RAI: evitare finte privatizzazioni, il cosiddetto servizio pubblico si affidi con gara aperta
Da un mesetto, affiora sempre più spesso nelle parole del premier Letta e in quelle del ministro dell’Economia Saccomanni un piano di dismissioni pubbliche nel 2014. Ad aziende pubbliche di cui si è capito il governo pensa di cedere quote pubbliche senza per questo rinunciare al loro controllo – un grave errore per noi, l’abbiamo detto mille volte – e a partite di giro immobiliari tasferite alla sgr Invimit del Tesoro con lo scopo di attuitrare capitali privati sdenza cedere immobili ma “valorizzandoli, altro errore per noi – l’ultima novità da parte di Saccomanni è stata ipotizzare un’operazione che potrebbe riguardare anche la Rai. Con immediate stroncature, del sindacato Usigrai come delle confederazionui nazionali, come delle diverse parti politiche. Oggi a sparwere contro il ministro dell’Economia è il viceministro allo Sviluppo Catricalà, intervistato dal Messaggero: “la Rai deve restare pubblica”. Del resto lo stesso Saccomanni lo aveva lui per primo detto, che era comunque esclusa la cessione del controllo.
E come sbagliarsi: la politica non ne vuole neanche sentir parlare. Perché toccare la Rai significa intervenire al cuore di due problemi centrali della vita italiana: il conflitto d’interessi che oppone e insieme lega sin qui inscindibilmente i due ex duopolisti dell’emittenza, quello pubblico e Mediaset; nonché il più elevato livello di politicizzazione e partitizzazione realizzato in tutte le emittenti pubbliche dei Paesi avanzati. Eoppure, se sul resto delle privatizzazioni Letta pensa che tanto vale cominciare con dimissioni senza perdita di controllo perché è già qualcosa, in attesa che la politica capisca che la mano pubblica deve cedere anche il controllo e limitarsi al ruolo – quello pubblico sì, – di regolatore, certo che intervenire sulla Rai assumerebbe un’importanza ancor più rilevante di cambiamento possibile.
La Rai ha perso 244,6 milioni nel 2012, oggi il direttore generale Gubitosi dice che nel 2014 il pareggio operativo sembra a portata di mano. vedere per credere. Ma il nodo non è solo l’equilibrio dei conti. E’ l’insuccesso dell’idea italiana di servizio pubblico. Ieri a Londra il partito conservatore ha ammonito la BBC che può perdere la conferma al canone di oltre 3 miliardi di sterline annue, al 2016 quando si discute il contratto di servizio, senza svolte profonde nei conti e nella trasparenza. Da noi il contratto di servizio Rai 2013-2015, in vista della nuova convenzione generale del 2016, non suscita alcun interesse pubblico.
Il punto non è quotare la Rai aprendola a capitali minoritari privati: non servono ennesime finte privatizzazioni. Né puntare a far cassa, magari cedendone delle reti tematiche o degli asset. La questione è interrogarsi su come adottare un modello di privatizzazione facendolo discendere da una ridefinizione del servizio pubblico. Sarebbe una svolta vera anche rispetto al tema centrale per la vita del governo, cioè il superamento – o meno – del ventennio berlusconiano.
Ma ci vuole coraggio e visione, per questo. Non esiste un modello unico di servizio pubblico, nei Paesi avanzati. C’è un modello “liberale”, come in Gran Bretagna, dove il servizio pubblico è molto indipendente dalla politica del governo. C’è un modello “pluralista polarizzato”, con livelli considerevoli di lottizzazione e clientelismo politici, con l’Italia al peggio, insieme – un po’ meno peggio di noi– a Spagna e Grecia. C’è poi un modello di “stakeholder sociali”, a cavallo tra politica, fondazioni, consumatori, enti locali: tipico dei paesi scandinavi, Olanda, Austria, Svizzera, Belgio e Germania.
Il modello “mediterraneo” è quello più inefficiente, per conti economici e ascolti. Se la BBC ha ancora il 50% dello share radio-televisivo, l’Italia vede la Rai combattere per il 40% nella tv e per difendere il 15% nella radio. L’offerta di servizio pubblico generalista iperpoliticizzata funziona assai peggio di quella indipendente. Il paradosso è che sia fallita prima in Grecia, dove il canone bassissimo finanziava solo l’1% delle entrate dell’azienda pubblica mentre l’80% veniva da pubblicità.
Solo partendo da un modello diverso, ha senso scegliere nel ventaglio possibile di opzioni societarie per la Rai di domani, e con quale ruolo dei privati. Purtroppo, da noi il modello BBC, cioè di una Royal Charter che davvero impedisce ogni quotidiana intromissione partitica in carriere e nomine, né prevede formule di governance iperpoliticiste come la nostra Commisisone di vigilanza parlamentare con poteri d’intervento, appare lunarmente antitetica ruispetto a natura e appetiti “storici” della politica italiana: destra, sinistra e centro. Quanto al “federalismo all’italiana”, che ha aumentato costi senza inroraggiare virtù, eviterei di immaginarne uno virtuoso applicato a una RAI “germanizzata”, affidata ai presidenti e alle giunte delle Regioni.
Qui occorrerebbe immaginare una gara aperta a più soggetti del settore, per aggiudicarsi la convenzione di servizio pubblico. Il solo fatto di doverla bandire, obbligherebbe a ridefinire con precisione l’evanescente concetto italico di “servizio pubblico”, oggi fritto mistyo di puro intrattenimento, bassa qualità culturale, grande spazio a informazione “orientata” filo schieramenti politici. Una gara aperta che affidasse il servizio a gestori che potrebbero affiancare, in caso di vittoria, alle reti sottoposte a standard qualitativi di servizio pubblico e con meno pubblicità in cambio di un canone di servizio, anche proprie reti distinte societariamente e finanziariamente , e puramente commerciali. Una Rai contestualmente aperta a privati dovrebbe partecipare alla gara su base paritaria, e allora avrebbe davvero un senso la mutazione della sua veste giuridica e societaria. E in quel caso i partiti – alla lunga – non avrebbero più voce in capitolo. Non è affatto un sogno. L’Italia ha bisogno di visioni forti, per tornare a correre.
Perché, Lei ci crede davvero?
nn venderanno perchè tutti i partiti han bisogno di media a loro dispo.. soprattutto quelli che nn son proprietari di loro media.. unico che ne avrebbe interesse è Silvio che infatti si è fatto avanti x acquistare tramite il suo Socio Tunisino Tarak Ben Hammar (è lo stesso che negoziò tra Italia e Libia quello Strano Accordo sempre ai tempi di Silvio/Gheddafi).. morale : è più facile che cedano quote di Eni (speriamo nn a sconto 70% vs i loro fondamentali)..
Le reti RAI sono delle TV generaliste che trasmettono vecchi film e telefilm e qualche altro sceneggiato particolarmente noioso. Ops…, trasmettono anche “Che Tempo che fa” e “In mezz’ora” e la Gabanelli oltre che dei tiggì inguardabili, servizi privati per i partiti piuttosto che servizio pubblico. Ma quelli li trasmettono anche le reti private e con minori costi.
Sarebbe tanto semplice affidare ai privati quel minimo di informazione pubblica istituzionale necessaria mediante gare istituite di volta in volta. Già oggi il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica ed altri pochi eventi istituzionali sono trasmessi anche dalle reti private come Mediaset e La7. E certe lezioni pseudo universitarie che vengono trasmesse di notte dalla RAI non potrebbero essere trasmesse dalle TV private (sempre che servano) pagando pochi soldi? In pratica basterebbe stabilire un budget annuo per le trasmissioni istituzionali da affidare alle emittenti private e assegnare i contratti sotto il controllo della Commissione di Vigilanza.
Peccato che ci mangino in troppi sul (dis)servizio pubblico gestito in prima persona da coloro che occupano lo Stato. Semmai è un problema trovare gli acquirenti per dei carrozzoni come le reti RAI, anche per il rischio di blocco da parte di veti sindacali a tutela dei dipendenti ad altissimo tasso di privilegi e bassissima produttività.
@Piero: in rete l’ho trovato sotto il nome di “Tarak Ben Ammar”, senza la H.
1) La Sipra è una società della RAI e potrebbe essere privatizzata senza che questo cambi gli assetti delle lottizzazione delle trasmissioni.
2) Essendo giovane di spirito, come tutti i giovani non uso la TV. Internet e Radio. Pago il canone, per il regio decreto del 1935 che non parla di TV ma di mezzi atti a …. quindi anche il Tablet e gli smartphone. Ma il Canone in realtà è una “tassa di scopo” per permettere la creazione di una rete che realizzi il servizio pubblico. Orbene, mi pare che le trasmissioni TV siano un prodotto maturo, che LA7, SKY (per non parlare di Mediaset) fanno in teoria guadagnandoci. Mi domando, per restare fedeli al prisco legislatore, perchè dare i soldi del Canone a delle trasmissioni obsolete e non invece usarli per creare un servizio pubblico nel settore delle telecomunicazioni, cioè investire nella cosiddetta “banda larga”. Quello sì sarebbe un servizio pubblico !!!
Concordo con Oscar Giannino. E’ opportuna una gara aperta, con un bando aperto alla partecipazione di tutti i player. Anzi, dovrebbe pacificamente ritenersi che questa sia la strada giuridicamente obbligata per la scelta del prossimo concessionario del servizio pubblico. Perché l’Istituto Bruno Leoni non lancia una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema, prima che passi sotto silenzio e sic et simpliciter il rinnovo dell’attuale contratto di servizio alla RAI?
piantiamola li una volta di perder tempo
VENDIAMO RAI 1 E RAI 2 a chi se li prende e diamo RAI 3 in dote alle regioni con relativi flussi finanziari e controllo del rispetto tempi pubblicitari; le tv regionali possono forniscono il servizio pubblico senza canone finanziato dalla pubblicità regionale
le regioni televisive sono di circa 8 milioni di abitanti
tutto il resto diventa conflitto , …e disservizio
Riccardo : grazie x tua precisazione.. cmq mio spunto era che privatizzazione carozzone clientelare Rai senza aprire mercato potrebbe x paradosso esser rimedio peggiore del male.. ricordiamoci che Partito Mediaset riuscì nientemeno che a far cadere traballante e per molti versi deprecabile governo Prodi proprio mentre questi stava per varare piano Frequenze Digitali che avrebbe aperto a Concorrenti Veri anche Internazionali (cioè nn a piccoletti o amici/prestanome di Silvio tra cui il predetto Tarak ma nn solo).. una cosa che mi fa sorridere cca alcuni dei commenti a questo articolo è l’esser “uomini a due teste” come diceva un tal Parmenide : si dicono Liberisti.. coerentemente voglio smontare oligopolio pubblico.. in-coerentemente o si dimenticano o in tali casi negano che c’è altro semioligopolio cresciuto grazie ad un mix di meriti imprenditoriali e megafavori politici (prima indiretti con Craxi poi diretti con Pdl).. facendo un confronto con quelli di Sinistra che si auto-proteggono Distribuzione Organizzata Coop (che però nn essendo Media vale molto meno in termini di gestione consenso politico e quindi potere) potremmo dire che almeno questi ultimi nn fan finta di dirsi Liberisti.. essi fan finta di esser Solidali.. ma questa è un’altra storia..
Secondo me si può tranquillamente fare a meno del servizio pubblico televisivo… Forse in Svezia o da quelle parti avrebbe anche senso, da noi per le tasse il debito e lo stato che ci ritroviamo meglio che lo stato faccia solo l’indispensabile e non più.
Mi sembra deprimente che anche nel caso improbabile che diano retta a Giannino, -con RAI privatizzata- ci ritroviamo COMUNQUE il canone da pagare.
Ma il cd. servizio pubblico non potrebbe essere invece ridimensionato ed erogato dai canali cui per concessione governativa vengono assegnati i primi tre numeri del telecomando? (avendo questa come unica contropartita)
Bel libro dei sogni: concordo completamente con OSCAR Gianniino, ma i partiti non molleranno mai la presa, e nessuno andrà a far concorrenza al monopolista: Privatizziamo e vendiamola cara a MURDOCH, dopo aver redatto una legge antitrust scritta dall’erede di RALPH NADER e addio al canone. Saluti
Cito dall’edizione online: Il gruppo Air France-Klm ha «svalutato completamente il valore della sua quota in Alitalia»
Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/XbGPm
Chi comprerebbe mai la RAI o una sua rete se non può operare una vera ristrutturazione? Chi è tanto fesso da pagare per mantenere un “carrozzone” come la RAI?
Più che d’accordo sulla RAI, meglio se con un obiettivo tipo BBC, anche se sono pessimista nel caso italiano. Sulle privatizzazioni in genere io vorrei fosse seguito il principio svedese: infrastrutture pubbliche, servizi privati. Così è stata fatta la rete in fibra ottica a Stoccolma nel 1994, la privatizzazione del TPL l’anno successivo, ecc., ecc.
Quindi vera concorrenza e mercato, non privatizzazioni fittizie!
Aldo Mariconda – Venezia