Sei semplici mosse per (quasi) liberare le professioni liberali…
Sono consigli molto puntuali, che mirano a unire realismo politico ed efficacia liberalizzatrice, quelli che il Position Paper dell’IBL intitolato “Per una riforma delle professioni. Sei idee (quasi) liberali per Governo e Parlamento” (PDF) offre al ceto dirigente italiano, ormai vicino a una riforma delle professioni che potrebbe, però, configurarsi come una “contro-riforma”. Anche se può sembrare impossibile, ma da più parti giungono infatti indicazioni che vorrebbero ancor più ossificare uno dei settori più ossificati della nostra società, rinunciando perfino a quelle modeste aperture in direzione del mercato che si sono avute in anni recenti.
Per questo motivo, il primo dei sei suggerimenti dati dal paper è proprio quello di “non toccare il buono che si è già fatto”: quando si sono abolite le tariffe minime, si è permesso il patto di quota-lite (l’americano contingent fee), si è introdotta la possibilità di pubblicità, si è aperto alle società di persone. Bisogna anzi che alle norme seguano atti concreti, dato che in molti casi gli ordini professionali si sono messi di traverso, annullando di fatto le novità positive del decreto Bersani del 2006.
Il secondo consiglio consiste nel suggerire che la riforma del settore avvenga con un’unica legge, offrendo una disciplina quindi omogenea che aiuti al massimo la trasparenza.
Il paper propone, per giunta, di aprire ad una concorrenza di ordini. Se proprio non si vogliono abolire gli ordini esistenti, si permetta la nascita di ordini “alternativi”: che ad esempio siano più rigorosi (o meno) nei loro requisiti e che in tal modo diano vita a un embrione di concorrenza, sottraendo ai notabili dei diversi settori quel potere di cui ora dispongono, del tutto illegittimo e incompatibile con una società liberale.
Quarto punto: si mantengano all’interno del sistema ordinistico solo le professioni che sono più legate a esigenze di tutela della qualità: medici e avvocati, quindi, e al limite anche architetti e ingegneri. Tutti gli altri devono invece operare entro un regime di libera concorrenza. E soprattutto devono farlo i giornalisti, dal momento che si tratta di un ordine “intrinsecamente incompatibile con il diritto alla libera manifestazione del pensiero”.
È poi indispensabile che si apra ulteriormente la possibilità di organizzare in termini nuovi e più imprenditoriali l’universo professionale, facendo nascere anche società di capitali e quindi garantendo ai professionisti italiani di poter competere ad armi pari con i colleghi di altre realtà nazionali.
Ultimo suggerimento: poiché già esiste de facto la figura del libero professionista che nella sostanza è un lavoratore dipendente, si deve permettere anche de jure di scegliere – se lo vogliono – di esercitare la propria professione nella forma del lavoratore subordinato. Questo non va intenso con un invito a ingabbiare o tutelare questa nuova posizione, ma semplicemente come la volontà di permettere il superamento di vincoli e limiti, in modo che la professione possa essere svolta nelle forme più adeguate.
Il testo propone le proprie tesi riformatrici ben sapendo che si tratta di proposte moderate, tanto che nel sottotitolo si parla di “idee (quasi) liberali”. In una società liberale gli ordini vanno aboliti, e quedsto soprattutto quando si tratta di garantire alti livelli di qualità nei settori più cruciali (dove si ha a che fare con la salute, ad esempio).
Ormai si è in molti a sperare che in Italia si facciano riforme “(quasi) liberali”. Per quelle veramente liberali bisognerà forse attendere generazioni più fortunate e intellettualmente coraggiose.
I sei punti elencati non sono esaurienti. Manca la cosa più liberale: il diritto si scelta. Mi spiego con due esempi:
a) per trasferire la sede legale della mia società da Vimodorne a Cernusco sul Naviglio DEVO recarmi dal notaio. Parcella di quasi € 2.000,00. Asssurdo!
b) Pe recuperare un credito mi devo rivolgere OBBLIGATORIAMENTE da un avvocato. Il quale si rivolge al giudice. A me è vietato. 2,000,00 euro pre le prime spese. Pazzesco!
Entrambi prestazioni professionali di bassa manovalanza.
Sono in grado di farmele da solo tali prestazioni!
Pertanto tutte le rieserve e/o esclusive devono essere abolite!
Il cittadino e/o impresa devono essere messe in grado si potere scegliere. I saprei non sono più limitati a poche corporazioni professionali.
Cordialmente