Semplificare, accorpando enti e redigendo testi unici—di Lorenzo Ieva
Con una riforma di sistema sui troppi enti pubblici ed una complessiva semplificazione normativa, attraverso la redazione di opportuni testi unici, si conseguirebbe infatti quella semplificazione amministrativa e riduzione delle “tasse” e del cd. cuneo fiscale, richiesta da tutti.
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Lorenzo Ieva
Alla presenza di una miriade di enti pubblici, che vengono sempre coinvolti in qualsivoglia intrapresa di iniziative produttive private o di realizzazione di interventi pubblici, viene sovente data come risposta per così dire di tipo organizzativo, non già la loro riduzione, bensì l’attivazione di moduli di coordinamento, qual è, ad esempio, la conferenza di servizi, che non a caso, nel corpo della legge sul procedimento la l. n. 241 del 1990, è stata modificata ed integrata moltissime volte, proprio a dimostrazione della perenne insoddisfazione verso un istituto giuridico, nel quale si nutrono capacità quasi maieutiche e totalizzanti, che però non può ineluttabilmente avere, quando gli enti, ogni volta coinvolti, in un’assise di tal tipo, siano innumerevoli.
In generale, va osservato che il sistema migliore per semplificare l’azione amministrativa è in realtà proprio quello di ridurre gli enti pubblici. Pochi enti poi generano, a livello di sistema, poche norme, molti enti danno origine, invece, a molte norme, in modo più che proporzionale al numero degli stessi enti.
Abbiamo, quindi, davanti a noi il principio fondamentale, che va seguito, perché uno Stato possa, attraverso la propria amministrazione ed i propri enti pubblici, essere considerato efficiente: pochi enti, poche norme, al contrario, molti enti, molte norme.
E’ possibile orbene riuscire a semplificare le norme, che imprese e cittadini sono chiamati ad ottemperare per poter svolgere le proprie attività, qualora si decida di ridurre gli enti pubblici, che le producono (indirettamente) o che le pongono in attuazione. Mutuando il noto aforisma cartesiano, per gli enti pubblici, potrebbe dirsi che valga il detto: legem facio, ergo sum ! Per diminuire la produzione normativa, perché soprattutto possa essere coerente e non farraginosa, occorrono in verità pochi enti.
Non costituiscono una risposta valida – da soli considerati – né i tanto deprecati cd. tagli lineari di bilancio, né i tentativi più o meno risusciti di introdurre la cd. revisione della spesa (più nota con l’espressione anglofona: spending review), né ancora frettolose cd. privatizzazioni di assets pubblici (ossia di beni e di società di produzione o di prestazione dei servizi), o cd. privatizzazioni di moduli organizzativi, come la erronea trasformazione privatistica del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, o l’utilizzo abnorme del modulo della società di capitale a cui si è indebitamente ricorso per organizzare servizi strumentali agli enti, che finiscono per costituire una inutile duplicazione e costo aggiuntivo e nulla di più !
E’, inoltre, possibile risparmiare tasse, contributi e imposte varie, se si riducono od eliminano gli enti, che le impongono. Infatti, il vero problema non è quello di ridurre ex se le “tasse”, quanto quello di come riuscire a ridurre il consumo di risorse, alimentate dalle stesse “tasse”, ossia di come riuscire a ridurre gli enti pubblici e le amministrazioni, che sono sostenute dalle “tasse” riscosse, e che magari svolgono attività inutili o anche utili, ma che possono ben essere svolte in modo unificato da altri enti già costituiti.
Una eccessiva frammentazione tra enti e ridondanza di compiti, anche tra il livello statale e quello regionale, si registra ancora nel caso degli enti di previdenza ed assistenza (Inps, Inail, etc.), nel settore sanitario (troppe Asl e agenzie regionali), in quello ambientale (l’Arpa può ben essere un’agenzia nazionale del Ministero, piuttosto che suddivisa in venti enti regionali), nel settore fiscale e del supporto alle imprese (Camere di commercio), etc.
Con una riforma di sistema sui troppi enti pubblici ed una complessiva semplificazione normativa, attraverso la redazione di opportuni testi unici, si conseguirebbe infatti quella semplificazione amministrativa e riduzione delle “tasse” e del cd. cuneo fiscale, richiesta da tutti.
Sono d’accordo con le ipotesi dell’autore. Temo che, avendo l’esperienza fattuale di quanto è sempre successo nei meandri della PA, che ogni riforma di semplificazione diventi in realtà l’occasione da parte della burocrazia ubblica di far emanare provvedimenti sempre più complessi e pieni di obblighi rivolti a noi sudditi.
In realtà non si è mai perseverato nella semplificazione normativa e nella riduzione degli enti, il problema è questo. Ci vuole determinazione per vincere le resistenze corporative e burocratiche. Ci vuole costanza. Soprattutto occorre avere una vision generale su quello che si vuol fare. Si possono ricavare enormi risorse che si possono così spostare dalla spesa corrente alla spesa per investimenti e rilanciare economia produttività e domanda aggregata di beni e servizi. Non potendo spendere di più, a causa del debito, bisogna qualificare la spesa pubblica. A parità di spesa, bisogna fare più investimenti e meno spesa corrente. Una strada per ricavare le risorse per investimenti è quella di accorpare enti con economie di scala ed eliminazione di spese inutili e di prestazioni inutili. Va però semplificato il quadro normativo per poter consentire all’ente risultante dall’accorpamento di poter lavorare bene. Ancora oggi dopo la fusione tra Inps e Inpdap i due enti di previdenza lavorano sulla base di due normative inutilmente diverse una per i dipendenti privati (e parte dei pubblici) ed una per i dipendenti pubblici.