1
Giu
2009

Sesso, bugie e incentivi

La telenovela Noemi si e’ arenata su una questione diversa, dai presunti rapporti fra il sultano e le sue favorite. Sulla relazione fra le favorite ed i giornali. Il Giornale e’ partito attacco dell’Espresso, scrivendo d’essere in possesso delle registrazioni di quanto si sono detti, in un incontro certo non risolutivo, un giornalista del settimanale debenedettiano e la “Barbie polacca” dell’ultimo grande fratello. La fanciulla, ben istruita, ha dato a intendere d’avere avuto una relazione affettuosa col premier, e ha “adescato” il giornalista, pronto a proporle uno scambio denaro per prove.
Scandalo! Questo, e l’ipotesi che qualcosa del genere sia avvenuta pure fra Repubblica e Gino Flaminio (il fidanzato di Noemi che ora spera “di poter incontrare il premier”, che lui sobriamente chiama L’uomo del popolo), minerebbe tutta l’impalcatura del Noemi-gate. Destinato a mostrarsi per quello che e’: una cospirazione ordita da un quotidiano-partito per ridare spago ai tromboni sfiatati della sinistra, e poi ingigantita da un altro editore (Murdoch) preoccupato per la sopravvivenza della sua iniziativa imprenditoriale in Italia.
Non e’ questa la sede per valutare quanto incoerenti siano le dichiarazioni del premier la mattina per la sera, o piuttosto per biasimare l’assurdo del fatto che l’unica discussione politica di un qualche interesse e’ ormai l’ispezione del letto di Berlusconi. Mi fermerei solo su un dettaglio. Non capisco lo scandalo, per l’incentivo monetario a che il gallo canti.
Un conto e’ il contenuto di verita’ di alcune informazioni. Quello e’ importante. La “Barbie polacca” si sarebbe fatta pagare per affermazioni mendaci. Avrebbe venduto il falso. Ma se al contrario avesse avuto a disposizione prove vere, perche’ regalarle?
Dal suo punto di vista, sarebbe stato assurdo. Le prove (non le chiacchiere: le prove) di una relazione extraconiugale del premier sono evidentemente di grande valore per chiunque le pubblichi, perche’ venderebbe piu’ copie, per giunta in un momento di magra. Non c’e’ quindi da stupirsi se e’ disponibile a pagarle bene. Perche’ regalargliele, quindi?
Del resto, svelare una verita’ di questo tipo, da parte di una protagonista dei “giochi” di villa Certosa o Palazzo Grazioli, non sarebbe propriamente un investimento in reputazione. Se la starlette in questione fosse gia’ affermata, il suo percorso artistico verrebbe messo in una poco piacevole prospettiva. In caso non lo fosse, non e’ detto che la sua carriera futura beneficerebbe della fama di ragazza “facile” ma pure facile al rimorso che si conquisterebbe uscendo allo scoperto.
Per i pentiti, si offrono programmi di protezione. Perche’ si sa che non otterranno grandi vantaggi, dal denunciare i loro compagni di malefatte. Una “pentita” di villa Certosa non otterrebbe tanto facilmente una trasmissione a Mediaset: perche’ stupirsi, se pretende un indennizzo, se da’ un prezzo alla spiata?
Certo, i pentiti non sempre sono attendibili. E gli incentivi che vengono dati loro possono inficiarne le testimonianze, portarli a dire cio’ che gli inquirenti desiderano sentire. Avviene lo stesso anche in questo caso. Una confessione su “tutto quello che Berlusconi mi ha insegnato sulle piante grasse”, proveniente da una “velina”, non varrebbe granche’ per i giornali. Ma e’ per questo che i giornalisti devono confrontare le fonti, e che la ricostruzione della verita’ non puo’ basarsi su un’unica voce. Non per l’aver offerto o accettato denaro. Lo spione gratuito non e’ per forza piu’ attendibile di quello prezzolato.

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3 Responses

  1. Gilioli (L’Espresso): “E’ falso, noi avremmo pagato solo le foto ma non l’intervista.”.
    Oh bella! Un po’ mendaci e un po’ straccioni.

    Cordialità

  2. bill

    Guardi Mingardi, sono liberale, liberista e libertario pure io. Per cui, al di là del provare a fare due soldi con un’intervista per guardoni, vorrei capire, se lei o qualcun altro fosse così gentile da spiegarmelo, cosa c’entra essere liberale, liberista e libertario con quello pseudopuritamesimo farlocco di cui vari giornaluncoli in queste settimane si fanno alfieri.
    L’articolo tragicomico odierno del Times, che invece di pensare al proprio governo guidato da uno che manco è stato eletto e ai parlamentari ladri che si ritrovano gli inglesi (se lo domanderanno questo, gli alleati nadetta del Times tanto preoccupati, o penseranno alla camera da letto del Berluska) attacca in maniera sguaiata e , scusi sa, idiota il premier di un altro paese dà molto da pensare. Ad esempio al fatto che dietro questi attacchi pedestri ci siano ben altri interessi e progetti. Quelli dei debenedettiani, bene o male, si conoscono da trent’anni: tutta una serie di cause (fortunatamente) perse; quelli di questi giornali inglesi paiono abbastanza palesi.
    Certo, rovistare nel fango forse fa parte dell’essere giornalista. Sparare balle e scemenze, magari, un pò meno..ma va bene così, penso che la gente sappia farsi un’idea da sola. Io me ne sono fatta una sul giornalismo alla Repubblica e su quello inglese molto chiara, ma per educazione evito di scriverla qui.
    Ultima cosa: sono per la libertà di mercato ai massimi livelli, e gradirei quindi che i giornali tutti, di destra e di sinistra, non usufruissero di alcun benefit statale; in pratica, preferisco pagarmi il giornale che ho voglia di leggere, e non pure tutta l’altra paccottiglia. Lei che ne dice?

  3. La questione dei sussidi alla stampa e’ vecchia, e purtroppo mai risolta in modo chiaro e secondo logica. Noi sussidiamo non solo i giornali, direttamente (con i contributi) o indirettamente (finanziandone le spedizioni, e cosi’ Poste). Ma anche le agenzie di stampa, che sono la fonte primaria d’informazione. Sono naturalmente d’accordo con lei: ognuno dovrebbe essere libero di pubblicare la paccottiglia che desidera, purche’ trovi lettori pronti ad acquistarla e senza presentare il conto al contribuente.

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