4
Feb
2010

Scajola, le Regioni e il nucleare

Il governo ha impugnato le leggi regionali anti-nucleari di Puglia, Campania e Basilicata. Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha spiegato che “l’impugnativa delle tre leggi è necessaria per ragioni di diritto e di merito”.

Ha spiegato:

In punto di diritto – ha aggiunto – le tre leggi intervengono autonomamente in una materia concorrente con lo Stato (produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica) e non riconoscono l’esclusiva competenza dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, della sicurezza interna e della concorrenza (articolo 117 comma 2 della Costituzione). Non impugnare le tre leggi avrebbe costituito un precedente pericoloso perchè si potrebbe indurre le Regioni ad adottare altre decisioni negative sulla localizzazione di infrastrutture necessarie per il Paese». «Nel merito – ha continuato il ministro – il ritorno al nucleare è un punto fondamentale del programma del Governo Berlusconi, indispensabile per garantire la sicurezza energetica, ridurre i costi dell’energia per le famiglie e per le imprese, combattere il cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra secondo gli impegni presi in ambito europeo.

La mossa era prevedibile e doverosa. Costituisce anche una risposta indiretta all’attacco uguale e contrario delle regioni che hanno a loro volta impugnato la legge “sviluppo”, con l’argomento di essere state estromesse di fatto dal processo di valutazione e autorizzazione degli investimenti nucleari. Scajola ha fatto bene a replicare duramente, e con le stesse armi, ai governatori che hanno voluto, per primi, interpretare col massimo grado di politicizzazione la questione dell’atomo. Sarebbe auspicabile che, ora che i contendenti si sono mostrati i denti vicendevolmente, procedessero al disarmo. Portare una scelta politica (il ritorno all’atomo) e regolatoria (il modo in cui ciò dovrà avvenire) nelle aule giudiziarie è il modo migliore per affossare le speranze di quanti ritengono che il nucleare debba essere un’opzione a disposizione delle imprese. Si dirà: è proprio questo che le regioni antinucleari vogliono (o dicono di volere, nel caso l’attacco sia puramente strumentale – come in Liguria, regione che non potrà mai ospitare impianti per ragioni morfologiche e che dal disegno scajoliano ha solo da guadagnare, visto il ruolo che nella prospettiva del ministro gioca la genovese Ansaldo).

La domanda che i governatori dovrebbero farsi, e tutti quanti dovremmo farci, è: a che costo? Se il ricorso delle regioni avesse successo, gli investitori (non solo quelli attivi nell’atomo, beninteso) riceverebbero l’ennesimo segnale di un paese che procede a zig zag, incapace di prendere decisioni e quindi sempre pronto a delegarle ad altri (l’Europa) o a strutture tecnocratiche e politicamente irresponsabili (la giustizia, la burocrazia). Come risultato, gli investimenti in tutti i settori ne soffrirebbero, l’attrattività della nostra economia ne soffrirebbe, e in ultima analisi le nostre prospettiva di crescita e, nel breve, di uscita dalla crisi.

Gli avversari del nucleare giocano sistematicamente due carte. Una è quella della sicurezza e dell’ambiente: bene, ma allora perché non cercano di ottenere norme più restrittive? L’altra è quella della presunta non economicità dell’atomo: bene, ma allora perché non si siedono sulla sponda del fiume nell’attesa del cadavere di chi lo fa? La verità è che la parola “atomo” è l’equivalente del drappo rosso agitato davanti al toro, che condensa tutti i tic, tutti i riflessi pavloviani, e tutti i pregiudizi culturali di ecologisti senza scrupoli, nemici del capitalismo senza se e senza ma, piangitori di professione e professionisti della contestazione. Le forze politiche – tutte – dovrebbero superare la loro malattia infantile, entrare – almeno – nell’adoloscenza e prendere sul serio una partita importante e, se bene interpretata, virtuosa. Virtuosa per l’economia, virtuosa per l’ambiente e virtuosa per la credibilità del paese.

Questa volta, dunque, a dispetto delle tante critiche che gli abbiamo rivolto, non possiamo che applaudire a Scajola. Nella speranza che il dibattito sul nucleare si sposti rapidamente sul terreno delle cose e dei fatti, e che potremo finalmente smetterla di affrontarlo come le due tifoserie opposte di un derby calcistico.

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5 Responses

  1. sul resto del discorso nulla da dire, anche se preferirei che l’italia puntasse su altre forme di produzione di energia. ma non ritengo possibile la politica del sedersi e aspettare di veder passare il cadavere.
    non scordiamoci che i costi nascosti del nucleare, soprattutto smaltimento delle scorie e dismissione delle centrali, non ricadrebbero sugli imprenditori ma sullo stato.
    se si riesce a passare questi costi e questo rischio ad altri ben venga il nucleare, se deve ricadere sulla collettività ritengo sia meglio fermare tutto un’altra volta.

  2. Ottenere un eventuale abbattimento delle tariffe energetiche a fronte di un insediamento di centrale nucleare (o indennizzo distribuito sotto altra forma) sarebbe sicuramente importante per un territorio regionale.
    Il problema è che l’atomo è visto come la lebbra e tutte le industrie chimiche no (Alcoa in primis), costruite tra l’altro con soldi pubblici e con un ciclo di vita limitato.
    Chissà quante discariche nascoste, anche di materiali radioattivi, abbiamo vicino a dove viviamo senza neanche saperlo, le scambierei volentieri per una centrale nucleare fatta in grazie di dio e ben controllata.

  3. damiano_

    in genere i rifuti nucleari li scaricano in mare o in somalia ….
    cio’ detto , io sono tra quelli che “aspettano che passi il cadavere ” purche si neghino i contributi pubblic al nucleare (e si includano i costi di smaltimento ) .

  4. Ma cosa gliene frega a Scajola della Campania, Basilicata e Puglia?
    In Campania e Basilicata il Nuke non va. In Puglia possono dirti che di energia ne hanno da vendere ( e purtroppo è vero).
    Non capisco quindi sto accanimento. 3200 Mw li mettono nel Lazio. 3200 in Lombardia. Siamo a 4. Ne mancano 4. Enel è a posto. Sugli altri ci dividiamo tra Piacenza Friuli e Veneto.
    Mi dicono: si vabbè ma al Sud ci vuole. Perchè ?
    GLi modificano la rete e sono a posto per le rinnovabili auspicando che al 2025 ( il 2020 non ha senso che parliamo di nucleare) i prezzi calino e gli incentivi spariscano.
    A quel punto io credo che il costo sia al Mwh che per gli investimenti sia simile tra eolico e forse fotovoltaico e il nucleare.
    Uno scenario con Carbone e nucleare al nord e gas e rinnovabili al sud lo vedo fattibilissimo.
    Anche se bisognerebbe ragionare sui troppi baseload al nord ma vabbè!

  5. se scajola pensasse a farsi qualche boscaiola in più forse con la bocca piena direbbe meno idiozie! il suo piano industriale equivale al disastro ambientale e lo vuole applicare solo al sud anziche in padania dove ci vive lui e quella svergognata di sua moglie

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