3
Mag
2010
“Report” e la sanità lombarda
Finito di guardare l’attesissima puntata di “Report” che doveva scodellare eclatanti scoperte sulla “sanità lombarda”, chiedo aiuto per capire dove stesse, oltre il fumo, l’arrosto. Durante la tramissione ci è stato fatto annusare più di un “sospetto”. Ma, dietrologie a parte, where’s the beef?
Riepilogo quelli che mi sembrano essere i punti centrali del team della Gabanelli:
1. Anche la sanità lombarda è “politicizzata” (ma più o meno di quella di altre Regioni?). La sanità assorbe magna pars del bilancio delle Regioni, viene usata a fini di consenso dai politici (Formigoni che promette “upgrade” delle strutture in campagna elettorale), è lottizzata (in Lombardia, ci viene spiegato, da CL).
2. Anche in Lombardia ci sono casi di malpractice e negligenze (ma più o meno che in altre Regioni?). Alcuni di questi casi sono riscontrati in strutture private. Questi casi sarebbero conseguenza di un sistema di remunerazione “premiale” dei medici, per cui chi lavora di più (chi fa più interventi) viene pagato di più.
3. Alcuni imprenditori della sanità hanno forti interessi nei mass media. Ciarrapico, De Benedetti (“graziato” dalla Gabanelli perché è arrivato alla sanità dopo e non prima aver cominciato a fare l’editore), Angelucci, Rotelli, che ha una quota rilevante di RCS nonostante, essendo fuori dal patto di sindacato, non conti sostanzialmente un tubo (come confermato dal fatto che i “rumors” che lo vedevano come futuro Presidente di RCS quotidiani sono stati puntualmente smentiti).
Il tutto serviva, o così perlomeno è sembrato a me, a dare l’impressione di un sistema sbilanciato in cui il privato guadagna a scapito del pubblico, e “corrompe” i medici, che finiscono per dimenticare l’etica professionale divorati come sono dal demone del guadagno.
Il problema è che “Report” non riesce a far convivere due storie intimamente in conflitto l’una con l’altra: o nella sanità conta troppo il privato, o la sanità è eccessivamente “politica”. Quando non è un consumatore a pagare di tasca propria per i servizi di cui usufruisce, ma c’è qualcun altro che paga per lui, è normale che ci siano zone d’ombra. Le questioni sollevate dalla Gabanelli sul modello lombardo valgono per tutto il nostro servizio sanitario nazionale. Si può credere che la classe politica voglia che sia lo Stato ad offrire servizi per la salute “per il bene dei cittadini”, ma guardando alla cosa con un minimo di realismo dovremmo capire che la politica fa sempre il proprio gioco. Offre sanità, per essere ripagata col consenso. E’ così ovunque, e in qualsiasi campo. E’ grave che si “giochi con la salute della gente” – ma se a spaventarci sono nomine politiche, direttori generali e medici che non pagano i propri errori perché “appartengono” a un certo gruppo, chiediamoci perché sono finiti dove sono.
Perché la politica non entri punto nella sanità, c’è una sola via: agire affinché la politica smetta di occuparsene, che vorrebbe dire privatizzare. L’articolo 32 della Costituzione dice che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Ma almeno potrebbe “finanziare” e non “erogare” direttamente il servizio, aprendo così qualche spiraglio per la competizione. In parte, questo ha fatto la Lombardia. Dove, ci viene detto, permangono rilevanti conflitti d’interesse fra erogatori privati e “pagatori” pubblici. Come fare a risolverli? Pubblicizzando tutto? Ma se abbiamo visto che dove è la politica a menare le danze il criterio dell’appartenenza prevale sul merito?
Comunque la si guardi, la sanità è piena di problemi. Ridurre i conflitti d’interesse, o renderli meno rilevanti, si può solo se la politica pesa di meno – non se la si fa pesare di più. Ci sono in ospedali pubblici medici e persone straordinarie, che fanno bene il loro lavoro, con passione e dedizione. Ma è la proprietà pubblica che rende possibile fare nomine basate su altri criteri che il merito. Nel privato, è più difficile che questo avvenga per un motivo semplicissimo: l’imprenditore privato vuole guadagnare e non perdere, e medici incompetenti possono costare in reputazione, cause legali, eccetera.
I casi di malasanità ci sono ovunque, e alla fine abbiamo sempre a che fare con l’etica (e le capacità) del singolo medico. L’amministratore di una struttura sanitaria può spingere finché vuole un chirurgo a effettuare o non effettuare interventi, ma fra un chirurgo e il tavolo operatorio c’è di mezzo la sua coscienza. Possiamo davvero pensare che se ad un medico l’assegno mensile lo stacca la Regione e non invece un imprenditore privato tanto basti a farne un medico onesto, e viceversa?
La Regione controlla troppo poche cartelle? Può essere, ma è immaginabile un sistema in cui si vada a controllare, uno per uno, la situazione di tutti i pazienti, che siano passati da una struttura pubblica o da una privata? I costi del controllo eccederebbero di gran lunga il beneficio della “deterrenza”. Ed è anche vero che ogni tanto quelle che vengono denunciate come malversazioni potrebbero essere semplicemente errori. L’infallibilità è a portata del medico come di qualsiasi essere umano.
“Report” ha distrutto il sistema sanitario lombardo? Ad essere benevoli, ha mostrato alcuni dei grandi problemi che la sanità finanziata dai contribuenti porta sempre con sé. E’ paradossale che si lasci intuire che possa essere proprio lo Stato, a risolverli.
Eh, ma si vuole l’impossibile: la sanità pubblica, senza che sia la politica a scegliere i managers. Si vuole che la sanità debba essere gestita solo (?) o soprattutto (?) dal pubblico perché si ha la convinzione che così debba essere. Questa è una preferenza dettata da giudizi di valore, ergo ideologia, e la si vuole imporre a tutti. Ci si lamenta dei DRG come sistema per i rimborsi, ma non si propone un metodo di calcolo alternativo (attenzione, che questo sistema esponga ai problemi di cui hanno parlato a Report è un fatto, ma perché aspettarsi che la politica voglia mettere in campo qualche sistema di controllo un po’ più serio dell’attuale quando già ora le prestazioni offerte e la spesa pro-capite rendono il modello lombardo, con tutte le sue pecche, il riferimento in Italia?). Attendiamo servizi sulle altre regioni.
Analisi pronta e impeccabile. Trovo che l’inchiesta si spieghi solo con il desiderio dell’ottima Gabanelli di non farsi mancare proprio nulla, nella sua ben frequentata parete di teste di cervo, “cacciate” col suo Report.
Forse la Gabbanelli desidera una sanità gestita interamente dai sindacati “più rappresentativi” di medici e paramedici… ;-D
in fondo un’inchiesta giornalistica può anche non scoprire nulla, come in questo caso. l’impressione mia è che sia stato impossibile alla fine del lavoro di ricerca trovare una chiave di lettura chiara, quindi alla fine senza ricorrere allo stratagemma di inventarsi un caso, cosa non rara nel giornalismo italiano, si è rimasti ambigui.
la mia di posizione è che esiste un errore di fondo in come pubblico e politico sono gestiti in italia, soprattutto sulla sanità, via i concorsi ridicoli con cui la politica decide i direttori delle asl ed elezione diretta dei dirigenti da parte dei cittadini. 3 vantaggi in un colpo solo, accountability, crescita di capitale umano amministrativo responsabilizzato capace di proporsi poi a livello superiore, fine delle ipocrisie e del clientelismo sulle nomine (pensare per un secondo quanto è cambiato il ruolo dei sindaci da quando c’è lelezione diretta).
Occorre essere obiettivi. Forse la Gabanelli è più brava su altri temi, ma sulla Sanità ha effettivamente fatto un buco nell’acqua. La sua puntata non ha voluto dire nulla, se non fare emergere uno scandaletto come tanti altri. Non conosco bene il “modello lombardo” di destra. Conosco quello piemontese. Le stesse cose sono capitate e capitano nella Regione fino a ieri retta dal Centrosinistra. Primari e Direttori Generali coi loro staff nominati sotto la spinta della politica (o forse sarebbe meglio parlare di “massoneria politica”). Incapacità di creare organizzazione e programmazione della Sanità a 30 – 60 anni
Non bisogna però demonizzare la “politica”. Ai tempi dei Comitati “politici” di gestione degli Ospedali e delle ASL c’era una Sanità molto più efficiente ed efficace!
A mio avviso due sono i peccati originali alla base delle disfunzioni: la Aziendalizzazione delle ASL voluta dal Ministro “liberale” De Lorenzo e la demagogica ideologia “di sinistra” della “territorializzazione” della Sanità.
La prima ha creato mostri di mescolanza tra pubblico e gestione privatistica, togliendo dignità al pubblico e non dando rilevanza all’aspetto privatistico: ovvero: nè carne nè pesce.
La seconda ha depotenziato gli ospedali con la scusa che “i posti letto costano cari”, non sapendo che anche togliendo tutti i letti gli Ospedali costeranno sempre tantissimo, poichè è la spesa del personale che incide per oltre il 60 – 70% sulla attività sanitaria.
Gli Ospedali sono stati depotenziati e si è cercato di favorire il cosiddetto “territorio”, trasferendo molti costi dalla Sanità alle famiglie. D’altro canto ora la “sanità territoriale” costa di meno della “sanità ospedaliera” perchè garantisce pochi servizi: se garantisse gli stessi servizi degli ospedali costerebbe 100 volte di più.
Occorre abbandonare l’ideologia di sinistra della Territorializzazione!!
Tutti sanno che a parità di servizi, ACCENTRARE costa meno che DECENTRARE. Curare bene 10 anziani ricoverati costa meno che curarli a domicilio: certo che se si curano meno bene costa meno farlo a domicilio. Soprattutto se non si calcolano le ore di lavoro perse dai parenti per completare a domicilio l’assistenza.
Il problema è che occorre rivedere le strutture ospedaliere e renderle “umanizzate” affinchè il malato anziano non percepisca l’ospedale come luogo degradato e anticamera della morte, ma come un Hotel o Casa di Cura in cui soggiornare per qualche giorno per farsi rimettere in sesto.
Si potrebbe separare la parte di cura e assistenza ospedaliera, offerta gratuitamente, dalla parte alberghiera (telefono, televisore, vitto, bevande, biancheria), a carico parziale o totale del paziente. Quelle alberghiere sono spese che in ogni caso al proprio domicilio il paziente affronterebbe. Questo potrebbe abbattere il costo del posto letto.
Occorrerebbe rivedere il sistema di reclutamento e di retribuzione dei Medici e dei Pediatri di Famiglia convenzionati, ultima categoria a non essere soggetta alle regole del mercato, ma caratterizzata da liste bloccate e da numero chiuso.
L’arrosto c’e’ ed e’il solito arrosto lercio che si trova sia nel pubblico che nel privato. Vogliamo dire che il piu’ pulito c’ha la rogna e mal comune fa mezzo gaudio?…Bella consolazione!
Sperate di non ammalarvi o di avere abbastanza soldi per scappare all’estero altro che eccellenza sanitaria.
Grossi e grassi macellai…con tutto il rispetto possibile per i veri macellai.
analisi poco convincente. “Il problema è che “Report” non riesce a far convivere due storie intimamente in conflitto l’una con l’altra: o nella sanità conta troppo il privato, o la sanità è eccessivamente “politica”.”
Dove è la contraddizione? In Italia anche il privato è politica. In questo caso l’assunto è che il privato sia direttamente o indirettamente CL, quindi politica. L’affermazione o è vera o è falsa, sicuramente non è illogica.
Sulla sanità lombarda, infine, se soffre degli stessi mali delle altre regioni è paradossalmente più grave, perchè la lombardia ha sempre fatto vanto della propria efficienza.Report ieri in questo senso ha instillato più di un dubbio.
Anche la chiosa finale non mi convince, per lo stesso motivo. Il privato da noi è un gruppo di potere con solide basi in politica, pensare che una sanità privata sia più efficiente per me è una pura illusione.
Il modello sanitario lombardo non sarà la panacea di tutti i mali, ma sicuramente non è peggiore (come efficienza e soddisfazione dell’utente finale) rispetto a quello di tante altre regioni. Ho avuto la netta impressione che l’obiettivo del Report di ieri sera sia stato semplicemente quello di attaccare il presidente Formigoni e il movimento di CL sulla base di allusioni più o meno fumose e con il classico tentativo di far passare il caso singolo di cattiva gestione per l’universale
Ringrazio tutti per le preziose considerazioni. Una sola nota, circa il commento di Pippo. Per problemi di carattere ortopedico causati da un incidente stradale, ho avuto bisogno lo scorso anno di un paio di passaggi in un ospedale milanese, ed ho trovato medici eccellenti ed un ambiente, per quanto sia possibile in una struttura ospedaliera, “gradevole”, ovvero attento a non infierire sul paziente in un momento di debolezza e anzi a farlo sentire il più possibile “uguale” a fuori. Il mio non era un problema di strepitosa gravità (pur avendomi complicato la vita per un po’), ma vivendo in Lombardia da sempre ed avendo avuto, come tutti, parenti ed amici che purtroppo hanno avuto bisogno di servizi medici, posso dire di avere quasi sempre trovato cure all’altezza delle aspettative. Che, in questa Regione, sono alte. Detto questo, non ci si può evidentemente basare solo sull’esperienza personale, in un senso o nell’altro.
L’eccellenza lombarda è suffragata dalla maggior parte delle analisi che sono state fatte sulla performance della sanità italiana. Le diverse “classifiche” possono essere discordi su chi sta in cima, ma le prime posizioni di norma sono appannaggio di Lombardia, Emilia Romagna, Friuli e delle altre Regioni settentrionali. Casi in cui le cose non funzionano ci sono, e ci saranno sempre, nel pubblico e nel privato. Ma è possibile avere una visione d’insieme basandosi esclusivamente su alcuni casi eclatanti?
Sia Ruys che Carlo che Marco espongono in forma diversa l’auspicio di una separazione fra sanità e politica. La domanda è se ciò possa avvenire in un sistema in cui uno stesso attore (lo Stato) è assieme regolatore, erogatore, e finanziatore del servizio. La politica ha, in questi casi, evidentemente un ruolo che stravolge ogni ragionamento in termini di efficienza. E’ il caso della (dis)organizzazione delle reti ospedaliere, cui fa riferimento Carlo: la dispersione degli ospedali sul territorio serve ad utilizzarli per “catturare” consenso (come dimostra la misera fine che regolarmente fanno i buoni propositi di razionalizzazioni avanzati di volta in volta da politici di destra o sinistra).
@Marco Cobianchi
Spero che la Gabanelli abbia fatto un lavoro migliore dell’indagine sui derivati. Dalla quale si evinceva che né lei, né i suoi collaboratori avevano capito molto.
Io avrei molto da dire sulla Sanità Lombarda: vivo in Piemonte, ma ai confini con la Lombardia, dei cui servizi spesso usufruiamo, e mia moglie è Bolognese ed utilizza gli Ospedali di Bologna per i suoi genitori.
Dando dei voti : Lombardia 9 , Piemonte 6,5, Emilia Romagna 5+. Per un esame a Bologna impiegano il 40, 50% in più che in Lombardia. Gli ospedali sembrano essere veramente i gemelli poveri rispetto a quelli meneghini e strutture come il San Matteo di Pavia, Il San Raffaele o l’Humanitas (per citare pubblici e privati) non sanno neppure dove stanno. Purtroppo parlo per conoscenza diretta…
Ringrazio Marco Cobianchi per avere espresso con maggior chiarezza uno dei punti che volevo toccare nel post: ovvero la difficoltà di trovare un punto di approdo unitario ai “sospetti” che sono stati generosamente diffusi nella trasmissione di ieri sera. Dicendo che le questioni sollevate dalla Gabanelli valgono per tutto il nostro SSN, mi riferivo allla “politicizzazione” delle nomine, nel perimetro delle strutture lombarde pubbliche. Tema rispetto al quale varrebbe comunque la pena di chiedersi se le nomine in Lombardia siano più o meno politicizzate che in altre Regioni (che lo siano di più, sarebbe una tesi piuttosto ardita).
Se la buona qualità delle prestazioni sanitarie in Lombardia è motivo sufficiente per “digerire” l’occupazione militare delle aziende ospedaliere, delle direzioni generali della Regione, delle principali aziende (Infrastrutture Lombarde S.p.A., Lombardia Informatica, ERSAF, ecc…) di emanazione della Regione, della Fiera di Milano e di non so cos’altro ancora, non ad opera dei partiti (che già dovrebbe far venire il voltastomaco), ma, peggio, di un sedicente gruppo ecclesiale (Lupi dixit), che dire, contenti voi contenti tutti. Evviva la laicità, evviva il liberalismo. Soprattutto quando non ci sono evidentemente.
gli interventi inutili poi non sono di certo un’esclusiva lombarda.
anche in un sistema come quello americano, andando ad analizzare i picchi di eccellenza, si nota un proliferare di interventi inutili.
questo è figlio di due “problemi” della sanità
1 asimmetria informativa: è molto raro che il paziente abbia una conoscienza medica paragonabile al medico curante.
2 il pagamento effettuato da qualcun altro (assicurazione o regione) in proporzione alla prestazione, che incentiva un aumento del numero di interventi.
grandi soluzioni a questi problemi io non ne vedo… e non mi risultano esistere.
a mio parere si può dire (parafrasando churchill) che il sistema sanitario lombardo sia il peggiore esistente, esclusi tutti gli altri…
@pippo:
reduce da una storia sanitaria piuttosto perniciosa e lunga mi sento di confutare … poi e’ chiaro che ognuno ha le sue di esperienze
La Gabanelli avrebbe dovuto fare paragoni con eccellenze in altre Regioni: che ne so, il Lazio, dove la sanità è eccezionale con costi irrisori, con una fortissima generazione di attivo di cassa. Oppure L’Emilia Romagna, dove tutto è perfetto, le nomine politiche non esistono e nemmeno la sanità privata perché quella pubblica è più che sufficiente, in quanto è notorio che le Regioni rosse amministrano tutto in modo impeccabile.
Oppure la brava Milena avrebbe potuto portare l’esempio di Cuba, che ha la migliore sanità a livello globale (ma ditemi voi…). Perché non l’ha fatto? Mistero!
Forse non voleva far sfigurare la Lombardia, che ha notoriamente ospedali indegni anche del terzo mondo con costi americani.
Dimmi caro Pippo, supponendo che tu non sia plurimiliardario, se ti capitasse un incidente preferiresti trovarti in periferia a Capriate S.Gervasio o in centro a l’Avana?
E’ vero, stavolta la puntata non ha avuto una conclusione.. dunque?
Report non è una trasmissione per crocifiggere enti/aziende/persone, è una trasmissione che racconta (nel bene e nel male).
Certo, sarebbe stato bello avere un paragone con altre regioni, ma il tempo riservato a una puntata è limitato e presumo sia stata fatta la scelta editoriale di non confrontare il dato con altre regioni per dare spazio ad altri argomenti. Di carne al fuoco quella puntata ne ha messa molta, chissà cosa hanno sacrificato di tutte le interviste per rientrare nei tempi.
Lungi da me comunque difendere la Gabbanelli, che sa difendersi benissimo da sola (esilarante il commento coi rotoli di carta igienica ricevuti 🙂 — scusate la divagazione); cerco di vedere le cose da tutte le prospettive.
@stefano
Io abito in Toscana e con la sanità non mi trovo male. A proposito, sui vari report giornalistici, Lombardia e Toscana, sono sempre messi assieme. Quindi è la conferma che non occorre ingrassare i privati per avere una sanità buona e non sprecona. Aggiungo anche che la perfezione non esiste, ovviamente. Da Report la cosa gravissima e indegna di un Paese civile che salta fuori è che la sanità lombarda, è preda della Compagnia delle Opere, braccio “armato” di CL. Per un laico liberista come Mingardi, dovrebbe essere più che sufficiente per “bocciare” Formigoni. Ma come sempre il confine tra liberisti e pseudo-liberisti di destra (alfiere Berlusconi) è labile, anzi è quasi invisibile.
Rispondendo alla domanda di Stefano, dico che preferirei un Ospedale dell’Avana, senza dubbio. 🙂
Ammettiamo che Report abbia effettivamente dimostrato che la sanità lombarda è “occupata” da un particolare gruppo (a me sembra che Report abbia portato alcuni aneddoti, riguardanti perlopiù ospedali periferici. Soprattutto, non ci ha dimostrato se la sanità in Lombardia è più “politicizzata” che in altre Regioni). La cosa rilevante è riflettere sul perché. La risposta è che ciò che rende la sanità permeabile alla politica è proprio il suo soggetta al controllo più o meno mediato della classe politica. Che la usa, da sempre, per creare consenso. Per avere meno conflitti d’interessi, l’unica strada sarebbe la separazione di sanità e politica.
Leggo il 3D solo ora, mi scuso per l’ intempestività.
Sono Medico e titolare di uno studio di diagnostica, aperto in Lombardia dal 2003.
Non sono di CL nè il mio studio è affiliato alla compagnia delle opere.
Nessuno (nessuno, a nessun livello) ha mai chiesto a me o ai miei collaboratori di iscriverci a CL o alla compagnia delle opere, o se fossimo iscritti, o a chi o cosa fossimo o meno iscritti in generale.
Abbiamo acquisito la normativa, abbiamo seguito le procedure, abbiamo effettuato le pratiche necessarie, ci siamo sottoposti ai controlli ed abbiamo iniziato l’ attività.
Abbiamo avuto gli aiuti economici necessari dalle banche tramite finanziamenti a tassi di mercato.
Facciamo semplicemente il nostro mestiere, quello per cui abbiamo studiato, senza ricevere una lira di rimborso dalla Regione.
Pagano i Pazienti che si rivolgono a noi; ci piace pensare che chi viene da noi lo fa perchè si trova bene ed ottiene un buon servizio al giusto costo.
Nessuno ci “ingrassa”.
Facciamo il nostro mestiere e basta, in Lombardia. In Lombardia perchè siamo nati qui e qui abbiamo vissuto, non per altro.
Dopo questi pochi anni posso iniziare a tirare qualche somma e concludere: ma se fossi stato in Emilia o in Toscana sarebbe stato altrettanto lineare? O qualcuno sarebbe venuto a dirci che ci volevamo solo ingrassare? O che “grazie, di voi non c’ è bisogno, siamo già abbastanza noi”?
Buona giornata!