Sei tesi per dire no al salvataggio bancario odierno
Il decreto legge odierno di salvataggio di 4 tra le banche commissariate da Bankitalia, salvataggio in fretta e furia prima che entrino in vigore le norme europee sulla risoluzione delle crisi bancarie, mi vede tra i pochi fortissimamente critici. Sono in assoluta minoranza, rispetto al coro di sostegno unanime con cui il provvedimento è stato annunciato. E tra chi critica, meno ancora coloro che lo dicono in pubblico, per non rischiare la berlina. Desidero allora spiegare alcune delle ragioni della mia forte opposizione.
Ci sono due modi per farlo: il più serio sarebbe una lunga disamina dei coefficienti perduranti di bassa patrimonializzazione del sistema bancario ITA – e in particolare delle banche di cui parliamo ora – quando dal 2008 era chiaro a tutti che il patrimonio obbligatorio e i buffer aggiuntivi di capitale per affrontare i rischi dovevano salire; nonché dell’esplosione dei crediti deteriorati nel sistema italiano (tutto, tranne che una sorpresa, in un paese iperbancocentrico e a forte conduzione del credito secondo logiche relazionali invece che di merito); nonché sull’improvvisa tardiva emersione di molti episodi di malagestio bancaria in tutta Italia, per anni misteriosamente non colti dal radar di decine e decine di ispezioni Bankitalia e poi affiorati quando la vigilanza diventava della BCE. Ma ci vorrebbe un libro: un estesissimo e argomentato libro sulle collusioni – purtroppo – degli azionisti bancari, della politica, e purtroppo anche del regolatore in questi anni. Che non riguardano solo Mps o la Popolare di Vicenza, ma tre quarti d’Italia.
Il secondo modo è andare dritti al punto, con poche affermazioni motivate ma di fondo, giusto per far riflettere chi ne abbia voglia. Su almeno sei enormi bubbole contate in questi anni, insieme, da sistema bancario e politici (e non smentite con la forza dovuta dal regolatore). Scelgo ora questa seconda strada.
Primo: il sistema più sano al mondo. Quante volte lo avete letto sui giornali italiani, che c’era un motivo di fondo perché in ITA non c’erano crisi sistemiche bancarie come in Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito, Irlanda: e cioè che avevamo i miglior sistema bancario del mondo? Non era affatto vero. Era vero che avevamo meno bolla immobiliare degli spagnoli e degli anglosassoni. Ma sommavamo rischio di credito e rischio sovrano, vista la crescente mole di titoli pubblici in pancia alle banche, e ancor più nel post 2011. E vista la perdita di PIL eravamo comunque condannati a una massiccia esplosione di NPL (oltre 200bn di crediti deteriorati oggi, oltre 340 se li valutiamo in maniera più realistica, sommando quelli che nei bilanci bancari non rientrano ancora nella definizione “ristretta”). In un sistema troppo poco patrimonializzato, con azionisti scarsi di capitale fresco da immettere, gonfio di costi fissi (mattoni e dipendenti) non brutalmente razionalizzabili nella crisi, con un margine d’intermediazione tendente a zero, ROE e ROI negativo. E regole non scritte ma diffuse, di troppo credito agli “amici degli amici”.
Secondo: le banche italiane non hanno bisogno di aiuti. Questa seconda bubbola è stata raccontata quando sono partiti i piani di salvataggio-ristrutturazione bancaria sotto l’ombrello europeo con fondi anticipati e vigilanza rigorosa comunitaria nel post 2011, come in Spagna. Già allora era evidentissimo che qualcosa di analogo, su scala minore forse ma di analogo, era necessario all’Italia. Ci fu chi riservatamente segnalò e argomentò l’esigenza ai premier Monti e Letta. In entrambi i casi, si decise di soprassedere. Quirinale e Bankitalia, oltre naturalmente all’ABI, non volevano scatenare polemiche di facile presa politica, sul fatto che i governi d’emergenza avrebbero rappresentato in Europa il nostro paese come gravato da un grave problema sistemico. Un errore grave, quello di ver messo polvere sotto il tappeto per evitare la sorveglianza europea: pagato da famiglie e imprese con la gravissima restrizione di credito ancora in corso. Errore la cui gravità è stata confermata quando, entrata in vigore la vigilanza comune Bce sui maggiori istituti nazionali, improvvisamente sono emerse sistematicamente debolezze patrimoniali, con la necessità di aumenti di capitale a raffica tra metà 2013 e 2014 e 2015, senza che per questo evitassimo di risultare con diverse banche a rischio comunque elevato negli stress test BCE.
Terzo: noi non siamo come i tedeschi, che salvano le loro banche violando le regole. Vero, i tedeschi hanno ottenuto con le ragioni della forza eccezioni serie e travi per le loro scassate Landesbanken politiche, hanno fatto pasticci inenarrabili come con la fusione Commerz-Dresden, hanno continuato a far leve finanziarie suicide come in Deutsche Bank, oggi alla resa dei conti. Ma il motivo per cui l’Italia non ha mai alzato la voce a Bruxelles contro questi salvataggi preferenziali, fuori dal naso e dall’occhio di una sorveglianza europea, è ben diverso da quello raccontato sui media: il motivo è che al momento giusto ci riservavamo di fare la stessa cosa.
Quarto: il silenzio di un anno sulla bad bank all’italiana. Gli osservatori più scafati delle vicende creditizie italiane sapevano da inizio 2015, che Bankitalia-governo-Abi si muovevano a Bruxelles per far passare nel corso dell’anno una versione italica di aiuti al sistema bancario, per consentirgli di cedere gran parte dei NPL senza però farlo a prezzi troppo bassi cioè di mercato (perché se no, come al solito, sarebbero state necessarie ricapitalizzazioni….). E comunque prima che entrasse in vigore il comune meccanismo previsto dalla direttiva europea varata a seguito della crisi cipriota prima e greca poi, quella che entra in vigore il primo gennaio 2016 e che è conosciuta come bail-in (con il coinvolgimento, nella risoluzione delle crisi, primariamente degli azionisti, poi degli obbligazionisti meno tutelati, fino ai depositanti oltre i 100 mila euro). Ma, per 10 mesi, sui media il silenzio su questo tentativo è stato pressoché assoluto. Ogni tanto usciva qualche dettaglio sul coinvolgimento di CDP o addirittura di Sace. Tutti coloro che hanno fonti a Bruxelles sapevano che alla Commissione Europea si era esterrefatti, di fronte al tentativo italiano di usare aiuti di Stato quando ormai c’era la doppia cornice della vigilanza comune BCE sui maggiori istituti di ogni paese, nonché della direttiva bail-in. Puntualmente, il penoso tentativo italiano è andato a scontrarsi con un no scontato: che il MEF ha ammesso solo la settimana scorsa, con una secca nota che non dava altre spiegazioni sul merito vero delle proposte avanzate. E sui media è partito il coro imbeccato dal sistema bancario, contro “i burocrati dell’Europa che su permettono di obiettare all’Italia che non ha mai chiesto aiuti”.
Quinto: il silenzio sul monito europeo nella vicenda Tercas. Lo stesso silenzio è stato riservato alle dure obiezioni europee espresse 9 mesi fa all’intervento di salvataggio nella banca teramana operata coinvolgendo il Fondo interbancario dei depositi, con la pretesa che fosse uno strumento “privato”. Quell’intervento non era privato perché orchestrato da Bankitalia, privo di un valido conto dei costi-benefici comparato, tale da giustificarne il ricorso rispetto a un’operazione condotta invece sul mercato e con criteri di mercato, e inoltre il Fondo serve a tutelare i depositanti delle banche, non gli azionisti. Tutti noi che seguiamo le vicende bancarie abbiamo in mano il documento europeo: ma nessuno quasi ne ha scritto, e fino a 2 settimane fa i media italiani continuavano a ripetere che per le 4 banche su cui si interviene oggi si sarebbe adoperato il Fondo interbancario. Invece ora bisogna cambiare retrospettivamente anche il modo in cui si è operato in Tercas. Che pena.
Sesto: il pasticcio attuale. La collusione ABI-governo-Bankit solo negli ultimi giorni ha dovuto prender atto che l’errore di non aver voluto un intervento sistemico vigilato dalla UE nel 2011-2012 non ha costituito base per vedersi approvata alla fine una scappatoia “nazionale”, all’ultimo secondo utile prima dell’entrata in vigore del bail-in. Ergo l’Italia la settimana scorsa ha recepito di corsa il sistema europeo di risoluzione delle crisi bancarie – che era stato apposta ritardato fino all’ultimo – con un’apposita unità costituita in Bankitalia. Si dirà a questo punto: bene caro Giannino, hai comunque ottenuto quel che vuoi, azionisti e obbligazionisti subordinati sono colpiti nelle 4 banche in cui si interviene. Ma non diciamo fesserie: il punto è che traccheggiando per anni abbiamo alimentato all’inverosimile l’aspettativa di salvataggi per tutti, rendendo sempre più comatosa la situazione di molte banche che si trovavano in condizione-limite, e che non sarebbero giunte a questo se regolatori e politica non avessero alimentato aspettative impossibili. In ogni caso, il salvataggio degli istituti delle Marche, Etruria, Chieti e Ferrara avviene ora con una modalità che rispetta le regole nuove e comuni solo per modo di dire. Primo: gli aiuti di Stato restano, vengono quantificati in 400 milioni nello stesso comunicato immediato rilasciato della Commissione UE. E in ogni caso la valutazione dei NPL delle 4 banche è fatta ” a tavolino”, non dal mercato. Poiché poi il finanziamento annuale del fondo – 500 milioni a carico dell’intero sistema bancario – ancora non è disponibile poiché occorreranno mesi per le delibere di ogni istituto, ed ecco che allora sono alcuni grandi banche italiane a metter capitale nelle 4 banche ognuna divisa tra good e bad bank, e poi quando sarà il Fondo subentrerà. Ma avremo impegnato più di 4 annualità del Fondo che serve alla risoluzione di tutte le crisi bancarie italiane: cosa faremo per le altre banche commissariate da Bankitalia? E perché mai – se non per un obbligo “di sistema” ordinato da politica e Bankit – devono metter soldi in banche fallite che non si vuol far fallire chi, come Unicredit, ha dovuto ora ora varare il secondo piano industriale in pochi mesi con tagli e cessioni sanguinosi? Ma dove sta scritto che non deve fallire mai nessuna banca, neanche le banche più piccole ergo senza rischi sistemici nonché peggio amministrate? Perché domani si dirà che l’intervento è a spese zero per i contribuenti, visto che le banche recupereranno 1 dei 3,2 miliardi dell’intervento varato oggi attraverso gravi fiscali cioè appunto a spese dei contribuenti? E che segnale è mai quello odierno, verso le fusioni sinora bloccate da solite questioni territorial-politiche tra grandi popolari investire dalla (buona, per me) riforma voluta dal governo: non è ovvio che le frenerà ulteriormente? E verso le quasi 400 BCC, che anch’esse avrebbero bisogno di una vera e propria ondata di fusioni e ripatrimonializzazioni?
Si fa quel che si è deciso oggi per evitare la paura dei depositanti, si dice: l’Italia della ripresa non ne ha bisogno e deve evitarla a tutti i costi. Siete sicuri che sia così? Oppure è per evitare che la gente inizi sul serio a farsi i conti e a guardare i bilanci bancari, per capire dove mettere i propri soldi, e di quali azioni e obbligazioni bancarie disfarsi? Chiedetevelo, prima di liquidare le mie sei tesi come “fesserie liberiste”.
Oggi siamo a un altro capitolo di una lunga storia di errori e omissioni, bubbole e collusioni. Ripeto: il conto lo hanno durissimamente pagato imprese e famiglie. Mi rendo conto, è più facile dar la colpa all’Europa. Ma non sta né in cielo né in terra: la colpa è di un sistema collusvo che non ha saputo e voluto guardare in faccia alla realtà, e non ha preferito famiglie e imprese agli azionisti bancari, e ai loro intrecci troppo stretti con la politica locale e nazionale.
Caro Oscar, l’idea del libro (impegni di lavoro permettendo…) non sarebbe poi così male.
Nel mio piccolo, lavorando da ormai più di dieci anni a contatto con il settore bancario, confermo che sarebbe opportuno un po’ d’informazione di qualità.
Caro Giannino,
Come spesso ti capita pessimo articolo in cui cerchi solo di dimostrare che la pensi diversamente dal consenso per far vedere a chi non si capisce mai neanche troppo bene che dovresti essere più bravo, superirore, e che si sono dimenticati di te.
Per cinque punti non parli affatto di tale provvedimento, ma semplicemente del passato, mentre solo nel sesto vagamente enunci le ragioni per cui non ti piace questo provvedimento ma debolmente ne spieghi i motivi, parli di tempistiche e altre cose che neanche sai. Ma se Capitalia ci ha impiegato a suo tempo cinque giorni per deliberare 400 milioni di euro a favore della roma calcio di cosa stai parlando? Non arrampicarti sui vetri per provare a sostenere l insostenibile solo per cercare di distinguerti quando a volte bisogna saper dire bravi anche agli altri.
Al contrario in tale provvedimento ci sono diversi elementi positivi segno di modernità e cambiamento:
1) principio di mutualità tra banche meglio capitalizzate, che concederanno un prestito, e meno capitalizzate
2) assunzione del rischio per chi azionista od obbligazionista subordinato è consapevole che investendo in tali strumenti si investe in capitale di rischio
3)azzeramento di vertici con nomina di nuovi vertici
4)cessione sul mercato di questi istituti al loro reale costo, ormai quindi irrisorio, di mercato.
Mi aspetterei molto di più da uno che dice di intendersene di economia.
Buona giornata
AS
@alberto
posso accettare la soluzione del governo solo perchè presa in una situazione disperata. Non vedo invece elementi di modernità e cambiamento.
1) in forza del principio di mutualità enunciato le imprese sane dovrebbero finanziare le imprese in stato fallimentare. Dove sta la modernità? Nel sabotare i meccanismi di un libero mercato ? Nel penalizzare l’efficienza e premiare l’irresponsabilità ?
2) ok se unita ad un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.
3) convinto che l’azzeramento dei vertici risolva i problemi ? Il padre della Ministra sarà sostituito dal fratello della stessa Ministra, i consiglieri bersaniani da consiglieri di conclamata fede renziana. E questo lo chiamiamo cambiamento?
E il tutto si riassume dicendo che i governi, da Monti in poi sono stati messi dalle lobbi dei Banchieri e degli alti dirigenti del pubblico impiego. Con questa prospettiva tutto ciò che è stato fatto e le bugie dette filano liscio. Vogliamo Angela Merkel al Governo.
Analisi lucida, perfetta, condivisibile. Tu che puoi, evidenzia al massimo il fatto che gli sgravi fiscali SONO soldi di tutti, per cui PUBBLICI. Poi negli ultimi tre paragrafi hai sfondato una porta aperta da sempre ma che i media, ben controllati dal sistema, facevano sembrare chiusa a doppia, anzi tripla mandata. La banche hanno ucciso l’ITALIA, non l’Europa. Con, purtroppo, la collusione di tutti i governi che si sono succeduti dal 2000 ad oggi. Comunque non tutto è perduto e con l’aiuto di gente come te, competente in materia e con la possibilità di potersi fare sentire grazie anche ai mezzi di informazione di “massa”, chi governa deve stare attento a non sbagliare, pena, magari la non elezione nel 2018. (con la speranza che ci siano, almeno allora, queste benedette elezioni).
Leggo sempre gli articoli di Giannino sul Messaggiero,che tante volte apprezzo.Non mi piace invece l’arrancata sugli specchi,per convincere quello che,come bravo economista.non condivide neppure lui.
Caro Oscar,
Gli argomenti da te sollevati nei primi due punti andrebbero meglio argomentati. Gli aumenti di capitale sono stati richiesti non perchè le banche italiane non erano sane o avevano bisogno di aiuti ma perchè le nuove regole di basilea 3 richiedono un buffer ci capitale che prima non era richiesto. Questo buffer di capitale può essere maggiore per quelle banche che erogano crediti a una clientela poco diversificata, quindi ci può stare. Inoltre l’erosione della redditività se causata dalla perdita di pil non può essere addebbitata a cause di malagestio. Tuttavia il dubbio sul modo di erogare credito da parte di alcune banche, da te sollevato è leggittimo ed è un fronte dove secondo me si può e si deve lavorare poichè gli strumenti che ci sono adesso non consentono minimamente di intromettersi in questo versante, salvo il buffer maggiore che accennavo, se il portafoglio crediti risulta poco patrimonializzato.
Sul discorso della bad bank: si tratta comunque di un aiuto, ma è sicuramente, dovrai ametterlo, un tipo di aiuto molto vicino ai criteri di mercato, molto più di altri tipi di intervento fatti in passato. Soprattutto se viene visto nella prospettiva che chi sarà chiamato ad amministrare la bad bank, e lo farà bene, potrà rivenderlo a un prezzo maggiorato. Non ci dimentichiamo che la diversificazione in se, aumenta il valore complessivo dei singoli crediti ceduti e quindi non ci vorrebbe molto a ripulire un po il portafoglio e guadagnarci pure un pochino (almeno i soldi per ripagare tutta l’operazione). Un’operazione molto vicina a quella proposta per il caso ILVA ma meno onerosa, in questo caso, per il governo. Bisogna però evitare che questi aiuti diventino ordinari, soprattutto, e a maggior ragione, se l’operazione si rivelerà vantaggiosa per il governo. La conclusione può sembrare paradossale ma non lo è se si tiene conto dei problemi di moral hazard che si possono generare.
*se il portafoglio crediti risulta poco diversificato.
Caro Giannino, nulla da aggiungere alle motivazioni tecniche del dissenso in materia – condiviso,peraltro, non da pochi e isolati obiettori ma dalla vastissima platea di piccoli azionisti spogliati di investimenti spesso frutto di duri sacrifici – che in un Paese serio dovrebbero costituire baluardo contro le micidiali collusioni tra finanza, politica e istituzioni.Giustamente tu privilegi, in questa sede, la componente sostanziale della vicenda e solo di rimbalzo il giudizio politico che ne scaturisce. E’,d’altronde, d’obbligo nella sede in cui il dibattito si sviluppa.
Nondimeno, ferma restando la premessa, occorre dare ulteriore risalto agli aspetti tecnici per gli effetti concreti che evidenziano. E, quindi, soffermarsi sulle implicazioni politiche delle decisioni al riguardo. Per cominciare. E’ innegabile che la frettolosità del decreto governativo sia stata ispirata dal deliberato proposito di eludere il contesto normativo in arrivo(I° gennaio 2016) che lo avrebbe vanificato. Un siffatto modo di operare rivela senza ombra di dubbio intenzioni non soltanto genericamente surrettizio ma palesemente consapevole di sottrarre fraudolentemente la materia al precipuo regime disciplinare del caso.
Banalmente, qualcuno si è spinto ad osservare che le ragioni dell’intervento di salvataggio dei quattro istituti cooperativi siano state dettate dall’interesse di qualcuno ad alleviare i problemi della banca legata,attraverso il padre,alla ministra Boschi. Privilegio insito nella particolare posizione preferenziale della signora nel governo e,in particolare, nei rapporti con il presidente del consiglio Renzi. Ma proprio per questo da sottrarre a maliziosi sospetti associando nell’operazione altre tre banche. Se le illazioni siano fondate o frutto di malevoli eccessi di polemica politica, sta di fatto che i termini in cui la vicenda è maturata offrono inquietanti spunti di conferma.
Altro elemento che evidenzia la prevalente connotazione politica – in misura negativa – del salvataggio è la particolare enfasi con cui l’annuncio è stato accompagnato dalla precisazione che nessun onere graverebbe sulla finanza pubblica. Affermazione infondata e mendace che aggiunge una ulteriore buona dose di malafede al resto. Come un rapido ed approssimativo conto consente di dimostrare, dei tre miliardi e mezzo di costo del salvataggio almeno uno e mezzo sarà pagato dallo Stato. Chi conosce il meccanismo attivato potrebbe meglio precisare titolo e entità degli oneri che la comunicazione governativa ha scientemente deciso di omettere. Ma la sostanza non cambia.
S’è detto che – per l’occasione – ha prevalso la preoccupazione di salvaguardare gli interessi dei correntisti. Ma la opportunità di tale presupposto entra fortemente in conflitto – sempre sul piano politico – con la specifica natura delle banche in questione. Trattasi, cioè, di istituti di credito cooperativo e in quanto tali fortemente radicati nel territorio. Ciò significa, di fatto, l’esistenza di un azionariato assai parcellizzato e diffuso, di piccolo-medio target finanziario. In maggioranza piccoli risparmiatori che hanno investito nell’istituzione territoriale le loro limitate disponibilità. Oltretutto, in molti casi, condizionati dall’imposizione di previa sottoscrizione di quote azionarie per poter accedere alle concessioni di credito. E’ evidente che tali circostanze sovvertono la linea teorica di demarcazione tra azionariato di rischio e correntisti nelle vigenti ipotesi di salvataggi. Tuttavia Bankitalia e Governo hanno completamente eluso e disatteso ogni migliore valutazione in merito. Ne è risultato, sul piano socìale, un micidiale azzeramento di piccoli/medi investimenti da risparmio familiare, non compensato da adeguati corrispondenti livelli di garanzia e tutela dei depositanti. Forse – o certamente più che forse – nella logica delle decisioni adottate, l’esigenza di “salvare” tout court cattive gestioni, pessimi amministratori e intrecci di natura politico-clientelare ha avuto determinante priorità. A spese della correttezza e della effettiva salvaguardia di tutte le esigenze in ballo.
Valeva la pena di dar corso ad un discutibile atto di politica finanziaria per assecondare le attese della banca cara alla Boschi? Di certo il Governo riterrà non necessario rispondere.
Gent.mo signor Giannino, l’articolo è encomiabile per l’onestà intellettuale e l’acribia dell’analisi. Grazie.
Carlo Ghiringhelli
Ai poveri risparmiatori espropriati le analisi complicate anche se corrette interessano poco.Quando una banca fallisce deve fallire.Al cliente l’alternativa se perdere tutto o perdere tutto.La colpa che paga è la scelta che ha fatto.Chi aveva comprato azioni ne conosceva il rischio.Chi obbligazioni le conosceva in parte.Il povero depositante ancora meno.Il bail in potrebbe essere anche accettato ma se l’azienda non scompare dovrebbe ricordarsi di chi ha contribuito a farla rinascere.Chi ne ha causato la morte non deve pagare con la revoca degli incarichi ma deve pagare e basta,con tutto quello che ha.Il resto riguarda i grandi sistemi che i poveri sudditi intravedono da lontano.
Caro Adriano, non possiamo dire che le analisi anche se corrette interessano poco. Questo è barbarismo. Bisogna dire le cose come stanno, poi se qualcuno non le comprende non possono stare peggio anche coloro che le comprendono: in caso di fallimento di una banca, possono essere prelevati fino all’8% dei depositi per pagare eventuali creditori. Chi ha conti correnti sotto i 100 mila è tutelato dal fondo di garanzia chi è sopra no. Cosa è cambiato rispetto a prima? La previsione dell’8% come misura massima? Se prima si pagava con il 35% anzichè con l’8 chi poteva dire qualcosa? Quindi? Le cose sono migliorate per i risparmiatori rispetto a prima?
Si poteva addirittura fare in modo che anzichè prevedere un limite massimo si prevedesse la totale immunità dei conti correnti? Ma in questo modo si vuole incentivare chi ha conti correnti inutilizzati sopra i cento mila euro, ad usarli meglio. Se a lui poi non interessa perchè tanto quei soldi non gli servono, è giusto che paghi al posto di chi magari, anche se rischia, ha più bisogno.
Caro Giuseppe a me piace la libertà e quando vedo che non c’è mi arrabbio.Capisco l’8%,i 100000 e tutto quello che si vuole ma “incentivare ” ciò che mi riguarda dovrebbe prima comportare la richiesta di un parere.Qui tutti decidono su tutto senza domandare prima agli interessati cosa ne pensano .A me non va bene e di conseguenza non vanno bene tutte le chiacchiere che ci girano intorno parlando di tutto meno che di questo.L’otto per cento può sembrare accettabile ma dato che lo si chiede a chi non ha colpe ,prima quelli che ne hanno devono avere contribuito con il 100%.Altrimenti continuiamo a “prenderci per le natiche”,come diceva Brancaleone.
Capisco le tue perplessità ma non le condivido. Ritengo che 100K su un conto corrente di una banca che sta per fallire sia, non dico come contribuire al fallimento ma qualcosa che tanto bene non faccia. Prelevare l’8% mi sembra un buon compromesso, posto che il prelievo forzoso è una misura estrema e non la devi pensare come una misura a danno del solo correntista ma l’immaggine della stessa banca e della governance non ne esce indenne. Inoltre come ti facevo notare, prima il prelievo forzoso non era vietato ma semplicemente non disciplinato. Adesso almeno c’è chiarezza.
Sono d’accordo con te invece nel punire chi ha colpe un po più pesanti. Mi riferisco agli amministratori e ai dirigenti che possono aver agito, non solo in mala fede, ma anche con criteri del tutto antieconomici e a vantaggio di pochi. Questo è forse quello che manca di più in Italia. Lo dicevo pure nel commento più sopra. Misure più incisive e maggiore certezza della pena in caso di errori. Pene proporzionate agli errori commessi. Ma per fare questo ci vogliono economisti veramente lungimiranti. Ci sono?
se ragionassi all’interno del capitalismo potresti anche aver discrete ragioni.. ma visto dall’esterno hai (AVETE) torto: i debiti occidentali (e fra un pò anche gli EM) sono IRredimibili.. e fra 10 anni saranno ancor più alti.. e fra 20 ancor di più del di più.. gli Apparentemente diversi debiti/perdite nascoste delle banchette clientelari italiche, di Deutch Bank, di CreditAgricole, di Bank of Scotland, o quelli degli Stati o dell’Inps (in questo caso sono “impliciti” e non contabilizzati) sono invero uguali.. cambia solo la Scala e la diversa Volontà dei Poteri Forti di non veder i numeri taroccati che tutti nel giro conoscono..
Migliaia di persone sono state derubate dei propri risparmi, la gran parte in modo inconsapevole del rischio che stesse correndo, con un blitz del nostro governo a tradimento!!!
Perché no si dice che la normativa Europea “BAIL_IN” sarebbe scattata solo dal 01/01/2016 per cui i titolari dei conti correnti superiori ai 100.000 euro depositati presso queste 4 banche avrebbero sicuramente svuotati i propri c/c prima di questa data, svuotandole praticamente di risorse!
La realtà è che si dovrebbe avere il coraggio di indicare con il nome ed il cognome….o con la ragione sociale di tutte quelle aziende che grazie alla complicità dei consiglieri di amministrazione delle Banche coinvolte hanno ricevuto denari per 10…100 volte o più del proprio capitale sociale…..o del proprio patrimonio ..e si sono cosi arricchite a livello personale ed anche eventualmente indebitando di proposito le proprie aziende che nella realtà erano dei semplici contenitori vuoti.
Queste persone sono adesso i veri detentori dei risparmi delle migliaia di poveri cristi che si sono visti derubati dei risparmi di una vita di sacrifici avvenuta con la complicità dei politici locali e degli intrecci tra il sistema bancario ed imprenditori rampanti che sono apparsi improvvisamente nel ultimo ventennio nel nostro paese.
Questa è la mafia dei colletti bianchi che non usa la lupara….