Riscossione dei tributi: la risoluzione della Commissione finanze sia il primo passo per tornare allo Stato di diritto
La Commissione finanze della Camera dei deputati ha inaugurato la sua attività di legislatura mostrando una particolare sensibilità intorno alla questione centrale del rapporto tra fisco e contribuente. Nella seduta del 22 maggio, ha approvato all’unanimità una risoluzione per una maggiore flessibilità dei meccanismi di riscossione coattiva dei tributi con la quale ha posto all’attenzione del governo la necessità di introdurre nel campo tributario elementi di flessibilità e maggiore equità che consentano, specie in quadro economico difficile come l’attuale, di contemperare la tutela degli interessi erariali con la sopravvivenza economica di famiglie e imprese.
Oltre a proposte in tema di rate e espropriazioni, la risoluzione chiede al governo di sostituire la remunerazione dell’aggio per l’attività di riscossione con quella del rimborso dei costi fissi, e di valutare l’opportunità di limitare le modalità di riscossione basate sul principio del solve et repete alle ipotesi di comportamenti fraudolenti.
Sono in generale proposte ragionevoli, sia dal punto di vista della tutela del contribuente sia dal punto di vista della fattibilità, che, se fossero contenute in una proposta di legge, avrebbero un valore non soltanto programmatico e di indirizzo, ma – molto più incisivamente – darebbero il senso di una volontà politica di riportare all’ordine del giorno dell’attività legislativa un tema cruciale non solo per la vita economica delle imprese e delle famiglie, ma per il rispetto stesso dello Stato di diritto.
Ci si augura che la risoluzione rappresenti il punto di partenza di un più deciso intervento, di tipo anche legislativo, per condurre l’esazione fiscale a modelli più equi di riscossione e accertamento. La risoluzione – in quanto atto di indirizzo – è infatti una mera manifestazione di un orientamento che condiziona in senso lato il governo. La notizia della sua approvazione all’unanimità è quindi apprezzabile come il primo atto di manifestazione di una volontà parlamentare determinata a riconoscere allo Statuto del contribuente la centralità che, in uno Stato di diritto, esso merita.
Certo che e’ bellissimo vedere un governo che deve limitare se stesso.
Mi spiace ma non riesco a non cogliere il lato ironico della cosa.
Cordialmente.
Gianfranco.
Donne, è arrivato il tintore ed il chirurgo ginecologico! Smacchiamo coscienze ai politici, ridiamo verginità a sistemi tributari che mai ce l ‘ hanno avuta, continuiamo a giustificare il fatto che i crediti tributari non si possano vendere, che le sanzioni se non si paga sono apocalittiche, se invece lo stato non paga è capace che qualcuno dica “che bello, è calata la spesa pubblica”. Smacchiamo persino l’ art. 21/636, laviamo la coscienza ai ministri che stabiliscono norme “retroattive sì, ma pro bono erariale” e persino alle corti costituzionali, ricuciamo l’ imene all’ INPS che ha fatto fallire gente che non aveva da pagare 200 anche se avanzava dalla stessa INPS 1.000, perchè prima paghi/fallisci poi niente. Richiudiamo i buchi troppo aperti della magistratura che, in tema di rimborsi che non arrivano, non fa dei bei ppt sui c/c dello stato. E’ arrivato il tintore ed il chirurgo ginecologico !
A quando, ufficialmente e definitivamente, la risoluzione di IMPIGNORABILITA’ DELLA PRIMA CASA (quella vera, in cui abitano le famiglie e non quella fittizia dei furbetti del quartierino !) da parte di Equitalia & C. ? Questo bene primario, oltre cha ad assicurare dignità alle persone, viene messo in gioco continuamente e volontariamente (assumendo il rischio connesso) da piccoli imprenditori, partite IVA et similia per garantire fidejussioni a fronte di finanziamenti pubblici: non può essere messo all’asta a baneficio di squallidi “investitori” ! Pignorare la prima casa per tasse che NON SI POSSONO PAGARE serve solo a creare nuovi poveri che si presentaranno ad elemosinare allo Stato quel che lo Stato gli ha tolto .