Sequestro penale preventivo finalizzato alla confisca per presunto reato tributario
I Cittadini di questo strano Paese debbono averla combinata davvero grossa se lo Stato si fida così poco di Loro da considerarli pregiudizialmente dei “poco di buono” ed i Suoi apparati non perdono occasione per dimostrarlo, specie quando si tratta della materia tributaria nel cui ambito siamo considerati tutti “evasori fino a prova contraria”! Una recentissima Sentenza della Sezione Penale della Corte di Cassazione sembra ribadire questo pregiudizio ed appare particolarmente emblematica.
Si verte in tema di “sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente” (art. 321 c. 2 c.p.p.), utilizzato nel corso del procedimento penale per anticipare gli effetti cautelari di una eventuale futura sentenza di condanna che dovesse accertare la sussistenza di una ipotesi di reato a carico dell’indagato/imputato; la Finanziaria 2008 ha sostanzialmente esteso l’applicabilità di questo istituto anche a taluni reati tributari (dichiarazione omessa o infedele per importi superiori ad una determinata soglia, dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessi versamenti di ritenute fiscali o di iva o indebite compensazioni tributarie per importi superiori a determinate soglie); fin qui nulla quaestio, visto anche il disvalore economico-sociale degli illeciti tributari “veri”. Del resto, il presupposto dell’applicazione della particolare misura cautelativa risiede normalmente nella sussistenza del fumus commissi delicti e cioè nella presenza di elementi particolarmente incisivi da cui si possa ragionevolmente presumere la sussistenza in concreto dell’illecito penale ipotizzato: non un semplice sospetto dunque, ma una rilevante probabilità che il crimine si sia stato effettivamente commesso.
In tal senso si è più volte espressa la Giurisprudenza di legittimità: <<… la verifica del Giudice del riesame, ancorché non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa …, ai fini dell’individuazione del “fumus commissi delicti”, … deve rappresentare in modo puntuale e coerente le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare la congruenza dell’ipotesi di reato prospettato rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale …; … il compendio probatorio, se non deve avere la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesta per l’applicazione delle misure cautelari personali, … non può essere del tutto assente e deve configurarsi quale prospettazione da parte del Pubblico Ministero dell’esistenza di concreti elementi per riferire il reato alla persona dell’indagato …>> (Sent. n. 31155/2013, con vari riferimenti ad altre pronunce). Si tratta peraltro di un orientamento preesistente e diffusamente condiviso, tant’è che era stato anche menzionato in occasione dell’Incontro di Studi sul tema “Laboratorio su problematiche e prassi in tema di misure cautelari” tenutosi a Roma il 12-12.12.201 a cura del Consiglio Superiore della Magistratura nell’ambito dei lavori della Nona Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale: in quella occasione, dopo aver precisato che la verifica del fumus <<… non può essere limitata a un giudizio di astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto delle concrete emergenze processuali …>>veniva riportato lo stralcio di una pronuncia di legittimità (Sent. n. 38411/2010) la quale considerava errato che il Tribunale del Riesame potesse limitarsi <<… a valutare esclusivamente che l’ipotesi dell’accusa non sia manifestamente infondata … >> e statuiva che <<… il Tribunale del riesame non può limitarsi alla mera verifica della astratta possibilità di ricondurre il fatto contestato alla fattispecie di reato ipotizzato, ma deve … prendere in considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato ipotizzato …>>.
Rispetto a questa ben più equilibrata impostazione della questione, suggerita in sede formativa, con la recentissima Sentenza n. 36734 del 03.09.2014 la Cassazione sembra adottare criteri assai meno rigorosi, facilitando in tal modo l’applicazione di uno strumento che le Procure già utilizzano ormai col ciclostile, senza particolari remore: ha infatti statuito che <<… in tema di sequestro preventivo non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilità di una determinata ipotesi del fatto contestato …>>; per la verità non sarebbe neanche una novità, perché esisteva già un identico filone interpretativo (cfr. ad esempio Sent. n. 5656/2014 e Sent. n. 10100/2011). Astraendo dalla fattispecie concreta (i cui elementi ovviamente non sono noti) e concentrando l’attenzione sulla statuizione di principio, la decisione appare particolarmente grave, perché sembra enfatizzare il sospetto più come “sensazione” del Giudice che come “ponderata riflessione” sulla effettiva consistenza indiziaria degli elementi a carico dell’indagato e sul grado di persuasività che essi rappresentano rispetto all’illecito ipotizzato.
In materia penal-tributaria tale orientamento giurisprudenziale è ancor più preoccupante se solo si considera quanti accertamenti di violazioni tributarie penalmente rilevanti (le soglie quantitative sono state anche abbassate nell’autunno 2011) scaturiscono dalla applicazione di assurde presunzioni legali o dagli esiti di discutibili ricostruzioni analitico-induttive basate su presunzioni ritenute (sic!) gravi, precise e concordanti. Si profila dunque vita dura per i malcapitati che finiscono sotto le grinfie fameliche dei controlli tributari troppo spesso finalizzati a rincorrere i budget assegnati agli Uffici finanziari: oltre al danno della riscossione provvisoria in pendenza del Giudizio tributario secondo la logica del solve et repete infatti, sono esposti anche alla beffa del sequestro preventivo finalizzato alla confisca secondo una medesima logica con conseguenze che potrebbero essere devastanti in un periodo in cui la sofferenza economico-finanziaria è così diffusa tra i Cittadini e non accenna ancora a migliorare. Evviva lo Stato di diritto!
Nell’assetto istituzionale italiano i magistrati inquirenti ed i giudici godono di un eccesso di autonomia, fino a travisare l’essenza stessa della legge. Ci si mette poi un sistema di leggi e norme a dir poco pletorico, confusionario e contraddittorio, colpa della bassissima qualità della politica fin dall’anteguerra. Ricordiamo che rimangono in vigore leggi, Regi decreti e regolamenti datati e superati per l’incapacità del Parlamento di razionalizzare il quadro legislativo. La miscela esplosiva è servita!
Nell’ultimo “THE GLOBAL COMPETITIVENESS REPORT 2014-2015” del World Economic Forum ( http://www3.weforum.org/docs/WEF_GlobalCompetitivenessReport_2014-15.pdf ) che compara 144 Paesi secondo l’ottica della competitività sulla scheda dell’ITALIA (PAGINA 223) appare che per la voce “1.06 Judicial independence” occupiamo il 78° posto, per la voce “1.10 Efficiency of legal framework in settling disputes” occupiamo il 143° posto e per la voce “1.11 Efficiency of legal framework in challenging regs.” occupiamo il 135°.
Si tratta di dati tristissimi, anche perché queste situazioni da terzo mondo arretrato non sono isolate. Senza un cambiamento radicale delle istituzioni è pura fantasia pensare ad un’inversione di tendenza.