28
Giu
2017

A Roma, un’iniziativa “radicale” per la concorrenza

Se c’è una cosa che il calvario del ddl concorrenza ci ha insegnato, è che è inutile aspettarsi dal Parlamento italiano un passo in avanti – anche il più “cauto” possibile – verso una maggiore apertura dei mercati. Il processo di formazione delle leggi risente in maniera decisiva del peso delle lobbies e degli interessi organizzati: e i consumatori non sembrano godere di alcuna attenzione da parte di chi li governa. Ma se è inutile attendersi dal Parlamento un cambio di rotta, cosa resta da fare? Un suggerimento importante arriva da Roma, dove i Radicali hanno organizzato una raccolta firme per l’organizzazione di un referendum allo scopo di rompere il monopolio ATAC e mettere a gara il servizio di trasporto locale. Il trasporto di superficie e su rotaia a Roma è la plastica rappresentazione dei guasti dell’assenza di concorrenza: l’ATAC è, infatti, più che un’azienda “fallita”: è un completo disastro (rimandiamo a un utilissimo studio di Rosamaria Bitetti e Nicole Genovese [2016], che ne ha messo in luce tutti i numeri).

Le cause del disastro romano hanno molti padri (equamente distribuiti tra le varie amministrazioni comunali), ma un unico principio ispiratore: usare i soldi dei contribuenti per fare dell’ATAC un bacino clientelare per ottenere voti. Ciò spiega – come evidenziano sempre Bitetti e Genovese – il peso esorbitante e la scarsa produttività del personale dell’azienda. L’impatto di quest’ultimo sul totale dei costi, infatti, è a Roma pari al 47%, circa il doppio che a Londra (25%), con soltanto un terzo circa dell’offerta. Guardando il livello delle retribuzioni, l’ATAC paga stipendi medi superiori di circa 4000 euro rispetto a quelli della sua equivalente parigina, nonostante il PIL regionale sia notevolmente più alto nella seconda città. È scontato concludere, allora, che l’ATAC esiste principalmente per garantire posti di lavoro e, solo incidentalmente, per offrire un servizio (scarso) alla collettività. Il “bene comune” che i politici vogliono tutelare è la propria leva d’influenza, non il trasporto pubblico.

Con il referendum proposto dai Radicali e la messa a gara del servizio le cose potrebbero davvero cambiare. E non lo diciamo facendo della pura speculazione. Nel 2014, Ugo Arrigo e Andrea Giuricin realizzarono, per l’Istituto Bruno Leoni, un confronto tra i costi e l’efficacia dei servizi resi da ATAC e da TPL, un consorzio che gestisce, sempre nella città di Roma, servizi residuali (notturni e periferici): il costo medio per dipendente di ATAC risultò del 24 per cento superiore a quello di Roma TPL; mentre una vettura chilometro di ATAC risultò costare 7,33 euro a fronte dei 4,54 euro di Roma TPL. Come mai queste rilevanti differenze? Presto detto: al contrario di ATAC, TPL ha ottenuto la concessione del servizio solo a seguito di una gara a evidenza pubblica. Basta davvero poco – un’iniezione di concorrenza nel sistema – perché il consumatore, anche quello romano, possa godere di un servizio efficace ed efficiente.

Ci sia però consentito un piccolo e conclusivo appunto. Nel presentare i quesiti referendari, i Radicali Roma hanno sostenuto che «tra privatizzazione e liberalizzazione c’è una grande differenza» e che l’urgenza è liberalizzare, non privatizzare. Chi scrive è dell’avviso che quella tra “liberalizzazioni” e “privatizzazioni” sia, in realtà, una falsa dicotomia, atteso che la libera concorrenza può esistere davvero solo tra soggetti privati tutti uguali di fronte alla legge (e al potere pubblico) e che, pertanto, non si può liberalizzare senza prima aver privatizzato. Ma poco importa: in un momento storico come quello attuale, in cui qualsiasi nuova iniziativa economica in grado di beneficiare i consumatori viene prontamente bloccata a colpi di emendamenti “a sorpresa” o di discutibili sentenze, un’iniziativa “radicale” a favore della concorrenza è una bellissima notizia. Se si riuscissero ad aprire alla concorrenza i servizi del comune di Roma, tra i più chiusi e oppressi del Paese, si conseguirebbe una vittoria “effettiva” per i cittadini romani e “simbolica” per tutti gli altri italiani. Ecco perché il referendum “Mobilitiamo Roma” va sostenuto con tutte le energie e gli sforzi possibili.

 

@GiuseppePortos

You may also like

La veridica istoria della terribile Bolkenstein
Caro bollette costi energia
Come risolvere la crisi dei prezzi dell’energia?
Dalla lettera di Draghi del 2011 al PNRR di oggi, qualcosa è cambiato?
Maratona Pnrr. Transizione ecologica: money for nothing

Leave a Reply