Realizzazione e finanziamento di infrastrutture idriche – di Nicola Saporiti
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Nicola Saporiti.
Mentre in Italia i comitati promotori del referendum del 2011 chiedono a gran voce al Governo disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, in Spagna ci si accorge che realizzare opere idriche tramite appalti gestiti da enti pubblici finisce per costare il 30% in più dell’importo di aggiudicazione d’appalto.
Secondo quanto pubblicato dal quotidiano El País, questo è il poco rassicurante risultato di un’analisi del Ministerio de Agricultura, Alimentación y Medio Ambiente (MAGRAMA) sugli appalti condotti da enti pubblici quali la direzione per le opere idrauliche dello stesso Ministero, da autorità di bacino e società pubbliche di acquedotto tra il 2004 ed il 2012. È da notare che nel 2011 entrò in vigore una nuova legge, fortemente osteggiata dai costruttori, che poneva un tetto del 10% alle cosiddette “modifiche” prezzi per i contratti di opere infrastrutturali.
L’analisi si basa sui dati di 1.237 appalti per la realizzazione di impianti di desalinizzazione e infrastrutture idriche, progetti che avrebbero avuto un costo totale di 6,6 miliardi di euro rispetto ai 5.1 miliardi inizialmente appaltati: un incremento di costi pari al 29,82%. Gli aumenti maggiori si sarebbero avuti proprio per la realizzazione di nuove dighe da parte della direzione per le opere idrauliche del MAGRAMA.
Ed è proprio una diga che verrà ufficialmente inaugurata nei prossimi giorni su un altra sponda del Mediterraneo, in un paese molto meno ricco di Spagna ed Italia. Il 18 Settembre i rappresentanti del Governo Albanese festeggeranno tagliando il fiocco della centrale idroelettrica di Ashta (La International Finance Corportation (IFC), per la quale lavora l’autore, era l’advisor del Governo Albanese per questa transazione) sul fiume Drina, il primo impianto di generazione di energia di dimensioni relativamente grandi (50MW) realizzato dalla caduta del comunismo.
Come nel caso delle dighe spagnole, la costruzione di questo impianto idroelettrico ha subito un innalzamento dei costi dalla stima iniziale di 160 milioni di euro, ai più di 200 milioni finali (un incremento del 20%). Fortunatamente per contribuenti e consumatori albanesi però, il Governo si è affidato ad investitori privati per la realizzazione di quest’opera, poiché, pur avendo l’Albania un rapporto di debito su GDP inferiore al 60% (per legge), non gode delle condizioni agevolate di accesso ai mercati finanziari o ai fondi Europei di Spagna ed Italia. Il finanziamento in project financing era, di fatto, l’unica alternativa possibile. La centrale di Ashta è stata quindi realizzata secondo il modello design-build-operate-transfer (DBOT); l’investitore è stato selezionato tramite una gara internazionale avendo come variabile d’asta la minor tariffa di fornitura di energia. La struttura del contratto prevede che il rischio di costruzione ricada sull’investitore, quindi i maggiori costi di realizzazione dell’impianto non avranno un impatto sulla tariffa pagata dai consumatori.
Immaginate ora che cosa sarebbe successo se in Spagna avessero utilizzato finanziamenti privati, come in Albania, per soddisfare i propri bisogni infrastrutturali invece che comprare gli impianti di desalinizzazione emettendo debito o usando i fondi dell’Unione Europea: avrebbero acquistato e pagato acqua al metro cubo consegnato. Gli investitori privati avrebbero dovuto assumere il rischio di costruzione, e probabilmente non avrebbero permesso gli aumenti di costo di cui sopra.
Al di là delle obiezioni di natura ideologica, dal punto di vista economico le critiche principali mosse contro gli investimenti privati nel settore idrico sono quelle che gli enti pubblici non hanno bisogno di un margine di profitto, e che gli enti pubblici si finanziano a tassi più convenienti delle imprese private.
In realtà però gli enti pubblici hanno comunque bisogno di società di costruzione e di fornitori di materiali privati per realizzare le infrastrutture, e tali imprenditori ottengono margini di profitto tramite modifiche contrattuali, per non parlare di attività collusive o pratiche corruttive. La realizzazione di opere realizzata in project financing con modelli del tipo DBOT permette di contenere questo tipo di problemi perché gli investitori privati hanno un potente incentivo (il profitto) a gestire efficientemente i costi di realizzazione delle opere. Inoltre, i contratti di DBOT sono contratti di fornitura di servizi, e non di beni, quindi sono molto più semplici ed offrono minori opportunità di rinegoziazione dei complicati contratti di costruzione di grandi opere civili.
L’altro lato del problema è il costo reale del capitale. Nel caso della Spagna, è palese che qualsiasi beneficio economico derivante da tassi di interesse di maggior convenienza rispetto a quelli ottenibili da investitori privati venga completamente eroso agli oneri derivanti da sovraccosti del 20-30%.
Inoltre la disponibilità di capitali pubblici non è illimitata, come ha dimostrato la crisi dei paesi Euro-deboli degli ultimi 12 mesi. E infatti nel mese di giugno scorso il governo spagnolo aveva ammesso apertamente di non poter finanziare le opere necessarie ad ottenere la conformità con la Direttiva Europea sul trattamento delle acque reflue urbane entro la scadenza del 2015. Solo un pacchetto di salvataggio di emergenza da 500 milioni di € della BEI aveva salvato dalla bancarotta Acuamed, la società pubblica dipendente dal Ministero dell’Ambiente responsabile per la realizzazione degli impianti di dissalazione e di trattamento delle acque reflue.
Chiunque sia alla ricerca di una prova che l’acquisto di acqua (o di energia) è più conveniente per il settore pubblico che l’acquisto di infrastrutture idriche (o energetiche) dovrebbe riflettere sui dati pubblicati in Spagna. Se uomini politici ed amministratori pubblici spagnoli avessero fatto un maggior affidamento al project financing, probabilmente la Spagna si ritroverebbe oggi con costi di approvvigionamento idrico inferiori e con minori problemi di servizio del debito pubblico.
L’ingegner Nicola Saporiti lavora da 15 anni (quasi esclusivamente all’estero) nel settore dei servizi idrici e attualmente ricopre la carica di responsabile per l’acqua nell’unità di Advisory di IFC (International Finance Corporation, la società che si occupa del settore privato nel gruppo della Banca Mondiale).
E’ un discorso più ampio. Prima bisogna rendere i mercati efficienti. Poi si può discutere di tutto il resto. Se non segate la finanza, riformate le banche e regolamentate i mercati siamo sempre al punto d’inizio se non peggio.
P.S. Eravate partiti bene con fermare il declino. Credo che avvicinarvi a Montezemolo e Marcegaglia vi manderà fuori strada…
Mi sembra evidente il motivo per cui i politici non vogliono la rotazione (o rottamazione), perchè sono voraci, amano le auto blu, i vitalizi, gli extra costi da condividere cogli appaltatori (che però coi ritardi di pagamenti perdono convenienza mentre loro dato che incassano prima di appaltare realizzano addirittura una leva) in settori svariati e anticiclici dai trasporti alle utilities, alla sanità e forse pure i funerali per chiudere il ciclo di tosatura del contribuente.
“…. l’acquisto di acqua (o di energia) è più conveniente per il settore pubblico che l’acquisto di infrastrutture idriche (o energetiche) ….”. Condivido pienamente la tesi dell’ingegner Saporiti.
Basterebbe e non e’ facile, portare la logica di contenimento dei costi nel pubblico e tutto sarebbe uguale senza cosi togliere risorse al popolo sovrano.
L'”acqua pubblica” è un indicatore significativo e purtroppo non positivo di quanto sia arretrata la popolazione italiana in quanto a mentalità sulla struttura dello Stato, conoscenza delle regolamentazioni e sistemi organizzativi. La massa degli elettori crede ancora che “il privato” sia sinonimo di padrone delle ferriere, senza sospettare minimamente che nel XXI secolo esistono autorità pubbliche quali anti trust ecc, che prevengono abusi e posizioni dominanti. Nello specifico non esisterebbe il rischio di vedersi “assetare” da gestori avidi, mentre è una realtà l’abuso nelle gestioni pubbliche di incarichi milionari, dirigenze assurde e malversazioni di ogni tipo. Ma non importa, basta sentirsi dire che “l’acqua è di tutti” e begli slogan vuoti, e il gregge è contento…beeeee