia mancare di rispetto al Quirinale se si opina che sono parole attraverso le quali si esprime la cultura politica alla quale appartiene per lunga militanza il Presidente. Dire “politica industriale” può concretamente significare infatti due cose. Se si guarda all’esperienza europea, è un richiamo al modello francese, cioè a quello in cui governo e Stato fissano con propria priorità una serie di settori definiti “strategici”, su cui concentrano incentivi e ai quali danno obiettivi, esercitando sul loro raggiungimento una fortissima influenza diretta. Ma non è il modello scelto dal nostro Paese, e anzi praticamente da nessun Paese europeo, anche se pure in Germania nella crisi si sono viste pesanti eccezioni alla regola per la quale gli incentivi e gli aiuti sono temporanei e riguardano la generalità delle imprese, lasciando alla libera concorrenza del mercato l’opportunità di raggiungere i migliori risultati di cui è capace. Altrimenti, nel contesto italiano, “politica industriale” significa il ritorno a quella che si faceva prima dello smantellamento della Prima Repubblica: perché in realtà il modello successivo, quello di bandi aperti a tutti voluto da Bersani e lasciato in eredità a Scajola sotto la sigla di “Industria 2015”, in realtà ha avuto e presenta oggi un bilancio tutt’altro che esaltante.
Non credo affatto che sia il dirigismo di Stato, a risolvere il problema storico della cronica sottoccupazione al Sud di giovani e donne. Il Presidente ha pieno diritto, eventualmente, di pensarlo. Ma resta a tutti, a quel punto, il diritto di criticare e non essere d’accordo. Lo Stato, con il suo prelievo fiscale su lavoro e famiglia oltre che su imprese e con le sue regole del mercato del lavoro, per noi è la causa della maggior disoccupazione giovanile e femminile, non la soluzione.
Ancora una volta con i poteri e le attribuzione del Presidente della Repubblica si gioca su crinali istituzionalmente certi ma politicamente indefiniti. Il richiamo alla nomina del ministro alle attività produttive ha una sua validità attinente ai doveri costituzionali del Capo del Governo ( a meno di voler giudicare in concreto i provvedimenti emanati, se ce ne sono, nel corso dell’interim) ed è un monito, tutto sommanto, condivisibile. Un pò meno quello relativo a qualsiasi altro indirizzo politico di pertinenza del Governo e del Parlamento, compresa politica industriale e via di seguito. Le battuttine ironiche del Presidente degli ultimi tre giorni, poi, attenderanno a lungo di essere classificate fra le esternazioni istituzionali del Capo dello Stato! Resta, tuttavia, un interrogativo: perchè il Presidente della Repubblica non richiama ( con cortesia istituzionale ) l’associazione nazionale magistrati, per esempio, quando questa per bocca del suo di presidente invade il campo degli indirizzi politici del Governo e del Parlamento per declinare pomposamente le priorità del pianetà giustizia? Ma l’individuazione delle priorità politiche non è compito costituzionale del Governo e del Parlamento?
Io credo semplicemente che Napolitano di fronte alla disastrosa situazione economica e finanziaria italiana, sia presente sia prospettica, abbia voluto far capire ai politici che devono smetterla di farsi gli affari loro e le loro leggi ad personam e concentrarsi sui problemi della gente o perlomeno parlare di questi e non di processobreve-impunità! Onestamente mi sembrano parole sante! Non ha mai detto si sostenere un modello in particolare. Il riferimento ai giovani credo fosse dovuto alla contemporanea pubblicacazione di statistiche occupazionali estremamente negative proprio su questo punto. Concordo sull’inopportunità delle dichiarazioni sul caso Fiat.
Cmq sia criticare Napolitano per cose che non ha nemmeno esplicitamente detto (il modello), cosi come criticare la Banca d’Italia e sorvolare sul disastro economico del governo mi sembra veramente applicare 2 pesi e 2 misure. Sono argomentazioni tipiche di certi giornali di parte e non di persone competenti come Lei! Il governo Obama in confronto sarebbe da promuovere a pieni voti…mentre viene invece giustamente criticato: perchè tutta questa differenza?
Per Luca Salvarani: scusi, ma il Presidente della Repubblica non e’ mica il Presidente degli Stati Uniti!
Chiedo sinceramente scusa per l’eccessiva insistenza ma ho appena letto sull’Ansa che Berlusconi dice di aver firmato circa 300 provvedimenti da ministro ad interim! Commenti? Scusate ancora!
X Rocco Todero: infatti ho paragonato i risultati economici del governo Obama con quelli del governo Berlusconi facendo notare che se Obama viene criticato cosa bisognerebbe dire dei risultati raggiunti dal nostro? Invece leggo sempre lodi a Tremonti (dopo tutto quello che ha combinato in tutti questi anni…) e critiche a tutti i poteri indipendenti che cercano di impedire in qualche modo le politiche berlusconiane più impresentabili tipo quelle sulla giustizia…e questo da parte di un liberale mi sembra poco coerente. Non è solo per un discorso etico che si dovrebbe inorridire di fronte a queste leggi ma anche per un discorso economico: tutti sappiamo che la certezza del diritto e il suo enforcement sono fondamentali per lo sviluppo economico… perciò come può essere garantito da chi per sopravvivere deve distruggere la giustizia? Come si può incentivare il rispermio se poi si salvano coloro che hanno commesso queste frodi, come può il sistema finanziario dare proficuo impiego alle risorse dei risparmiatori se chi falsifica i bilanci non rischia niente…… Ma poi ci sono mille altre questioni dalla concorrenza, alle privatizzazioni, al conflitto di interessi che non si capisce perchè quando riguarda altre imprese viene giustamente segnalato mentre quando riguarda Berlusconi viene dimenticato…..insomma un disastro di proporzioni enormi e se a fare queste cose fosse un governo straniero verrebbe giustamente massacrato, invece siccome è Berlusconi e la sua cricca tutti lo lodano e lo imbrodano…questa accondiscendenza o sudditanza psicologica (come un tempo si diceva della Juve) da parte di chi fa informazione mi da molto fastidio! Molti lo fanno per interesse e allora è quantomeno comprensibile, altri non sono preparati e queste cose probabilmente non le capiscono. Giannino al contrario è preparatissimo e ci tiene alla sua indipendenza, perciò non mi spiego questo silenzio, sono proprio quelli come lui che dovrebbero sollevare questi temi. Ammesso e non concesso infatti che Presidente della Repubblica e Banca d’Italia abbiano sbagliato forse è meglio concentrarsi sulla trave del governo anzichè sulla pagliuzza. Io sposo le posizioni di un altro economista liberale come Boldrin che però tratta in nostro governo per quello che è e non si vergogna a dirlo pubblicamente!
X Rocco Todero: Di solito quando un governo deve legiferare in un certo campo, a prescindere per rispetto delle parti coinvolte ma soprattutto se non è molto competente in materia come mi pare il nostro, chiede opinioni a chi opera in quel settore e lo conosce dall’interno. Se uno fa il magistrato mi pare ovvio che di giustizia debba e possa parlare tramite i suoi rappresentanti! Di cosa dovrebbero parlare i magistrati, di caccia e pesca? La sua mi sembra una posizione incomprensibile! Casomai si può discutere delle ricette del governo in materia di giustizia, ossia dare un colpo di spugna a tutti i reati per salvare Berlusconi e la sua cricca, e quelle dei magistrati per stabilire chi ha le idee migliori..di solito nelle democrazie “normali” ossia non la nostra si fa cosi!
Salve,
sono roberto amministratore del blog
http://linuxfreedomforlive.blogspot.com
intanto complimenti per il blog
sono appena diventato fans del tuo sito nella tua pagina facebook
volevo chiederti se potevi contraccambiare
la mia pagina la trovi
http://www.facebook.com/pages/LinuX-Freedom-for-Live/290943601160
ciao
Questo sig.Giannino ha sempre l’aria di uno che sa molto ma non dice, fa il guardiano all’andazzo corrente.Se ha qualcosa di preciso da dire lo dica, che è elegante l’abbiamo capito.
@Enrico dignani: lungi da mè difendere Oscar, che sà benissimo difendersi da solo, ma se leggi per esempio il titolo di questo articolo vedrai che le cose da dire, Giannino le hà , le dice , e le dice chiare.
Politica industriale: in sostanza concordo con Giannino. Di fronte alla crisi spesso si risponde con slogan. “Politica Industriale” alla fine è uno di questi. Per molti “Politica Industriale” è la risposta alla crisi. Ma sotto l’etichetta cosa si intende? A questo punto penso che le idee dei vari che invocano “una Politica Industriale” siano molto variegate tra di loro.
E’ come dire: “imprese dovete fare più ricerca per realizzare prodotti più innovativi, così si esce dalla crisi”. Bene, bravi!
Per me – ad esempio – “Politica Industriale” vuol dire ridurre il carico fiscale sulle imprese ed anche sul lavoro. In questo modo le imprese diventano più competitive, riducono i costi, fanno più utili che possono investire in ricerca per realizzare prodotti più innovativi. Temo però che sia una idea senz’altro minoritaria di “Politica Industriale” in questo nostro scombussolato Paese. Dove invece ancora molte, troppe aziende aspettano e vivono di contributi pubblici… Anche a scapito dei concorrenti.
2006 correva l’anno
Repubblica italiana.
Sembra opportuno.
La politica,
tutto l’arco costituzionale,
va sospeso,
per incapacità manifesta
a ripristinare una situazione
di normale virtuosa
amministrazione pubblica.
La dialettica furbesca
che promuove il saccheggio,
la corruzione e quant’altro
con destrezza,
è la politica della politica.
Un bel gigantesco resit
fatto da militari
e da buoni ed appropriati tecnici.
Cos’altro ci resta?
Personalmente ritengo che se critica va mossa al Presidente nel contesto dell’intervento, sia sull’uso del termine “politica industriale” che in realtà si presta a troppe interpretazioni, condivisibili e legittime, ma sempre interpretazioni.
Io ho letto il termine “politica industriale” in una chiave leggermente diversa da quella di Giannino, vale a dire quella di richiesta alle forze politiche preposte (Governo e Parlamento) di trovare metodi e soluzioni per il rilancio dell’industria in questo Paese. Ma non necessariamente ciò vuol dire incentivi, sussidi o favoreggiamenti economici diretti e non mi pare che il Presidente ne abbia fatto parola, anche perché ricordava che bisognava farlo in chiave europea.
Se è vero che il nostro più grande problema è il TFP (produttività totale dei fattori) credo che il Governo ed il Parlamento possano legiferare senza necessariamente mettere mano alla tasca ed incidere comunque sull’argomento.
Attraverso, per esempio, la semplificazione burocratica, tempi certi per ottenere certificazioni -sul modello “assenso consenso” -, rimozioni di certificazioni ‘inutili’ per fare business industriale (inutili perché spesso alla fine si tratta di ‘comprarle’ da qualcuno, ma senza alcuna valenza pratica perché non sopportata da controlli).
In questo tema, devo dire, nella manovra presentata da Tremonti qualcosa s’era intravvisto, almeno per le start-up. Non so che fine abbiano fatte, ma almeno c’erano. Forse bisognerebbe estendere qualcosa anche sul comparto industriale esistente.
Inoltre, per esempio, si potrebbe pensare di ridurre gli incentivi CIP-6 agli inceneritori e destinare quei fondi alla riduzione del prezzo energetico alle industrie (per esempio gli scaglioni di consumo). Costo dell’operazione: 0.
Certo, farebbe piacere a tutti poter incidere sul cuneo fiscale (sia al lavoratore che al datore di lavoro), ma credo che sia abbastanza utopico pensare farlo nell’attuale stato economico. Del resto le risorse sono quelle che sono e le scelte fatte hanno un costo (ICI, salvataggio Alitalia…).
Guarda Luca, senza voler prendere posizione su come la pensa SB della giustizia, vorrei farti notare che quando Bersani ha tentato la sua lenzuolata sugli ordini professionali e sulle farmacie, tutti i rappresentanti dei liberi professionisti e dei farmacisti si sono ribellati e tutti noi abbiamo pensato: eccoli qui che difendono i loro privilegi. Eppure ingegneri, avvocati, commercialisti ecc. avevano ottime ragioni per opporsi al decreto Bersani. Com’è che quando sono i magistrati (o adesso gli insegnanti) si chiede al governo di chiedere opinioni a chi opera dall’interno?
Ripeto che ciò non significa che SB abbia ragione, ma solo che l’argomento “i magistrati sono contrari” non è dirimente.