24
Mag
2013

Referendum scuola a Bologna: Friedman, Gramsci e don Milani votano B

Domenica a Bologna ci sarà un referendum consultivo per scegliere se lasciare una parte di finanziamento pubblico alle scuole paritarie (opzione B) o se toglierlo per darlo alle scuole comunali e statali (opzione A). La situazione è questa: a Bologna ci sono 27 scuole private di cui 25 cattoliche (è questo il vero problema per i promotori) che rappresentano circa il 20% dei posti disponibili e che ottengono circa il 3% dei finanziamenti pubblici (1 milione di euro), mentre le scuole comunali e statali rappresentano l’80% dei posti ed ottengono il 97% dei finanziamenti. È evidente che se qui c’è una discriminazione, quella è a danno della famiglie che scelgono una scuola privata e che ottengono in servizi molto meno delle tasse che pagano.

Non si capisce bene quale sia l’obiettivo dei referendari. Se è quello di aumentare i fondi per la scuola sarebbe stato più utile proporre di prelevare i soldi da altre voci di bilancio e non toglierlo ad altre scuole, se è quello di disincentivare le scuole private il rischio potrebbe essere di lasciare molti più bambini e famiglie senza servizio (il milione alle scuole private finanzia circa 1.700 posti, mentre coprirebbe solo circa 300 posti nelle pubbliche). Ci sono motivazioni astratte, etiche, ma mai si parla del quesito in concreto. C’è chi come Vendola è contrario ai fondi alle scuole paritarie per ragioni di latitudine (in Puglia vanno bene circa 2 miliardi, ma a Bologna no) e chi come il M5S è contrario per ragioni di longitudine (a Parma vanno bene circa 450 mila euro, ma a Bologna no).

C’è addirittura chi come Micromega è contraria per anti-neoliberismo in quanto il finanziamento “insinua nel sistema educativo i principi del mercato e della concorrenza” (orrore!). Perché “limita la libertà di scelta dei cittadini nei confronti della scuola pubblica”, che è come dire che il massimo di libertà di scelta è quando non c’è altra scelta. E soprattutto perché “Friedman è più vicino di quanto immaginiamo. Il finanziamento apre un varco ai principi neoliberisti”. Che sono un po’ i principi di quel neoliberista di Antonio Gramsci che, a differenza di Micromega, aveva più paura del monopolio statale che della concorrenza e difendeva l’esperienza della “scuola pareggiata” diretta dal “compagno Ezio Bartalini”: “Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa dei privati e dei Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato. Dobbiamo conquistarci la libertà di creare la nostra scuola. I cattolici faranno altrettanto dove saranno in maggioranza: chi avrà più filo tesserà più tela”.

Gli stessi principi di un altro neoliberista come don Lorenzo Milani che a Barbiana aveva messo in piedi una scuola privata perché la scuola statale era tremendamente inefficiente per i suoi ragazzi. Nella famosissima “Lettera ad una professoressa” scritta insieme agli alunni della scuola, il priore affermava: “Finora si diceva che la scuola statale è un progresso rispetto alla privata, ora bisognerà ripensarci e rimettere la scuola in mano d’altri. Di gente che abbia un motivo ideale di farla”. Nelle parti di quella lettera che i professori non fanno mai leggere a scuola, il neoliberista don Milani si scagliava contro la produttività degli insegnanti (“Io vi pagherei a cottimo. Un tanto per ragazzo che impara tutte le materie. O meglio multa per ogni ragazzo che non ne impara una”) e contro l’abuso del ricorso allo sciopero (“Con l’orario che fate il vostro sciopero fa schifo. Quando toccate quelle poche ore di insegnamento la gente capisce che di noi non ve ne importa nulla”). E sarà il caso che i referendari leggano anche un’altra lettera di don Lorenzo, quella che scrisse ad Aldo Capitini: “Non si può esaltare l’idea della scuola di stato senza descriverne la realtà, così come non si può denigrare la realtà della scuola dei preti senza citarne l’idea. Il fatto che lo stato coi soldi dei contribuenti non l’aiuti è semplicemente scandaloso”. Ma si sa che don Milani, come Gramsci, voleva solo aprire un varco ai principi neoliberisti.

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27 Responses

  1. Articolo sostanzialmente condivisibile. Anzi fa veniri in mente alcune cattiverie
    1) Pur rispettando le scuole cattoliche ed essendo io stesso cattolico, è vero che purtroppo in Italia a parte pochissime eccezioni, le scuole non statali sono cattoliche. Allora i promotori dal referendum sono cosi acciecati dall’odio contro il cattolicesimo da andare contro le regole dalla matematica? (visto che questo sistema di fatto garantisce un risparmio per il comune)
    2) Perchè, chi legittimamente è scettico sull’educazione cattolica – io ho avuto una pessima esperienza da ragazzino in una scuola di suore e ci sono volute altre esperienze molti anni dopo per ricredermi sui temi religiosi – non tenta di rischiare imprenditorialmente nelle scuole? Forse perchè si illude di usare lo stato come strumento per propagare la sua visione del mondo?
    3) Oppure perchè i promotori del referendum, e si è visto dai nomi illustri che li appoggiano, non hanno figli, e quindi vogliono che chi ha figli stia peggio possibile?
    4) Cattiveria somma: ma fate quel che volete, se continuate a ragionare così tra 10 anni con i soldi della jizya pagherete le madrasse!!!

  2. Gianni

    Già, perché le scuole private sono gratuite per l’utente… non percepiscono rette da migliaia di euro, non ricevono finanziamenti dalla Chiesa (tra l’altro già beneficiaria dell’8 per mille)… e chiaramente chiuderebbero senza i fondi pubblici.

    Ma è mai possibile che l’autore sia così superficiale nell’analizzare la realtà?

    Mistificazione, questo è.

  3. Riccardo

    Ma perche lo stato deve finanziare una scuola non statale? Chi vuole si faccia la sua scuola, se la paghi, non chieda finanziamenti, se e capace attirera gli studenti altrimenti no. Mi sembra molto semplice, se finora le scuole paritarie hanno ottenuto finanziamenti non mi sembra un buon motivo per continuare. Si vuole essere liberali? Lo si sia fino in fondo e non si dipenda dallo stato. Chi manda i propri figli alle scuole paritarie paga per organizzare la scuolapubblica perche l educazione e un bene pubblico e da garantire a tutti, se poi vuole qualcosa di diverso se lo paghi

  4. meno stato per tutti

    @ Gianni e Riccardo.
    ok niente soldi alle scuole private…
    ma allora mi spiegate perchè io devo pagare tasse per finanziare la scuola pubblica, quando i miei figli non ne usufruiscono?
    la vera libertà sarebbe: niente aiuti alle scuole private ma nemmeno a quelle pubbliche.
    risultato: scuole private ancora in piedi e ben funzionanti, scuole pubbliche chiuse. (e sarebbe un grande passo avanti per tutta l’italia, diciamocelo)
    la scuola pubblica oggi come oggi è solo un “votificio”…
    l’unica vera scuola che ancora insegna tantissime cose ai ragazzi e che dovrebbe essere magnificata, è la scuola familiare, ma questo è un altro discorso.
    la superficialità, sta nel fatto di voler concedere il monopolio ad un’organizzazione senza nemmeno chiedersi se quel monopolio porterà piu vantaggi (mai un monopolio li porta) o piu svantaggi (come tutti i monopoli portano).

    ciauz…

  5. Riccardo (selvaggio liberista)

    @Riccardo
    Scommetto che tu hai votato per “l’acqua bene pubblico”, quindi togliamo l’iniziativa privata dovunque! La quale è notoriamente più INEFFICIENTE rispetto al benevolo Stato che non manca giorno di ricordarci quanto siano utili i suoi servigi … un’autorizzazione ad aprire un’attività, un certificato, l’arbitraggio nelle dispute.
    Siamo insoddisfatti di questo Stato, eppure gli consegniamo tutto, infine anche il futuro dei nostri figli.
    Perché lo Stato deve pretendere di entrare in concorrenza con un sistema educativo che io ritengo migliore per la mia famiglia??

  6. Samuele Baldassarri

    Lo stato (inteso come Comuni, Provincia, Regioni, ecc) finanzia un pò di tutto: editoria, cinema, teatro, giornali, tantissime attività culturali svolte da privati in tantissime città italiane di qualunque orientamento politico-ideologico esse siano. Parlo per esperienza personale in quanto animatore di un’associazione culturale di provincia che riceve e ha ricevuto finanziamenti (piccoli) da enti statali per le proprie attività culturali. Che male c’è a finanziare una cooperativa culturale che manda avanti un asilo? Condivido in pieno l’articolo di Capone. In Inghilterra le scuole private sono chiamate “public school” e ottengono finanziamenti statali anche ingenti in quanto svolgono un sevizio pubblico che lo Stato da solo non riuscirebbe a garantire. In Italia siamo rimasti allo scontro ideologico laici-cattolici e nel 2013 fa un pò ridere.

  7. Serena

    http://www.chicago-blog.it/2013/05/24/referendum-scuola-a-bologna-friedman-gramsci-e-don-milani-votano-b/

    Posto questo articolo perché leggendolo mi sono venuti letteralmente i brividi, non tanto per il contenuto (anche per quello), ma per il metodo del bravo giornalista.
    Praticamente, la notizia è che Gabriele Toccafondi (PdL), Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione nel governo Letta, interviene all’incontro tenutosi a Bologna sul referendum contro i finanziamenti pubblici alle scuole private paritarie e, al termine del suo discorso, tira fuori una citazione di Gramsci che difende la scuola privata.
    È una citazione molto diffusa sul web: si trova nei siti cattolici delle orsoline o della chiesa di Bologna, ma anche sul sito dell’ANINSEI, quindi nessuna difficoltà per il ghostwriter del Ministro che non ha mai letto Gramsci di fare un copia/incolla.
    Ma ecco che arriva il nostro bravo giornalista che rilancia la citazione (non dice neanche che l’ha sentita uscire dalla bocca del ministro) e ci costruisce sopra un pezzo sull’anti-neoliberismo dei promotori del referendum.
    La tesi è: questi sono anti-neoliberisti al punto da non riconoscere che anche Gramsci e don Milani erano contro la scuola pubblica e a favore della scuola privata. Seguono citazioni dei due.

    Ma scusa, caro Luciano Capone, da quale scuola di giornalismo sei uscito? Dimmi che non è un’università privata altrimenti posso smettere di scrivere!

    Qualcuno ti ha mai spiegato che bisogna contestualizzare le persone e anche le cose che dicono? Altrimenti io posso copiare e incollare almeno altre due frasi di Gramsci per dimostrare che era a favore della scuola pubblica e possiamo giocare all’infinito ad attaccargli delle etichette.

    Esempio: “La cultura è un privilegio, la scuola è un privilegio”, mentre invece “tutti i giovani dovrebbero essere uguali dinanzi alla cultura” (A. Gramsci). Oppure: “E’ da fare una lista di istituzioni che devono essere considerate di utilità per l’istruzione e la cultura pubblica e che tali sono infatti considerate in una serie di Stati, le quali non potrebbero essere accessibili al grande pubblico senza un intervento statale. E’ da osservare che proprio questi servizi sono da noi trascurati quasi del tutto; tipico esempio le biblioteche e i teatri. In Italia invece abbondanti le opere pie e i lasciti di beneficenza: forse più che in ogni altro paese. E dovuti all’iniziativa privata.” (A. Gramsci).

    Il fatto è che Gramsci e don Milani sicuramente erano molto critici nei confronti della scuola pubblica del loro tempo, ma ciascuno per ragioni ideologiche diverse. Anzi direi che quelle di Gramsci (che era critico nei confronti dell’egemonia cattolica introdotta nella scuola pubblica dalla riforma Gentile) erano esattamente opposte a quelle di don Milani (che, a sua volta, quando critica il corpo insegnante lo fa per l’inefficienza del metodo pedagogico, più che per tirare le orecchie sull’abuso del diritto allo sciopero) !!!
    Mio Dio, per spiegartelo ci vorrebbe un trattato, quindi mi fermo qui.

    Mi limito a scrivere che, come al solito, il tema viene declinato nel senso di una demonizzazione della scuola privata da parte dei presunti anti-neoliberisti. SBAGLIATO: quello che non si vuole sono i finanziamenti pubblici alle scuole private. In questo forse quelli che chiami “antineoliberisti” sono più neoliberisti di te!

    E ti regalo pure un bello scritto di Calamandrei sul rapporto tra scuola pubblica e scuola privata in una società democratica e liberale:

    http://www.tempi.it/al-referendum-sulle-scuole-paritarie-di-bologna-anche-gramsci-voterebbe-b

  8. supernoise

    cosa c’é di liberale nella sovvenzione statale ai privati?
    siete i soliti italiani liberali di cartone.
    r.

  9. serena

    @meno stato per tutti

    e perché pagare le tasse per l’insegnante di sostegno, se mio figlio è sano come un pesce?
    e perché pagare le tasse per una città a misura di disabili, se io non sono disabile?
    e perché mai insistere sulla sanità pubblica se quella privata è migliore
    ma perché poi pretendere che lo Stato finanzi la ricerca contro il cancro se io non ho il cancro!

    Potrei continuare all’infinito… tanto la risposta sarebbe sempre la stessa: si chiama “cittadinanza”, un concetto che implica diritti ma anche doveri.

    Tu dirai: è questione di capacità, di selezione naturale della specie!
    Io invece ti dico che non sei più nella giungla!
    Nella società democratica e liberale (termini di cui non fate che riempirvi la bocca) è un tuo “dovere di cittadinanza” pagare le tasse perché tutti abbiano le stesse opportunità che hai tu!

    Tu potrai anche permetterti di pagare la retta scolastica di tuo figlio, ma purtroppo nella società in cui vivi c’è qualche famiglia che non si può permettere di pagare una retta, o un insegnante di sostegno o la mensa scolastica. Eppure, in quanto cittadino, ha lo stesso diritto ad usufruire di questi servizi che ha tuo figlio.

    Non è un concetto difficile da capire!
    E su questo concetto mi sa proprio che né Gramsci né don Milani avrebbero avuto alcun dubbio!

  10. VincenzoS

    Leggendo articolo e commenti risulta abbastanza chiaro che il problema dell’Italia è, da almeno 700 anni, sempre lo stesso: lo scontro tra guelfi e ghibellini. All’epoca di Dante ci si scannava tra chi sosteneva il papato e chi l’impero. Un genio come Dante, che riconosceva il ruolo di entrambi, finì per essere esiliato e rimanere inascoltato con il bel risultato che conosciamo.
    Oggi ci si scanna su altre cose e la scula è una di queste.
    Ma è mai possibile che i liberisti non riconoscano che il valore dell’istruzione e della cultura è universale e che è dovere di tutti provvedere affinché le giovani generazioni studino anche perché altrimenti, quando saremo vecchi, non ci sarà nessuno che sarà capace di produrre a sufficienza per pagare la nostra pensione?
    Ma è mai possibile che i sostenitori della scuola pubblica non sappiano distinguere tra le parole “pubblica” e “statale”?
    Dove sta scritto che una scula pubblica debba essere statale o comunale?
    Dove sta scritto che lo Stato non si possa limitare ad erogare ai vari istituti scolastici i finanziamenti, uguali per tutti, necessari al loro funzionamento lasciando poi la gestione in mano al “pubblico” ovvero ai cittadini che di quell’istituto fanno uso mandandoci i loro figli, ovviamente sotto controllo amministrativo da parte di chi eroga i finanziamenti?
    Dove sta scritto che gli insegnanti debbano essere dipendenti dello stato, illicenziabili anche se incapaci, e non dipendenti a contratto del singolo istituto il cui consiglio direttivo, nominato dai genitori e dagli insegnanti più anziani lì in servizio, deciderà se rinnovarglielo o meno in base alla qualità dell’insegnamento che propone?
    Ma è possibile che concetti così semplici non riescano ad albergare nelle menti degli italiani?

  11. supernoise

    i privati facciano ció che vogliono ma senza chiedere soldi pubblici.
    anche questo concetto é molto semplice.

  12. Giorgio L.

    @VincenzoS
    Esatto. Il famoso “buono scuola”, che tanto farebbe inorridire Calamandrei, permetterebbe a chiunque di poter garantire un’istruzione di base ai propri figli, indipendentemente dal censo, ma lasciandogli la libertà di scegliere la scuola che preferisce. Le scuole sarebbero così incentivate ad attirare gli studenti, in concorrenza fra loro.

    Questo è un bene? Per il socialista-azionista Calamandrei sicuramente no, poiché finirebbero per (parole sue) “Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette”, cosa che, secondo lui, solo un ferreo e illuminato controllo statale potrebbe evitare. Spero di non aver “decontestualizzato” troppo la citazione, ma mi pare evidente che la preoccupazione di Calamandrei sia figlia della sua (de)formazione culturale e politica, che si basa sul mai abbastanza deplorato valore legale del titolo di studio.

    Chi, razionalmente, manderebbe i propri figli in scuole facili, da insegnanti impreparati a sostenere esami-burla? Lo farebbe se il “pezzo di carta” tanto facilmente conquistato avesse un valore in sé, per esempio per ottenere un certo punteggio in un concorso pubblico. Ma in un libero e concorrenziale mercato del lavoro, dove conta l’effettiva preparazione e non i titoli farlocchi, il pezzo di carta potrebbe servire tutt’al più come succedaneo della carta igienica, e la scuola piena d’insegnanti cialtroni che regala diplomi un tanto al chilo chiuderebbe presto i battenti.

    Quindi niente giungla e viva la cittadinanza! Lo stato, la scuola la finanzierebbe eccome, ma in modo autenticamente liberale, lasciando ai beneficiari del sussidio una piena libertà di scelta. Così le scuole non godrebbero più di finanziamenti incondizionati e spesso immeritati, ma dovrebbero offrire un buon motivo ai propri studenti, e alle loro famiglie, per continuare a essere scelte. Che non sarebbe la facilità degli esami, come teme Calamandrei, ma piuttosto la selettività e la qualità dell’insegnamento. E i professori, quelli validi, otterrebbero finalmente la retribuzione che meritano, poiché le scuole farerbbero a gara per accaparrarseli.

    Essere liberali significa, tra le altre cose, aver fiducia nella razionalità del prossimo. Al contrario di chi pensa che il popolo bue vada costantemente indirizzato e guidato. Per il suo bene, ovviamente.

  13. serena

    @Giorgio L.

    @VincenzoS

    OK! Lasciamo stare guelfi e ghibellini, statalisti e liberisti e citazioni varie.
    Basiamoci su fatti di vita vissuta, così da ristabilire un minimo di adesione alla realtà!

    Dalla materna fino all’università ho studiato in scuole pubbliche STATALI.

    Alla scuola elementare ho avuto insegnanti che hanno costruito in modo rigoroso le fondamenta della mia attitudine allo studio e all’apprendimento.

    Al liceo scientifico ho avuto insegnanti nella media e qualcuno che spiccava per l’originalità del metodo di insegnamento e per la consistenza delle competenze. In quella scuola ci siamo diplomati figli di operai e “figli di papà” e (salvo qualche inevitabile preferenza dei prof.) tutti siamo stati seguiti nello stesso modo, con la stessa dedizione. Tuttavia ricordo anche molte bocciature, a dimostrazione che il titolo non viene sempre regalato.

    Il liceo socio-pedagiogico parificato accanto alla mia scuola, invece, era noto per “vendere” il titolo di studio ai nostri coetanei meno volenterosi. I docenti non spiccavano per dedizione (anzi spesso erano neo-laureati – sottopagati o non pagati – che ciondolavano in classe in attesa di scalare la graduatoria pubblica) e di bocciature neanche l’ombra.
    Inutile dire che i finanziamenti europei per il rilascio di attestati vari (inglese, informatica…) di dubbia qualità, a iscritti e non iscritti, in orario scolastico ed extrascolastico, si sprecavano!!!

    Pure l’università era statale. E all’ingresso nel mondo del lavoro mi sono confrontata anche con laureati in scuole private: perdonatemi l’immodestia ma non ho notato la differenza! Salvo l’alone di “futura classe dirigente” che circonda i laureati della Luiss per una consuetudine ormai consolidata che funziona come una profezia che si auto-adempie: più dici che i laureati alla Luiss saranno i dirigenti di domani, più è probabile che ciò avvenga.

    E, infatti, uno dei presunti vantaggi della scuola privata sarebbe proprio la maggiore tendenza a formare bravi professionisti per il mondo del lavoro, contro la formazione umanistica offerta dalla scuola pubblica, che pretenderebbe ancora di formare l’essere umano.

    Un falso mito, questo, come quello che il privato sia sempre meglio del pubblico, ma destinato a produrre risultati ben peggiori.

    Ora, il referendum a Bologna è stato vinto dal no ai finanziamenti pubblici alla scuole parificate. Segno che la maggioranza dei genitori non sente il bisogno di una scuola alternativa a quella statale, ormai al collasso.

    Ma forse il disegno è proprio questo.
    Smantellare del tutto la scuola pubblica per fare spazio a una costellazione di scuole parificate, diffuse sul territorio senza alcuna regia, secondo opportunità di mercato, e finanziate dallo stato (come ogni servizio pubblico che sia stato privatizzato in italia).

    Ne deriverebbe una concentrazione di scuole in alcuni territori e l’assenza del servizio in altri (un po’ come le tratte regionali di servizio ferroviario soppresse da Moretti perché, in assenza di finanziamenti pubblici, l’investimento non era più redditizio)!

    L’accesso alla professione di insegnante non sarebbe più basato sul titolo, ma – nella cultura del merito che chi contraddistingue – sarebbe basato su segnalazioni e raccomandazioni.

    I finanziamenti pubblici (che ora vorremmo uguali per tutti ) sarebbero terreno di nuove relazioni clientelari tra dirigenti scolastici e classe politica e i presidi, finalmente, potrebbero licenziare gli insegnanti che non lavorano bene (o che non si allineano all’idea di struzione del preside in questione). Ma poichè il sindacato non è desiderabile in un settore che voglia essere davvero concorrenziale, gli insegnanti soccomberebbero: tanto il loro ruolo non sarebbe di formare le menti, ma di addestrare attanti perfetti per essere “assorbiti” dal mondo del lavoro!

    Un altro possibile scenario è quello della compresenza tra una scuola statale di serie B per cittadini di serie B e una scuola privata di serie A (finanziata dallo stato) per cittadini di serie A che abbiano conquistato la libertà di scegliere, ossia di pagare.

    Nessuno dei due scenari mi convince!

    Continuo ad auspicare una scuola pubblica, tutta statale, sulla quale confluiscano tutte le risorse economiche e culturali disponibili per rendere il servizio sempre migliore.

    La scuola parificata mi appare come una soluzione ibrida inutile: il “privato che succhia sangue al pubblico” (come la maggior parte delle grandi aziende e dei servizi privatizzati in Italia)

    Mentre la scuola privata vera è un’opportunità perchè si crei una competizione reale sia tra scuole private sia tra scuola pubblica e scuola privata.

    Ma abbiate il coraggio, una buona volta, di riconoscere che i benefici della concorrenza si hanno (se si hanno) solo in presenza di più operatori privati che competono con le risorse disponibili sul mercato e non in presenza di uno o pochi operatori finanziati dallo stato che competono con l’analogo servizio pubblico!!!

    In conclusione, poichè l’istruzione è un diritto grarantito dalla costituzione e un benme comune che per definizione dev’essere universale, capillare e gratuito io ritengo che debba restare sostanzialmente affidata allo Stato che deve spendersi per renderlo moderno ed efficiente ma anche libero, democratico e il più possibile fondato su una cultura dell’inclusione e della cittadinanza.

  14. Giordano

    @Giorgio L.
    Faccio presenti alcune rette scolastiche di scuole private:
    Medie 3500 euro/anno
    Superiori istituto religioso provincia di Brescia: 5000 euro/anno
    Superiori laiche provincia di Brescia: 17000 euro/anno
    Università privata confessionale provicia di Milano 10000 euro/anno (x 5 anni 50000)
    Università privata laica provicia di Milano 10000 euro/anno

    Nasce un problema di diritto allo studio. IO, ad esempio, a queste cifre mi sarei fermato all’asilo. Chi può spendere 3500 euro/anno, magari per due? E non mi si dica che le scuole non farebbero un cartello (…. già, come i petrolieri…). i figli sò piezz’ e core……

  15. Alberto Chiesa

    @supernoise
    Molto semplice quanto parziale.
    Il diritto allo studio non è diritto alla scuola statale, altrimenti si chiamerebbe in altro modo.

    Se tutti i cittadini pagano le tasse non è per finanziare bidelli nullafacenti o professori frustrati, ma per pagare gli studi alle prossime generazioni.

    Quale è il modo migliore con cui lo Stato, che DEVE gestire il problema perché di interesse sociale, può sovvenzionare la Scuola? Solo questo è il quesito cui occorre rispondere.

    Secondo me, date le cifre (imbarazzanti per la scuola statale), finanziare la scuola privata sarebbe utile a tutti, operazione da farsi su larga scala e per promuovere anche iniziative laiche ed indipendenti.

    Invece qui siamo trincerati sul concetto di “la scuola privata è per i figli dei ricchi e la scuola deve essere uguale per tutti e garantita per definizione”. Ignorando bellamente che “uguale per tutti”, in questo mondo reale e concreto, implica solo un livellamento verso il basso.

    Invece che meno finanziamenti, dato che l’istruzione è un problema pubblico, ne vorrei vedere di più! E concorrenza, una volta tanto: non che le uniche scuole private esistenti sono gestite da cattolici perché disposti a lavorare senza guadagno. QUESTO è un problema, non i quattro baiocchi dati alle scuole private (che non sono medie e superiori, ma principalmente asili che coprono un’altra area in cui questo Stato incompetente non risponde alle necessità della popolazione).

  16. ALESSIO DI MICHELE

    Sarebbe questo L’ ARGOMENTO, quello su cui costruire una riflessione extra economica del liberismo ed un abbandono dello statalismo di parecchi atei/agnostici italiani: in una parola l’ unione tra il meglio di chi frequenta questo sito ed il meglio di chi frequenta il sito “UAAR.IT”. Mi piacerebbe sentir dire che, se proprio lo stato ha da garantire i servizi educativi, magari li appalta dopo regolare gara, poi che non gestisce, ma CONTROLLA, a partire da alcuni criteri di base:

    1) riconoscimento della legittimità ed autonomia dello stato italiano: troppo comodo usarlo come bancomat (ALIMENTATO DAI NS. C/C) e poi insegnarci come copulare, generare, curarci, morire;
    2) ruolo della donna: lasciamo stare la cattolica misoginia;
    3) il primo istituto che parla di disegno intelligente è fuori dall’ appalto, deve restituire i compensi ricevuti, ed in galera i dirigenti;
    4) idem al primo caso di molestie ai bambini non denunciate al primo posto di polizia entro 2 giorni;
    5) lo stato serve per la città degli uomini: al primo segnale di subordinazione culturale di questo alla burocrazia di Dio, sei fuori.

    Questo è quanto andrebbe imposto a tutti, ovviamente sto alludendo alle scuole cattoliche, ma nessuno è escluso: dovrebbe essere basilare non pagare chi, negli ultimi 17 secoli ha sabotato in ogni modo la crescita e l’ affermazione di uno stato laico e rigoroso proprio con i soldi di uno stato che è sempre stato sotto tutela.

    Poi, magari, con le tasse risparmiate, le famiglie possono far studiare i propri figli da papi, ma i corsi se li pagano loro.

  17. matteo

    io vivo a milano, di scuole paritarie ce ne sono molte… i milanesi si iscrivono quando non riescono ad essere promossi nella scuola pubblica, nettamente piu difficile e con miglior preparazione, che che se ne dica…

  18. Serena

    @Alberto Chiesa

    Lamentarsi del monopolio della scuola cattolica e poi fare il tifo per i finanziamenti statali alle scuole private, a mio avviso, e’ palesemente contraddittorio.

    Una volta affermato il principio che lo Stato debba finanziare le scuole private e/o quelle parificate, non si potrebbe mica dire “tranne quelle cattoliche”!

    Quindi ci ritroveremmo con una scuola statale che fa fatica ad affermare il proprio diritto ad essere laica e multiculturale (su questo, semmai, dovrebbero concentrarsi gli sforzi riformatori della politica), e in aggiunta, con delle scuole cattoliche finanziate dallo Stato!

    Per di più, con la scusa della “concorrenza culturale” ci sarebbero scuole private per ogni orientamento politico, religioso, ideologico, culturale che voglia contrapporsi a quello egemonico della Chiesa!

    Per quanto riguarda il concetto che la scuola privata sia per i ricchi mentre quella pubblica e’ per tutti, ma implica un livellamento verso il basso…sono entrambe argomentazioni che andrebbero sostenute con dati reali.

    Che ci siano famiglie che non possono permettersi di pagare una retta e ragazzi che sarebbero esclusi e’ un fatto. Dunque, in uno scenario in cui lo Stato appalti il servizio e funga solo da controllare, esso dovrebbe comunque accorrere in sostegno di queste famiglie. Di qui l’esigenza di tassare ulteriormente i cittadini, già costretti a pagare la retta. O pensiamo di poter accettare l’idea di una società in cui qualcuno sia escluso a priori dal diritto allo studio?!

    Che la scuola privata garantisca un’offerta culturale migliore rispetto alla scuola pubblica, invece, e’ da dimostrare!

    I problemi della scuola pubblica non sono legati alla sua natura intrinseca ma a politiche profondamente sbagliate, compresa quella che ha portato a trascurale il segmento degli asili nido e delle materne.

    Allora lo Stato, invece di “regalare” fondi a chi ha fiutato il business potrebbe investire per colmare il vuoto a sua volta, magari fornendo un servizio migliore!

  19. mr_kost

    Solo un piccolo inciso. Siete andati fuori tema, vi metto un bel quattro. 🙂
    Le scuole “private” sono al 90% asili nido o scuole materne che vanno a coprire un buco lasciato dallo Stato, che non comprende le necessità della popolazione. I genitori oggi hanno bisogno di un servizio che tenga i pargoli quando sono al lavoro. Stiamo quindi parlando in primis di un servizio di cura del bambino dalle 8.30 alle 18.30. Il pubblico questa necessità la dimentica, alle 16.30 tutti i bimbi a casa perchè le maestre hanno altro da fare, mica possono lavorare fino alle 18.30?
    Serena, sono d’accordo che le scuole private nelle medie superiori sono solo dei diplomifici ma a Bologna il discorso è un altro, (e ripeto) le scuole parificate a Bologna sono soprattutto scuole materne.
    Calamandrei, Gramsci e Don Milani non hanno pensato proprio a questo problema perchè all’epoca le donne e mamme stavano a casa o i bimbi li portavano con sè nei campi.
    Direi quindi che tutti gli alti principi che avete enunciato, declamato, scomodato servono a ben poco. Qui ci servono posti dove portare i bambini, farli socializzare, tenerli al sicuro, in un posto pulito e dove possano socializzare. Siano questi posti tutti pubblici o in parte privati non è il problema primario.
    Per quei pochi soldi, si parla di poco più che mezzo milione di euro su un bilancio di una città come Bologna, non ne vale proprio la pena fare tutto questo bailamme.
    Per il problema residuale delle scuole private degli ordini superiori (elementari,…) continuate pure a discutere ma il problema è talmente secondario che potremmo facilmente applicare le nostre energie con più risultati in qualche altro ambito .

  20. Peregrinus

    La questione è semplice: una parte delle tasse che io pago va a servire l’istruzione dei miei figli.
    Stabilito che alle scuole private non dovrebbe arrivare un euro in più rispetto a quelli che la scuola pubblica riceve per ogni alunno (ed infatti ne riceve molti meno), ho il diritto di scegliere che istruzione dare ai miei figli o no?
    Ho frequentato la scuola pubblica ed i miei figli frequentano la scuola pubblica, funziona ancora anche se il declino è evidente (non mi si dica che è colpa dei finanziamenti alle scuole paritarie). Nella mia esperienza ho constatato una netta polarizzazione ideologica dalla scelta dei testi alle lezioni dei prof. Il pluralismo non è forse il sale della democrazia?

  21. Vasco Carniel

    Secondo me esiste un metodo facile per vedere chi ha ragione tra A e B. Tutti coloro che hanno usufruito della scuola privata, il prossimo anno iscrivano i figli alla scuola statale o comunale. Cosi’ vedremo la differenza tra teoria e pratica. E tra i cacciatori di farfalle e le persone positive.
    A Matteo dico: rileggi quello che hai scritto e poi torna a studiare la grammatica, pubblica o privata, e’ lo stesso.

  22. supernoise

    @Alberto Chiesa
    Lei fa considerazioni fattuali che non investono il problema di principio.
    Che i bidelli e i professori della pubblica siano peggiori della privata e che effettivamente lavorino male costituisce una indebita generalizzazione che, se pure fosse un fatto riscontrabile nella realtà, potrebbe essere anche cambiato mediante una migliore organizzazione dell’apparato dell’istruzione pubblica. Ma questa non è affattto una questione di principio. La questione di principio è che non esiste da un punto di vista liberale l’ipotesi che soldi pubblici vadano ai privati che competono in un mercato. Se è vero che si tratta del diritto allo studio, è anche vero che le scuole private, in quanto imprese private, perseguono fini di lucro e di profitto all’interno di un mercato composto da attori economici. Non si capisce perchè chi ha investito nel settore della scuola privata debba godere di sovvenzionamenti che non sono riconosciuti a qualsiasi altro soggetto che fa impresa in qualsiasi altro campo. Abbia pazienza, signor Chiesa: non può certo chiedere agli altri cittadini di sostere i costi delle sue scelte personali. Lo stato offre un servizio essenziale, di qualità o meno, lo decidano i cittadini. Per tutto il resto c’è Mastercard.
    R.

  23. Mauro

    @Giordano
    I miei complimenti a Giordano che è l’unico che mette dei numeri, che ovviamente fanno la differenza. Altrimenti non è dirimente dire che la scuola paritaria costa allo stato l’1% e serve il 10% degli alunni, se non si sa (o non si dice) quanto costa al sistema nel suo complesso, di cui fanno parte anche quelli che, magari costretti dal non poter iscrivere i figli alle scuole pubbliche, devono pagare le rette….
    Se non si ragiona su costo complessivo, e ovviamente qualità, non si può scegliere cosa è meglio…., al di là dei principi….

  24. Giorgio L.

    @serena
    Anch’io, fatti salvi tre anni di elementari, ho studiato in scuole pubbliche fino all’università, e conosco bene quegli istituti privati nati per far “recuperare” gli studenti un po’ tardi di comprendonio con due-tre-quattro anni in uno. Ma, come dici giustamente, questi istituti regalano il titolo di studio, non certo la preparazione che solo uno studio assiduo e professori validi possono assicurare.

    Ora, a che serve un titolo di studio senza nulla dietro? Lei manderebbe i suoi figli a studiare in una scuola del genere? Io no di certo, e penso molti altri. Purtroppo, il fatto che in Italia il “pezzo di carta” abbia un valore legale a prescindere da com’è stato ottenuto fa sì che certe aberrazioni esistano, ma basterebbe che la scuola si limitasse all’unica, importantissima funzione di preparare gli adulti di domani e gli esamifici svanirebbero.

    Non si tratterebbe più di scuole pubbliche e parificate, ma semplicemente di scuole. Istituti preposti alla formazione culturale dei giovani. Non finanziate dallo stato, ma liberamente scelte da cittadini finanziati dallo stato. La differenza c’è e non è poca.

  25. Giorgio L.

    @Giordano
    Non so quanto costi una scuola pubblica al singolo contribuente. Purtroppo, questo è uno dei tanti problemi di un sistema statale, che con il prelievo alla fonte e la redistribuzione arbitraria fa perdere la consapevolezza del valore effettivo dei servizi di cui si fruisce. Ma se il buono-scuola avesse il valore di quel costo, potrebbe già dare accesso a istituti di un livello accettabile.

    Non pretendo certo che lo stato sovvenzioni la Bocconi a tutti. Non credo nemmeno sia giusto. Ma a quel punto interverrebbero borse di studio mirate per i più meritevoli.

    Lei pensa che le scuole farebbero cartello? La prima che si staccasse dal cartello farebbe il pieno di studenti e le altre languirebbero. Io credo, invece, che essendo costrette ad attirare gli studenti per sopravvivere, le scuole si darebbero una bella regolata e migliorerebbero l’offerta in termini di docenti e strutture.

  26. Serena

    @mr_kost

    Non credo che siamo usciti fuori tema, visto che il tema dell’articolo era la scelta tra soluzione A e soluzione B e, addirittura, la pretesa che Gramsci e Don Milani sarebbero per la B.

    @mr_kost, capisci bene che qui e’ in ballo qualcosa che va al di là della situazione contingente di Bologna! Qui si stava tentando di far passare ancora una volta l’idea che la scuola privata sia in assoluto migliore di quella pubblica. E, cosa ancor più grave, di relativizzare al bisogno il pensiero di due grandi pensatori per piegarlo alle proprie argomentazioni!

    Ora io ho già espresso ampiamente le mie opinioni in proposito e se mi sono spesa tanto in proposito e’ solo perché la strumentalizzazione delle idee per me e’ uno dei pericoli maggiori della cultura contemporanea. Per essere più espliciti e’ ormai pratica comune di destra e sinistra, neoliberisti e statalisti, fare a gara per accaparrarsi vecchie idee e finisce che tutti dicono le stesse cose, oppure (e’ il caso di Gramsci e Don Milani) che a distanza di quasi un secolo dicano l’opposto di quanto pensavamo di aver imparato!!! Come degli sponsor ingaggiati ogni volta per una campagna diversa!

    Detto questo sono consapevole che il problema deriguardi sostanzialmente la mancanza di asili nido e se il privato e’ in grado di colmare il vuoto ben venga. Ma resto convinta che una volta per tutte si dovrebbe affermare il principio che il privato e’ bello se non pesa sullo Stato. Altrimenti tanto vale cominciare a mobilitarsi per chiedere una legge che istituisca su tutto il territorio nazionale asili nido pubblici: sarebbe una grande innovazione culturale, e forse un primo grande passo verso la grande riforma del sistema scolastico di cui questo Paese ha bisogno, oggi più che mai!

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