In recessione, meglio tagliare le spese o aumentare le tasse?
Messi davanti alla necessità di un aggiustamento fiscale (fiscal adjustment), i governi hanno una classica alternativa: tagliare le spese o aumentare le tasse. Viene spesso ripetuto che questa scelta non è “neutra”, visto che è condizionata dalla contingenza economica di riferimento: in uno stato di recessione, si aggiunge, agire sul lato delle uscite anziché su quello delle entrate finirebbe per aggravare la situazione. Ma è davvero così? A guardare i Paesi che meglio di altri sono “usciti” dalla crisi economica post-2008, sembrerebbe di no: a livello europeo, il Regno Unito è forse l’esempio più immediato (il deficit è passato dal 10,2% del 2010 al 4,9% del 2015; l’incidenza della spesa sul PIL è scesa di 5 punti dal 2009 al 2014), ma anche la Spagna non scherza (deficit dal 11% del 2009 al 4,3% del 2015; l’incidenza della spesa sul PIL è scesa dell’1,3%) (dati). E la storia, spesso ripetuta come un mantra, degli Stati Uniti che crescono grazie agli aumenti di spesa non corrisponde al vero.
Ma allora conta di più il “quando” o il “come” nella realizzazione di questi aggiustamenti fiscali? Se lo sono chiesti, in uno studio per il National Bureau of Economic Research, i professori Alesina, Giavazzi, Azzalini, Favero e Miano. I risultati dello studio sono stati poi sintetizzati in un research brief per il Cato Institute. Chiariamo innanzitutto i termini di riferimento: per “quando” si intende il momento in cui l’aggiustamento viene realizzato (in un momento di recessione o di crescita economica); per “come” il contenuto di questo aggiustamento (se esso è basato maggiormente sull’aumento delle tasse o sul taglio delle spese). Ebbene, i risultati dello studio (che analizza le scelte di politica economica di 16 Paesi OCSE dal 1981 al 2014) mostrano (sorprendentemente?) che il “come” conta molto più del “quando” nel generare gli effetti di un aggiustamento fiscale. Quelli basati sul taglio delle spese sono, infatti, molto meno “costosi” in termini di perdite di output nel breve periodo (short-run output losses), su una media tendente a zero, rispetto, invece, a quelli basati sull’aumento di tasse, che vengono associati a più profonde e durature fasi di recessione (a prescindere – e questo è un punto interessante – dal fatto che essi vengano realizzati o meno durante una fase di recessione). Meglio tagliare le spese che aumentare le tasse, si potrebbe allora concludere: anche se ci si trova in recessione.
Forse, però, i risultati di questo studio non sono così sorprendenti per noi italiani: a vedere come i nostri governi hanno scelto di reagire alla crisi economica, si ha la conferma empirica del fatto che il “come” negli aggiustamenti fiscali conta moltissimo. Aumentare le tasse e tagliare (poco e male) le spese ha avuto come unico risultato quello di prolungare oltremisura lo stato di crisi, facendoci mancare la possibilità di agganciare il treno della ripresa.