Sanità, scandali e federalismo differenziato
Da Tempi
Monta lo scandalo, l’ennesimo, sulla sanità romana e sulle condizioni posti-letto e pronto soccorso offerte da alcuni primari poli ospedalieri della Capitale. Dopo servizi televisivi e visite non preannunciate di parlamentari della città, il ministro Balduzzi ha disposto l’invio di ispettori. In alcuni casi, stupiti dello stupore, i diretti responsabili affermano trasecolati che è ordinaria amministrazione e non scandalo, che affetti da coma profondo o rianimati stiano per giorni su barelle nei corridoi. Gli ispettori accerteranno, il polverone è assicurato. Vorrei evitarmi parole inutili. Per andare a una questione più di fondo. Oltre a verificare responsabilità precise e più o meni gravi nei casi in oggetto, possiamo comunque pensare che nel medio periodo sarà abbastanza rassicurante, l’effetto combinato delle misure di federalismo fiscale applicate alla sanità su cui si è a fondo discusso nei primi tre anni della legislatura in corso? E cioè che potremo contare con buona probabilità sul fatto che insieme si abbattano molto significativamente le intollerabili deviazioni da criteri di efficienza rispetto alla congruità delle risorse disponibili, e insieme quelli di efficacia rispetto a standard di qualità convergente a fronte di costi sotto controllo? No, purtroppo la risposta è no.
A mia conoscenza, chi lavora seriamente su tale questione è il CERM, il centro di analisi e ricerca economica su Competitività, Regolazione e Mercati guidato dal professor Fabio Pammolli, docente di Economia e Management all’Università di Firenze e direttore di I.M.T. Alti Studi a Lucca. Il CERM ha appena redatto una meritoria e approfondita ricerca su costi- qualità sanitaria, ricerca che consente di rispondere con un’ approssimazione molto elevata alla domanda da cui siamo partiti. La risposta è poco consolante. No, non possiamo contare che il sentiero della convergenza tra controllo costi e standard qualità sia stato imboccato tanto da farci stare tranquilli.
In primis, il cantiere della definizione dei tanti particolari essenziali per far convergere costi e qualità è stato interrotto. La Legge n. 42-2009 e il Decreto n. 68-2011 che ne è derivato in attuazione della delega contengono snodi su cui è necessario ancora decidere. Una volta abbandonata l’idea – quella sì rivoluzionaria per davvero – di introdurre nel processo di formazione e di controllo della spesa sanitaria criteri di convergenza microeconomica sulla formazione dei costi intermedi di beni e servizi prima della loro offerta finale, e dopo aver adottato un costo storico spaccandolo come costo standard grazie a un po’ di belletto, ritarandolo cioè meramente per caratteristiche socio-demografiche della popolazione, restano un bel po’ di particolari decisivi da mettere in chiaro. Sulle regole di finanziamento, sulla governance, sulla regolazione lato domanda e offerta di prestazioni, sulla piena responsabilizzazione di chi non rispetta gli standard, sulla gestione della transizione, e via proseguendo
La ricerca del CERM ha ipotizzato per il finanziamento sanitario che tutte le Regioni concorrano a coprire la spesa nazionale sul Pil nazionale. È il principio del cosiddetto “uguale sacrificio proporzionale”. Per compierlo, però, è appunto necessario fissare regole precise e operative sia per la spesa sia per il finanziamento, cosa che il Parlamento non ha fatto. Poi è arrivato il governo tecnico, e tutto si è interrotto. In ogni caso, in primis anche questo criterio NON stabilizza la spesa sanitaria. Il CERM parte dal quantificare, sia in percentuale del pil che in euro assoluti, le seguenti voci: spesa regionale standard e lorda delle inefficienze; concorso al finanziamento da parte di ciascuna Regione; flussi di redistribuzione territoriale che derivano dalla combinazione della regola di “standardizzazione” della spesa e della regola di finanziamento. In base a questo, per il CERM resta una forchetta di aumento della pressione della spesa sul Pil Italia, da oggi al 2030, compresa tra 1 e 1,5 punti di Pil. E a questo aumento si deve sommare, nel caso non si riuscisse a riassorbile, inefficienze pari allo 0,25-0,3% del Pil. In altre parole, il rischio ancora aperto di qui al 2030 è di una spesa sanitaria pari fino a 150 miliardi euro l’anno, in valori attuali. E deve esser chiaro che la forchetta rappresenta solo una parte dell’incremento di incidenza che ci si può attendere a medio-lungo per esigenze sanitarie. Perché essa non comprende la spesa per assistenza continuata ai non autosufficienti, quasi integralmente estranea ai bilanci regionali e di pertinenza comunale, né comprende le spese in conto capitale. La prima componente pesa oggi l’1% di Pil oggi e crescerà continuamente almeno sino all’ 1,7% con la curva demografica che abbiamo. Se le due componenti fossero incluse, la dinamica della spesa sanitaria complessiva risulterebbe ancora più forte, in linea con le più recenti proiezioni Ecofin, Ocse e Fmi, che mettono in guardia su un potenziale quasi raddoppio del peso sul Pil di qui a 50 anni.
Nei due scenari CERM, il più favorevole vede la spesa sanitaria passare da qui al 2030 da 106 a 156 miliardi. Il più sfavorevole da 106 a 186 miliardi. Una volta chiarito che la stabilizzazione quantitativa sanitaria non c’è, veniamo all’analisi delle diverse sanità regionali. Peggio mi sento. La pressione sul Pil dell’ ”eguale sacrificio proporzionale” supererà soglie critiche proprio nelle Regioni che oggi mostrano le maggiori sacche di inefficienza e i più gravi gap di qualità delle prestazioni. Nel 2030, nel Mezzogiorno l’incidenza della spesa sarà almeno pari al 10%, con punte sopra l’11%. Senza risultati di efficientamento, bisognerà mettere in conto ulteriori aggravi di almeno mezzo punto percentuale, con picchi sino a un punto. Se tutte le Regioni concorreranno al finanziamento della spesa con una percentuale omogenea del Pil, pari all’incidenza della spesa nazionale sul Pil nazionale, i flussi di redistribuzione andrebbero dai circa 10 miliardi di euro attuali a 13 nel 2030. La maggior parte dei flussi partirebbe dal Nord a beneficio del Mezzogiorno.
Per il CERM alcune Regioni, Umbria e Marche in testa, saprebbero probabilmente megluio mettere a frutto la redistribuzione, perché sono efficienti nella spesa e di qualità nelle prestazioni. Malgrado un livello di infrastrutturazione lontano dai valori più elevati del Nord. L’Umbria sotto la media nazionale. A conferma che gli sforzi di investimento non debbano puntare tout court sull’ospedale e sui ricoveri ordinari, ma su prevenzione, assistenza domiciliare, integrazione socio-sanitaria, adattamento delle prestazioni alle esigenze del territorio e alla casistica soggettiva/familiare.
Il Sud? Per il CERM le Regioni meridionali appaiono in gradi diversi non “meritare” la redistribuzione. Troppo bassa la qualità che offrono, e sprechi equivalenti al 20 e anche al 40% di ciò che ricevono dalla collettività nazionale. Bisogna cambiare, affinché la coesione resti sostenibile. Alcune Regioni “ricche”, come il Lazio, la Valle d’Aosta, e le due Province di Bolzano e Trento, nell’ipotesi di finanziamento adottata dovrebbero concorrere positivamente a redistribuzione. Al contrario, oggi ricevono risorse. Il Lazio, attraverso i prestiti sanitari negoziati con lo Stato per via del rientro coatto dal suo eccesso di di deficit. E sempre il Lazio mostra lo spreco maggiore in valore assoluto: oggi, oltre 1 miliardo di Euro l’anno. Anche se val D’Aosta, Bolzano e Trento hanno i maggiori sprechi percentuali, 21, 23 e 17%.
Conclusione. Mia, questa volta, non del CERM In un quadro così poco rassicurante e a definizione dell’attuazione del federalismo sanitario di fatto interrotta, delle due l’una. Immagino che il governo lasci le cose come stanno perché il federalismo fiscale non gli piace e soprattutto dirà che spetta alla politica dopo le elezioni 2013. In questo primo caso, sarà la sola Lega a impugnare la bandiera della mancata convergenza di efficienza-efficacia sanitaria, e anche se le cifre smentiscono che basti quel che si è deliberato a una fetta dell’opinione pubblica del Nord apparirà per vero, perché è un errore credere che tutti o i più si mettano ad approfondire formule e calcoli. Oppure, chi non intende rassegnarsi al centralismo di una perequazione inefficiente che continui a premiare chi dilapida deve essere pronto a impugnare l’articolo 116 della Costituzione,e invocare per la sanità il federalismo differenziato.
grillo sei una merda fai discutere su dei falsi problemi la gente per nascondere la verita.quando c’è qualche proposta intelligente come quella di cittadino sovrano o tinazzi la ignorate per paura che possa uscire dall’acquario del tuo blog dove tante piccole bughe fanno le comparse mute immerse nell’acqua che le isola dal grosso del mondo che vive in un’altra realta dove si comunica per mezzo dell’aria . ma tu brutta merda non vuoi mandare messaggi via aria perche arriverebbero a troppa gente
Credo che solo i contribuenti possano esercitare il loro potere e spedire a casa gli incompetenti sia quando massacrano i loro cari come alla “santa Rita” sia al sud quando devono fare centinaia di chilometri per farsi curare e non trattare come bestie. Sappiamo con quanto clamore li si distragga da una seria e serena analisi delle disfunzioni della nostra classe dirigente (politica e non solo). Ma questa è colpa della classe dirigente che si reputa “sana”, forse, ma non saggia, e di una stampa mediocre o farlocca che anche se critica non riesce a rendere efficace il giudizio elettorale rassegnandosi a dipendere da un corpaccio impreparato e privo dei robusti anticorpi, necessari sopratutto nelle società moderne forse troppo “liquide” vedasi le difficoltà dell’economia reale. Spiacente, ma personalmente ritengo che la politica abbia pochissime missioni (benchè simuli abilmente una congestione di responsabilità)di cui 2 altamente prioritarie
PUBBLICA ISTRUZIONE ECCELLENTE E TUTELA PERMANENTE DI CRITERI MERITOCRATICI EFFICACI
ASSISTENZA SANITARIA ECCELLENTE
sono doveri fondamentali nei confronti dei cittadini (contribuenti) al di sotto dei quali ritengo che la parola democrazia sia esclusivamente “flatus vocis” ma io sono un integralista abbastanza eccentrico.
l’opacità nella gestione delle risorse destinate alla sanità è una delle prime cause dei disavanzi perpetrati per anni.
Provi qualcuno a chiedere un bilancio di un ospedale, non è dato sapere.
L’unico federalismo posto in essere in Italia è quello contabile, laddove ogni regione ed ogni amministrazione si redige i conti a modo suo.
La prima riforma a costo zero che dovrebbe fare il governo è l’obbligo di redigere i bilanci secondo codice civile.
Quindi mi state dicendo che il grande magnifico rettore di una eccellente (?) università considera il sistema sanitario secondario rispetto alla carenza dei taxi?
Della sanità si occupi la politica che ai taxi ci penso io?
Questo è l’uomo che salverà l’Italia, l’Europa, il Mondo, la Galassia e l’Universo tutto?
Aspettiamo un altro anno e l’unica soluzione diventa la bancarotta del sistema sanitario regionale. D’altra parte la pietra miliare di quello “”privato”” ha aperto la strada.
Serve una spending review, serve sempre. La scusa è sempre quella.
Spendiamo meno (e peggio) del resto d’europa in istruzione, ricerca e sviluppo, sanità.
Spendiamo molto di più (ma MOLTO!!) in “amministrazione generale”, quindi burocrazia.
In più le spese sono spostate verso sud mentre gli introiti fiscali verso nord.
Non basta per dare una qualche ideuccia?
Quando posso la seguo, compatibilmente con il mio lavoro (sono sempre d’accordo con lei per cui la pensiamo allo stesso modo). Sono un medico ospedaliero di Roma e vivo la realtà drammatica! Stamattina l’ho seguita per pochi minuti purtroppo; ma avrei tante cose da dire!
Il piano di rientro è stato uno scandalo, hanno tolto letti che servivano per darli a chi non li può e sa utilizzare solo x compiacenza elettorale.
Incarichi ricchi di direttori solo su indicazione politica e sindacale.
Mortificazione di qualsiasi professionalità e proggettualità. Abbiamo una pletorica gestione amministrativa, parcheggio di clientelismi e fagocita risorse per la assitenza al malato
Soldi stanziati per reparti. utilizzati per altri scopi; reparti completati e non aperti solo per dispetto a causa di pessimi rapporti tra Direttori ( rimango sul vago x evitare ritorsioni)
Nulla è cambiato e cosa ancor più grave non c’è la voglia di cambiare
Siamo tutti avviliti ! Occorrerebbe riformare in primis l’etica!!
So di dire cose a cui non vi può essere risposta. ma ci sentiamo compressi e intuendo la sua disponibilità la utilizziamo come cassa risonanza sperando nel futuro
Un caro saluto Dr. Luigi Cetta ed altri colleghi
Non occorre scomodare costosi istituti di ricerca.In assenza di riforme sui fondamentali il servizio sanitario è copia conforme degli altri sottoinsiemi del sistema,autoreferenziale e con obiettivi prioritari diversi da quelli di istituto.La centralità non è la salute pubblica ma la gestione degli interessi.Non serve registrare il fallimento del timido tentativo finto dei costi standard per prevedere quindi un aumento generalizzato di spesa e l’addebito relativo all’utenza con minore gratuità dei servizi e ulteriori balzelli.Scelta delle priorità ed impostazione di sistema dovrebbero quindi precedere necessariamente ogni tipo di analisi se si vuole coltivare la speranza di una mutazione.
Dr. Giannino la seguo spesso e devo dire che meno male esistono persone come lei che parlano dati alla mano e non solo perche’ hanno fiato nelle trombe. Credo che il putiferio sorto sulla sanità si venuto fuori solo perche’ i cari politici andati a verificare in loco fanno campagna elettorale attiva in vista delle prossime elezioni. E lo dico perche’ basta girare per i vari pronto soccorso di molti ospedali italiani per trovare situazioni simili a quella oggetto del contendere. Chi le scrive ha vissuto personalmente sulla propria pelle molti disservizi in merito, ma all’OUC di Firenze (Ospedale Universitario di Careggi). Per colica addominale rivelatasi poi un’appendicite problematica poi asportata 8 mesi dopo grazie allo zelo ed alla professionalità di una dottoressa di clinica chirurgica, sono stata al pronto soccorso, su una sedia per oltre 1 ora e mezza, sopraggiunta febbre, in barella dentro gli ambulatori sino alle 23.00: solo un medico per tutti i pazienti in visita, flebo chiusa per spostarmi in corridoio che poi si sono dimenticati di riapire (cosa fatta dopo un’ora su mia precisa richiesta), attesa di un’ora e mezza per radiografie fatte solo dopo che un’inserviente si è accorto che le carte necessarie a prenotare tale esame erano ancora giacenti sulle mie gambe perche’ nessuno le aveva portate in radiologia. Dulcis in fundo, ricovero con raggiungimento del reparto oltre l’una di notte perche’ non vi erano ambulanze disponibili visti i 23 interventi in attesa. Tutto senza che nessuno si preoccupasse di fornire cena, o coperte: sono rimasta in barella con quasi 40 di febbre coperta solo del mio giaccone sino a quando non ho toccato il letto del reparto…. Di cosa ci scandalizziamo allora? Era così prima dei grandi docenti universitari, è così adesso e dubito cambierà in futuro visto che a governarci torneranno gli stessi figuri che ci hanno portato a questo punto, arrendendosi poi per far fare il lavoro sporco agli altri per sperare di tornare dopo un’operazione maquillage che dovrebbe, secondo loro, pulire oltre le loro coscienze anche le nostre menti in modo da non ricordare la loro mala-assente politica
Le conclusioni sue e del cerm, sono state anticipate di qualche anno dal prof. Luca Ricolfi, che in diversi articoli sulla Stampa ha avanzato seri dubbi sull’efficacia del federalismo in sanità e in particolare al meccanismo dei costi standard. Le riconosco tuttavia non poca ragione quando dice che parte dell’opinione pubblica del nord percepirà le intemperaze leghiste come coerenti alla realtà. D’altra parte Giannino, cosa resta alla gente che paga per qualcun altro? In che altro modo può protestare? La gente che nel nord si mette diligentemente in fila a pagare F24 e contributi, tasse e canoni, imposte aggiuntive e prebende statali sorde e inutili, vede che per ogni taglio alla spesa pubblica corrisponde un calo di servizi e non una diminuzione di spreco. Ogni euro in meno alla scuola peggiora la qualità didattica e non scalfisce il bidello fannullon; ogni taglio alla sanità non tocca minimamente il portantino sempre in malattia ma diventa un letto in meno in reparto. Questo significa che questo Stato ha messo in atto meccanismi che di fatto impediscono riforme virtuose. Questo Stato è impossibilitato ad autoriformarsi. E allora? Allora andiamo felici verso il baratro, con “the end” in sottofondo e brandendo la bandiera dei nostri diritti acquisiti, che ormai non valgono quasi più niente.
Credo che una gran parte degli sprechi in sanità sia dovuto a errori e incompetenze mediche – la gran parte sarebbe evitabile se anche da noi vigesse la regola che il medico – come ogni altro – che commette gravi e grossolani errori possa venir licenziato. Otto mesi per accorgersi di una frattura vertebrale per non aver fatto la radiografia del segmento vertebrale interessato mi sembrano decisamente troppi. I costi intervenuti nel frattempo hanno sestuplicato i costi iniziali. Possiamo essere contenti di pagare per questo sistema?