SEN: un nuovo Sogno Energetico Nazionale 3
di Antonio Di Martino e Antonio Sileo
Aspetteremo ancora qualche settimana prima di complimentarci con il ministro Corrado Passera per la prima applicazione del Filtro di Kalman alle consultazioni pubbliche. Nel frattempo, però, prendiamo atto che quanto temevamo, e che molto poco condividiamo, si sta puntualmente verificando.
In estrema sintesi: a nostro avviso, la fissazione di obiettivi è funzione propria del Parlamento. Anche perché – per capirci – non vi sarebbe ragione per cui il governo si chiama, fino a prova contraria, anche esecutivo.Il ministro Corrado Passera, martedì 20, audito dalla X Commissione Senato che dal 19 ottobre 2010 porta avanti un’indagine conoscitiva proprio sulla Strategia Energetica Nazionale (quanta pazienza hanno i nostri Senatori), si è così espresso, a proposito della sua SEN: «L’obiettivo è quello di giungere tramite la consultazione alla definizione di obiettivi, scelte di fondo e azioni prioritarie quanto più possibile condivisi, nell’interesse generale del Paese».
Il Ministro ha chiarito anche che la SEN non è vuole essere (affatto) un semplice documento di analisi e proposta, ma un «atto di programmazione e indirizzo» che, sempre a suo dire, era molto atteso dal settore.
Ora che il ministro Passera lavori per il bene del settore energia, oltre a consolarci, non può che farci piacere. Che però lo faccia senza che nessuno glielo abbia chiesto, o meglio senza che vi sia stato un atto che l’abbia autorizzato esplicitamente in tal senso, ci sconfinfera molto meno.
E non perché i tempi del IV governo Moro, ad esempio, sono passati da un pezzo. Oppure, sempre per restare nel campo degli esempi: non esiste più il Ministero delle Partecipazioni Statali; Eni e Enel non sono più enti pubblici; o ancora, per dirne un’altra, sono venuti meno gli strumenti di controllo amministrativo con i quali lo Stato regolava quasi tutto, dagli investimenti ai prezzi finali.
Crediamo sia un (bel) problema e soprattutto un brutto precedente, a prescindere.
Sempre il Ministro, nell’audizione, ha così concluso: «sono a vostra completa disposizione per qualsiasi chiarimento e per ragionare insieme sui possibili passaggi istituzionali futuri».
Non possiamo non pensare che quando ci sarà quello che il Ministro chiama documento ufficiale(?), almeno su una delle (sette) priorità della Strategia – Lo sviluppo della produzione nazionale di idrocarburi, con importanti benefici economici e di occupazione (s’intende) – non mancheranno i disaccordi e i distinguo. E, a quel punto, ci sentiamo di pronosticare che più di qualcuno dirà che la consultazione, tanto evocata dal Ministro e da tutti apprezzata, non basta affatto per promuovere gli interessi generali del Paese. Sarà agevole invocare il rispetto delle regole e dei principi costituzionali sulle prerogative del Parlamento e del Governo: dopotutto, ci vantiamo d’essere il Paese che ha fatto da culla del diritto.
E, allora, la questione si riproporrà nella sua interezza: qual è il fondamento normativo per la discussione e l’approvazione della SEN? Quanto vale questo documento ufficiale? Finora, si sta discutendo di strategia energetica in una condizione di vuoto legislativo. Niente di male, sino a quando non si cerca di dare alla cosa un valore che non ha, né può avere.
Se poi si cercasse una legittimazione ex post, difficile non pensare che la cosa avrebbe i tratti di una sanatoria, di un condono, che, peraltro, non sempre salva dall’essere abusivi.
Come pure già cantavano Elio e le Storie Tese ne La terra dei cachi.
Credo che dobbiamo ringraziare i referendari ma ancora di più la Cassazione, che nella fretta di cancellare il nucleare ha smantellato ogni possibile quadro normativo per una strategia energetica, di fatto rendendo illegale il tentativo di formulare un piano nazionale. Con una classe politica siffatta, nelle mani di una giustizia di azzeccagarbugli, è perfettamente azzeccato parlare di Sogno, non di Strategia, come hanno fatto gli autori del post.
E dire che la “produzione nazionale di idrocarburi” non solo non porterà benefici economici ma nemmeno posti di lavoro.
Come già scritto e letto più volte, se l’Arabia Saudita che galleggia sul petrolio punta sulle rinnovabili, perché l’Italia che ha le rinnovabili punta sul petrolio?
http://www.fabbricaambiente.com/?p=293
Fa riflettere ciò che dice il Ministro del Petrolio Saudita, Al Naimi: “Sappiamo che estrarre petrolio dal sottosuolo non produce molti posti di lavoro”.
Questo in Arabia, facciamo il parallelismo con l’Italia e affrettiamoci a cambiare passo e soprattutto adottare una strategia seria, non una “pezza” per rinviare il problema di circa 55 giorni (più o meno il periodo di consumo del petrolio nostrano a pieno regime).
Soluzione: leggere Jeremy Rifkin, fare un bel piano per lo sviluppo finalizzato alla “terza rivoluzione industriale” e andare avanti.
Questa forse per la classe politica attuale appartiene ancora al mondo delle “idee”, proprio quelle idee che tanto spaventano chi non ne ha.
Mi associo all’analisi di Di Martino e Sileo e mi permetto di evidenziare il seguente appello:
http://conferenzaenergia.wordpress.com/appello/
Ritengo che, anche alla luce di una visione liberale, spetti, comunque, al Governo delineare quantomeno gli obiettivi e le regole del gioco, vincolati dalle politiche internazionali, principalmente gli accordi che ci legano alla UE.
Mantenedo, in un’eventuale pianificazione, il giusto grado di “duttilità intrinseca”, per così dire, ovvero condizioni che permettano sensibili adeguamenti in caso di mutazione degli scenari.
Non trovo, invece, accettabile, che un Governo deleghi la Società Civile (qualsiasi cosa significhi) per definire obiettivi, strategie o possibili scenari, tramite una consultazione pubblica.
Esistono addetti del settore, fornitori, tecnici e studiosi, associazioni di categoria et al., e, naturalmente in primis, il mercato con i suoi prezzi, oltre alle regole di cui sopra: è da queste fonti che vanno raccolte le informazioni per impostare una strategia nazionale per
la gestione delle risorse ai fini della produzione energetica.
Chi ha aderito all’appello, crede che una conferenza nazionale potrebbe essere un ottimo punto di partenza e, soprattutto, che una costituzione energetica possa essere un ottimo punto di appoggio per qualsiasi strategia.
Tenendo conto del vero significato della parola: una costituzione deve essere intesa a tutela dei Cittadini contro ogni deriva dello Stato verso lo strapotere, l’eccesso di decisionismo ed il controllo con vincoli che inibiscano e/o droghino il mercato.
Questo secondo me, poi magari mi sbaglio…
Lo “stato” dovrebbe essere popolato da persone autorevoli e competenti per ascoltare le parti e poi decidere nell’interesse generale.
Di tutto questo non c’è traccia. Siamo al Sondaggio Energetico Nazionale. Nel frattempo non si capisce se le decisioni siano prese per incompetenza o spinte lobbistiche (ma l’una non esclude l’altra, anzi…).
Povera Italia.
@dottorG.
E’ vero senza il petrolio avremmo molti più posti di lavoro: dovremmo spegnere tutte le nostre macchine e tornare a faticare tutti di persona nelle fabbriche (ridotte a capannoni) e nei campi in compagnia dei buoi (che potrebbero avere qualche ora d’aria prima di finire in macelleria).
Il fotovoltaico, con la tecnologia attuale, se lo possono permettere solo gli sceicchi ed i babbei come gli italiani: 100 Euro per italiano all’anno fanno trecento Euro all’anno per una famiglia costituita da due pensionati che mantengono un figlio disoccupato, metà dei quali per finanziare i cinesi. Il tutto per avere si e no 5% dell’energia elettrica di cui abbiamo bisogno e dsitruggere qualsiasi programmazione razionale della produzone elettrica. Gli operai Alcoa ringraziano.
Concordo con l’analisi degli autori dell’articolo, e mi unisco all’invito di Paolo a prendere in considerazione l’adesione all’appello per chiedere la convocazione di una Conferenza Nazionale sull’Energia, quale sede ideale e legittimamente riconosciuta per la definizione della nuova Strategia Energetica Nazionale: http://conferenzaenergia.wordpress.com/appello.
Aggiungo che questa iniziativa mira esplicitamente a colmare il vuoto legislativo attualmente esistente, riproponendo sostanzialmente quanto originariamente espresso nell’articolo 7 della legge 133/2008, articolo abrogato nel maldestro tentativo del Governo Berlusconi di evitare il referendum anti-nucleare del 2011. In quell’articolo, come peraltro sottolineato dai dott. Sileo e Di Martino in un precedente intervento pubblicato su Chicago-Blog, si istituiva proprio la Conferenza quale strumento per la definizione degli indirizzi della nuova Strategia Energetica.
L’appello ha gia’ ottenuto centinaia di sottoscrizioni, tra cui diverse personalita’ del mondo accademico e della ricerca e associazioni scientifiche. Tra queste, segnalo l’adesione della Societa’ Italiana di Fisica e dell’Associazione “Galileo 2001 per la liberta’ e la dignita’ della scienza”, presieduta dal professor Renato Angelo Ricci e che annovera tra i suoi soci numerosi scienziati, come il professor Veronesi, ed economisti, quali il professor Stagnaro.
Non posso che unirmi all’ appello di Perluigi e Paolo. Da troppo tempo (dal 1988 per l’ esattezza) siamo fermi sotto questo profilo e continuiamo a navigare alla cieca, mentre gli obiettivi ambientali che abbiamo sottoscritto non vengono raggiunti, paghiamo bollette sempre piu’ salate con gli ovvi risvolti nell’ ecomonia di un paese oramai in pericolosa carenza di ossigeno.
@Lorenzo,
Ottimo la replica a DottorG, che condivido totalmente. Bisognerebbe peraltro aggiungere che l’Italia è ai primissimi posti in termini di “investimenti” (stavo per dire faraonico sperpero !!!) dei soldi del comune cittadino consumatore per finanziare le Rinnovabili, ben oltre una ragionevole proporzione rispetto alle nostre dimensioni e ricchezza, rispetto ad altri Paesi più ricchi e grandi del nostro. Ma lasciare intendere che sia errato pensare di valorizzare le risorse energetiche disponibili sul territorio (ora che ci servono e sappiamo come utilizzarle), peraltro in un periodo di crisi come l’attuale, perchè si può puntare sulle Rinnovabili 8Solare ed Eolico), dimostra di avere ben poca conoscenza e dimestichezza dell’argomento e delle caratteristiche di queste tecnologie.
Infatti, nessun Paese ricco e sviluppato potrebbe mai pensare di puntare SOLO sulle Rinnovabili (salvo non disporre di ingenti disponibilità idriche (come per esempio il Canada o la Svezia, che però integrano poi anche con il nucleare) nel medio periodo – vale a dire almeno per i prossimi 30-40 anni e solo la demagogia e la disinformazione può indurre gli italiani a crederlo possibile per noi.
Saggezza e buonsenso, invece, vorrebbe che un Paese notoriamente povero di materie prime (come appunto l’Italia), provvedesse a diversificare ed equilibrare il proprio 2Mix delle Fonti” per la generazione elettrica, con un’opportuno ricorso al Gas, al Carbone ed alle Rinnovabili in equa contribuzione (purtroppo senza il Nucleare, causa emotive ed ideologiche scelte del recente passato), per:
– garantire la difesa della competitività delle nostre imprese;
– ridurre il rischio strategico degli approvvigionamenti energetici (per noi largamente maggiore che per i ns. grandi concorrenti);
– conservare il benessere e le opportunità di sviluppo che la collettività reclama.