27
Feb
2014

SalvaRoma? La Capitale non diventi la Grande Mantenuta

E due. Riappare l’ombra del default sui colli fatali di Roma. Cadde a fine dicembre sotto il veto del Quirinale il mille proroghe, che conteneva anche le misure salva-Roma. E caduto ieri anche il decreto enti locali, in cui le stesse misure erano riproposte. L’ostruzionismo di Lega e Cinque Stelle poneva al governo come unica via porre la fiducia, poiché il decreto scadeva il 28 febbraio. E giustamente Renzi non ha voluto iniziare la vita parlamentare del suo governo con un atto imperativo. Le misure verranno ripresentate venerdì, ferve con il Quirinale il confronto riservato se farlo con un nuovo decreto o no, e se con una sola misura o diverse, visto che anche questo decreto conteneva norme eterogenee, per esempio il rinvio a luglio della web tax.

La polemica è subito diventata rovente. Il sindaco Marino è uscito ieri dall’incontro a Palazzo Chigi contrariato, annunciando che non intende fare il commissario fallimentare. Poi stamane ha aggiunto parole inqualificabili: ha invocato i forconi, ha detto che sospenderà bus e raccolta rifiuti. Non so a voi, ma a me parole simili da parte di un sindaco della Capitale che bisogna salvare dal suo disastro finanziario per la seconda volta dal 2008, danno letteralmente il voltastomaco.  Polemiche di questo tipo non servono a niente, sono solo il frutto di una politica che segue il modello-Masaniello. E’ invece il caso di riflettere seriamente, sulla voragine finanziaria di Roma. Anche per aiutare il governo a scegliere bene.

Primo. Ovviamente ai più può apparire comprensibile, che si debba fare il possibile per evitare il default della Capitale. Governo e parlamento si trovano oltretutto nella condizione di non poter pianamente applicare a Roma Capitale le norme sul default dei Comuni previste all’articolo 244 del Testo Unico Enti Locali, poiché nel 2008 già fu disposto un altro salvataggio, accollando debito pregresso per 12 miliardi a una gestione commissariale. Quel che al governo tocca evitare, però, è che si continui con interventi discrezionali che lanciano segnali sbagliati.

Secondo. Non è un caso, per esempio, che il sindaco di Napoli De Magistris, dopo il salva Roma congegnato nell’autunno scorso a fronte degli aggiuntivi 800 milioni di debiti emersi, chieda esattamente la stessa cosa per Napoli, e per oltre un miliardo. La Corte dei conti ha bocciato il suo piano di rientro, dunque anche Napoli è oggi in condizione di default. Ma come può, un governo nazionale, salvare Roma sì, Napoli no, mentre nel frattempo nel 2012 Alessandria andava dritta al default senza che si levasse una mosca? Che senso ha, discriminare il rispetto della legge a seconda che i sindaci locali siano più o meno dei Masanielli? A questo punto, a Renzi tocca nel salva-Roma – e nel salva-Napoli che si prevede lo accompagni – disporre comunque delle – speriamo – profonde modifiche, che condizionino gli interventi a energici impulsi ai sindaci affinché intraprendano una strada di risanamento del bilancio ordinario, che resta in entrambi i casi fortemente squilibrato a prescindere dal debito pregresso.

Terzo. Una disciplina uniforme, un sistema premiale e non paradossalmente punitivo per amministrazioni che perseguano l’efficienza economica e l’equilibrio finanziario, non è solo una questione di equità orizzontale, tra città e città. C’è anche un tema di equità verticale. Come il governo è chiamato dall’Europa a una severa disciplina dei suoi conti e ad abbattere il debito, lo stesso deve avvenire spalmando e radicando lo stesso dovere nelle Autonomie.

Quarto. Nel caso di Roma, va anche sottolineato che non ha pagato l’atteggiamento parlamentare del Pd. Aver fatto muro in parlamento contro emendamenti della stessa maggioranza di governo – venivano da Scelta Civica, dalla senatoire Lanzillotta – volti a subordinare gli aiuti a Roma a misure condizionali di razionalizzazione delle piante organiche e a cessione di società controllate e partecipate, ha ottenuto l’effetto “chi troppo vuole nulla stringe”. Stride con la realtà, l’aver voluto preservare a ogni costo l’attuale portafoglio di municipalizzate e il numero troppo elevato di dipendenti.

Quinto. Infatti il punto non è solo che oggi, senza un nuovo salva-Roma che abbuoni 600 milioni degli oltre 800 di debito aggiuntivo, salta il pilastro essenziale su cui il sindaco Marino ha fatto approvare il bilancio 2013, lo scorso 6 dicembre. Un bilancio che dava già per scontato il decreto che manca ancora 3 mesi dopo. In ogni caso, ammoniva la Ragioneria Centrale del Comune nelle previsioni per il 2014, senza una seria razionalizzazione della spesa Roma dovrebbe accrescere vertiginosamente molte delle sue entrate: quasi il doppio rispetto all’incasso 2013 da tassa di soggiorno, 15 volte il canone degli impianti pubblicitari, 3 volte quanto ricavato da accertamenti d’infrazioni. E non per ridurre il deficit che resterebbe per centinaia di milioni, ma solo per fronteggiare i minori trasferimenti ordinari al bilancio di Roma dallo Stato, in discesa dagli oltre 700 milioni del 2013 a circa 450 nel 2014.

Sesto. Roma e il sindaco Marino devono percorrere una via alternativa, a quella di diventare l’amministrazione più tassaiola della plurimillenaria storia di Roma. Al governo spetta tracciare una strada che non sia quella di amministrazioni commissariali parallele a cui addossare debiti miliardari di alcune grandi città sì e altre no, un metodo che ai privati è naturalmente negato dai codici. Ma a Marino e alla sua giunta spetta il dovere di comportarsi come una grande azienda in difficoltà. E’ ora di finirla con la finanza creativa, e di procedere a una revisione approfondita della spesa, e delle troppe partecipate e controllate pubbliche. Il sindaco si è lamentato dei disservizi dell’ACEA, ma l’Atac, con quasi 12 mila dipendenti e un fatturato che sfiora 1,2 miliardi di euro, lo deriva per quasi il 70% dai contributi pubblici, cioè dai contribuenti. Una volta utilizzati tutti i ricavi da biglietti e abbonamenti, bisogna ancora coprire il 55% dei costi per il personale, carburante e tutti gli altri. In 4 anni l’Atac ha perso in termini operativi quasi 700 milioni, nonostante circa 3 miliardi di contributi pubblici. Dall’amministratore delegato dell’AMA, abbiamo appreso l’altroieri che dei 7800 dipendenti anche mille in taluni giorni non si presentano al lavoro. Che incentivo al dovere può venire ai dipendenti, se dall’alto il criterio praticato è quello di salvare senza vincoli all’efficienza?

Settimo. Tutti i sindaci lamentano che criticare è facile. Lo sappiamo. Ma Roma Capitale, di colpo di spugna in colpo di spugna e di tassa in sovrattassa, perde attrattività d’impresa e turistica, scende nelle graduatorie internazionali di vivibilità. Con una pressione fiscale in ulteriore crescita, prima che votare con le mani ogni tot anni, impresa e lavoro votano con i piedi ogni giorno: se ne vanno. Ecco perché, approfittando della caduta bis del salva-Roma, sono da preferirsi due cose. La prima è che il governo magari riduca il salvataggio alla parte che consente di tenere in piedi il bilancio 2013, ma eviti di spalmarne sul 2014 gli effetti, per spingere Marino a cambiare marcia. La seconda è che, a quel punto e a maggior ragione, l’amministrazione Marino a propria volta imbocchi una discontinuità vera e profonda ispirata al rigore di spesa, non solo alle maggiorazioni fiscali. Eviti ai romani di pagare le tasse più alte d’Italia. E di farne pagare in più per Roma a tutti gli italiani. Non solo perché le decime ecclesiastiche e le tasse del Papa-Re appaiono ormai come un sogno da rimpiangere, ai cittadini di Roma. Ma perché gli aiuti a più di lista eternano in Italia l’idea di Roma come “Grande Mantenuta”, un archetipo che non ci piace ma che come si vede ha un fondamento, e che i romani non meritano.

 

16 Responses

  1. LucaS

    Per me il governo dovrebbe obbligare Roma a privatizzare tutte le municipalizzate e licenziare almeno metà del suo totalmente inutile personale (so già che una roba simile non succederà mai…. almeno per qualche altro anno fino al default finale!). Se non lo fanno che falliscano e se la vedano da soli come ha fatto Alessandria.

  2. Piero

    Anche la Regione Lazio dove c’è Roma è in dissesto. Ed una certa famiglia Angelucci c’è impastata sino al collo. E sono editori di libero. E per un certo breve periodo furono datori di lavoro di un certo Oscar. Che poi fu cacciato xrchè sollevò il velo su alcune porcate bancarie (onore al merito). Ma dubito che avrebbe mai alzato il velo sulle connessioni di un certo signore con la sanità. E’ inutile che ci giriamo intorno. Siamo antropologicamente ed in massa ed a tutti i livelli ed in tutti i settori e nel pubblico e nel privato uno dei paesi più clientelari/corrotti/evasori dell’occidente (vedi articoli su questo blog dove si girava intorno a questa evidenza giochicchiando sull’impossibilità di calcolar il numero) . Ciò che evidenzia con ragione Oscar qui è solo un pezzettino del tutto.

  3. Certo, Giannino su Roma ha ragione. Se penso che, messi come erano messi, si permettevano il Festival del Cinema…al quale è andato anche il Presidente della Repubblica Napolitano… Chiaro, no?… Sono totalmente irresponsabili.
    Il fatto, però, secondo me può dare insegnamenti plurimi. Importantissimi, e sinergici l’uno all’altro.
    1. E’ la prova palmare che il potere locale riproduce in piccolo (si fa per dire) il malfunzionamento strutturale del potere centrale.
    2. E’ la conferma che è sbagliata anche la riforma del Senato come “Camera delle Autonomie”. Perché i poteri regionali sono anch’essi, come quelli comunali – salvo rare eccezioni a tutti e due i livelli – strutturalmente collegati in modo parissitario al potere centrale. Per approfondimenti, rimando a questo testo
    http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/fiatpomigliano-darcomelfi-come-mettere-a-frutto-la-lezione-di-pier-luigi-zampetti-per-risolvere-il-conflitto-tra-capitale-e-lavoro/ (per quanto riguarda la riforma del Senato)
    e, qui, al “Quaderno n. 11”, capitolo 4, pagg.27-28, se volete andare subito al punto:
    http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/i-maestri-2/pier-luigi-zampetti/i-due-e-book-sulla-lezione-di-pierluigi-zampetti/ (sui poteri locali)
    3. In ultima analisi, il caso-Roma è solo un tassello, per quanto ingombrante, di una problematica ben più ampia e pericolosamente immanente su di noi. Crisi politica, crisi economica e crisi etica sono strettamente collegate tra di loro, e l’unica via d’uscita, pur rudemente detto, è la “Società partecipativa”. Qui, un recente accenno sintetico da “lafilosofiadellaTAV”:
    http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/02/21/bussola-quotidiana-mpv-non-facciamo-i-polli-di-renzo/

  4. LucaS

    Io spero di tutto cuore che Marino blocchi veramente Roma cosi come ha minacciato…. già la gente odia i dipendenti pubblici per la loro totale inutilità e i loro privilegi medievali… se poi avessero la spudoratezza di fare una cosa simile magari la gente comincia davvero ad aprire gli occhi e a regolare i conti…. Dai statali rendete evidente a tutti anche ai meno informati i vostri privilegi che forse è la volta buona che ve ne tolgono qualcuno…

  5. Mike_M

    Dopo aver letto questo post, domani corro a firmare per il referendum sull’indipendenza del Veneto ….

  6. adriano

    Siamo sempre lì.Il comune non può fallire,perchè non si sa.Alla fine mettiamo pure tutti i paletti che vogliamo,non cambierà niente.E’ tutto finto e si continuerà a riempire un buco con la terra di un altro.Il famoso buco che cammina.Questo è il nostro sistema derivato dalla cultura cattolica e prima di cambiarlo il sole sarà una nana bianca.In più,per rendere più interessante la gara,ci divertiamo ad incaponirci con l’euro irreversibile aggiungendolo agli altri problemi irreversibili.Cosa occorre per capirlo?Il materiale a disposizione è quello della ruota della fortuna ,non della nuova frontiera.

  7. Francesco_P

    @Mike_M, 27 febbraio 2014,
    ben detto! Ora pensi che una sera al ristorante, al momento di pagare il conto, il cameriere le presenti assieme al suo quello della numerosa tavolata accanto dicendo: quelli non hanno pagato, ora tocca a lei pagare! Oggi è la guardia di finanza che ci impone ogni giorno di pagare il conto dei mangiapane a ufo in nome dell’unità d’Italia, della redistribuzione, di Roma Capitale, ecc. E poi ci insultano pure e ci danno degli evasori fiscali. Il danno e la beffa.

  8. roberto

    Egregio,

    quello che si vuole dare a Roma per l’ennesima volta è inaudito, ingiusto, diseducante, scorretto, disonesto.
    Basta ? Condivido pienamnte con Giannino.
    Roma come tutti i comuni mortali, deve spendere meno e meglio, se la situazione è critica, faccia quello che si fà in qualsiasi azienda normale:
    riducono i costi compresi quelli dei dipendenti, non vogliamo licenziare ? abbassiamo gli stipendi, trasferiamo dove mancano etc.
    Vendete quote delle municipalizzate, aprite i musei per più tempo i sistemi ci sono senza aumentare le tasse !
    Poi Marino, per favore ! Ma se hai i dipendenti che timbrano e poi vanno in giro a fare i propri interessi, beccati per 2 volte dalle Iene ( orami dobbiamo confidare sulle Iene, ma vi rendete conto ! Altro che paese delle banane ..) ha il coraggio e la faccia di parlare e adidarsi ? Lavora bene h24 /7su7.

    Questo andazzo non è più accettabile, nemmeno per la “capitale ” del debito .
    Saluti
    RG

  9. silvano modenini

    Oscar ! sei profetico come Giovanni , il Battista !
    Questa corruzione che si annida nelle ossa di tutti gli operatori del settore , questo istinto predatorio , sarà il vero combustibile che farà avanzare il M5S.
    Non c’ è più scampo : ha ragione il GRILLO ! C’ è poco da fare.
    Prima bisogna pulire la ferita e mandare a zappare tutta questa gente che si nutre di risorse altrui , parassiticamente. Solo dopo si potrà ricostruire.
    Sento riproporsi i tempi del 1789 ; quando accadde un moto incontrollato che portò ad alzare il patibolo in piazza.
    Quando il malato è ridotto così , ma quali riforme ! ma quale aspirina ! Ci vuole la chemio , per il bene delle future generazioni.
    Io sono in cura con la severa chemio , e so quello che dico : arrivati ad un certo punto , il mio specialista ha deciso per la chemio ! ( cure ridicole e rinunciatarie sono elementi di ulteriori complicità con il sistema).

  10. Alberto

    Non ho capito : i debiti li fanno loro e noi li dobbiamo pagare ? Perché non istighiamo Marino al suicidio!?

  11. giuseppe

    Ad integrazione di quanto correttamente illustrato da Giannino, per qualche dettaglio in più si può leggere il post di Mario Adinolfi “La Capitale rinasce così”. E’ lopinione di uno di Sinistra, e a qualcuno risulterà sgradita per definizione. Non dimentichiamo però che durante il mandato del Liberale Alemanno si era in procinto di acquistare 20 motoslitte per i Vigili Urbani. Oltre a Parentopoli. Se l’ideologia ormai è carta straccia la colpa è un pò di tutte le parti politiche.

    http://marioadinolfi.ilcannocchiale.it/

  12. Rodolfo

    Egregio Giannino, il comune di Roma si trova nella stessa situazione di Detroit o della Grecia, come mai quando l’Europa ci chiede rigore noi invochiamo la solidarieta’ ma, quando Roma la invoca allora niente, chiediamo privatizzazioni, liberalizzazioni. Lo schema dovrebbe essere, la Germania elargisce i soldi all’Italia, noi li giriamo a Roma e Napoli e si va avanti cosi. Non vorra’ mica gli eurobond col comune di Milano! Distinti saluti

  13. Maurizio Di Fant

    Volevo scrivere al riguardo di quella che passa come la soppressione delle Province italiane:
    Va evidenziato, che sono davvero troppi gli enti che si pongono tra lo Stato ed i Comuni. Lo abbiamo sentito dalle parole del Premier Matteo Renzi, indicare nelle Province italiane l’ente intermedio da sopprimere. Un recente studio dell’Università Bocconi di Milano avrebbe evidenziato che a fronte della cancellazione enunciata, non ci sarebbe alcun risparmio apprezzabile, anzi, di certo un aumento riguardo ai disservizi, che soprattutto nei primi anni si farebbero sentire.
    Di certo, dobbiamo andare alla ricerca di risparmi veri, soldi veri a fronte di risparmi certi, che diano una possibilità vera agli esecutivi di affrontare i nodi della crisi. L’unica riforma in grado di garantirci un importo consistente e certo, anno dopo anno, è la cancellazione delle Regioni italiane entro le quali troviamo le grandi città italiane alcune delle quali indebitate sino al collo. Insomma, da un lato Regioni vera fonte di sprechi di spesa pubblica incontrollata e incontrollabile, dall’altro lo stato che non è in grado di elargire i denari secondo il parametro dei costi standard.
    Mi rendo conto, della difficoltà che la riforma della cancellazione delle Regioni incontrerebbe. Ma se ci pensiamo bene, sarebbe proprio questa riforma a garantire un importo sufficiente ad affrontare nei prossimi vent’anni il “Fiscal compact, il taglio del cuneo fiscale, e gli altri provvedimenti per riprenderci una crescita che ormai pare sempre più un miraggio.
    Insomma, caro Oscar Giannino, è sempre più chiaro che sarà questa riforma, oltre al taglio della spesa improduttiva, a farci trovare le risorse, denari veri. Quello che sentiamo, in alternativa: accesso alla Cassa depositi e prestiti e altri trucchi contabili, sono solo pannicelli caldi che trovano il tempo che trovano. Certo, la cosa va studiata, di certo vanno ripensate le Province che in ogni caso enti storici vicini ai territori.
    Un controllo diretto sulla spesa

  14. Maurizio Di Fant

    Voglio scrivere al riguardo di quella che passa come la soppressione delle Province italiane per evidenziare un proposta alternativa più efficace ai fini di un congruo risparmio delle risorse, che pur disponibili, sono oggi a mio avviso fonte di spreco:

    Va evidenziato, che sono davvero troppi gli enti che si pongono tra lo Stato ed i Comuni. Lo abbiamo sentito dalle parole del Premier Matteo Renzi, indicare nelle Province italiane l’ente intermedio da sopprimere.
    Un recente studio dell’Università Bocconi di Milano avrebbe evidenziato che a fronte della cancellazione enunciata, non ci sarebbe alcun risparmio apprezzabile, anzi, viene evidenziato un aumento riguardo ai disservizi, che soprattutto nei primi anni post cancellazione, si farebbero sentire.
    Di certo, dobbiamo andare alla ricerca di risparmi veri, soldi disponibili a fronte di risparmi certi, che diano possibilità di intervento agli esecutivi per affrontare i nodi della crisi. L’unica riforma, ora come ora, in grado di garantirci un risparmio consistente e certo, anno dopo anno, è la cancellazione delle Regioni italiane entro le quali troviamo le grandi città, alcune di queste indebitate sino al collo.
    Insomma, caro Giannino, da un lato abbiamo avuto e abbiamo le Regioni, non tutte e non tutte in egual misura, vera fonte di sprechi e di spesa pubblica incontrollata e incontrollabile. Spesa allegra, favorita dallo Stato che non è in grado di elargire i rimborsi secondo il parametro dei costi standard.
    Mi rendo conto, della difficoltà che la riforma della cancellazione delle Regioni incontrerebbe. Ma se ci pensiamo bene, sarebbe proprio questa riforma a garantire un importo disponibile, sufficiente ad affrontare nei prossimi vent’anni il “Fiscal compact, il taglio del cuneo fiscale, e gli altri provvedimenti in grado di farci riprendere una crescita che ormai pare e non solo a me, un miraggio.
    Insomma, caro Oscar Giannino, le chiedo di analizzare questa proposta di riforma, che unitamente al taglio della spesa improduttiva, potrà farci trovare le risorse necessarie.
    Quello che ci sentiamo raccontare, in alternativa, è l’accesso alla Cassa depositi e prestiti e ad altri trucchi contabili, che sono oggettivamente solo pannicelli caldi da utilizzare per un malato in stato comatoso.
    Certo, la cosa va studiata, vanno ripensate le Province che in ogni caso sono enti storici vicini ai territori e che rispondono ai principi della devoluzione.
    Cancellate le Regioni, lo Stato potrebbe avere un controllo diretto ed efficace sulla spesa, con un risparmio anno dopo anno, di svariate decine di miliardi di euro.
    Da non sottovalutare a fronte di ciò un conseguente e benefico taglio della burocrazia regionale.

    Infine, per evidenziare che non avendo da parte mia alcun interesse personale all’interno di enti di qualsiasi genere, la presente proposta è fatta unicamente nell’interesse generale. Un affettuoso saluto. Maurizio Di Fant – San Daniele Del Friuli email: difant.maurizio@alice.it

  15. Fabrizio

    … Ovviamente ai più può apparire comprensibile, che si debba fare il possibile per evitare il default della Capitale.
    Evidentemente io faccio parte dei meno

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