Se Gheddafi non c’è il petroliere balla? – di Emilio Rocca
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Emilio Rocca.
I petrolieri stanno approfittando della crisi libica? L’accusa di “speculare” sulla guerra circola fin da quando i prezzi del petrolio hanno preso il volo dopo lo scoppio delle ostilità, ed è stata rinfocolata dall’avvio di una indagine conoscitiva da parte dell’Antitrust sulla validità dell’indice Platts, che stima il prezzo di mercato della materia prima. Il Garante della concorrenza ha pure posto l’enfasi sugli strumenti utili a favorire la diffusione delle pompe bianche e della grande distribuzione. Dal canto loro, fin dai primi di marzo le associazioni dei consumatori chiedono un intervento del governo. Ma cosa dicono i dati?
Le accuse dei consumatori e i sospetti impliciti nell’indagine dell’Antitrust, si rivelano scarsamente fondati. Un primo modo per verificare l’ipotesi di scarsa concorrenzialità è osservare la variazione del margine lordo delle compagnie: davvero le rivolte in Libia sono state una scusa per fare extra-profitti? Possiamo calcolare il margine lordo come differenza tra il prezzo alla pompa e il costo della materia prima per produrre quel litro di benzina o gasolio. Seguendo la metodologia abituale, possiamo assumere che il costo della materia sia uguale alla quotazione Platt’s CIF Med, che rappresenta il costo per acquistare dei carburanti raffinati e averli consegnati in un porto del Mediterraneo. Il margine lordo comprende costi di stoccaggio e di distribuzione oltre al margine netto realizzato dalla compagnia e dal gestore dell’impianto.
Consideriamo allora l’accusa delle associazione dei consumatori, per cui i petrolieri avrebbero trovato nelle rivolte libiche un buon diversivo per fare maggiori profitti. Le prime manifestazioni registrate in Libia risalgono alla sera del 15 febbraio: quel giorno in Italia le compagnie petrolifere registravano un margine lordo di 15,6 centesimi per la benzina e di 13,9 centesimi per il gasolio. A distanza di un mese e mezzo, il 29 marzo questi valori erano, rispettivamente, 15 e 16,1 centesimi. In un mese e mezzo il margine lordo sulla benzina è diminuito di 0,6 centesimi, quello sul gasolio è aumentato di 2,2 centesimi. Ma prima trarre delle conclusioni affrettate è utile allargare il campo di attenzione e considerare le variazioni del margine lordo su un periodo più ampio. Se osserviamo il grafico del margine lordo che abbiamo calcolato da inizio 2010 ad oggi notiamo che il suo valore è tutt’altro che stabile. Dall’anno scorso ad oggi ha toccato massimi di 18 centesimi e minimi di 12 centesimi: un range considerevole. Quello che preme sottolineare è che, in questo periodo più ampio, il margine lordo è stato estremamente volatile, ma non ha manifestato alcun trend significativo.
Venendo al secondo sospetto, ci chiediamo se l’indice Platt’s sia un valido riferimento per le compagnie petrolifere nel decidere i prezzi. Teoricamente per essere un “buon” riferimento dovrebbe rispecchiare perfettamente le variazioni nelle quotazioni del greggio più quelle relative ai costi di raffinazione che possono risentire del mix di greggi effettivamente disponibile in un dato momento, oltre al rapporto tra la domanda attesa e la capacità effettivamente disponibile e le scorte. In tal caso ogni variazione nel prezzo dei carburanti raffinati sarebbe imputabile ad una variazione del prezzo della materia prima, il greggio appunto, e potremmo escludere l’ipotesi di comportamenti anticoncorrenziali delle compagnie e ad aumenti del loro margine.
Il grafico seguente mostra allora le variazioni tra prezzi della benzina alla pompa, la sua quotazione Platt’s e le variazioni di un litro di greggio. Quest’ultimo valore è un paniere dei principali quotazioni del greggio; inoltre viene espresso in euro per escludere qualsiasi effetto del mercato dei cambi sulle variazioni analizzate.
Consideriamo la relazione tra l’indice Platt’s e il greggio: se all’inizio il parallelismo è molto evidente, sembrerebbe poi essere molto più volatile del greggio. Di nuovo, espandendo il periodo di studio questo dubbio si indebolisce. Misurando la correlazione tra platts e greggio da inizio 2010 all’ultima settimana otteniamo un valore robusto, pari a 0,97. Questo prova che l’indice Platt’s segua bene le variazioni del prezzo del greggio e che aumenti nella quotazione della benzina raffinata siano imputabili per la maggior parte ad aumenti del prezzo del greggio.
Sembrerebbe più sospetta la relazione tra il prezzo della benzina alla pompa e l’indice Platt’s: in particolare si ha la netta sensazione che quando la quotazione sale il prezzo della benzina alla pompa lo segua fedelmente, mentre quanto scende il prezzo del carburante sia molto più rigido ad adattarsi. Confermerebbe dunque la voce popolare secondo cui, quando il prezzo del greggio aumenta la benzina rincara subito, mentre quanto diminuisce le compagnie aspettino a ridurre il prezzo del carburante e si arricchiscano. Prima di arrivare a questa conclusione proviamo però ad espandere di nuovo il campo di attenzione. Anche la correlazione tra Platt’s e prezzo alla pompa è robusta, pari a 0,96. Di fatto possiamo concludere che, sebbene negli ultimi giorni le variazioni siano state molto forti, nell’arco di quasi un anno e mezzo il prezzo della benzina in Italia ha rispecchiato fedelmente le variazioni delle quotazioni internazionali Platt’s. È possibile che i movimenti dei prezzi dei prodotti raffinati abbiano l’effetto di “smorzare” i cambiamenti: i petrolieri punterebbero, nel breve termine, a proteggere più i volumi che i margini nelle fasi di prezzi crescenti, per poi ricuperare i margini quando i prezzi internazionali si riducono.
La tabella seguente riassume i valori delle correlazioni calcolate tra il primo gennaio 2010 e il 29 marzo 2011.
CORRELAZIONE | ||
Platt’s – prezzo benzina alla pompa |
Platt’s – greggio |
Margine lordo – Mix greggi € |
0,957131948 |
0,976001671 |
0,068241101 |
L’ultima colonna mostra che la correlazione tra il margine lordo della vendita della benzina e il prezzo del greggio è pressoché inesistente. Ciò conferma un’intuizione teorica: non sarebbe molto tempestivo per le compagnie aumentare i propri margini quando il prezzo del petrolio sale. Non sarebbe tempestivo perché in tali circostanze hanno tutti gli occhi addosso: in questi giorni i politici e i media riservano grande attenzione all’argomento e sono tutti pronti ad accusare i petrolieri collusi e opportunisti. Peraltro, non sarebbe neppure particolarmente vantaggioso: si collude meglio quando i prezzi sono “bassi” così si aumentano i margini senza perdere volumi.
Tirando le fila del discorso, le accuse di scarsa concorrenzialità non reggono il confronto dei dati. Le compagnie petrolifere non hanno goduto margini maggiori approfittando della recente instabilità delle quotazioni del greggio e le loro procedure di pricing sono coerenti. Resta l’impressione un po’ amara che ancora una volta si reagisca al caro-benzina puntando il dito contro le compagnie petrolifere. Lo stereotipo vuole infatti questo settore manovrato da oligopolisti senza scrupoli e ciò giustifica l’attenzione pedante dell’Antitrust. Paradossalmente, la recente indagine dell’Autorità è iniziata proprio nella settimana in cui è diventato legge il decreto che finanzia il Fondo Unico per lo Spettacolo attraverso un aumento delle accise sui carburanti di “soli uno-due centesimi”.
Giannino perche non dici niente del casino che stanno facendo in campo finanziario europeo e mondiale gli impronunciabili EBREI
“Seguendo la metodologia abituale, possiamo assumere che il costo della materia sia uguale alla quotazione Platt’s CIF Med, che rappresenta il costo per acquistare dei carburanti raffinati e averli consegnati in un porto del Mediterraneo. Il margine lordo comprende costi di stoccaggio e di distribuzione oltre al margine netto realizzato dalla compagnia e dal gestore dell’impianto.”
Domanda da semi-ignorante: ma…
-non è vero che la benzina che noi oggi paghiamo profumatamente e che rincara ad ogni smitragliata presunta è in realtà stata acquistata dai 3 ai 6 mesi prima dalle compagnie petrolifere?
-non è vero che la benzina che noi paghiamo profumantamente ha fruttato nella scorsa annata qualcosa come 1 MILIARDO di profitti extra alla compagnia petrolifera del cane a 6 zampe?
– Quanti litri – e quindi quanti 0,210 euro di benzina – saranno stati venduti nel giorno in cui il differenziale è stato massimo ed è andato sotto indagine?
Tutto questo per un semplice motivo: con uno stipendio superiore alla media di 1500 euro non mi posso più permettere di pagare la benzina per la macchina. Dovrò passare ai bus. Peccato che i bus causa aumento del carburante, aumentano prezzi di biglietti e abbonamenti… Non c’è nessuno che si incazza seriamente per queste prese in giro?
Sì ammetto di non aver specificato con precisione la metodologia: è quella usata in molti studi dell’IBL, che Carlo Stagnaro spiega dettagliatamente in paper come questo “Carburanti. La leggenda dei prezzi straordinari” http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Focus/IBL_Focus_113_Stagnaro.pdf
In sostanza, prendi il prezzo industriale della benzina che è il prezzo sui cui non è applicata alcuna accisa o imposta. Sottrai il costo della materia prima e ottieni il margine lordo medio delle compagnie operanti in Italia. Tutti questi dati sono reperibili sul sito dell’Unione Petrolifera.
Perché prendere la quotazione Platts come prezzo della materia prima? Perché è la quotazione che le compagnie usano come riferimento nel pricing. Quindi è vero che le compagnie possono aver acquistato la materia prima molti mesi prima di vendere i prodotti che hanno raffinato; però ciò, se rappresenta un vantaggio con prezzo del petrolio crescenti, è uno svantaggio equivalente con prezzi decrescenti.
Non sono sicuro di capire cosa intendi per extra-profitti e non so conosco i singoli bilanci delle compagnie italiane. Ma se anche una compagnia avesse registrato maggiori utili nel 2010 rispetto all’anno prima, è una prova a favore dell’ esistenza di un cartello dei petrolieri italiani?
Quello che voglio dire è che non si può accusare le compagnie italiane di aver creato un cartelli dei carburanti basandosi soltanto su osservazioni come: “il 16 febbraio c’è stato un enorme differenziale prezzo benzina-prezzo greggio” oppure “nel 2010 una compagnia ha avuto più utili dell’anno prima”. Quello che ho fatto io è stato andare a vedere dei dati medi, e su una base di tempo più estesa, che dicono una cosa: da inizio 2010 ad oggi il margine che mediamente le compagnie italiane ottengono alla vendita dei carburanti è rimasto lo stesso.
@Mario Robusti