Sane letture e Telecom come Fiat
Spesso nelle grandi crisi si affermano nuove grandi idee e cambi radicali di paradigmi, prima imperanti, ma rivelatisi esplosivamente sbagliati. Altrettanto spesso, però, la tendenza è quella di rispondere alle grandi crisi cercando di rispolverare vecchie idee che in precedenza erano state già messe da parte, proprio perché alla prova dei fatti non avevano retto. Esempio: quando all’apertura delle rotte oceaniche e alla ridislocazione verso Spagna e Nordeuropa dei flussi commerciali la Serenissima Repubblica di Venezia pensò bene di impedire ai suoi maestri d’ascia la realizzazione di caracche prima e galeoni poi, convinta che galee e galeazze di piccolo cabotaggio e non pelasgiche costituissero una specializzazione ancor più necessaria per difendere il monopolio del Mediterraneo, rimase abbarbicata a una nicchia perdendo di vista il mondo nuovo.
Lo stesso avviene oggi con il ritorno in grande stile dello statalismo. Per combatterlo, bisogna che tiriamo un po’ più energicamente fuori gli artigli, cari tutti voi che mi leggete.
Consiglio intanto due letture al volo. il bel saggio di Ian Bremmer sull’ultimo numero di Foreign Affairs – “State Capitalism Comes of Age: The End of the Free Market?” – ricco di numeri e dati comparati sulla forza solo pochissimo tempo fa del tutto impensabile che lo Stato ha ripreso ed esercitare nell’economia mondiale (i dati su riserve di energia sono impressionanti, le compagnie private hanno meno del 3% delle riserve attualmente stimate). Poi continuate con l’editoriale dell’ex senatore repubblicano dell’Oregon Bob Packwood sul New York Times di oggi, a proposito dei limiti al prelievo fiscale negli Usa in relazione al modello sociale che Obama intende perseguire. Sono considerazioni che valgono anche per noi in Italia: tradotto in altri termini, sono per aprire un conflitto vero e aperto con il centrodestra italiano, su questi temi, perché non può bastare che le tasse non le alzi, deve mantenere le promesse di abbassarle oppure sia guerra.
Infine, son curioso di sapere come la pensate su un tema: Telecom Italia. La mia tesi è che chi la pensa come noi dovrebbe battersi e sperare che sai accinga a fare come la Fiat di Marchionne, “annegarsi” in un abbraccio con Telefonica per impedire l’abbraccio soffocante della politica sulla rete “universale” e connesso mucchettismo della necessità di controllo pubblico per ovviare a investimenti inadeguati. Voi che ne dite?
Caro Oscar io ne dico che porcavacca secondo me tu già vivi in paradiso, se affronti argomenti del tipo massimi sistemi.
Io invece vivo in Sicilia. E qui ci sarebbe da fare come Micheal Douglas in Un giorno di ordinaria follia. Sono un libero professionista e ho a che fare tutti i giorni con la PA. Abito vicino ad una delegazione comunale, di quelle dove rilasciano i certificati anagrafici, e giuro c’è sempre una certa folla fuori la porta, e non per fare la fila. Sono tutti LSU in attesa di stabilizzazione.
Potrei continuare con esempi sui “massimi sistemi” su quanto ci sia veramente bisogno di una rivoluzione di stampo liberale, ma se nessuno si è ancora armato di bazooka di fronte a questi esempi lampanti dello sfascio che lo Stato riesce a fare, credo che ci sia poca speranza.
Un cordiale saluto da un lettore entusiasta e un po sfiduciato.
Caro Oscar, forse ti ho letto male in passato o mi sfugge qualcosa, ma non vorrei che il “matrimonio perfetto” che ha portato alla nascita di Chicago Blog, porti anche te ad un abbraccio mortale con: i liberali che da sempre sono troppo impegnati a darsi/togliersi reciprocamente patenti di liberalismo, litigando tra loro come vecchie zitelle. Così facendo, ovviamente, se ne stanno sdegnosamente sull’Aventino senza far fronte comune né sporcarsi le mani. O peggio…
Anche Caio a parte il mucchettismo dice qualcosa nel suo rapporto commissionato dal governo e parla anche di tanto altro.
Sulla questiopne tasse sono fondalmente d’accordo.Il problema dell’italia è il rapporto deficit-pil.Dal punto di vista del deficit le cose vanno bene, ma la bestia nera è rappresentata dalla crescita esigua e anche umiliante. Inoltre è dato recente che le entrate fiscali sono diminuite.
Ora un abbassamento di tasse deve essere fatto con grande criterio, in quanto può rivelarsi un arma a doppio taglio.Da un lato potrebbe stimolare i consumi e rilanciare l’economia produttiva per i distretti industriali e i liberi professionisti, dall’ altra potrebbe appesantire il fardello del debito creando sperequazione tra categorie sociali diverse.
Ovviamente l’indebitamento non è un sacro principio inviolabile e da evitare, ma quando la coperta è corta diventa questione complicat; dobbiamo continuare a sperare per una fiscalità non punitiva.
Oggi i carrozzoni di stato non sono più accettabili anche quando questi sono asset strategici per un paesecome Telecom . Ben venga la partnership con Telefonica.Gil in vestimenti inadeguati vanno combattuti con una selezione dei consigli d’amministrazione e piani strategici che guardino al lungo termine
Salve, d’accordo con tutto il ragionamento tranne il destino di Telecom. Telecom non dovrebbe annegarsi e sparire in un gigante che campa di rendita monopolista in sudamerica e Spagna, così come Fiat non si sta annegando in Toyota o Renault-Nissan: se non sbaglio Marchionne sta cercando di creare un nuovo gruppo da una posizione negoziale di forza. Bernabé o meglio, le banche e i soci più liquidi dovrebbero ‘sparigliare’ creando un nuovo gigante da altre compagnie, che abbiano già provato i segni della concorrenza, con maggiore compatibilità geografica e minori problemi di antitrust in sudamerica in caso di fusione. Ci vuole un po’ più di fantasia e meno politica. Se Telecom ha ancora un management dovrebbe provare a camminare con altri piuttosto che cercare l’eutanasia spagnola. Certo, stiamo parlando di un management o decotto o politicizzato o che crede che Napoleone abbia vinto a Waterloo ma è quello che abbiamo e non sarà interesse di Telefonica migliorarlo.
@piero
Caro Paolo non temere, al contrario “sprocarmi le mani” resta il mio strumento preferito per l’obiettivo di rendere un po’ meno insopportabili tanti guai italiani. Su Telecom l’ho detta apposta tagliente e troppo rozza: nel senso che mi rendo conto benissimo che darla agli spagnoli è il tramonto di una grande azienda italiana. Ma: gli spagnoli non sono solo oligopolisti nel loro paese, hanno sviluppato e difeso una crescita internazionale che al contrario TI ha smantellato negli ultimi anni, per propri errori e per fronteggiare il proprio debito; quanto a TI, da anni è senza un piano industriale degno di questo nome, non è mestiere dei soci bancari farlo, e senza una prospettiva d’integrazione internazionale che miri ad accrescere e ottimizzare il ruolo di carrier e di selezionatore di contenuti la prospettiva resta solo quella di un malinconico declino dei margini italiani su rete fissa, senza avere le risorse necessarie alle NGN. L’alleanza Murdoch sui contenuti e Telefonica per l’estensione del mercato, perseguita da Tromnchetti, aveva un senso eccome, anche se non azzerava l’errore madornale di aver proceduto all’acquisto delle minorities di Tim per 14 bn di euro, cosa che portò Tronchetti allo sconquasso… e questo solo un anno dopo aver detto che fisso e mobile non avevano sinergie…. ma comunque la strategia che prodi fece saltare aveva un senso eccome. da allora è seguito puro galleggiamento, e rispetto a questo temo che la politica pensi a mediaset , alla rete , a quello che volete ma non certo a far capire alle banche che dovrebbero ragionare con la sferza, chiedere a Bernebè un piano vero o prendere le cose in mano con gli spagnoli…
sul piano industriale di Bernabè condivido assolutamente, cmq non la mettevo sull’italianità ma sulla strategicità per lo sviluppo futuro del paese, e mi aveva sorpreso quello che potremmo definire una posizione tranchant, thx per la replica